High Frame Rate (60 fotogrammi al secondo su pellicola 70mm e 120/160 in digitale mantenendo la fluidità del cinema "classico") e... un po' di vernici colorate versate in un vasca di vetro piena d'acqua.
Figlio d'arte di Donald (che lavorò dal "the Wizard of Oz" di Victor Fleming e Mervyn LeRoy allo "SpaceBalls" di Mel Brooks, collaborando col figlio prima nel suo debutto di "Silent Running" e poi nel "Close Encounters of the Third Kind" spielberghiano), Douglas Trumbull, pur non essendo in seguito propriamente baciato dalla fortuna durante la sua carriera artistica, è stato un artigiano, un tecnico e un ingegnere scoperto ("...I just happened to be in the right place at the right time...") all'età di 23 anni da Stanley Kubrick mentre il regista del Bronx si stava occupando dell'accurata, lunga e laboriosa pre-produzione di "2001: a Space Odyssey" visionando chilometri/ore di filmati, tra i quali un cortometraggio, "To the Moon and Beyond", presentato all'Esposizione Universale (World's Fair) di New York del 1964/'65 dalla Graphic Films Corporation per dimostrare le capacità e le possibilità di applicazione delle loro nuove, peculiari e innovative tecniche di ripresa e proiezione (CineRama a 360°), alla cui realizzazione Douglas Trumbull partecipò attivamente come illustratore, animatore e curatore degli effetti speciali, e a 25 anni si è così ritrovato, con merito, al lavoro sullo StarGate (mentre il Programma Apollo avrebbe portato al primo allunaggio con equipaggio solo due anni dopo) con la tecnica della slit-scan photography (poi riutilizzata per ricreare visivamente il momento della "propulsione a curvatura" dell'Enterprise in "Star Trek: the Motion Picture"), traslando (più o meno consapevolmente) su pellicola cinematografica le proprietà elastiche dello spazio-tempo non euclideo così come descritte dalla teoria della relatività generale di Albert Einstein...
E qui mi fermo, ché per parlare della carriera di Douglas Trumbull occorrerebbe redigere un libro, e quelli già ci sono (ad esempio gli innumerevoli scritti riguardo la realizzazione di "2001: a Space Odyssey", e di tutti gli altri).
"Silent Running": naïf quanto si vuole, tra - restando in orbita SF - il surf spaziale di John Carpenter ("Dark Star") e la messa in scena del romanzo di Walter Tevis da parte di Nicholas Roeg traslandone il senso incarnandolo in David Bowie ("The Man Who Fell to Earth"), ma uno dei (miei) film della vita.
Realtà Reale: Natalie Wood, Robert Wagner, Christopher Walken, un pànfilo (yatch), un tender (gommone), il tutto triangolato a 30 km al largo della costa californiana, una notte... (E un Peter Bogdanovich minore.)
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