Matrix Resurrections
- Fantascienza
- USA
- durata 148'
Titolo originale The Matrix Resurrections
Regia di Lana Wachowski
Con Keanu Reeves, Carrie-Anne Moss, Yahya Abdul-Mateen II, Jessica Henwick, Jonathan Groff
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vedi tuttiPubblico/critica/cinefili/fan del primo Matrix/hater: Perché Lana Wachowski? Perché? Perché? Perché lo fa? Perché un altro Matrix? Perché continua a fare film? Pensa veramente di aver fatto qualcosa di significativo a parte Matrix? Sa dirci di che si tratta ammesso che ne abbia coscienza? È per i soldi?! È per la fama?! O magari è per la nostalgia di un passato glorioso non più ripetibile… Non ci dica che è per l’amore della Settima Arte! Illusioni Lana Wachowski, capricci della percezione, temporanei costrutti del debole intelletto umano che cerca disperatamente di giustificare un’esistenza priva del minimo significato e scopo! Ogni suo film fatto dopo Matrix è stato sempre un continuo ed inesorabile flop artistico e commerciale, anche se dovevamo aspettarcelo che solo una mente priva di creatività come la sua poteva realizzare una così ridicola, scialba e orripilante pellicola come Jupiter Ascending! Ormai dovrebbe aver capito Lana Wachowski, a quest’ora le sarà chiaro, lei ha perso ogni briciolo di credibilità ed inventiva cinematografica, fare film per lei è ormai inutile! Perché signora Lana Wachowski, perché, perché persiste a propinarci ancora il suo Cinema vacuo e ridicolo?!!
Massacrato, demolito, boicottato, spernacchiato, sbeffeggiato, insultato, criticato, denigrato, disintegrato, annichilito, perculato, incenerito unanimemente sia dal pubblico che dalla critica, Matrix Resurrections è di fatto il miglior film del 2022, ottenendo esattamente la reazione che si aspettava da una pletora di spettatori incapaci ormai di mettersi in discussione e analizzare un film.
Giudicato da molti come un onanismo di un’autrice ormai alla frutta e che ha fatto il suo tempo, in realtà Lana Wachowski si mette a nudo, esplorando metacinematograficamente il suo essere un’artista e il cambiamento che la società ha attraversato dal 1999 - all’uscita del primo The Matrix - fino ad oggi, proiettandosi nuovamente nel futuro come ha sempre fatto con sua sorella Lilly col suo cinema rivoluzionario ed avanguardistico. La sua critica caustica e lucidissima sul pubblico generalista odierno e sul solipsismo di una società tardocapitalista incapace di guardare oltre il proprio il naso, spiazza completamente il pubblico generalista che ha deciso di voltarle le spalle dopo il suo più grande successo cinematografico mai più replicato. E infatti nuovamente e puntualmente di fronte ad una tale critica lo spettatore non riflette ma rigetta, come il bluepillato dentro il Matrix, che non metterà mai in discussione la sua esistenza e i suoi principi. Difatti, ormai lo spettatore medio vuole solo anestetizzarsi con il Cinema, rigettando qualsiasi riflessione come un felice maiale nella merda citando il geniale villain del film, chiamato l’Analista (il nome dice tutto).
Il cinema wachowskiano è scomodo, anarchico, transgender, antisistema e anticonformista, dunque lontano dai semplicistici codici narrativi del cinema blockbuster mainstream. Eppure tecnicamente incasellabile in quella categoria date le sue caratteristiche produttive, ma spiritualmente è un cinema d’autore purissimo, che trascende la pellicola cinematografica (proprio come Neo in questo film vedendo il primo Matrix) per riflettere sul mondo, sulla società e sull’individuo – artista e non – intrappolato perennemente in una dialettica fra potere e antipotere, tema cardine nella poetica wachowskiana. L’unica scelta in questo terribile scenario è come sempre la ribellione e la liberazione, in cui la regista si libera finalmente di un fardello che sminuiva e sottovalutava la portata e l’eredità del suo Cinema. Librandosi finalmente verso il cielo, verso la libertà, verso la fine di un percorso che segnerà un nuovo inizio.
La regia è sontuosa, leggiadra, più pacata e “senile” (le scene d'azione sono più wongkarwaiane che johnwooiane), proprio come quella di una regista ormai matura nel suo sguardo sulla Settima Arte, in cui Lana Wachowski realizza definitivamente il suo testamento artistico con uno sguardo quasi rassegnato sul futuro e sul Cinema. Nonostante ciò, l’ontologico ottimismo della poetica wachowskiana – sempre in lotta col sistema hollywoodiano – pone nuovamente fede nella spiritualità del proprio io, che a dispetto di un mondo e di una società sempre più fosche ed opprimenti come il matrix capitalistico che ci governa ogni giorno, dovrà sempre combattere per mantenere la sua integrità spirituale, morale ed individuale. Il futuro, ancora una volta, ritorna come sempre l’obiettivo finale nella poetica wachowskiana. Lo dimostra quel volo finale liberatorio di Neo e Trinity che conclude la splendida catarsi di Resurrections, rompendo così qualsiasi binarismo precedentemente costruito: pillola rossa e pillola blu, l’eletto e l’anti-eletto, mondo umano e mondo delle macchine, maschile e femminile.
Smith: I’ve been thinking about us, Tom. Look how binary is the form, the nature of things. Ones and zeros. Light and dark. Choice and its absence. Anderson and Smith.
Per la seconda volta ho avuto l’opportunità in sala di assistere alla proiezione di un film delle mie registe preferite, le sorelle Wachowski. Tali esperienze uniche ed irripetibili me le terrò ben strette nel mio cuore, infatti in futuro tratterò con maggiore approfondimento questo instant cult tremendamente profetico e mal compreso. Intanto ai posteri l’ardua sentenza, che hanno già riabilitato la futuristica filmografia wachowskiana con un ritardo cronico di 10 anni come al solito. Meglio tardi che mai, io intanto do e darò il mio solido contributo a migliorare la loro immagine tra i cinefili e non. Magari con un libro in futuro, chissà.
Concludo con un dito medio wachowskiano a tutti i detrattori/hater e…WAKE UP!!! (ovviamente si scherza ;D)
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