"Da tutto questo orrore che è la terra, l’uomo ha saputo estrarre qualche vaga bellezza. È la sua unica gloria." (Maurice Sach)
13 marzo 1996. Una data nella quale sui giornali viene dato ampio risalto alla morte di Krzysztof Kieślowski, regista e sceneggiatore polacco, mentre a margine (su qualche trafiletto) qualcuno si ricorda pure di Lucio Fulci (1927 - 1996), quel giorno scomparso anche lui per sempre dalla scena a causa di complicanze con il diabete. Destino bizzarro, dato che dopo tanti anni era finalmente entrato in sintonia con il "rivale" di sempre, Dario Argento, che per l'occasione stava producendo Maschera di cera, destinato appunto alla direzione di Fulci (poi affidata a Sergio Stivaletti). Scrissi per ricordarlo all'allora Film TV cartaceo - ricevendone gradito consenso - essendo uno dei registi italiani tra i miei preferiti di sempre sin da tempi non sospetti. Non ho avuto modo di recensire i suoi lavori su Film Tv, non come avrebbe meritato, avendo in precedenza lasciato sintetiche (e inutili francamente) mini recensioni sul limitativo e frustrante Il davinotti (come si fa in 500 caratteri a commentare un film?). Su Fulci si è detto molto negli ultimi anni, anche se nel 2004 le parole quasi definitive le hanno scolpite nel monumentale libro, dal titolo "Il terrorista dei generi", Paolo Albiero e Giacomo Cacciatore. Sono seguiti testi interessanti (Nocturno con i suoi dossier e con un bel libro uscito recentemente, Antonio Tentori e molti altri) a testimonianza del valore artistico raccolto in eredità dai critici meno ortodossi e non limitati da una visione cinematografica ordinaria (cioè a dire politica) spesso piuttosto grigia e deprimente. Avrei voluto ricordare questa data in maniera più completa, scrivendone un personale omaggio dettagliato e articolato, ma il tempo non è mai abbastanza. Con la situazione del Covid abbiamo perso importanti spazi personali, fette di giornate destinate allo smart working e al rispetto di regole limitative e limitanti. Pensando di avere più tempo a disposizione, ci accorgiamo alla fine dell'esatto contrario. Quindi rinvio chi fosse interessato, magari ai giovani che poco conoscono di questo grande artista, alla sintetica biografia scritta a suo tempo e focalizzata sull'attività "dei mille generi" affrontati dal regista (Lucio Fulci, il periodo dei mille generi). Nulla di nuovo, al contrario, ma una sintesi che abbraccia un importante periodo storico del cinema italiano, contraddistinto da registi di qualità come Lucio Fulci. Mi resta anche il rammarico di non averlo ringraziato per avermi affascinato con le indimenticabili visioni dei suoi film, potendolo fare di persona quando all'unica edizione del Fangoria Film Festival, tenutasi a Bologna nel lontano 1991, Fulci introduceva i suoi ultimi lavori, proiettati in quel contesto come anteprime (Voci dal profondo e Demonia).
Mi limito a comporre la playlist dei titoli preferiti - inserendo le brevi recensioni, scritte sul già citato Davinotti - non necessariamente in ordine di importanza diretti dall'indimenticabile cineasta romano, suggerendo a chi non fosse a conoscenza del suo lavoro di partire da questi. Non se ne pentirà, scoprendo una filmografia di genere affascinante, personale, assolutamente fondamentale nella storia del nostro cinema.
"Il vero orrore non è quello dei 'morti viventi' partorito dalla macabra fantasia di certi autori, ma quello dei viventi già morti che popolano il mondo reale." (Giovanni Soriano)
Con Florinda Bolkan, Barbara Bouchet, Tomas Milian, Irene Papas, Marc Porel, Georges Wilson
Terza escursione di Fulci nel giallo, dopo Una sull'altra e Una lucertola con la pelle di donna. È un film profondo e personale che la produzione, cavalcando l'onda delle titolazioni zoonomiche argentiane, impropriamente ha voluto accodare alla serie di gialli dell'epoca. Grandi interpretazioni di Tomas Milian, Barbara Bouchet, Florinda Bolkan e Marc Porel. Uno dei migliori lavori di Fulci, degno di essere riscoperto e che, all'epoca, non ebbe il meritato successo che ha conseguito nel tempo. Rurale.
E' un grande Fulci, quello che sigla un giallo (dall'ambientazione londinese) di tutto rispetto: un soggetto ben sviluppato apparentato più a Il coltello di ghiaccio (Umberto Lenzi) che non al filone argentiano. Filone al quale la produzione rimanda, con un titolo delirante e fuori tema. Ennesima ingiustizia nei confronti di un Autore di talento che si distacca subito dai modelli per realizzare un'opera autonoma e a sua volta esemplare. Rambaldi venne citato (assieme al regista) in tribunale per l'effetto (creduto reale) di vivisezione sui cani.
Con Jennifer O'Neill, Marc Porel, Jenny Tamburi, Gabriele Ferzetti, Gianni Garko
Forte di un ottimo gruppo di attori e di una sceneggiatura particolarmente ispirata, Fulci tenta qui di lasciare il giallo puro per avventurarsi (con successo) nei meandri della "parapsicologia". Il film, ambientato a Siena, si dipana su quello che sembra il flashback di un delitto avvenuto in passato. Il regista ha classe da vendere e compone un perfetto meccanismo ad "incastro", anticipando di 30 anni la moda dello sviluppo a-temporale, tipico dei prodotti orientali.
Con Tisa Farrow, Ian McCulloch, Richard Johnson, Olga Karlatos
Causa di un contenzioso (vinto da Fulci) con Argento per colpa di un titolo "apocrifo", il film sceneggiato da Sacchetti (che per questioni fiscali fece firmare alla moglie Elisa Briganti) riconduce il tema alla terra d'origine. Inizialmente la regia viene proposta a Castellari, che declina perché non attratto dal genere. Il risultato ottenuto da Fulci, Sacchetti e Frizzi (soundtrack) è, ad oltre 40 anni di distanza, ancora sorprendente. Il finale, ironia della sorte, sembra il prequel di Zombi (George A. Romero, 1978).
Con Catriona MacColl, David Warbeck, Sarah Keller, Antoine Saint John, Veronica Lazar
Capolavoro del regista nato sulla scia imitativa di Inferno (Dario Argento, 1980) ma superiore (alla resa dei conti, e con il passare degli anni) al modello di riferimento: L'Aldilà nasce da una buona sceneggiatura (opera del grande Dardano Sacchetti) che assimila situazioni da molti classici (Suspiria e Shining in particolare) rielaborandole in maniera molto personale, riuscendo a raggiungere quello stadio di massima "sospensione" della realtà che, sempre più di rado, il cinema propone. Da vedere.
Con Christopher George, Catriona MacColl, Janet Agren, Carlo De Mejo
Un omnibus del soprannaturale, con titolo antologico (più unico che raro) condito dalla presenza di un prete (Fabrizio Jovine) suicida, un drogato sciupafemmine destinato alla trapanazione della mascella (Lombardo Radice nella più feroce scena splatter del cinema horror italiano), una medium (Janet Agren) sepolta viva. E ancora: innamorati (Daniela Doria e Michele Soavi) che vomitano le interiora dopo aver lacrimato sangue per poi lasciarci il cervello. Né manca l'epifania spettrale di defunti (trattati in camera mortuaria) la notte di Ognissanti. Lugubre.
Con Catriona MacColl, Paolo Malco, Giovanni Frezza, Ania Pieroni
Quante volte è capitato di leggere un titolo (meritevole di passare agli annali della "Storia del Cinema Horror") che promette quel che mantiene? Efficace (un secondo tempo privo di fronzoli e ricco di gore e splatter), circoscritto (la villa e il cimitero), ipocondriaco (Freudstein che si nutre di sangue "giovane"): Quella villa accanto al cimitero chiede allo spettatore di mettere in stand-by, per 90 minuti, la sua mente razionale per farsi trasportare in un incubo visionario efficace e "piacevolmente" terrificante.
Fulci alle prese con la sua rilettura di Poe non poteva che essere quantomeno inatteso: mentre le versioni precedenti erano fedeli riproduzioni di un horror psicologico e sotteso, il cineasta romano preme sul pedale del disgusto depistando attese e sensazioni degli spettatori. Ci sta pure lo spazio per introdurre il personaggio che registra voci dei defunti (il Patrick Magee di Arancia meccanica) e non manca una sensuale sequenza di morte con la più bella vittima predestinata del cinema fulciano: Daniela Doria. Mesmerico.
Sottostimata pellicola di Fulci, Lo squartatore di New York è un giallo "matematico" reso particolarmente crudo da sequenze splatter ancor'oggi disturbanti (la lametta che recide il capezzolo e l'occhio di Kitty). La violenza ed il sesso (contorto) esasperato contribuiscono a generare un climax di "alta tensione" che rapisce l'attenzione dal primo all'ultimo fotogramma del film. Le motivazioni dell'assassino sono tristemente (in)comprensibili e la chiusa del film è fatalmente pessimista.
Con Olga Karlatos, Ray Lovelock, Claudio Cassinelli, Cosimo Cinieri, Giuseppe Mannajuolo
Un thriller sensuale, ben sviluppato e ispirato, oltreché dal musical Flashdance, dai classici gialli anni '70. Fulci imprime un ritmo serrato, ben sostenuto dalle musiche di Keith Emerson e privo di banali (e facili) sequenze splatter. Il killer uccide in maniera sorprendentemente delicata (previa anestesia), trapassando con spillone i morbidi seni delle giovani e sensuali ballerine. La Karlatos ha un ché di magnetico (e tristemente infelice) aspetto, che trasuda da ogni poro ma soprattutto dai glaciali occhi. Malinconico.
Una delle migliori regie di Fulci, certamente quanto di meglio il cineasta ha realizzato nel suo ultimo periodo. Significativo il fatto che sia l'ultimo lavoro, realizzato in condizioni di salute precaria. Non una goccia di sangue per un film certamente non classificabile come horror puro, quanto, piuttosto, come dramma dalle molteplici "chiavi di lettura". Unico film dell'autore fatto siglare, per il mercato estero, sotto pseudonimo come H. Simon Kittay...
Con Lando Buzzanca, Lionel Stander, Laura Antonelli, Corrado Gaipa, Eva Czemerys
Si tratta, se "letto tra i fotogrammi", di satira politica che mira a denudare vizi e malcostumi tipici, radicati in atteggiamenti (spesso truffaldini) della forza politica nota all'epoca come Democrazia Cristiana. E già in questo film iniziano, per Fulci, le grane con la censura e i tribunali (il regista viene citato da un parlamentare della DC, identificatosi nel personaggio di Buzzanca, l'On. Puppis)... Un cineasta mica tanto facilone/leggero, a ben vedere col senno di poi. Anarchico.
Con Lando Buzzanca, Rossano Brazzi, Sylva Koscina, Moira Orfei
Che Fulci sia stato un genio del cinema (erroneamente catalogato come serie B) che ogni vero amante di film adora, stanno a dimostrarlo non tanto alcune pietre miliari del genere horror, quanto le divagazioni "sui generis" cui questa raffinata ed esilarante (ma mai leggera) parodia sui vampiri appartiene. Buzzanca offre una delle sue migliori performance (ammantate di satira sociale): i tic, le manie, le idiosincrasie e le superstizioni come metafora di un arrampicatore sociale, che tenta di scrollarsi di dosso (inutilmente) l'umile origine.
Incursione di Fulci nel genere "sporcaccione" e subito il film (pur se trova scarso riscontro tra il pubblico) svetta sulla media dei coevi tarantiniani o laurentiani. Fenech nella duplice veste (casta/disinibita) viene ripresa da angolazioni morbose e provocanti, ma viene soprattutto "sviscerata" nel duplice ruolo sospeso tra istinto e ragione; al comico (garantito dalle eccellenti performance di Oreste Lionello e Gianni Agus) ed al pruriginoso (la versione sporcacciona di Biancaneve) si aggiunge un non banale aspetto polemico. Disinibito.
Non ci sono nick associati al tuo profilo Facebook, ma c'è un nick con lo stesso indirizzo email: abbiamo mandato un memo con i dati per fare login. Puoi collegare il tuo nick FilmTv.it col profilo Facebook dalla tua home page personale.
Non ci sono nick associati al tuo profilo Facebook? Vuoi registrarti ora? Ci vorranno pochi istanti. Ok
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta