L’evento in streaming della settimana sarà disponibile per tutti a partire dal prossimo 26 maggio e risponde al titolo di Il divin codino, film che Netflix in collaborazione con Mediaset dedica alla figura di Roberto Baggio, uno dei calciatori più amati della storia calcistica italiana e non solo. Nell’attesa, però, ci si può divertire con Army of Dead, nuova produzione di Zack Snyder con al centro una rapina e una pandemia… zombie!
Interessanti tra i nuovi film in streaming sono alcune proposte multipiattaforma che continuano a rendere disponibili titoli che un tempo ci si accontentava di vedere sui canali non ufficiali. Oltre alle proposte cinematografiche, segnaliamo la partenza su RaiPlay della terza stagione di PlayBooks, uno dei pochi spazi dedicati al mondo dell’editoria e delle sue novità. Alla scoperta degli autori e delle più interessanti novità letterarie italiane e internazionali, il programma è alla sua terza stagione e a partire dal 20 maggio Vittorio Castelnuovo, affiancato da Ilaria Gaspari (scrittrice e astro nascente della filosofia italiana) si dedicheranno a tutte le declinazioni della scrittura e della creatività letteraria. Tante rubriche e tanti argomenti: dalla poesia ai grandi classici della narrativa, dagli influencer letterari alle graphic novel.
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Lo dicevamo prima, la punta di diamante è Il divin codino di Letizia Lamartire. Gli fa però buona compagnia Army of the Dead, la commedia zombie a cui Snyder pensa da diversi anni e che dovrebbe essere, successo permettendo, il primo capitolo di una nuova saga.
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La piattaforma punta questa settimana tutto sulla musica e sulla figura di Pink, seguendo la popstar nel documentario P!nk: All I Know is so Far.
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Il cinema d’autore è ben rappresentato, come sempre, grazie a Mubi e alla proposta di Verrà la morte e avrà i tuoi occhi. Sky Cinema risponde con l’esclusiva di American Skin, titolo passato alla Mostra del Cinema di Venezia 2019. E sempre da Venezia, dalla Settimana della Critica 2020, arriva l’action danese Shorta mentre innumerevoli sono i festival da cui è passato La casa delle stelle, a partire da Toronto. Gli amanti della fantascienza possono gioire con la proposta di ben due titoli inediti: Synchronic e 3022. Concludono l’offerta multipiattaforma l’avventuroso Territory – L’oro dei ghiacci, il thriller Fatale – Doppio inganno, il family Poly, il documentario Nella casa di Dorothy, il multistorie Diversamente, l’horror Cruel Peter e l'edificante Zack, cane eroe.
Raccontare 22 anni di vita di Roberto Baggio non era semplice. I rischi erano fondamentalmente due: lo scollegamento dei tanti eventi e l’agiografia. Letizia Lamartire, al suo secondo film, sorprende per come non si lascia travolgere da una sceneggiatura che in mani ad altri sarebbe stata solo un mezzo per realizzare un film incentrato sul calcio. La sua opera, invece, molto americana, è incentrata sull’uomo che del calcio ha fatto una ragione di vita. Visto e recensito in anteprima qui: //www.filmtv.it/film/200214/il-divin-codino/recensioni/992592/
“Come spesso capita, i film di genere sono anche un mezzo per parlare di tematiche sociali. Tutti coloro che arrivano a Las Vegas si trasformano spesso in "zombie", vittime del divertimento o del gioco. E l'idea del muro rimanda a tutti quei muri di contenimento che servono a confinare immigrati e rifugiati o a evitare che oltrepassino i confini. Nel placare l'epidemia, nel film, il governo mette in atto determinati provvedimenti che, ahimè, limitano molte libertà individuali: oggi ciò ha assunto un significato diverso da quello da cui sono partito. Ma una cosa è rimasta invariata con il tempo: alla fine gli umani sono peggiori degli zombie”. Parola del regista.
La pluripremiata cantante e performer Pink e la sua “famiglia acquisita” sono al centro del viaggio realizzato durante il world tour da record del 2019 Beautiful Trauma, durante il quale la cantante cerca di dividersi tra il suo ruolo di madre, moglie e performer. Tra filmati on the road e dietro le quinte, interviste e materiali personali, il regista Michael Gracey offre al pubblico in uno sguardo inedito sulla vita della diva. Necessario? Non proprio. Interessante? Per i fan e non.
Presentato al 67° San Sebastián International Film Festival, questo film cileno è ispirato a una celebre poesia di Cesare Pavese e racconta la storia di una donna che passa i suoi ultimi giorni di vita insieme alla sua compagna di sempre. Il film ricorda lo stile di Bergman, e la protagonista è la celebre attrice Amparo Noguera (Una donna fantastica).
American Skin segue le orme di due classici di Hollywood come La parola ai giurati e Quel pomeriggio di un giorno da cani, entrambi diretti da Sidney Lumet. A raccontare la genesi del film è lo stesso regista in occasione della partecipazione al Festival di Venezia 2019 nella sezione Sconfini: "Nel 2014, dopo la morte di Michael Brown, sono andato a Ferguson, nel Missouri, per capire meglio le tensioni tra le forze dell'ordine e i giovani uomini e donne di colore. Il momento più tragico di questo viaggio è arrivato quando mi sono trovato in centro città tra due gruppi di cittadini infuriati. Da una parte sentivo urlare lo slogan "Giustizia per Mike Brown" e dall'altra quello di "Sostieni la nostra polizia". La cosa che ho notato all'istante è stata quella profonda diversità dell'idea che abbiamo di cittadinanza, di applicazione della legge, e la nostra responsabilità di preservare la vita. Come cittadino americano, padre, fratello, figlio e artista, mi sono sentito obbligato a utilizzare la mia piattaforma di film-maker per rispondere a questa crisi, non solo per promuovere l'equità sociale, ma avviare anche un cambiamento culturale globale che possa portare a preservare delle vite umane. Se questo film riuscirà a salvare anche solo una vita, allora avrà raggiunto il suo scopo principale".
“Il nostro film non è politico ma parla semplicemente di persone. Il nostro obiettivo non è difendere e nemmeno criticare. Cerchiamo semplicemente di capire il perché dietro certe azioni e le visioni del mondo degli individui, sia che siano giovani arrabbiati di periferia, che si sentono demonizzati e incompresi, sia che siano agenti di polizia, stressati dal lavoro e sottopagati. Shorta, che in arabo significa “polizia”, è un film di genere in debito da un lato con registi del calibro di William Friedkin, Sydney Lumet e Walter Hill, padri di thriller grintosi con al centro complessi antieroi, e dall’altro lato con autori come Spike Lee e Matthieu Kassowitz, il cui lavoro ribolle di rabbia, indignazione e considerazioni sociali”, hanno dichiarato i registi.
Nel raccontare la storia di Mara, attrice della golden era del cinema argentino che condivide una decadente residenza con i tre uomini con cui era solita lavorare e con un inatteso gruppo di giovani, Campanella – regista noto per Il segreto dei suoi occhi – sa come far satira e ridere di certi aspetti del cinema stesso, ricorrendo spesso al sarcasmo e all’ironia. Ne viene fuori un metafilm che riflette sull’arte, sull’amore e sull’amicizia, non così semplice come appare sulla carta. Pieno di colpi di scena, ha poi un finale perfetto che sembra arrivare sin troppo presto, nonostante la durata del film.
“Passato, presente e futuro esistono simultaneamente piuttosto che in linea sequenziale, uno dopo l'altro, così come li viviamo da sempre. La mente che viene caoticamente catapultata nello spazio-tempo da una droga è a un passo da tutti quei peggiori trip di cui abbiamo sentito parlare o che abbiamo in prima persona vissuto e rappresenta un ottimo punto di partenza per un film di fantascienza/horror”: questa è secondo i registi la premessa di un’opera che, grazie a un viaggio nel tempo, riflette sul valore di vecchie amicizie, sull'accettazione della fine della vita, sulla famiglia e sul sacrificio.
L’ennesimo evento catastrofico ha distrutto la Terra. L’umanità è sulla via dell’estinzione e quattro astronauti in missione scoprono qualcosa in grado di cambiare ogni prospettiva. L’incipit è logoro più che mai e parecchio inflazionato ma ben presto la lotta alla sopravvivenza si trasforma sulla scoperta del senso della vita stessa: essere gli ultimi, a volte, equivale a essere i primi. Buon cast e discreta regia.
Si torna indietro nell’Unione Sovietica degli anni Sessanta. In piena Guerra fredda, la nazione necessita di oro e il governo autorizza diverse esplorazioni che si rivelano infruttuose. Il leggendario Territorio, la terra in cui tundra e Artico si fondono nell’estremo nord russo, potrebbe però riservare delle sorprese. Parte da uno spunto reale una storia che non ha mai cessato di appassionare la Russia: basti ricordare le missioni all’Artico commissionate qualche anno fa da Putin al Polo Nord.
Qualche anno fa, Hillary Swank era destinata a diventare un mito di Hollywood. Due Oscar vinti in giovane età lasciavano intravedere un futuro à la Meryl Streep. Poi, qualcosa si è rotto e ancora oggi non si capisce cosa. L’attrice non è stata più in grado di trovare ruoli all’altezza delle sue capacità e la riprova è questo ennesimo thriller in cui tutto suona di risaputo sin dalla prima inquadratura. “Un gioco del gatto con il topo con innumerevoli colpi di scena, improvvisi cambi di prospettiva e un’inaspettata carica erotica”, recita il claim. Curioso che il protagonista, un detective, si chiami Derrick, come uno degli ispettori più conosciuti e ingiustamente bistrattati della televisione tedesca.
Era previsto in sala ma arriva direttamente on demand la trasposizione dell’omonimo romanzo della scrittrice francese Cécile Aubry. Ha spiegato il regista: “Avevo già adattato per il grande schermo un'altra opera della scrittrice, Belle & Sebastien, una storia che ha aveva segnato la mia infanzia e che ho fortemente voluto riportare in auge per le nuove generazioni. Lavorare a Poly è stato quasi logico per me. Da Poly è già stata tratta una serie televisiva, Poly e le sette stelle, andata in onda in Francia per la prima volta nel 1961. Ho voluto però differenziarmi da quel lavoro per far qualcosa di mio. Ho mantenuto inalterato il dna di ciò che aveva contribuito al suo successo, ovvero il rapporto tra un bambino e un animale e tutto il mondo del circo, a partire dal personaggio del terribile Brancalou, ma ho sentito l'esigenza di modernizzarne il racconto". Il più grosso dei cambiamenti riguarda il protagonista: non più un bambino ma una bambina.
“Il mago di Oz è una favola che amavo molto quando ero bambina”, racconta Tiziana Valsecchi, fondatrice dell’Associazione di volontariato Nella Casa di Dorothy, “perché ci insegna che ognuno di noi, come il leone, l'uomo di latta, e lo spaventapasseri, ha in sé tutto ciò che cerca. Basta guardare nelle stanze della nostra anima per trovare il coraggio, l'intelligenza e il cuore necessari per affrontare qualsiasi battaglia”. La battaglia di Tiziana, e di tantissimi altri genitori, è quella contro un gigante talvolta muto, cieco e sordo: l’autismo. l sogno di Tiziana, condiviso con centinaia di altre madri e padri, è quello di garantire al proprio figlio affetto da un disturbo dello spettro autistico un futuro, concreto e solido, per affrontare con serenità il momento del “dopodinoi”. Una casa, quindi, che è rifugio e riparo, nonché struttura essenziale di una quotidianità famigliare. Il film di Francesco A. Mondini parte da qui: da un vecchio cascinale che aspetta di essere ristrutturato e di tornare a nuova vita grazie a Dorothy che, con coraggio, cuore e intelligenza inizia a trasformarla.
Max Nardari ha voluto fortemente unire i suoi cortometraggi prodotti nell’arco di qualche anno, e per i quali ha collaborato con diversi autori, in un unico “progetto” che avesse un fil-rouge: quello di promuovere temi importanti quali l’omofobia, il razzismo la solidarietà femminile, il confronto interculturale, l’adozione e ancora il razzismo, rivolgendosi in maniera diretta soprattutto ai giovani, insegnandogli a guardare con fiducia e a lasciarsi sorprendere da chi è “diverso”, invitandoli ad entrare in punta di piedi nel loro mondo mettendo da parte pregiudizi e diffidenze.
Con Henry Doutwhite, Rosie Fellner, Terence Booth, Zoe Nochi, Arcangelo Ciulla, Katia Greco
In streaming su Rai Play
111 anni dopo il terremoto di Messina, la pellicola ricrea – strizzando l’occhio alle ambientazioni vittoriane - la stessa atmosfera che vivevano i viaggiatori europei che visitavano la città agli inizi del secolo scorso, ricca, esoterica, piena di luoghi nascosti e misteriosi. “Vorrei fosse un ulteriore passo per ripensare l’immaginario della Sicilia – dichiara Christian Bisceglia – non solo una terra di mafia ma patria del mondo fantastico, nella speranza che l’intrattenimento cinematografico possa far fiorire un business capace di innescare circuiti virtuosi”.
Il film racconta l’amicizia tra un pastore tedesco e il suo giovane padrone, separati e poi riuniti durante gli anni della Germania nazista. Tratto dal pluripremiato romanzo The Jewish Dog di Asher Kravitz, parla di fedeltà e amicizia grazie a una vicenda che emoziona grandi e piccini.
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