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L'aeroporto di Malpensa è tutto in piano / è l'aeroporto che piace all'aeroplano / per andare in città ci vuole il treno.
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L'aeroporto di Malpensa è tutto in piano / è l'aeroporto che piace all'aeroplano / per andare in città ci vuole il treno.

Verrà sventrata e cementificata quest'aerea qua, un ecosistema peculiare ad alta biodiversità: https://www.malpensa24.it/malpensa-masterplan-2035-integrazioni-ampliamento-della-cargo-city/

Lo hanno deciso queste facce qua: https://www.malpensa24.it/malpensa-aeroporto-masterplan-firma/

Le reazioni (embedded): https://www.malpensa24.it/malpensa-masterplan-firma-no/ 

 

E siccome ho finito le bestemmie, rivolgo una segreta preghiera al Signore degli Sfracelli, onorandolo con le parole del Poeta, perché la esaudisca con un'apocalisse locale, mirata, spietata:

Ecco perché qualcuno
Pensa che sia più pratico
Radere al suolo un bosco
Considerato inutlie.
Sedicimila firme
Niente cibo per Rocco Tanica
Ma quel bosco l'hanno rasato
Mentre la gente era via per il ponte.
Se ne sono sbattuti il cazzo
Ora tirano su un palazzo
Han distrutto il bosco di Gioia
Questi grandissimi figli di troia!                   

Playlist film

Il castello

  • Documentario
  • Italia
  • durata 90'

Regia di Massimo D'Anolfi, Martina Parenti

Il castello

In streaming su DocAlliance Films

vedi tutti

 

La Fine dell'Accoglienza.  

Un anno oltre il fossato di filo spinato,
ovvero: le rondini sono bastarde. 

"Abbiamo deciso di girare un film in un aeroporto perché crediamo che sia il luogo in cui, meglio che altrove, si riesce a comprendere l'ossessione per la sicurezza, la paura dell'altro e la strategia del controllo che pervadono il nostro presente." - Massimo D'Anolfi e Martina Parenti 


Aggrovigliata premessa.

 

"Bisogna convincersi che non c'è assolutamente alcun pericolo, forse è solo qualcuno che va su e giù davanti alla porta, medita se fare un'ordinazione, e infine non riesce a decidersi. Forse è solo questo, ma forse è tutt'altro."

Franz Kafka  il Castello  (cap. XX)  -  1922 (1926)


Suddiviso in un prologo -[che contiene anche l'unico vero intervento di apparente alterazione della continuità oggettiva del girato-montato - in questo rigoroso documentario che logicamente nulla ha di mock e forse un po' meno ovviamente nulla di fiction ( capitolo a parte, come si vedrà, meritano le musiche e tutto il lavoro col sonoro diegetico ed extra diegetico ), pur non giungendo, mai (volontariamente e consapevolmente), ad assumere la moralità ''austera'' di Frederick Wiseman -, un minuscolo macchinale espediente mistificatorio messo in atto con una deflagrazione a nero che in realtà è pura verità d'illusione, disarmante esempio di montaggio-falsificazione sensoriale al lavoro, un'imboscata a guisa di esca, un mini-cortometraggio “ a sé” che dal comico-stilizzato passa all'horror-action : al solito sono i nostri sensi, i nostri pre-sentimenti (le emozioni stesse che gli autori sanno che metteremo in campo, attivate dall'assistere alla scena “i recuperanti”/“hurt-locker” style) ad ingannarci]- e in 4 parti che hanno un titolo e un sottotitolo così reciprocamente suddivisi : Inverno-Arrivi / Primavera-Sicurezza / Estate-Attesa / Autunno-Partenze -[la maggioranza dei controlli post 11/9 ovviamente - con relativa, ''parziale'' e temporanea sospensione dei diritti : di cosa diamine stiamo parlando se non di questo ? - vede protagonisti delle categorie ''ben definite'' di persone (a tal proposito, da segnalare, tra i tanti esempi cinematografici - però legato ad un semplice controllo all'imbarco e non a quelli più specifici eseguiti a campione - di questi anni zero/dieci, uno fra gli ultimi : la splendida scena in "Olive Kitteridge" con F.McDormand che proprio non se le vuole togliere le scarpe...)]-, questo autentico 'piccolo' capolavoro della coppia D'Anolfi-Parenti (più compatto e meno teorico del successivo, altrettanto meraviglioso, per certi stessi e per altri versi, ''Materia Oscura'') ti prende da subito per non mollarti più sino alla fine, ed è proprio al termine della visione che ci si può accorgere del maggiore se non unico semantico trompe l'oeil sintattico di grammaticale disinformazione perpetrato, ovvero del fatto che sin da subito – col senno di poi, a visione decantata, la sensazione si cristallizza e si fa certezza, ma ''subliminalmente'' inizia già a lavorare ad opera in corso (sia con la pura simulazione di una messaggistica fuorviante sia con la scoperta del procedimento stesso, la consapevole presa di coscienza del dissimulato prestigio in atto) –, mentre vi si assiste, è proprio quella precisa cartellonistica ad operare un inganno, un fraintendimento, una confusione attiva:
perché proprio come in ''the Shining'' la sequenza dei cartelli temporali indicatori segue una sua progressione, geometrica per il film di Kubrick

[i cui cartelli piazzati come pietre miliari destabilizzanti nell'ordine sono questi (compresi quelli della versione U.S.A.): 1. il Colloquio, 2. Chiusura Invernale, 3. un Mese Dopo, 4. Martedì, 5. Giovedì, 6. Sabato, 7. Lunedì, 8. Mercoledì, 9. Ore 08:00, 10. Ore 16:00, e quindi gli scarti temporali tra i vari punti sono i seguenti : tra l'1 e il 2 passa molto tempo, forse una stagione, tra il 2 e il 3 passa un mese, tra il 3 e il 4 passa...qualche giorno, tra il 4 e il 5, il 5 e il 6, il 6 e il 7, e il 7 e l'8 passa mediamente un giorno (tenendo presente il fatto che in questo caso termini quali ''Sabato" e "Mercoledì" possono risultare ''piuttosto'' vaghi : ma prendiamo per buono il fatto che siano giorni quasi contigui, ché dagli accadimenti posso dire di esserne ''praticamente'' certo), tra l'8 e il 9 passano ''delle'' ore, e tra il 9 e il 10 passano 8 ore : il tempo letteralmente converge in abisso, si fraziona esponenzialmente in unità via via sempre più piccole, precipitando e collassando verso il proprio orizzonte degli eventi, l'a ritroso lungo il labirinto che consegnerà all'alba nascente del giorno seguente il cadavere congelato dell'orco cattivo, il 'terrorista'' della famiglia, da lì sbucando poi, attraverso una fotografia ''segnaletica'' ch'è un wormhole spazio-temporale, raggiungendo il proprio climax - e la propria "Tartaruga", il nostro Jack parafrasatosi Achille -, ingolfandosi, in un 4 di Luglio qualsiasi...sancendo la propria indipendenza dalla vita],

e aritmetica per “il Castello” (ok, non m'inoltr'oltre in questo labirinto di supposizioni supportate da un'impressione matematica, e non lo chiamerò ''l'OverLook'', Malpensa), così nell'opera di D'Anolfi e Parenti la sequenza di cartelli composta dalla segnaletica stagionale con relativa aggettivazione sostantiva(-le/-nte) [sic] tende a indicare tautologicamente l'ovvio...ma in realtà produce la stessa funzione che può avere un avviso di ''Voi Siete Qui'' [*] stampato nel bel mezzo di una mappa completamente bianca: perchè è sempre tempo di arrivi, di sicurezza, di attesa e di partenze, non sono certo collegate da recettori e incastri epigenetici, sociali e ambientali ad una loro corrispettiva stagione : e questo è il solo inganno [talmente ovvio e lapalissiano che ''solo'' una fallimentare decostruzione come quella che ho tentato di mettere in atto abborracciando impressioni può a mio avviso rivelarne il ''gioco'': la destabilizzazione (termine stra-abusato ed inflazionato di questi tempi da ''certa'' critica : consiglio spassionato : sedersi s'una poltroncina più stabile, cercarsi una seggiola che non balli troppo) dell'organismo di ripresa di chi assiste al film, il susseguente intenderne lo spaesamento] perpetrato da questo splendido, 'piccolo' film.

Quei 4 cartelli in successione lineare sono la semplice raffigurazione piana di un insieme solido più complesso composto da un perimetro di stagioni (la classica rappresentazione dell'universo per mezzo della superficie di un palloncino gonfiato) su cui sono poste le azioni da compiere e gli accadimenti principali : la riproduzione iconografica bidimensionale di un evento quadridimensionale.

In fondo, chi lavora in e transita per un aeroporto, non fa che girare sempre in tondo per lo ''stesso'' posto...    

 

[ * ] Ancora una volta – per esempio dopo la perdita dell'orientamento (guardano la mappa, non leggono il terreno...), nel Labirinto di Hue-Ho Chi Min City appena fuori Londra, di Joker e compagni (il perdersi nella mappa di una città-industria nel cinema-mondo di Hue by London : "Noi... siamo qui" - "Sì" - "E invece... dovremmo essere... qui" - "...Sì...") in ''Full Metal Jacket'' (Fear and Desire) e nel microcosmo ''ideale'' di ''Ana Arabia''

–{in qualche modo imparentato col Ballardiano esempio-esperimento supremo di “Febbre di Guerra”, dove s'immagina che Beirut venga utilizzata da tutte le nazioni del mondo come uno sfogatoio mondiale della violenza guerresca, dopo aver scoperto che la Guerra è una Sindrome congenita all'Essere Umano, una sua de/formazione specie-specifica, con delle precise causali genetiche -[come altrove per esempio s'è ipotizzato, tra Hard-SF e speculative possibilità aperte dalla mappatura del genoma umano (lo hanno fatto R.Dawkins, R.J.Sawyer, etc...), sulla predisposizione dell'Homo s. sapiens (e antenati) a credere nel divino, ad averne un bisogno psico-fisico, per sopravvivere alle fiere feroci a caccia nelle lunghe notti senza luce del pleistocene ]- e quindi di conseguenza la Città assediata e in guerra eterna fratricida viene utilizzata, nutrita, allevata (i suoi abitanti in questo pre-Truman Show collettivo ) come un focolaio benigno (una Piastra di Petri, un organismo ospitante) da cui pescare gli anticorpi ed i virus stessi per creare sempre nuovi vaccini aggiornati per combattere [un po' quel che accade – viaggiando un po' più bassi... - anche in ''the Purge'', però spalmando lo sfogo su scala nazionale e passando contestualmente dall'unità di luogo perpetuo (la città) all'unità di tempo singolo (la notte)] la malattia della guerra...nel resto del mondo}–

la cataclismaticamente abusata definizione di luogo / non-luogo trova -–- nel documentario della 'svolta' per D'Anolfi e Parenti, il cui operare, come detto, non collima – e perché mai dovrebbe-potrebbe – con la poetica/lo stile e l'approccio/l'accostarsi alla materia mondo di F. Wiseman, ma se continuano su questa strada da loro stessi tracciata, presto ne raggiungeranno l'importanza [non che dovrebbero farlo ''per forza'', assumendone il particolare rigore (che un loro di rigore già ce l'hanno, compiuto e consapevole), ma di certo provenendo dal documentario e continuando per questa direttrice, lungo questo percorso, una buona dose di Wiseman la si assorbe... beh, sì: ''per forza''. Non ci resta che attendere il loro prossimo (herzoghiano) lavoro: “Spira Mirabilis”] -–- un suo splendido, in questo caso anti-didascalico, paradossalemte iper-didattico, cartello indicatore che recita il classico : Voi Siete Qui. Manca apparentemente la parte del Voi Chi Siete: in realtà vi stiamo transitando, tutti quanti e nessuno escluso, proprio ora dai cancelli del Castello: se non è un aeroporto, è la strada.  

 

Aggrovigliato svolgimento.


"Il nostro è un film documentario sulle procedure e sulle pratiche del controllo nel male e nel bene all'aeroporto intercontinentale di Malpensa. Il controllo e la sicurezza come ossessione a volte giusta, a volte sbagliata. E in questo contesto, dove le procedure prevalgono sull'individuo, facciamo emergere altro: le vite umane nell'arco delle quattro stagioni, con una conclusione malinconica centrata sulla fine dell'accoglienza." 
Massimo D'Anolfi e Martina Parenti  

 

Soggetto, Regia e Montaggio  :  Massimo D'Anolfi e Martina Parenti
Fotografia (corposa, profonda, carica, precisa) e Riprese  :  Massimo D'Anolfi
Musica e Montaggio del Suono  :  Massimo Mariani
Suono in Presa Diretta  :  Sebastian Castro Miranda
Produzione  :  Montmorency Film (in collaborazione con Rai Cinema e col contributo di LINES)

 

Il Cosa, la Sostanza: i controlli a campione sulle merci e sugli esseri umani (per quel che si può con i mezzi a disposizione): traffico di droga (e armi, e valuta, e persone), commercio di specie protette (vive e morte), immigrazione (ed emigrazione) illegale, contraffazioni e adulterazioni alimentari, prevenzione (e gestione) di attacchi terroristici (le sequenze dell'addestramento delle ''truppe cammellate'': gli autori sanno che noi sappiamo che risultano involontariamente comiche...) e la messa in sicurezza dell'area e del perimetro aeroportuale, anche scacciando rondini, corvi e poiane: loro a cacciar fuori animali in attesa di essere risucchiati dalle eliche dei motori a reazione, io fuori a cercarli (le piccole popolazioni frammentate di Coenonympha oedippus presenti negli ultimi lembi rimasti dell'un tempo vasta brughiera prealpina lombarda).

 



E il Come, la Forma:

-- dai Piano Sequenza : per la maggior parte montati insieme ''senza'' raccordi espliciti e soluzione di continuità (s'è già detto che "Materia Oscura" sarà un film più complesso e teorico, e non perché un poligono di tiro e le conseguenze che la sua esistenza comporta per e verso il territorio da esso occupato siano di loro natura più complesse dell'eterogeneo organismo aeroportuale, anzi) ma  spesso invece anche corredati e composti nel quadro d'insieme (o all'interno dello stesso ambiente dei vari di volta in volta affrontati) grazie all'ausilio di Stacchi secchi e improvvisi [con altresì un'assenza quasi totale di Campi-Controcampi (che non siano quelli montati in diretta dagli occhi degli spettatori in perenne esplorazione del fotogramma), e di una piccola significativa presenza di Cambi di Focale e di prospettiva, in sostituzione del più invasivo ricorso allo zoom (l'operatore non interviene, quasi mai, sul set/in azione rendendosi visibile, tranne che con dei piccoli Movimenti di Macchina laterali-orizzontali all'asse di ripresa)...

-- agl'interventi extra diegetici della musica in concomitanza e in armonico ''dialogo'' a distanza col diegetico sonoro registrato in presa diretta : un sonoro prepotente, non filtrato o condizionato dal remixaggio (tutta la forza ipnotica di un asciugamani elettrico ad aria), salvo che in rari casi, e molto bene, per esempio quando la musica di M. Mariani (utilizzata con intelligente parsimonia) s'inserisce (grazie al lavoro svolto in sala di montaggio del suono dallo stesso autore, collaboratore 'fisso' della coppia di registi) sulla cantilena della pensionante/anfitrione [Cesira Emilia "E-Milietta" Ton [vedi qui (VareseNews.it) e qui (Repubblica.it)], da 12 anni Ospite della Zona Stalkeriana di Malpensa] intessendo un duetto a distanza sovrainciso alla presa diretta...

 

Pure lei, ''a suo modo'', compie il prestigio, come fa Isaach De Bankolé in "the Limits of Control", con un percorso anch'esso accidentato ma inverso, e ''usa l'immaginazione'', e la perseveranza, per resistere e incrinare un poco il potere, comparendo/apparendo all'interno del compound stabilendovisi, senz'altro scopo che quello di vivere. 

 

"...in quel momento gli parve di avere interrotto tutte le comunicazioni con il mondo e che ora fosse certamente più libero che mai e potesse rimanere in attesa lì, in quel posto vietato, fin quando volesse, e che si fosse conquistato quella libertà come nessun altro avrebbe potuto; e a nessuno era consentito toccarlo o cacciarlo via, tanto meno rivolgergli la parola; ma - questa convinzione era almeno altrettanto forte - era come se allo stesso tempo non ci fosse niente di più insensato, di più disperato di quella libertà, di quell'attesa e di quell'invulnerabilità." 

Franz Kafka  -  il Castello  (cap. VIII)  -  1922 (1926)
 
E inoltre, tra i due opposti contingenti di come e cosa, di forma e sostanza, insomma rispetto all'approccio alla materia trattata, prima di tutto, c'è la Domanda Principale, ovvero : il Dove piazzare la Macchina da Presa, e poi (come detto) se, quando, come e perché muoverla. 

E il ''problem solving'' del dove piazzare la MdP (e il poco-concitato tempo a disposizione per decidere) è vecchio quanto il cinema --- quanto la pittura, ovvero il dove piazzare il cavalletto [specialmente via via che i colori sono diventati sempre più portatili, nel corso della storia : che si ricollega ad un altra delle caratteristiche (problemi?) del cinema di oggi: l'esplosiva ed elastica capacità d'immagazzinamento e gestione dei dati delle macchine da ripresa (anche solo come compendio e complemento per altro hardware, per esempio gli smarphone), dai sensori full-frame alle Go-Pro], o le pitture rupestri, ovvero quale parte della caverna è dotata della prospettiva migliore per i miei bufali e leoni --- ed un curioso parallelo (folle e tutto mio) m'è insorto, rispetto al Manifestarsi del Deus ex Machina, dell'Autore sul Set, paragonando la scena [visibile (sì, d'accordo, lo vedo solo io: EWS / oida: "io so perché ho visto" / "io ho visto e quindi so" : ah!, superna illusione!) qui  (a 01'45'') e qui (a 01'22'')] in cui Alice-N.Kidman all'inizio di EWS (altra apoteosi del suono diegetico ed extra-diegetico), uscendo dal bagno, si vede costretta a compiere un piccolo movimento innaturale con la spalla destra, portandola all'indietro poco prima di attraversare la soglia, per non picchiare contro la MdP : stesso movimento che compie l'esule clochard [novella (sostanzialmente, nella concretezza dello stato delle cose che si trova a vivere, e con tutte le differenze formali del caso) Viktor Navorski (the Terminal) - Mehran Karimi Nasseri (vedi qui)] che si ritrova a vivere all'interno dell'aeroporto, la Principessa relegata(si) nelle ''segrete'' stanze e saloni del Castello.


È il cinema, da sempre.    

 

[Recensione.]

 

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