"Visitatore, osserva le vestigia di questo campo e medita: da qualunque paese tu venga, tu non sei un estraneo. Fa che il tuo viaggio non sia stato inutile, che non sia stata inutile la nostra morte. Per te e per i tuoi figli, le ceneri di Oswiecim valgono di ammonimento: fa che il frutto orrendo dell’odio, di cui hai visto qui le tracce, non dia nuovo seme, né oggi né mai."
(Targa commemorativa al museo di Auschwitz – Birkenau)
The Band of Lilliput
C'era una volta, non tanto tempo fa
Nel 1937, quando la "Disney" distribuì Biancaneve e i sette nani, conquistò un improbabile fan: Adolf Hitler. Copia della pellicola, bandita in Germania a causa dell'antiamericanismo, finì tra le mani del dittatore. La tecnica di animazione, di gran lunga superiore a quella tedesca, era un dato di fatto che sconvolse il Führer. Dopo un primo momento di sconcerto, Hitler ne restò però affascinato, tanto da arrivare a dipingere acquarelli con i sette nani ritratti.
L'Angelo della morte e i sette nani
Pochi anni di distanza da quando il dittatore restò incantato dalla favola della Disney, perché la realtà arrivi a far sì che i nazisti entrino in possesso dei loro sette nani. Una storia purtroppo reale, una favola al contrario, con al posto di Biancaneve il dottor Josef Mengele, meglio noto come l'"Angelo della morte".
Andando dunque a ritroso nel tempo - e nello spazio in Romania - possiamo inziare con il classico "C'era una volta": in Transilvania, una famiglia ebrea da tempo guidata dal patriarca di nome Shimshon Isaac Ovitz. Un rabbino nano, sposato due volte con donne di statura normale. Da queste due donne Isaac ebbe dieci figli, dei quali tre di statura normale e sette nani. Sette avevano cioè ereditato il gene della pseudoacondroplasia. Alla morte di Isaac, la vedova pensò che per potersi garantire il futuro, i piccoli (in tutti i sensi) figli avrebbero potuto tentare di avviare una compagnia musicale itinerante. Le cinque sorelle e i due fratelli di piccola statura, erano in effetti portati per la musica. Il loro deficit fisico non aveva precluso loro notevoli facoltà artistiche. I fratelli formarono così la "Jazz Band of Lilliput", con la quale girarono mezza Europa riscuotendo consensi ovunque si esibissero e, nel giro di breve tempo, notorietà. Un brutto giorno la Germania invase anche la Romania, e fece veloce rastrellamento di ebrei. Tra loro anche la "Band of Lilliput", al completo.
La famiglia Ovitz
Auschwitz-Birkenau: il treno con il suo carico di disperati arrivò a destinazione. Potenti fasci di luce illuminarono i passeggeri costretti a scendere dalle carrozze. Sette minuscole persone, sollevate a forza dai vagoni, finirono di fronte alle guardie delle SS. Cinque erano donne, non pù alte di un bambino di sei anni ma truccate in volto e vestite con abiti eleganti. Cinque piccole bambole che si misero in cerchio, assieme ai due loro fratelli lillipuziani. Guardavano gli altri passeggeri - scortati da soldati con cani alsaziani tenuti al guinzaglio - salire su una rampa. Uno dei due fratelli distribuì cartoline autografate: far loro sapere che la "Band of Lilliput" era nota a livello internazionale non poteva, forse, che migliorare la situazione.
Come tutti gli sventurati viaggiatori di quel convoglio, dopo tre giorni di viaggio per raggiungere la triste méta di Auschwitz-Birkenau, non potevano certo immaginare di essere giunti al più famoso campo di sterminio nazista.
Un ufficiale della SS, stabilito che quei sette strani piccoli personaggi facevano parte della famiglia Ovitz, invocò l'immediata presenza del... dottore. Era quasi la mezzanotte di venerdì 19 maggio, 1944. Mengele stava dormendo nel suo alloggio. Chi si recò per svegliarlo era consapevole di non far certo dispetto: era nota a tutti i soldati delle SS la passione del dottore per "i mostri umani". Mengele veniva considerato un collezionista di "eccentricità", esseri fisicamente deformi comprendenti giganti ed ermafroditi. Magari un nano non sarebbe stato sufficiente a dargli la sveglia, ma sette... beh: era proprio come nella favola, e la cosa venne subito presa da Mengele con estremo interesse. Mengele precipitò giù dal letto in gran furia, mentre i nani guardavano quella massa di passeggeri in lento movimento - tra i quali anche zii, cugini, e conoscenti - marciare verso un edificio cinereo, sul tetto del quale due comignoli sputavano fumo e fiamme, senza sosta. Un immagine infernale, in senso purtroppo realistico. Perla Ovitz, la nana più giovane (23 anni), chiese ingenuamente a un prigioniero con giacca a righe, che aveva contribuito a far scendere dal treno i tanti deportati, se quella fosse per caso una panetteria. La risposta fu negativa: "Questa non è una panetteria, questo è Auschwitz, e presto finirai anche tu nei forni."
I nani speravano però nel medico. Quando Mengele li raggiunse, si trovava in breve circondato da quelle sette minuscole creature, entusiaste di farsi conoscere e di rispondere alle sue domande. Probabilmente le cinque donne erano anche attratte dall'ingannevole bell'aspetto di Mengele, all'epoca trentaquatreenne. Non sapevano, non potevano sapere (e nemmeno immaginare), che il dottore aveva già torturato, sezionato e fatto esperimenti su dozzine di fratelli gemelli, solo per documentare la somiglianza degli organi interni. Nella "Band of Lilliputs" Mengele vide subito altre cavie da sottoporre a sperimentazione, tanto che arrivò ad esclamare: "Adesso avrò lavoro per i prossimi vent'anni. Ora la scienza avrà un argomento interessante da considerare."
L'ufficiale di servizio ricevette ordini diretti da Mengele e, a sorpresa, non solo i sette nani ma anche le due sorelle di taglia normale, la cognata, due dei loro figli, le famiglie del loro factotum e del vicino (spacciatisi per parenti), furono salvati dalla camera a gas. 22 persone, apparentemente graziate. Il treno aveva fatto sosta da sole tre ore: la maggior parte dei passeggeri - 3.100 su 3.500 - erano già morti. I nani con il loro seguito, vennero caricati su un camion e portati via.
Mengele era ossessionato dalla sperimentazione fine a se stessa, da effettuare su corpi di prigionieri per lo più considerati "mostri", ossia esseri umani con anomalie fisiche. Questa selezione finiva in una reparto del lager definito lo "Zoo di Mengele". Ma in questo specifico contesto, tra i nani e Mengele nacque una morbosa e malata relazione.
Josef Mengele
Mengele era sinceramente incuriosito, soprattutto dalle femmine e da Freida in particolar modo. Insolitamente gentile quando parlava dei nani, le sue azioni in nome della scienza andavano del tutto in senso opposto. In maniera imprevedibile, ossia contro il regolamento, i sette nani non furono rasati e gli venne anche concesso di mantenere i loro vestiti. Addirittura al loro servizio fu posto un tuttofare, Simon Slomowitz, che li aiutava a salire sulle cuccette o ad espletare funzioni che, la loro bassa statura, non consentiva.
Gli Ovitz vivevano in una baracca e mangiavano la stessa zuppa acquosa data in pasto a tutti i prigionieri, ma capivano di essere stati messi da parte per qualche misteriosa ragione. Furono dati loro i vasini dei bambini morti, per evitargli di utilizzare le latrine. Anche una ciotola di alluminio, con la quale lavarsi tutti i giorni con acqua: Mengele era ossessionato dell'igiene.
Quando vennero convocate nel laboratorio di Mengele, le cinque minuscole donne truccarono con cura i loro visi, indossando i vestiti migliori. Volevano far colpo sul dottore, volevano attirarsi affetto e simpatia, volevano dare il meglio di sè.
Il laboratorio aveva l'aspetto di una clinica normale, e così pure chi lo frequentava dalla parte "medica", con divise rigorosamente bianche. I nani probabilmente pensarono che un prelievo del sangue fosse poca cosa, in cambio della vita. Ma il prelievo si ripeteva sempre più di frequente, assieme alle radiografie con raggi X. Il sangue prelevato era di tale quantità che, associato alla debolezza per la fame, spesso procurava loro svenimento. A Mengele non poteva importare di meno: li faceva sdraiare e, quando si riprendevano, continuava a far prelevare sangue. I test più agghiaccianti e spaventosi, però, furono quelli ginecologici, con le piccole donne legate ad un tavolo e torturate a più riprese. Iniezioni di sostanze sconosciute nell'utero, estrazione di sangue mestruale, aghi e spuntoni inseriti nella vagina e prelievo di campioni. Un dolore e una sofferenza impossibile non solo da descrivere, ma anche solo da immaginare, destinato a prolungarsi anche oltre dopo la fine degli esperimenti. Il trattamento riservato alla "Band of Lilliput" fu così severo e disumano, che persino i medici assistenti alla fine si rifiutarono di continuare, per pura pietà. Fecero infatti notare che la famiglia non avrebbe potuto sopravvivere ad ulteriori procedure invasive. Mengele, terrorizzato dall'idea di perdere i suoi "topi da laboratorio" preferiti, si lasciò convincere. Ma solo per dare corso a ulteriori esperimenti sadici, ad esempio estrarre loro il fluido dalla colonna vertebrale. Quando i soggetti erano in prossimità del collasso Mengele diede via ad allucinanti e dolorosi test supplementari su cervello, naso e bocca, comprensivi di estrazione dei denti, alla ricerca di segni di malattia ereditaria.
Mengele in seguito sottopose a umiliante esibizione la famiglia Ovitz, quando fu costretta a spogliarsi, nuda, di fronte a ufficiali nazisti per dimostrarne l'inferiorità genetica e, per delirante assioma, la superiorità della razza ariana. Ad Hitler, a fine ludico e per puro divertimento, Mengele inviò un film girato appositamente, con protagonisti i sette nani e loro parenti: in quel diabolico contesto i fratelli Ovitz furono costretti a cantare canzoni tedesche in stato di puro terrore, subito dopo aver assistito all'omicidio e "bollitura" di due nani appena arrivati al campo, al solo scopo di esporne le loro ossa in un museo nazista.
Sette mesi d'inferno, per gli Ovitz, che giunsero al termine solo il 27 gennaio 1945, quando Auschwitz venne liberata dai russi. Mengele riuscì però a fuggire in tempo, raccogliendo con sè il suo "prezioso" carico di referti medici. Le truppe sovietiche avevano salvato da morte certa gli Ovitz. Solo due giorni prima Mengele aveva avvicinato una delle sue preferite, Elizabeth, con una collezione di occhi di vetro, cercando di abbinarne la tonalità.
Mengele non subì processo, essendo sfuggito alla cattura, morendo annegato in una spiaggia brasiliana nel 1979. La famiglia Ovitz nel 1949 si stabilì in Israele dove per lunghi anni si esibì in tournée con i loro spettacoli teatrali. L'ultima gemella, Piroska, morì pacificamente all'età di 80 anni, il 9 settembre 2001.
L'ingiustizia è uguale per pochi
25 ottobre 1946. Ventitrè dottori, scienziati e alti funzionari dell'amministrazione medica e dell'esercito nazista furono messi sotto inchiesta. Sette imputati vennero condannati alla pena di morte; nove a lunghe pene detentive; sette assolti. Tanti, troppi, autori dei crimini commessi nei campi di concentramento non verranno mai processati, tra questi anche Josef Mengele, medico di Auschwitz-Birkenau. Il criminale di guerra trovò infatti riparo in Sud America, dove morì, dopo aver vissuto in totale libertà, nel 1979.
Abbiamo riportato questa tragica storia, talmente assurda da apparire fantastica, per ricordare quanto gli "orrori" di Auschwitz e del nazismo siano stati ben superiori ad ogni più fervida e malata fantasia. I revisionisti, i negazionisti e chi in un modo o nell'altro si ostina a sminuire fatti di tale raggelante portata, realmente accaduti, si rende a suo modo moralmente responsabile di queste ingiustificabili azioni. La storia non insegna, basta ascoltare un telegiornale, leggere le notizie su un quotidiano (oppure online) per assistere con orrore, ancora oggi, a spaventosi avvenimenti che dimostrano come l'odio razziale sia tuttora praticato in buona parte del mondo.
"Voi che vivete sicuri nelle vostre tiepide case, voi che trovate tornando a sera il cibo caldo e visi amici: considerate se questo è un uomo che lavora nel fango che non conosce pace che lotta per mezzo pane che muore per un sì o per un no. Considerate se questa è una donna, senza capelli e senza nome senza più forza di ricordare vuoti gli occhi e freddo il grembo come una rana d’inverno. Meditate che questo è stato: vi comando queste parole. Scolpitele nel vostro cuore stando in casa andando per via, coricandovi alzandovi; ripetetele ai vostri figli. O vi si sfaccia la casa, la malattia vi impedisca, i vostri nati torcano il viso da voi. (Primo Levi, breve testo in versi liberi che apre il romanzo Se questo è un uomo. La poesia si intitola “Shemà”, che significa “ascolta”)
Adagio for square (Worakls)
Playlist (aperta ai contributi purché in tema) sul cinema eros svastika, titoli girati nella maggior parte dei casi con certa superficialità e considerati - in parte e a ragione - opere di basso profilo artistico. Tra i tanti, però, alcuni registi hanno saputo affrontare l'argomento con più serietà, talvolta con dovuto rispetto e in memoria delle tante vittime cadute sotto la follia di quel tragico periodo storico.
N.B. L'ordine non rispecchia necessariamente la cronologia, né la qualità del film
Con Bob Cresse, Maria Lease, Kathy Williams, Bruce Kimball, John Alderman, Rodger Steel
In streaming su Cultpix
Diretto dal regista di nudies (R. Lee Frost), Camp 7 arriva nelle nostre sale solo nel 1975, sei anni dopo la realizzazione, finendo al fianco di una manciata (di ben altro livello) di pellicole che hanno poi dato corso al famigerato filone italiano definito "eros svastica".
Brass gira il suo primo erotico e assieme al Salò di Pasolini diventa fonte di ispirazione (non solo italiana) per un nuovo filone: il nazi porno. Benché Salon Kitty sia incorso in problemi di censura, forte e significativamente incisivo appare il discorso critico avanzato dal regista, sugli effetti devastanti di chi aspira avidamente al potere.
A differenza dei più truci titoli della serie su Ilsa, e dei popolari modelli italiani (La bestia in calore, per esempio, anch'esso evocato dalla titolazione presa in esame per questa pellicola), qui la dominante è puramente erotica, e per la precisione lesbica, come lasciano intendere i titoli di testa mentre annunciano che la produzione è targata "Le film du saphir".
Con Macha Magall, Gino Turini, Edilio Kim, Xiro Papas, Salvatore Baccaro
Incredibile eros svastika girato in fretta e furia con immagini di repertorio (da Quando suona la campana, film dello stesso regista) e con una brutalità estrema ma messa così male in campo da raggiungere, in più contesti, l'effetto comico involontario.
Tardivo nazi erotico (meglio: eros svastika) frutto di un furbo rimontaggio che tenta di sfruttare sia il discutibile filone sleazy, sia il successo del serial TV Olocausto. Ne esce un pasticcio inconcludente, privo di coerenza e ritmo.
Girato sugli stessi set e dallo stesso cast tecnico/artistico di SS Lager 5, il film di Sergio Garrone pur non essendo capolavoro ha una sua ragion d'essere oscurata da un titolo delirante e dall'appartenenza ad un filone (eros svastika) ghettizzato talvolta ingiustamente.
Con John Steiner, Lina Polito, Erna Schurer, Sara Sperati, Solvi Stubing, Guido Leontini
Nazi erotico scritto e girato con malcelato compiacimento. La sceneggiatura, per la versione americana, è attribuita anche a Larry Dolgin, attore nel film Robojox di Stuart Gordon. Motivo per cui Le deportate della sezione speciale SS è stato distribuito, negli USA, in Dvd dalla "Full Moon".
Nel rispetto del classico iter narrativo (rastrellamento, deportazione nel lager, selezione e destinazione "di piacere" per militari sessualmente affamati) Caiano realizza una pellicola insolitamente contenuta e con approccio più serio al tema.
Con Dyanne Thorne, Gregory Knoph, Tony Mumolo, Maria Marx, Nicolle Riddell, Jo Jo Deville
Pellicola ispiratrice di quel sottofilone morboso che in Italia è stato definito Eros-Svastika (aka Nazi-Erotico, aka Nazi-Porno). Nel suo delirante sviluppo, pone l'accento sull'abbondanza "pettorale" della bionda (e sadica) Dyanne Thorn: l'esuberanza di forme di Ilsa viaggia in maniera proporzionale alle perverse azioni poste in essere con dispiego notevole di marchingegni diabolici, atti a generare una buona dose di disgusto. Apertis verbis: nauseante a tal punto da generare una serie, nella quale ci si infila anche Jesus Franco.
Con Monika Swinn, Christine Aurel, Sandra Morazowsky, Claudine Beccarie
Uno dei quattro nazi francesi diretti da Alain Payet, di bassa caratura ma non troppo distante dai predecessori italiani. Monica Swinn non ha il carisma dell'attrice principale ma la presenza di Claudine Beccarie risolleva in parte le sorti del film.
Con Elisabeth Felchner, Karin Heske, Renate Kasché, Carl Möhner, Helmut Förnbacher
Irrisolto ibrido tra azione, guerra ed erotismo, girato decorosamente da Dietrich ma lagnoso per via di una sceneggiatura poco approfondita e sviluppata da un soggetto poco stimolante.
Con Paolo Bonacelli, Giorgio Cataldi, Umberto Paolo Quintavalle, Aldo Valletti
Se può rendere l'idea di quello che aspetta (previa ingenua curiosità) lo spettatore che si pone di fronte al film per la prima volta, si può solo dire che i figli "illegittimi", coniati dal sotto (sotto) filone degli Eros-Svastika appaiono al confronto di questo gelidissimo (con taglio stilistico ferale e cinico) Salò come pellicole all'acqua di rose. La crudeltà, analizzata in una spazio-tempo che rimanda al percorso - letterale - "dantesco" nei gironi dell'Inferno, non conosce soluzione di continuità e si sviluppa in direzione di un finale agghiacciante.
Con Karl Koenig, Red Ascott, Ronny Coster, Luciano Pigozzi, Kieran Canter, Ilona Kerdmann
L'eros svastika non allineato, ovvero l'esemplare più assurdo di un filone già di per sé antimoralista e iconoclasta. Accostabile alla commedia demenziale in stile Sturmtruppen, ma con un'alta dose di nudo femminile.
Con Birte Tove, Lieh Lo, Hsieh Wang, Terry Liu, Roska Rozen, Niki Wane, Hsia-ying Lo
Nel 1973 dall'Hong Kong arriva un precursore del filone nazi-erotico italiano, opera del regista Chih-Hung Kuei. Per questa sua peculiarità il film, distribuito in tutto il mondo negli anni compresi tra il 1973 e il 1977, è diventato a suo modo di culto, noto con il titolo internazionale di Bamboo house of dolls.
Con Brigitte Lahaie, Guy Royer, Hubert Géral, Erika Cool, Barbara Moose, Karin Gruas
Raro nazi-erotico di José Bénazéraf, qui ispirato dal filone italiano, in particolare da Salon Kitty (1976) di Tinto Brass. Le scene di sesso sono poste a contorno di una ricostruzione storica piuttosto seria, e trattata in maniera rigorosamente drammatica.
Con Roger Carel, Pierre Doris, Brigitte Lahaie, Marie-Christine Demarest, Mario Pecqueur
Versione soft e inappropriatamente ironica di Bordello a Parigi, con presenza della stessa attrice (Brigitte Lahaie), destinata alla direzione di Pierre B. Reinhard, un regista di hard a dir poco negato per i film "regolari", come dimostrano anche altri suoi titoli inguardabili, tipo Dressage - La dolce punizione e I morti viventi sono tra noi.
Con Richard Harrison, Lea Lander, Isarco Ravaioli, Agnes Kalpagos, Gino Turini
Un commando americano, di stanza in Libia, viene catturato e recluso in un lager tedesco. La crudele aguzzina Erika, interpretata da Lea Lander (cui si deve il recupero del film baviano Cani arrabbiati) ricorda molto la figura di Ilsa, anche se Batzella, in questo caso, e a differenza di quel che farà nel successivo La bestia in calore, rinuncia a scene di puro sadismo (vagamente accennato nella fase centrale della pellicola) in favore di un erotismo (lesbico) decisamente demodé. Da segnalare Gordon Mitchell nel ruolo di perverso SS con tendenze omosex!
Con Marc Loud, Daniela Levy, Maristella Greco, Antinesca Nemour
Impressionante eros svastika che può contare su una valida regia e sulla presenza di una bellissima Poggi, costretta a sperimentare una versione realistica dell'Inferno sulla terra...
Con Ezio Miani, Fred Williams, Corrado Gaipa,Francesca Righini
Un gruppo di borghesi tedeschi non intende condividere la politica "razzista" di Hitler e si oppone al regime: le SS organizzano una sorta di festino per incastrare i ribelli per poi ucciderli. Lo sceneggiatore di Amanti d'oltretomba (1965) e Nelle pieghe della carne (1970) porta sullo schermo la versione meno sensazionalistica dell'eros-svastika, quella forse più celebrale, ricca di dialoghi spesso fuori posto rispetto alla sostanza del film, che rifugge il formalismo puro, ma nei contenuti non aggiunge nulla di veramente profondo.
Con Ivano Staccioli, Ria De Simone, Nello Riviè, Gabriele Carrara, Giovanni Attanasio
Mattei filma una serie di aberranti e amorali scene di violenza gratuita, condita da un linguaggio colorito e sporco almeno quanto il contesto (un lager). Il film gode di una morbosa e fasulla "morale" (il veloce redde rationem in chiusa): gli autori del film, come Ponzio Pilato, se ne lavano le mani. Più che all'erotismo, siamo di fronte ad un horror totale, reso credibile dalle interpretazioni (Lorraine De Selle che canta, prima dell'impiccaggione, "Israel"). Ottima la colonna sonora.
Spielberg ingaggia attori degni di questo nome, sviluppa cinematograficamente una sceneggiatura estrapolata dal libro "verità" di Thomas Keneally e porta sullo schermo, in un - volutamente - affievolito B/N una delle pagine più nere della storia contemporanea. Ma nonostante tutto, una luce brilla nel buio: è quella rappresentata da Schindler, uomo (non eroe) nel vero senso della parola, in grado di salvare 1.100 ebrei dall'Olocausto. Unica nota stonata: il finale, forzatamente inserito e forse non necessario.
Con Patrizia Gori, Jacqueline Laurent, Jack Taylor, Jacques Marbeuf, Rudy Lenoir
Il migliore dei quattro nazi francesi diretti da Alain Payet sul finire degli anni Settanta. Meno esplicito per contenuti sex & violence e con una strepitosa (bellissima e brava) Patrizia Gori a dominare la scena.
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