E come ogni fine/inizio anno mi trovo a fare il bilancio dei film che ho gustato nei dodici mesi precedenti alla data di "giudizio". Ricco è stato l'anno trascorso di visioni che hanno ampliato la mia cultura e placato (almeno sempre e solo in parte) la mia sete di cinema. Vi propongo l'elenco de I MAGNIFICI SETTE.
La straordinarietà del lavoro del regista, non sta tanto nella bravura nel dirigere i due attori sopra citati (ne saremmo stati capaci tutti) ne tantomeno di trasporre la sua opera letteraria in una sceneggiatura, ma piuttosto nella capacità di trasmettere allo spettatore quel senso di spaesamento che coglie il protagonista e piano piano lo attanaglia stringendolo nella morsa; quel sentore di imbroglio, di manipolazione quasi al limite della persecuzione di cui Anthony si sente vittima e che chi guarda percepisce fin dentro le ossa, che ci cattura nei primi minuti di visione e ci abbandona solo sul finale, lasciandoci comunque dentro un senso di smarrimento che per giorni resterà ancorato dentro.
Un crescendo di emozioni rende la visione mai scontata; molto bravi i due attori protagonisti capaci di trasmettere le contrastanti sensazioni che avviluppano i protagonisti. Un finale amaro e commovente ottimamente contestualizzato nel mondo in cui il film è ambientato che pur non rendendo giustizia alla ad un sentimento vero rispecchia il pensiero intimo della società in cui viviamo.
Questo “film con delle canzoni” come ironicamente lo stesso regista definisce il suo musical affinchè non gli venga mai data un’erronea etichetta, trova proprio nella musica il suo valore aggiunto: capace di non invadere mai lo spazio destinato alle emozioni o alla narrazione, che riesce a procedere linearmente, ma piuttosto accompagna il racconto, finisce addirittura per avvolgerlo, arricchendoli di un fascino che altrimenti non avrebbero.
Con Yllka Gashi, Cun Lajci, Aurita Agushi, Kumrije Hoxha, Adriana Matoshi, Molikë Maxhuni
Una pellicola sommessa, che entra silenziosamente nell’esistenza mite di una donna forte, interpretata egregiamente da Yllka Gashi che sembra portare addosso tutto il peso e la responsabilità di donna prima che di madre.
L’Ariaferma di cui si impregna il titolo è quella composta dalle paure e dalle insicurezze, dagli scheletri nell’armadio dei protagonisti, dodici come gli apostoli stavolta però senza un messia da seguire, senza una fede cui aggrapparsi. Le storie di ognuno si fondono e diventano un tutt’uno con l’attesa di cui si compone la pellicola le cui tinte grigie collimano con la nebbia che avvolge il carcere, con il cemento cedevole che lo compone.
La scelta di utilizzare uno stile grafico semplice e minimalista e il coinvolgimento che ne consegue, sono la dimostrazione che la storia alla base della narrazione è talmente intensa da non necessitare di nessuna forma di arricchimento superfluo per renderla interessante ma basta soltanto dare colore e anima a quelle tavole da disegno che Charlotte ha passato la vita a disegnare, non poteva essere altrimenti, la storia di Charlotte non poteva che essere raccontata in questo modo.
Freaks Out resta un film buono. Bello da guardare anche se non totalmente piacevole, che riconferma Gabriele Mainetti come il regista più stravagante del cinema italiano contemporaneo, capace di creare supereroi dai personaggi quotidiani come nessuno è mai stato in grado di fare prima di lui.
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