Posata una lapide marmorea sulla prima tribolata settimana al Lido dal lunedì della seconda sembra che la Mostra si sia svuotata. Riescono a prenotare persino i bradipi di colore blu e probabilmente quelli verdi perché si comincia a vederne qualcuno persino nelle sale principali. Non occorre avere il grilletto più veloce del west od essere "Old Henry" per trovar posto nelle sale, diventate deserte praterie dopo che i divi americani sono fuggiti a Toronto o nel pianeta Arrakis. Ma non vorrei tediarvi con storie di pollici che battono, compulsivamente, i numeri sullo schermo di un cellulare perché una mancata prenotazione non è nulla a confronto di un trapano che perfora la gamba di un soldato ucraino, o al cospetto di bambini morti troppo presto causando il più atroce dolore. E credo sia preferibile una giornata di spiaggia che una coltellata nella rotula al fine di mettere in fuga i demoni della superstizione. Ma qui non siamo a "Zalava" bensì al Lido e l'unica cosa da conficcare è un ombrellone nella sabbia.
Approfitto, dunque, di questa sede per fornire il mio consueto aperitivo (mannaggia neanche un Campari gratis quest'anno!) dando qualche indicazione sui film visti di questa 78esima edizione della Mostra. Riporterò, poi, con la mia solita calma, considerazioni meno sintetiche nei giorni (mesi) a venire.
Inizio da Jane Campion (non per cavalleria) che finirà probabilmente su Netflix in esclusiva. Un vero peccato perché se c'è' una cosa che il grande schermo valorizzerebbe, quella è l'estetica della regista neozelandese. Splendidi paesaggi, personaggi che si svelano pian piano ed un sottile e sofisticato gioco d'astuzia fanno del "Potere del cane" il miglior modo di partire. All'una di notte di un mercoledì qualunque trovo posto per il film di Pedro Almodovar. Ringrazio colui che ha cancellato la prenotazione per l'opportunità che mi concede di recarmi il giorno seguente alle 8 del mattino nella sala delle repliche. Lo ringrazio anche a fine film perché "Madres paralelas" mi piace. Il regista spagnolo coniuga le vicende dei singoli con la storia del paese in modo onesto e plausibile. Nel pomeriggio mi prendo la prima delusione. Il film argentino "Piedra noche" non è un granché anche se il tema dell'elaborazione del lutto, rapportato alla presenza di uno strano mostro nella baia, risultava, almeno sulla carta, stuzzicante.
Oliva Colman mi tira su il morale interpretando un'eccentrica professoressa di letteratura italiana nel film "The Lost daughter" tratto da Elena Ferrante i cui titoli sembrano sempre più ricercati dai produttori esteri. Una grande attrice che probabilmente metterà in fila le altre per la Coppa Volpi è Kristin Stewart. La sua interpretazione di Lady D è leggiadra come un bel vestito da cerimonia. La popolarità di Diana potrebbe regalare molte soddisfazioni alla casa di produzione di "Spencer". "Il buco" di Michelangelo Frammartino mi spaventa e mi attira allo stesso tempo. O meglio mi spaventa vederlo alle 10 di sera. Mi consola che sia corto anche se i richiami per le vacche del vecchio pastore all'inizio del film mi fanno tremare i polsi. Comunque Frammartino supera l'esame sbadiglio e alla fine devo ammettere di non capire il fuggi fuggi generale. Con tutta la fatica fatta a prenotare i film ci si può anche permettere di uscire a metà? Non comprendo.
"El hoyo en la cerca" racconta di un altro buco, quello nella recinzione di un campo scuola cattolico dove l'educazione impartita agli studenti della nomenclatura messicana lascia attoniti. Il regista Joaquin del Paso si accoda alla visione pessimista del connazionale Michel Franco che aveva dipinto un Messico violento e materialista in "Nuevo Orden" l'anno precedente, per tornare sugli stessi temi, ma con meno convinzione, in "Sundown" che riporta in auge il grande Tim Roth e la sempre bella "Charlotte Gainsbourg". Il talento di Franco, però, si vede anche se a tratti. Dopo tre film in spagnolo, tre in inglese ed uno sostanzialmente "muto" mi capita finalmente di sentire l'arabo nel bel film di Mohammed Diab. "Amira" racconta di figli e matrimoni per procura in Cis-Giordania. E gli annosi problemi di convivenza tra ebrei e palestinesi vengono trattati senza timore partendo da fatti impensabili alle nostre latitudini. "Competencia Oficial" diverte con intelligenza grazie ad un trio perfetto di star iberiche. Banderas, Cruz, Martinez sono ironia pura. Una bella commedia non guasta mai. Distribuzione italiana, per una volta, già certa. Consiglio vivamente.
"Reflection" è duro e lento. Qualcuno ci dorme sopra, ingeneroso. Le scelte di Valentin Vasyanovych sono senza dubbio fonte di dibattito ma a me non dispiace dal punto di vista visivo. Incuriosito dalla sinossi vado a vedere un film della Settimana della Critica. "Zalava" è una piccola perla del cinema iraniano. Felice di averlo acciuffato in Sala... Perla. Mi vien la voglia di farmi crescere i baffi. Grazie al cielo c'è sempre un film iraniano in circolazione. Lo precede un corto italico "L'incanto" che lascia abbastanza a desiderare nonostante la voce di Enzo Biagi che ancora adesso, a distanza di anni, mi emoziona.
"Qui rido io" racconta il teatro comico di Eduardo Scarpetta tramite una ricostruzione squisita degli ambienti napoletani di inizio Novecento. Martone però va oltre le scenografie e ai costumi per affrontare la modernità. I film del pomeriggio sono destinati a lasciarmi perplesso. "El gran movimiento", film boliviano, mi lascia freddino. Saranno gli oltre 3.500 metri sopra il livello del mare della capitale La Paz ed il clima che a quelle latitudini annebbia la vista e mette i brividi lungo le ossa.
Una folgore colpisce la spiaggia del Lido mercoledì mattina. Il cielo è sereno ma "Freaks Out" irradia l'energia di un fulmine". Per me una piacevole sorpresa. Un bel giocattolo.
"White Building" racconta le vicende di una famiglia cambogiana che deve lasciare il fatiscente palazzo dove abita a Phnom Penh. Triste e malinconico romanzo di formazione. Tra i produttori un certo Jia Zhangke. Guardo con interesse "El otro Tom". Mi ci vogliono cinque minuti a capire che la bambina del film in realtà è un maschietto. Sulla madre invece non ho dubbi. Il film di Plá e Santullo si scaglia contro il sistema scolastico e sanitario americano che risolverebbe tutti i mali con le pillole. "America Latina" è un bel film. Impossibile raccontare la trama senza spoiler. Ripassate di qui quando avrete visto il film e capito il titolo. Me lo spiegherete. Grazie.
Mia moglie mi parla bene del "Capitano Volkonogov". L'avevo saltato per un'apericena in riva alla laguna in quel di Alberoni. Grazioso localino, cicchetti da favola ed una mug di "Moscow Mule" che mi dice di non sottovalutare la Russia. Così cancello un altro film e recupero un paio di giorni più tardi "Il capitano Volkonogov è fuggito". Mi ricorda un documentario sulle purghe staliniste.
"Un autre monde" di Stephane Brizé è un film di denuncia. Intelligente e senza orpelli. Necessario. Bravissimo Vincent Lindon. La Francia non sforna solo commedie.
"Mona Lisa and the Blood Moon" brilla all'inizio ma per il resto del tempo mi chiedo cosa diavolo sia. Ma per una volta io e mia moglie ci guardiamo un film insieme, direi mano nella mano se non ci fosse una sedia vuota in mezzo ad impedircelo. Arriva il giorno dei leoni. Due se ne danno di santa ragione in un campo da battaglia. "The Last Duel" di Ridley Scott ha il neo della lingua inglese. Per il resto è un filmone sulla condizione femminile.
Ite Missa est. Si sbaracca. Quest'anno però con l'abbronzatura.
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