In Serie (87) - Guilty Pleasure (17) - "All Creatures Great and Small (2020, stag. 1) - The King's Bloody-Fucking Christmas Message 1937: "Shadows of Enmity and of Fear".
Premessa. Nel database di FilmTV non è presente la scheda di "Northern Exposure" ("Un Medico tra gli Orsi") e il mondo sta andando a scatafascio. Una coincidenza? Io non credo. Pensateci sopra.
Questa quinta trasposizione…
1ª - “All Creatures Great and Small” (1975), film diretto da Claude Whatham, scritto da Hugh Whitemore, interpretato da Simon Ward e Anthony Hopkins e basato su “If Only They Could Talk” e “It Shouldn't Happen to a Vet” 2ª - “It Shouldn't Happen to a Vet” (1976), film diretto da Eric Till, scritto da Alan Plater, interpretato da John Alderton e Colin Blakley e basato su “Let Sleeping Vets Lie” e “Vet in Harness” 3ª - “All Creatures Great and Small” [1978-1990; 7 stagioni (1978-1980 e 1988-1990) e 3 special natalizi (1983, 1985 e 1990)], serie creata da Bill Sellars, interpretata da Christopher Timothy e Robert Hardy e basata su “If Only They Could Talk” e “It Shouldn't Happen to a Vet” 4ª - “Young James Herriot” (2011), mini-serie creata da Johnny Byrne & Kate Croft, diretta da Michael Keillor, scritta da Ann McManus & Eileen Gallagher e interpretata da Iain De Caestecker 5ª - “All Creatures Great and Small” (2020-2022; 3 stagioni e 3 special natalizi), serie (in corso) creata da Ben Vanstone e interpretata da Nicholas Ralph e Samuel West
…tratta dalla serie di romanzi - che fino ad ora conoscevo solo per il titolo onnicomprensivo, bellissimo, prim’ancor che biblico, di “All Creatures Great and Small” - pubblicati da James Alfred Wight (1916-1995) con lo pseudonimo di James Herriot nel Regno Unito dal 1970 al 1992…
- If Only They Could Talk (1970) - It Shouldn't Happen to a Vet (1972) - Let Sleeping Vets Lie (1973) - Vet in Harness (1974) - Vets Might Fly (1976) - Vet in a Spin (1977) - The Lord God Made Them All (1981) - Every Living Thing (1992)
…è stata creata per Channel 5 nel 2019 e sviluppata sino ad oggi per 3 stagioni (da 6 episodi + 1 special natalizio ciascuna) da Ben Vanstone senza ammodernamenti (nel senso di traslazioni al presente) e con una sola "concessione", per altro storicamente plausibilissima, al black washing.
1937. James Herriot (Nicholas Ralph, semi-esordiente), un giovane neolaureato in veterinaria, lascia Glasgow (sud della Scozia) salutando madre e padre per sostenere un colloquio di lavoro nello Yorkshire Dales (nord dell’Inghilterra). Giunto a destinazione sugli abruzzesi altopiani collinosi dei Pennini d’Albione, scopre che Siegfried Farnon (Samuel West), l’eccentrico e scorbutico proprietario della clinica di Skeldale House, rimasto vedovo da qualche anno, di primo acchito manco avrebbe l’intenzione di dargli un’occasione, dato che la lettera con la proposta di lavoro è stata in realtà spedita da Mrs Audrey Hall (Anna Madeley), la governante della magione, nonostante il medico abbia nel corso del tempo licenziato una marea di aspiranti apprendisti, perché in fondo c’è effettivamente bisogno di un aiutante, ma in breve tempo saprà farsi valere, nonostante la sua timidezza e l’arrivo concorrenziale dello scapestrato fratello minore del veterinario, Tristan Farnon (Callum Woodhouse), riuscendo a farsi assumere in prova, seppur controvoglia, e forse riuscirà anche a trovare l’amore in Helen Alderson (Rachel Shenton), la figlia del fattore. Mado’ che fatica scrivere sinossi.
Le regìe sono affidate a Brian Percival (“Downton Abbey”), Metin Hüseyin (“City on a Hill”, “American Gods”, “Another Life”, “the Mosquito Coast”) e Andy Hay, che dirige anche lo special natalizio.
Da segnalare la presenza di Diana Rigg, qui alla sua ultima apparizione (coeva a “Black Narcissus” e “Last Night in Soho”), nei panni di Mrs Pumphrey, l’aristocratica riccastra padrona indulgente dell’incolpevolmente viziato pechinese Tricki Woo.
Chiude questa prima stagione il discorso del re Giorgio VI al Regno Unito nell’anno domini 1937 posto al termine dello speciale natalizio: le parole relative alle “ombre dell’inimicizia e della paura” non s’odono pronunciate dalla parlata lenta per mascherare la balbuzie (nota: una delle motivazioni per assistere alla serie è quella del poterne ascoltare i vari e diversi accenti e financo le sfumature dialettali, e non è una questione di madrelingua o di padronanza e conoscenza dell'idioma, ché persino uno yankee saprebbe distinguere tra una parlata sarda e una toscana), ma quelle macchie di buio lì sono, poc’oltre Manica, in verminos’attesa.
Una sufficienza (quasi) piena: certo, niente di più, ma pure niente di meno.
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