Zebraman 2: Attack on Zebra City
- Azione
- Giappone
- durata 106'
Titolo originale Zeburâman: Zebura Shiti no gyakushû
Regia di Takashi Miike
Con Sho Aikawa, Riisa Naka, Tsuyoshi Abe, Masahiro Inoue, Makie Amimoto, Cynthia Cheston
ZEBURÂMAN: ZEBURA SHITI NO GYAKUSHÛ
A sei anni di distanza dal primo "Zebraman" nel 2010 giunge, anticipato da un mediometraggio direct-to-video diretto da Nishiumi Ken'ichirô (che ancora devo vedere), questo sequel, sempre diretto da Miike Takashi su una sceneggiatura di Kudô Kankurô e con Protagonista la Star del V-Cinema Aikawa Shô.
Seppure collegato narrativamente al predecessore, con tanto di flashback ripresi da esso, "Zeburâman: Zebura Shiti no gyakushû" si presenta fin da subito come un lavoro sensibilmente differente. In particolare si accantonano i codici (semi-parodiati) del genere supereroistico in favore di un'ambientazione marcatamente futuristica e distopica, vagamente ricollegabile al mondo rappresentato in "Dead or Alive: Final" ma con una maggiore possibilità (economica) di espressione scenografica.
Ad una visione semi-disattenta il film potrebbe sembrare un delirio camp colmo di cliché da action fantascientifici in salsa giapponese, e forse in (buona) parte questo è vero, ma per me contenutisticamente abbiamo un qualcosa di molto più complesso rispetto a ciò che vuole sembrare. Fondamentale, in particolare, le riflessioni riguardanti l'inscindibilità degli opposti (visivamente esemplificati con il bianco e il nero), ribaltando internamente il sostanziale manicheismo di facciata dell'opera e riassumendo sostanzialmente il Gusto schizzato per le Contrapposizioni interne tipico dell'Autore.
Inoltre, nella caratterizzazione macchiettistica della dittatura 'pop' mostrata nel Film troviamo interessanti spunti su come il potere controlli le masse attraverso i media (televisione, musica mainstream, moda...) e, nell'istituzione dello 'Zebra Time', consistente in 5 minuti di illegalità e violenza impunita, si anticipa "The Purge" di De Monaco con tanto osservazioni spietate sulle disparità di classe (questo tempo di brutalità legalizzata è approfittata soprattutto dalle classi abbienti a spese dei più 'reietti') e lo si supera inserendo nel meccanismo la forza poliziesca contro gli 'sbandati'.
Importanti i numerosi riferimenti all'Oralità, all'Inghiottimento, all'Assorbimento dei 'poteri', all'Unione (anche sessuale, seppure non esplicitata troppo) come Fusione: tutto ciò si collega con l'inscindibilità degli Opposti, oltre che con diverse possibili visioni 'filosofico-spirituali' (con possibile derive eroticheggianti) a quanto pare molto presenti nella Cultura giapponese.
L'inventiva messa in scena di Miike, la fotografia 'sporca' di Tanaka Kazushige, il montaggio ben ritmato (soprattutto nelle scene alternate) di Yamashita Kenji (che sostituisce Shimamura Yosishi come montatore di fiducia di Miike), le musiche di Ike Yoshihiro (al posto del fidato Endô Kôji) con inserti di brani di Riisa Naka (interprete della Zebra Queen) e l'ottimo cast rafforzano tecnicamente le qualità dell'opera, che ora sono convinto essere più intrigante rispetto al già buon capitolo di partenza.
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