Vajont (Natale 1963)
- Documentario
- Italia
- durata 11'
Regia di Luigi Di Gianni
Con Luciano Malaspina
Due giorni prima del disastro, le fessure negli alpeggi si allargarono al punto da inghiottire alcune mucche. I contadini, che cominciarono a portar via il loro bestiame, videro aprirsi dei crateri nei luoghi in cui erano appena passati. Nel raggio di chilometri, tutti avevano i nervi a fior di pelle. La maggior parte di loro si svegliava di soprassalto un paio di volte per notte per via delle scosse che accompagnavano il riempirsi del bacino. Ora la faccenda era seria: il monte Toc era sul punto di franare, dalla parete nord scivolavano verso il basso placche coniche.
I capi della SADE continuavano a non dare risposte. Erano in vacanza o proprio in quel momento erano in visita all'amante; in ogni caso, non erano reperibili.
SADE stava per Società Adriatica di Elettricità. Ogni forza o entità a cui si può dichiarare guerra ha bisogno di un nome, meglio se malvagio; ovviamente è un vantaggio se ti trovi bell'e pronto un nome come SADE. Quell'acronimo aveva su Giuseppe l'effetto di una scossa elettrica, aveva contribuito a trasformarlo: da vittima era diventato idealista e attivista, e con gli anni non aveva fatto che indurirsi.
[...]
"Perché io non ne so niente?" chiese di sfuggita il figlio quindicenne. Anche la nonna era stata portata via dall'acqua con casa e tutto? Il tono di Giovanni era al tempo stesso perplesso e accusatorio.
Già, si chiese anche Marco Paolini, perché non aveva mai detto niente a suo figlio? Il ragazzo aveva quindici anni, era primogenito e figlio unico; senza la fuoriuscita dell'acqua da dietro la diga del Vajont, la sua famiglia sarebbe stata diversa. Chi era dei due a recitare la commedia?
Giuseppe disse che gli era sembrato che intorno al suo diaframma qualcosa si capovolgesse. Il suo stato d'animo, e anche la sua coscienza, cominciarono a riorganizzarsi. Lui lo chiama il suo redshift, lo spostamento verso il rosso. Erano già trascorsi vent'anni dal "Vajont", eppure tutto successe di nuovo, questa volta in un'altra luce.
Giuseppe scese in campo. Sulle orme di Marco Paolini abbracciò la crociata contro il male emblematizzato dalla sigla SADE. Denunciò il modo in cui erano stati trattati gli informatori, che all'inizio degli anni Sessanta erano stati trascinati nel fango; l'ex-ministro delle finanze di Mussolini che aveva accumulato una fortuna costruendo dighe difettose; lo scandalo dell'imputare a Dio una catastrofe man-made.
[...]
"Eccolo qui", dice, "il listino prezzi". Ci allunga un resoconto dei risarcimenti corrisposti dalla SADE, per ogni morto, ai parenti sopravvissuti.
Per un marito - L. 3.000.000
Per una moglie - L. 2.500.000
A un genitore, per ogni figlio minorenne - L. 1.500.000
A un genitore, per ogni figlio che non viveva a casa - L. 800.000
A un figlio minorenne, per ogni genitore - L. 1.000.000
A un figlio maggiorenne, per ogni genitore - L. 600.000
"All'epoca una mucca costava 150.000 lire", dice Giuseppe. Lui i trenta denari non li aveva accettati.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta