True Mothers
- Drammatico
- Giappone
- durata 140'
Titolo originale Asa ga Kuru
Regia di Naomi Kawase
Con Hiromi Nagasaku, Arata Iura, Aju Makita, Reo Sato, Hiroko Nakajima, Tetsu Hirahara
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Satoko e Kiyokazu hanno fatto di tutto per concepire un bambino tutto loro, compreso prendere in considerazione dei viaggi mensili - da Tokyo a Sapporo - in direzione di una clinica presso la quale degli interventi chirurgici permetterebbero ai timidi spermatozoi di lui di incontrare l'ovulo fertile di lei. Ma quando sono vicini alla rassegnazione, un servizio in tv li introduce ad un'associazione no profit che permette l'incontro tra ragazze incinte impossibilitate ad allevare figli ed aspiranti genitori che non riescono ad averne, indicando loro la via maestra: l'adozione. Non potranno scegliere il sesso, ma avranno la facoltà di decidere il nome del nascituro, e almeno uno dei due dovrà dimostrare di aver lasciato il lavoro per potersene occupare. Rispettando tutte queste regole, vengono associati ad una liceale di Hiroshima di nome Hiraki la quale, presentatasi al momento dello scambio accompagnata dai genitori, apprende che il nome del piccolo sarà Asato, e piangendo consegna alla coppia una lettera in busta chiusa destinata a lui. Qualche anno dopo, i due ricevono una chiamata che prelude ad una successiva visita: la ragazza all'altro capo del telefono dice di essere Hiraki e di rivolere suo figlio o in alternativa dei soldi, ma quando poi gli si presenta a casa, Satoko e Kiyokazu si trovano davanti a una persona mai vista prima.
Non spaventino le due ore e venti di durata complessiva, perché se c'è una cosa che contraddistingue la sceneggiatura solo apparentemente complicata del nuovo film di Naomi Kawase, True Mothers (Asa ga Kuru), è forse proprio la leggerezza: una leggerezza tutta orientale, fatta di ellissi nel corso delle quali la storia viene spezzettata e ricostruita poco per volta, con dettagli seminati qua e là, momenti di pura emozione, attimi di fascinazione sensoriale, false piste e colpi di scena.
True Mothers è un'opera cangiante divisa idealmente in tre segmenti, che taglia e cuce il racconto per permettere di familiarizzare con le sue protagoniste distillando nei dettagli le loro storie: da un lato quella della madre adottiva, cui dedica il primo lungo flashback, dall'altro quella della giovane e sfortunata madre naturale - del suo sogno d'amore impossibile, della sua tirannica genitrice e delle altre ragazze-future-madri che conosce man mano - che caratterizza il secondo flashback, per intersecarle nel terzo ed ultimo 'tempo', quello più lungo e per certi versi mutevole, il presente.
Kawase fa e disfa con eleganza sublime, ingenera domande giuste e suggerisce risposte sbagliate, in realtà chiedendo nulla più che uno sforzo di empatia nei confronti di quelle madri, delle loro insicurezze, dei loro sensi di colpa e delle loro incomprese richieste di aiuto.
VOTO: ****
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