Per amore, solo per amore. (Topologia degli affetti.)
Cristin Milioti, classe 1985, un'ideale sorella "minore" di Sally Hawkins (1976; Happy Go Lucky, Blue Jasmine, the Shape of Water), Alison Brie (1982; Community, Mad Men, GLOW, Horse Girl) e Aubrey Plaza (1984; Parks and Recreation, Legion, Ingrid Goes West, Black Bear), è la ragione principale per seguire "the Resort", ma non è l'unica, perchè la serie creata per Peacock con la collaborazione di Sam Esmail (che dopo "Mr. Robot" si è dedicato, ad esempio, alla "semplice" regìa della 1ª stag. di "HomeComing", in attesa di "Leave the World Behind" e "Metropolis") da Andy Siara (apocrifandos'in tal Illàn Iberra), già sceneggiatore di "Palm Springs", l'esordio alla regìa di Max Barbakow che aveva come protagonista proprio la stessa Cristin Milioti, merita d'esser goduta in quanto tale, nella sua totalità: oltre che per l'atmosfera (eterogenea, affascinante, divertente, intrigante), anche grazie ad attori quali Skyler Gisondo (Santa Clarita Diet, BookSmart, Licorice Pizza), Nick Hofferman (Parks and Recreation, la 2ª stag. di Fargo, DEVS), William Fitzgerald Harper (Paterson, Midsommar), Nina Bloomgarden (al suo primo ruolo importante), Luis Gerardo Méndez (Charlie's Angels; qui bolanaño detective selvaggio), Dylan Baker (Happyness), Becky Ann Baker (A Simple Plan), Gabriela Cartol (la Camarista) e Debby Ryan (Horse Girl: e così chiudiamo un cerchio).
Nota. Scrivo questa semi-recensione giunto al giro di boa della prima stagione, avendo assistito a 4 ep. (2 scritti dal creatore Andy Siara e 2 rispettivamente da Vivian Barnes e Manuel Alcalá e tutti diretti dal Ben Sinclair di "High Maintenance", qui anche attore in un ruolo all'inizio "minore" e via via, mano a mano e passo dopo passo sempre più fondamentale) degli 8 totali (seguirà un pezzo completo quando la serie avrà una propria scheda dedicata nel database di filmtv.it).
Sinossi (mia rielaborazione da Wikipedia - che a sua volta è basata su due articoli di Variety e NPR - & IMDb). 2022, Messico. Emma e Noah sono una coppia in vacanza in un resort della Riviera Maya, tra Cancun e Tulum, in occasione del loro decimo anniversario. Noah è contento della loro vita insieme, mentre Emma non è che non lo sia, ma sente che la loro unione non sta evolvendo nella giusta direzione. Vengono quindi trascinati in un mistero irrisolto che vede coinvolte due persone, Sam e Violet, scomparse in quello stesso luogo quindici anni prima, nel 2007, e che mette alla prova lo status quo del loro matrimonio.
“The pursuit to recapture your past is a waste of time. The past lives in the past and is therefore non-existent in the present. Time travel has not been invented.” - Illàn Iberra, "El Espejo", 1978
"I made many idiotic and pretentious statements in my youth." - Illàn Iberra, "La Desilusion del Tiempo", 1993
Il tutto sulle note di "Strange Overtones" di David Byrne & Brian Eno (2008).
Il tempo, questa strana cosa che non si muove, preferendo farlo attraverso di noi: arriva, passa, ci ammazza e se ne va.
Occorrerebbe una scorciatoia, un passaggio segreto, un buco di tarlo (wormhole; in "the Resort" sarà un... tooth-worm...), per ingannarlo e neutralizzarlo. E invece no.
La protagonista "shining-blackoutica" di "ShortBus" (John Cameron Mitchell, 2006), Sook-Yin Lee, esordisce come regista e sceneggiatrice di un lungometraggio ("Year of the Carnivore", 2009) assegnando il ruolo principale della sua opera prima alla poco più che ventenne Cristin Milioti.
Sinossi dall'IMDb (veritiera): «Una commedia romantica su una ragazza, con una cotta non corrisposta per un ragazzo, che pensa di non essere brava a letto, e che quindi decide di fare più "esperienza".»
Nella seconda annata di "Fargo", Cristin Milioti è una magnifica, dolente, allegra, resistente e viva Betsy Solverson, la moglie di Lou: ed ora sappiamo come e perché Molly (protagonista della prima stagione) è diventata la gran persona che è.
Non inizia, “Palm Springs”, l’opera prima di Max Barbakow (scritta da Andy Siara), ma prosegue, in medias res, e lo spettatore, inconsapevolmente immedesimandosi nella co-protagonista femminile, Sarah (Cristin Milioti: una piccola forza della natura, ora “deserticamente” pronta per “Made for Love” ), pian piano riconosce, solo “ambiguamente” suggeriti in un percorso di rivelazione per allusioni, reazioni e conseguenze, tutti i passaggi obbligati del processo di accettazione dello stato (incredibile) delle cose relativo al loop temporale innescatosi che sono stati codificati e impressi nella pietra da “Groundhog Day” di Harold Ramis quasi trent’anni prima (e, più recentemente, lungo lo stesso solco, dal dittico costituito da “Resolution” e “the Endless” di Justin Benson & Aaron Moorhead e dalla 1ª stag. - ché la 2ª sarà meno spiral-uroborica - “Russian Doll” di Natasha Lyonne) e che in questo caso sono già accaduti fuori campo ed ora via via si sommano venendo sottilmente rievocati dalle interazioni fra lei e il protagonista, Nyles (un Andy Samberg che le tiene testa e co-produce): dubbio → scoperta/sorpresa → paura → rabbia → rifiuto → accettazione (ai quali poi si aggiungeranno, fra ritorno e novità: dubbio → rifiuto → ricerca → scoperta/sorpresa → riavvio), perché il “Giorno 1” è in realtà - ♦ piccolissimo ***spoiler*** di metà percorso ♦ - il 100°, il 1.000°, il 10.000°, il 100.000°… Enfatic period!
E qualche diplodocide all’orizzonte, a pascolar pasturante fra le colline e la valle.
“Made for Love” (2021), la serie creata per HBO da Patrick Somerville (“Station Eleven”) con la consorte Alissa Nutting, autrice dell’omonimo romanzo originale di partenza [che, a naso, non promette alcunché di interessante in campo Hard-SF, perché siam più dalle parti di una sf umanista e solo un poco speculativa, anche se, ovviamente, non tutti possono chiamarsi Eleanor Arnason (“Medusa”), Susanna Clarke (“Piranesi”), Jennifer Egan (“Manhattan Beach”), Nicola Griffith (“Ammonite”), Nancy Kress (“Beggars in Spain”), Connie Willis (“Doomsday Book”), etc...], è, oltre che il down-grade di Conrad, l’app senziente “eradicatrice di conseguenze” presente in “the Girl Code”, il 10° ep. della 27ª stag. dei Simpson, l’up-grade distopico, buffo/bizzarro (ben strutturata tutta la traccia narrativa orizzontale relativa all'olfatto), sur/iper-reale, satirico e ultra-tecnologico di “Osmosis” (2019), la serie tv francese nella quale un’applicazione software, scandagliando e sondando il cervello umano, permette/promette di trovare la propria anima gemella in amore: qui, l’unione wireless di due microchip impiantati nei rispettivi cervelli dei componenti una coppia già formatasi consentirebbe la totale immedesimazione dell’uno nell’altro, ma il macchinario è ancora un prototipo, e la versione (più) complessata (rispetto al modello base) di un novello Elon Musk, pardon, volevo dire Mark Zuckerberg, che sogna il riflusso nel buen retiro di un nido/alcova in vece della Luna, di Marte e dell’Oltre l’Infinito decide di provarlo su di sé e sulla propria compagna che vive, da lui reclusa con sé nel Nucleo, un compound autosufficiente (à la “the Limits of Control”) e super high-tech nel deserto (in assonanza con la coeva Zona del Disastro di “Palm Springs” nel quale viene risucchiata l’interprete principale d’entrambe le opere, Cristin Milioti, finalmente, qui e là, in un ruolo da mattatrice: bravissima) che, come il Tardis del Doctor Who, ma grazie alla Realtà Virtuale e non al dis-piegamento delle gravitico-energetiche leggi dello spazio-tempo, appare (e non “è”) più grande all’interno che all’esterno (la “claustrofobico-agorafobica” prigione infinita del “Pascolo”), e il rischio è che una personalità/individualità (quella primaria, alla quale è stato impiantato per prima il circuito integrato miniaturizzato principale) possa assorbire/assoggettare/annichilire l’altra.
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