Il Presidente della Fondazione L a Biennale di Venezia Roberto Ciccutto e il Direttore Alberto Barbera hanno presentato stamattina la 78a Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica, che si terrà al Lido di Venezia dall'1 all'11 settembre 2021. Questo il programma annunciato per la selezione principale del concorso e che prevede un grande numero di titoli italiani: ben cinque e tutti molto interessanti. Non accadeva davvero da molti anni.
Film d'apertura della 78a mostra. Almodovar torna a Venezia dopo una lunghssima assenza (il suo ultimo film in competizione in laguna fu Donne sull'orlo di una crisi di nervi, nel 1988). Come sempre/spesso, una storia al femminile, centrata sulla maternità, con Penelope Cruz affiancata dalla giovane Milena Smit.
Anche per la regista americana si tratta di un ritorno al concorso. Il suo The Bad Batch nel 2016 vinse il Premio Speciale della Giuria. In questo suo nuovo lavoro la Amirpour gioca con i codici e offre un ritratto a tinte molto vivaci, ambientato a New Orleans, di una ragazza dagli strani poteri.
Brizé torna a Venezia con quello che è il terzo capitolo della sua personale trilogia sul mondo del lavoro, dopo In guerra e La legge del mercato, ma questa volta i problemi del mondo del lavoro, sempre più deregolato e brutale, sono rappresentati dal punto di vista del dirigente d'azienda, che è come sempre Vincent Lindon, attore feticcio del regista francese.
Jane Campion - che manca da Venezia sin dai tempi di Holy Smoke (nel 1999) e che fu premiata con il Gran Premio Speicale della Giuria nel 1990 per Un angelo alla mia tavola - torna con una storia drammatica legata alla vicenda di due fratelli.
Inutile dire che il primo dei titoli italiani in concorso è già un "sorvegliato speciale": la carriera esplosiva dei fratelli D'Innocenzo, culminata l'anno scorso con l'Orso d'argento per la miglior sceneggiatura a Favolacce produce subito un altro titolo. Ma mentre nel film dell'anno scorso la vicenda era collettiva e corale, qui siamo di fronte a una storia individuale e a una grande prova d'attore, affidata nuovamente a Elio Germano.
Esordisce nel concorso la giovane regista francese di origine libanese Audray Diwan che porta sullo schermo una vicenda tratta dal libro omonimo e autobiografico di Annie Ernaux: il racconto durissimo della personale esperienza della scrittrice con l'aborto nella Francia degli anni '60, quando interrompere una gravidanza era ancora proibito.
La terza volta a Venezia per i due registi argentini avviene all'insegna di questo film: una caustica presa in giro del narcisismo dei protagonisti del mondo dello spettacolo. Grande cast.
Sono passati ben 11 anni dal precedente lavoro di Frammartino - Le quattro volte. La sua opera - la seconda italiana in concorso - ricostruisce con grande rigore, senza dialoghi e senza musica, l'impresa di un gruppo di speleologi piemontesi nel 1961.
L'anno scorso Michel Franco vinse il Leone d'Argento - Gran Premio della Giuria, con il discusso Nuevo Orden. Torna ora in concorso con questa opera interpretata da Tim Roth (che con il regista messicano avava già girato Chronic, nel 2015) e Charlotte Gainsbourgh
L'esordio alla regia per l'attrice americana è tratto - pare con molta fedeltà - dal romanzo La figlia oscura, di Elena Ferrante, a conferma della fama mondiale della scrittrice italiana. Nei panni della protagonista Olvia Coleman, destinata a rappresentare i turbamenti di una donna di mezz'età alle prese con i fantasmi del passato. Cast completo e internazionale, con anche la nostra Alba Rohrwacher.
Ritorno questa volta preannunciato, oltre che atteso, quello di Pablo Larrain che, nell'anno in cui Lady D avrebbe compiuto 60 anni, presenta un film biografico che si concentra sui giorni in cui Diana Spencer decise di separarsi da Carlo d'Inghilterra. Molta attesa per la prova attoriale di Kristen Stewart, nei panni della principessa.
Anche Mainetti finalmente rompe il silenzio che ci sapara dal suo esordio folgorante con Lo chiamavano Jeeg Robot: 6 anni sono tanti. Ma al di là della sua lunga gestazione Freaks Out - che ha certo conosciuto una lavorazione lunga, complessa e travagliata - suscita la curiosità di tutti e molte aspettative.
Il quarto titolo italiano in concorso è il film di un autore che a Venezia non è mancato quasi mai: Martone. Il regista napoletano mette in scena l'avventura umana e teatrale di Edoardo Scarpetta, il capostipite dei comici napoletani: l'occasione anche per immergersi nell'ambiente della Napoli d'inizio Novecento, ricostruita più che meticolosamente.
Paul Schrader torna a Venezia con un film che ruota intorno ai suoi temi favoriti - il senso di colpa, la vendetta, la redenzione -, che ha in Oscar Isaacs il proprio protagonista e che echeggia sullo sfondo il dramma del campo di detenzione di Guantanamo.
È il quinto e ultimo film italiano in concorso, ma ormai la sua presenza era data per certa dai più, oltre che attesissima. Sorrentino - prodotto da Netflix - ricostruisce i tragici eventi che portarono alla morte di entrambi i suoi genitori, la dolorosa elaborazione del lutto che ne è seguita e gli sviluppi che hanno condotto poi Sorrentino a muovere verso Roma e verso la sua sfolgorante carriera.
Con Atlantis Vasyanovych vinse il premio per il miglior film della sezione Orizzonti, nel 2019. Ora arriva al concorso con il suo secondo film, che ruota ancora intorno ai temi dell'opera precedente: l'orrore della guerra - raccontata con una violenza che potrà anche risultare disturbante - ma soprattutto la difficolta di superare le lacerazioni che la guerra stessa lascia sul campo nel tessuto sociale e civile.
Con Hatzín Navarrete, Hernan Mendoza, Cristina Zulueta
Nel 2015 Vigas vinse da esordiente il Leone d'Oro con Ti guardo. Torna oggi a competere per quel premio con il suo secondo film, che ha richiesto molto tempo per essere completato (e non solo a causa della pandemia): un'opera molto drammatica che si confronta duramente con il tema dell'immigrazione.
Con John Arcilla, Dennis Trillo, Dante Rivero, Christopher De Leon, Lotlot De Leon
Erik Matti - regista che senza offesa potremmo chiamare autore da "serie B" e che ha girato molto cinema di genere (ma anche di culto) - fa un salto di livello con un titolo dalla durata fluviale (tre ore e mezza), senza rinunciare al suo passato ma approdando a una durissima condanna del sistema politico del suo Paese, le Filippine, devastato dalla corruzione.
Con Tomasz Kot, Agnieszka Grochowska, Robert Wieckiewicz, Tomasz Zietek
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Il cinema politico non è morto: lo afferma con forza questo titolo del regista polacco. Due ore di cinema dedicate a ricostruire con precisione e passione civile un episodio drammatico della storia della Polonia,
Con Yuriy Borisov, Vladimir Epifantsev, Aleksandr Yatsenko, Natalya Kudryashova
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Era già stato visto (e apprezzato) il secondo lavoro della coppia di registi russi Natasha Merkulova e Alexey Chupov - The Man Who Suprised Everyone - che diede alla interprete Natalya Kudryashowa il premio per la miglior attrice nella sezione Orizzonti. La coppia approda ora alla selezione principale con un'opera potente ambientata nel periodo delle purghe staliniane.
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