Fede Álvarez è un habitué dei reboot/remake/revival e dei sequel (ma quando s’è trattato di dare un prosieguo alla sua opera originale, “Man in the Dark”, è stata la volta che ha lasciato il testimone dietro alla macchina da presa al suo co-sceneggiatore di fiducia, Rodo Sayagues), e anche in quest’occasione, con questa versione di “Calls”, si cimenta nella rimessa in scena per Apple dell’omonimo serial francese [che ad oggi consta di tre stagioni (2017-2020) in totale, e questa prima annata U.S.A. del 2022 ricalca, con variazioni, la corrispettiva d’oltr’alpe/oceano del 2017-’18] creato da Timothée Hochet per Canal+ che incredibilmente (conoscendo l’etnocentrismo linguistico della Grande Nazione Esagonale, il Paese dei Lumi) non si chiama “Appels”.
Principia dalla fine (una delle infinite “conclusioni” possibili, per quanto improbabili) e prosegue dall’inizio, o quasi (la “vera genesi” ha l’epicentro nel 1978, sempre però “da quelle parti” del South California, appena fuori Indian Wells, verso RibbonWood), per terminare poi uroboricamente con una spirale aperta, quest’adattamento yankee (ambientato in un ipotetico presente) del mangiaranico “Calls” (che possedeva una geocronistoria disposta un bel po’ diversamente, spaziando dal 1999 al 2028), mantenendo ovviamente la peculiarità che lo contraddistingueva: episodi molto brevi, qui 9, di circa 15-20 minuti l’uno, costituiti da conversazioni telefoniche (“illustrate” tramite la rappresentazione grafica del timbro vocale dei parlanti attraverso oscillogrammi/spettrogrammi: tempo + ampiezza & frequenza) a 2 e più interlocutori, che creano verticalmente (alcuni sono compartimentati, mentre altri sono collegati/intersecati fra loro) una narrazione orizzontale… “sensata”.
Aubrey Plaza (“Parks and Recreation”, “Scott Pilgrim vs. the World”, “Portlandia”, “Safety Non Guaranteed”, “Life After Beth”, “Ned Rifle”, “Addicted to Fresno”, “the Driftless Area”, “Joshy”, “Legion”, “the Little Hours”, “Ingrid Goes West”, “An Evening with Beverly Luff Linn”, “Happiest Season”, “Black Bear”, “Best Sellers”, “Emily the Criminal”, “Spin Me Round”, “Olga Dies Dreaming”), la Leap Year Girl di un siffatto padre (Stephen Lang), è una sorta di filo conduttore che entra in scena a metà serie con un cameo post-titoli di coda, per poi essere co-protagonista degli ultimi due. Completano l’audio-cast: Clancy Brown, Rosario Dawson, Danny Huston, Jennifer Tilly, Mark Duplass, Judy Greer, Karen Gillan, Pedro Pascal, Lily Collins, Danny Pudi, Riley Keough, Paul Walter Houser… Musiche di Bobby Krlic, aka the Haxan Cloak (“MidSommar”). Sound supervisor: Mark Binder.
La tensione c’è, l’emozione pure, rimane un dubbio: che genere di senso avrebbe un multiverso di tal fatta, con tutte le parallele linee spazio-temporali affiancate l’una all’altra in eterna successione che sono una la copia conforme dell’altra, e così via, all’infinito, pena il cortocircuitante/paradossale collasso? L’intervento “divino”, atto a riportare un equilibrio fra le - una più, una meno – 8.000.000.000 di anime (delle 125.000.000.000 - computo spannometrico, dosato per eccesso - vissute da quando - considerando e tenendo ben presente il paradosso del sorite - la specie Homo s. sapiens è comparsa sulla Terra), presenti in questo istante sul pianeta, non migliora la situazione.
* * * ¾ - 7½
Per questa playlist ho tralasciato quasi del tutto, salvo in un paio di casi, i film apocalittici e cronosismatici, limitandomi ad opere che vertessero su - o che contenessero scene particolarmente significative riguardanti - singole o multiple conversazioni telefoniche o, in seconda istanza, fossero specificamente correlate non tanto al sound design quanto alla voce umana registrata, analizzata, riprodotta...
“La distinzione che separa passato, presente e futuro, per noi credenti [nella fisica], non è che un'illusione, per quanto ostinatamente tenace e persistente.” - Albert Einstein, da una lettera (la post-ultima di un lungo carteggio) scritta alla sorella [che nel film diventa la moglie] dell'ingegnere italo-svizzero Michele Besso, suo grande amico e "collega", poco dopo la morte di quest’ultimo, nella primavera del 1955, e poco prima della propria.
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