Tra le tantissime sequenze cinematografiche più celebri e memorabili ve n’è una che mi segnò profondamente. La vidi la prima volta in età adolescenziale in tv (era a “Fuori Orario” di Enrico Ghezzi) e mi colpì così tanto da farmi sentire i brividi sulla pelle. Il film era “Il miracolo delle campane” (noto anche come “Il richiamo delle campane” – che all’epoca non ancora avevo visto nella sua interezza e di cui non sapevo ancora il titolo) e la scena in questione era il lunghissimo piano-sequenza finale, con la protagonista che corre disperata sotto la pioggia, entrando poi in chiesa con lo spirito “risorto”…
Una sequenza che tuttora lascia sbalorditi e incantati.
L’emozione di quei pochi minuti fu talmente autentica ed intensa che vibrò in me l’intera notte e mi rimase nella mente e nel cuore in modo indelebile negli anni successivi. Non sapevo ancora che era (giustamente) una sequenza famosa tratta da una pellicola spagnola, meritatamente celebre, ma rimasi talmente impressionato dalla sua potente carica visiva ed evocativa/emozionale che volli subito scoprire e vedere il film dal quale era stata estrapolata. E la visione successiva di quest’ultimo fu per il sottoscritto ancora più estasiante e toccante della già commovente scena citata.
Non saprei spiegare perché mi entrò nel cuore, ma di certo avvertii subito chiaro in me la naturalezza della messinscena, l’autenticità e l’intensità del sentimento e dello stato d’animo che si volevano rappresentare, e le salvifiche emozioni umane/spirituali che si volevano esprimere e trasmettere allo spettatore.
Questo fascino visivo si creò grazie a un raro stato di grazia dovuto alla combinazione della superlativa e sincera interpretazione dell’attrice, con l’eccellente lavoro di fotografia, regia e montaggio.
Dissi a me stesso che questi erano i grandi momenti durante i quali il Cinema coglie l’essenza della vita e ti sventra l’anima, svuotandola e riempiendola di novità o autenticità, a volte liberatorie, a volte illuminanti...
Nell’intento di ringraziare il regista che contribuì a realizzare questa mirabile scena e del capolavoro da cui è tratta, vorrei omaggiare lui e la sua intera filmografia, entrambi ingiustamente (e un po’ o del tutto) dimenticati negli anni, in questo mio terzo appuntamento con le Playlist correlate.
Il cineasta in questione è Manuel Mur Oti, regista, sceneggiatore, poeta e romanziere spagnolo. Negli anni Cinquanta raggiunse le più alte vette della popolarità (venne soprannominato “ilGenio”) per poi essere quasi completamente dimenticato in una seconda fase della sua carriera, conclusasi negli anni Novanta, probabilmente per essere rimasto sempre legato a un'idea di cinema tradizionale e classico molto lontano dalle innovative correnti culturali della fine degli anni Sessanta come il Nuevo Cine Español.
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Molte notizie che riporterò qui sotto le ho tradotte dalla lingua spagnola e sono riportate prevalentemente su Wikipedia, ma anche su alcune fonti bibliografiche collegate (Per ulteriori approfondimenti: M. Marías, “Manuel Mur Oti. Las raíces del drama”, Lisbona 1992 // “Antología crítica del cine español 1906-1995”, a cura di J. Pérez Perucha, Madrid 1997).
CENNI BIOGRAFICI ESSENZIALI e CARRIERA di MANUEL MUR OTI:
Manuel Mur Oti è nato a Vigo, Pontevedra il 25 ottobre 1908 ed è morto a Madrid il 05 agosto 2003.
Manuel Mur Oti trascorse la sua infanzia tra Vigo e la Cantabria, dove era stato trasferito il padre, carceriere e produttore di liquori. Nel 1923 si recò a Cuba con la famiglia e vi trascorse dieci anni di adolescenza e giovinezza.
E’ lì che iniziò anche a scrivere poesie e testi teatrali e dove studiò Legge e Letteratura.
Lì, all'età di diciassette anni, pubblicò la raccolta di poesie “Espirales” (1929) e presentò in anteprima a L'Avana la sua commedia teatrale “La alegría del sitio” (1931).
Ha anche viaggiato attraverso Haiti e gli Stati Uniti d’America. Ai Caraibi scriveva più per passione che per mestiere, poesie e teatro (e lo farà anche a Madrid quando continuerà a vendere alcolici e prima di combattere nella Guerra Civile Spagnola dalla parte Repubblicana).
Tornato in Spagna nel 1933, iniziò a pubblicare articoli sul quotidiano El Socialista.
La successiva partecipazione nella Guerra Civile Spagnola gli permise d’incontrare il regista Antonio del Amo, con il quale prestò servizio agli ordini di Valentín González, El Campesino.Inizierà un'intensa collaborazione con questo amico: per lui scrisse le sceneggiature di quattro lungometraggi tra il 1947 e il 1949. Oggi è difficile trovare un regista con una lunga carriera alle spalle che sia passato dalla vendita porta a porta di liquori alla realizzazione di film una volta superati i trent'anni o i quarant’anni.
Il suo primo contatto col cinema avvenne infatti a 36 anni, nel 1944, incoraggiato da Del Amo a scrivere una sceneggiatura sulla schiavitù in Spagna. La sceneggiatura, che ottenne un premio dal National Spectacle Syndicate, fu poi trasformata in un romanzo quando non si poté tramutarla in un film per il grande schermo a causa di problemi con la censura del governo nazionale riguardo il delicato argomento trattato.
Manuel Mur Oti dopo un periodo in esilio in Francia (dove fu internato in un campo di concentramento), ritornò in Spagna e fu arrestato a Malaga.Liberato, si stabilì definitivamente a Madrid.
Con Antonio del Amo fonda nel 1947 la casa di produzione Sagitario Films, che finanzia le prime tre pellicole di Del Amo, tutte sceneggiate da Mur Oti.
Quest’ultimo esordisce come regista con un intenso melodramma, “Un uomo va giù per la strada” (1949). “Wolfram” (1950) è rimasto incompiuto, a causa di disaccordi di produzione.
Nel 1953 Mur Oti fondò da solo un'altra società di produzione cinematografica, la Celta Films.
I suoi film, ottimamente sceneggiati, sapevano sfruttare in modo incredibile i budget molto ridotti, anche contrattando con il potente produttore Cesáreo González, per il quale diresse “Fedra” (1956), una libera versione della tragedia di Seneca portata sul grande schermo con Emma Penella (che González aveva in esclusiva) e un giovanissimo Vicente Parra.
Pian piano Manuel Mur Oti si guadagnò l'affettuoso soprannome di "il Genio". La critica cinematografica lo lodòelui raggiunse particolare celebrità tra il 1949 e il 1956 con i film “Cielo negro” (1951) [ (noto in Italia anche col titolo “Il richiamodelle campane”) considerato il suo capolavoro ma anche uno dei film spagnoli più memorabili, è l’adattamento di un racconto di Antonio Zozaya ], “Condemned” (1953), un dramma rurale; “Pride” (1955), una saga familiare in stile Western, e il già citato “Fedra” (1956).
Secondo Coira Nieto, la poetica cinematografica di Manuel Mur Oti esaltava un profondo senso religioso, un senso intenso del mondo rurale e in particolare delle donne, nonché un'insolita potenza visiva (il suo punto più emblematico e memorabile rimarrà per sempre l’emozionante carrello finale di “Il richiamo delle campane”).
Altra sua bella opera fu “The shadow battalion” (1957), un film corale che analizzava in modo efficace e coinvolgente la vita di un caseggiato.
In seguito, la carriera di Mur Oti subì un piccolo “declino” con una mezza dozzina di opere alimentari e commerciali: ad esempio, “Una ragazza di Chicago” (1958), “Duel in the glen” (1959), un Western ambientato in Andalusia; “Pescando milioni” (1960) e “Loca juventud” (1964), che fece la notorietà dell'attore bambino Joselito.
Manuel Mur Oti è stato un cineasta inquieto e di grande capacità creativa, un regista/sceneggiatore dallostile innovatore: ad esempio, il suo “Novanta minuti” (1949) si svolgeva in tempo reale, una tecnica cinematografica questa che il regista utilizzò nella sua sceneggiatura anni prima del drammatico “Madrugada” (1953) di Antonio Buero Vallejo e del Western “Solo ante el peligro” (1952) di Fred Zinnemann. Allo stesso modo incorporò i progressi della psicoanalisi nella caratterizzazione dei personaggi e si beffò del governo e della censura ecclesiastica con notevole talento. Eccelleva anche nei generi del Thriller e del Noir soprattutto di ispirazione Hitchcockiana/Clouzotiana (“A hierro muere”, 1961).
Successivamente Mur Oti fondò un ufficio a Manhattan, "Cine Spain", per distribuire film di Cinema Spagnolo negli Stati Uniti d’America, associandosi all'imprenditore di Bilbao Manuel Renedo.
Nella sua carriera scrisse anche sceneggiature per famosi adattamenti televisivi tratte da opere dello scrittore naturalista Vicente Blasco Ibáñez (la fortunata serie-tv “Cañas y barro”, 1978, e “La barraca”, 1979) o per film biografici come: “L'ospite delle tenebre” (“El huésped de las tinieblas”, 1948, diretto da Antonio del Amo, su Gustavo Adolfo Bécquer) e “Teresa de Jesús” (1962).
Esplorò inoltre anche altri generi eterogenei tra loro (ad esempio, il genere Bellico con il suo film “El escuadrón del pánico / Il nostro reggimento”, sulla storia di una squadra portoricana nella guerra di Corea; o il curioso e particolare Peplum religioso “Milagro a los cobardes”, che ricrea la Passione di Cristo e un tentativo fallito di evitarlo), sebbene diede i suoi risultati migliori nel Melodramma.
Chiuse la sua filmografia di una trentina di pellicole con forse la più personale delle sue opere cinematografiche: “Morire...dormire...forse sognare” (1976), che però passò ingiustamente inosservata.
Il critico cinematografico spagnolo Miguel Marías ha scritto il libro “As raíces do drama” (1992) sul regista in occasione di una retrospettiva che la Cineteca portoghese dedicò a Mur Oti.
Un anno dopo questo avvenimento, nel 1993, Manuel Mur Oti ricevette il premio Goya onorario dall'Accademia Spagnola delle Arti e delle Scienze Cinematografiche.
Infine, nel ruolo di scrittore, c’è da segnalare che fu finalista al Premio Nadal col suo romanzo “Destino nero. Romanzo della tratta e del mare” (1949) (che trattava il raro tema della schiavitù nelle colonie spagnole e dell'industria degli schiavi) e che lasciò una vasta e più che dignitosa raccolta di poesie.
In alcune interviste Manuel Mur Oti descrisse così il suo stile di regia: «Prendo il film come una grande sinfonia – esattamente come la Quinta, la Sesta, l'Ottava di Beethoven, quella che vuoi – è la mia orchestra. Tutti gli aspetti sono soggetti al mio orecchio, ai miei occhi...e devono rispondere armoniosamente, dal primo giorno di riprese, in assoluta continuità fino a quando quasi nessuno spettatore potrà percepire la meccanica del passaggio da un'inquadratura all'altra, il passaggio dall'inquadratura al controcampo o uno qualsiasi di questi. [---] Una naturalezza che cercherò di raggiungere nelle opere che vorrei realizzare, se Dio e la mia vita mi fanno andare avanti».
Un modo di lavorare che Manuel Mur Oti continuò a difendere anche quando l'oblio gli impedì di continuare le riprese: trascorse infatti gli ultimi trent'anni della sua vita (morì a 95 anni) lontano dai set cinematografici e in un ostracismo interrotto soltanto dal riconoscimento dell'Accademia del Cinema Spagnolo con il Goya d'Onore nel 1993 e dalla Medaglia d’Oro al Merito nelle Belle Arti sempre nel 1993.
Ora, nell’anniversario dei 20 anni esatti dalla sua morte, spero che il suo nome possa trovare il posto che merita nell’immaginario collettivo; in quell’immaginario che all’epoca fu segnato da una delle più innovative ed emozionanti carrellate della storia del cinema spagnolo. E che anche la sua filmografia, esattamente alla pari della protagonista de “Il miracolo delle campane”, possa “risorgere” dalle tenebre…
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FILMOGRAFIA COMPLETA DI MANUEL MUR OTI:
I film di Manuel Mur Oti purtroppo non hanno avuto nel tempo il favore dei programmatori televisivi o delle cineteche, e non hanno vissuto dignitose retrospettive spettate ad altri nomi riproposti.
Comunque elencherò qui tutte le sue opere cinematografiche e televisive (serie tv) che questo regista ha diretto e/o sceneggiato, segnalando quelle dove è stato soltanto sceneggiatore ma non anche regista.
Sono esclusi dall’elenco i pochissimi film nei quali è stato anche attore.
In grassetto (e alcune di queste inglobate anche nella mia Playlist) sono evidenziate soltanto quelle pellicole che storici e critici considerano essere le sue opere migliori, i suoi film più riusciti e/o premiati, anche se però sono tutti a loro modo molto interessanti e degni di visione se si avrà la possibilità di reperirli…
"La barraca" (1979) (serie televisiva – solo sceneggiatura)
"Cañas y barro" (1978) (serie televisiva – solo sceneggiatura)
"Morir... dormir... tal vez soñar“ (1976)
“Perversione” (La encadenada) (1975)
“Our regiment (“El escuadrón del pánico” doppiato in Ingleseper il mercato estero)(1968)
Con Susana Canales, Fernando Rey, Luis Prendes, Julia Caba Alba, Teresa Casal
Il suo capolavoro, uno dei migliori film spagnoli di tutti i tempi, e tra i miei preferiti in assoluto.
Il regista costruisce un elaborato melodramma scandito da un'abile progressione drammatica.
Alla sofferente protagonista (Susana Canales, che lo girò quando aveva appena 17 anni. In Italia apparve in importanti pellicole come “Il conte Max” con Alberto Sordi e Vittorio De Sica, e “La ragazza di piazza San Pietro”, sempre con Vittorio De Sica e con Walter Chiari) succedono disgrazie a catena: le muore la madre, viene licenziata, ha una delusione sentimentale e le diagnosticano una cecità galoppante e non curabile. A questo punto non le resta che imboccare, sotto una coreografica pioggia incessante, il viadotto dei suicidi di Madrid dove, in un memorabile piano-sequenza realizzato con la camera-car (uno dei più lunghi e impressionanti della Storia del cinema), cerca la morte. Ma il suono delle campane la attira nella chiesa di San Francisco el Grande dove, davanti all'altare, chiede il perdono divino e la redenzione salvifica.
E’ un melodramma molto intenso e devastante, che si innalza a livelli tragici, e che ricorda il cinema di Rossellini, di Borzage, Ophuls e Sirk, tutti in chiave Cristiana Cattolica.
Dentro il classicismo della pellicola, il regista Mur Oti esercita un controllo totale dei mezzi espressivi, mostra uno sguardo lucido nel dosare lacrime e commozione, tratteggia con rara crudeltà la piccola borghesia, e, soprattutto, osa con una carrellata a seguire che rompe con il conservatorismo del cinema spagnolo degli anni Cinquanta ed entra nella Storia. Disse a tal proposito il regista: «In questa mia opera c'è una donna che è in un dramma, in una tragedia greca, ma intorno a lei la vita va avanti. Sicuramente penserà che Dio si è addormentato quella notte. Ma Dio non dorme mai, si sbagliava…».
E proprio questo, secondo me, è il senso che maggiormente esprime il film: se esiste un Dio, Costui non si dimenticherà di noi, di nessuno delle Sue creature. Al di là di tutte le nostre azioni, della fede o meno in un Creatore e del nostro rapporto con Lui, le singole nostre esistenze saranno comunque toccate da un intervento divino.
Dio non si dimenticherà delle morti interiori che ognuno di noi sperimenterà nella propria esistenza e le trasfigurerà in modo salvifico con altrettanta e più intensa pace e vita interiore.
E’ una corrispondenza che va al di là della fede, presente o meno nell’uomo.
E’ un messaggio spirituale e universale dalla forte valenza umanista ed esistenziale: più bui saranno i momenti di tenebra a cui la sorte ci condannerà, più altrettanta luce rischiaratrice e compensatrice ci sarà donata, in questa vita o nell’altra…
Con Emma Penella, Enrique Diosdado, Vicente Parra, Manuel de Juan, Raúl Cancio
Liberamente tratto dalla "Fedra" di Seneca, con Fernando nella parte di Ippolito e le rovine greche elette a luogo simbolico del dramma, per rimandare al mito.
Con Marisa Mell, Richard Conte, Anthony Steffen, Richard Baron, Lili Muráti
Gina (Marisa Mell), giovane, bella e ambiziosa seduce un ricco uomo (Richard Conte) molto più anziano di lei. Dopo pochi mesi, annoiata, decide di eliminarlo e sedurne il figlio.
Con Joselito, Luis Prendes, Marisa Merlini, Carlo Campanini, Ingrid Simon
Johnny (Joselito) è il giovane rampollo di una ricca famiglia di petrolieri americani che vive e studia a Roma. Il frequentare cattive compagnie lo metterà nei guai con la giustizia, ma suo padre riuscirà a salvarlo grazie ai suoi contatti altolocati.
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