"Ogni volta che c'è tensione verso lo stile, c'è versificazione."
Herman Melville, Luis-Ferdinand Céline, Vladimir Nabokov, Samuel Beckett, Jack London, Rudyard Kipling, Wystan Hugh Auden, J.R.R. Tolkien...
"Al verbo occorre una voce, perché l'intonazione è quasi tutto in poesia. Il traduttore parla con labbra di straniero e deve ridestare l'eco dell'originale, la tonalità affettiva, la sostanza sonora. La sua è un'arte incarnata. Transustanziazione in pillole."
Ottavio Fatica - "Lost in Traslation" - Adelphi (2023, collana MicroGrammi, pagg. 62, brossura cucita a filo refe, 5.00 €): "Il tradurre ha come compito l'interpretazione dei segni, che sono anch'essi sogni, di quei sogni che imbastiscono parole, che le animano: che sono le parole."
La Giungla è piena di parole che sembrano dire una cosa ma ne significano un'altra. Dove trovare terreno di caccia più fertile, più adatto o favorevole a tradurre? Ma bisogna imparare - e l'apprendistato durerà una vita.
La mente del comune animale in preda al linguaggio ha una sola madre e una sola lingua. E può bastare. O così vuol darsi a credere. A smentirlo, a evitare la perfetta alienazione o la felicità alienata che ne sarebbe il frutto, interviene la traduzione.
Ecco come Sam si rivolge a Frodo, che è letteralmente prostrato: «Non posso portare l'Anello al posto vostro, però posso portare voi e l'Anello. Perciò alzatevi! Coraggio! Sam vi farà da cavalcatura. Ditegli solo dove andare, e lui andrà».
Ma dove?
Così, con Frodo aggrappato alla schiena, le braccia penzoloni intorno al collo e le gambe saldamente strette sotto le braccia, Sam si rialza barcollando e, con stupore, trova leggero il peso. Anche se nell'ultimo tratto di una interminabile via crucis arriverà a strisciare come una lumaca con un pesante carico sul dorso. Sam è una chiocciola che ha scelto la conchiglia da portare. È la sua casa nella dispersione.
E quando Frodo con un fil di voce incrinata gli domanda: «Quanta strada resta da fare?» Sam risponde: «Non lo so, perché non so dove stiamo andando».
È la risposta giusta? È la domanda giusta? Forse lo sa soltanto l'asinello bendato che sta alla mola fin dalla preistoria.
Chi è uno sherpa? Un montanaro che sie messo al servizio dello straniero da tradurre, se vogliamo, e lo guida passo passo fino a cime all'apparenza impervie, viste da lontano, come poi anche da vicino, lungo percorsi pieni di pericoli, manifesti e nascosti; porta le provviste e il resto dell'armamentario indispensabile per sopravvivere; monta il campo alla sera; preparai pasti e è sempre l'ultimo a mangiare; come è il primo ad alzarsi con la prima luce e l'ultimo a dormire quando è notte o quando occorre, l'unico a vegliare; e sempre il primo a saggiare il ponte instabile sul baratro, sui gorghi, sulle rapide; il primo a sospettare insidie, agguati, trappole, belve feroci, sabbie mobili; il primo a prevedere incendi o tormente; il primo a correre ogni rischio, ogni altro rischio. Fa tutto questo con abnegazione e infine, una volta pervenuti grazie a lui all'agognata meta, ecco - si ferma un passo prima, un passo indietro, e lascia allo straniero il dubbio privilegio di piantare la bandiera sulla vetta.
Questo fa il traduttore sherpa con l'opera tradotta, fa da intercessore. La traduzione sta sotto la dura legge della sostituzione. Ma così apre a impagabili, inedite supplenze.
Con Denis Lavant, Géraldine Pailhas, Philip Desmeules, Rick Hancke, Marijke Pinoy
Ai primi albori della cosiddetta Grande Guerra una granata offese, come si conviene a una granata, la calotta cranica del maresciallo d'alloggio Louis Destouches, del 12° Reggimento Corazzieri. Ne uscirà armata fino ai denti, isterica, sguaiata, visionaria, una Minerva adatta a una stagione così bellicosa, così tragica, come a quelle che seguiranno senza intermittenza a imporsi fino a oggi, per assumere l'esecrato nome di Céline.
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