Qual'è il primo ricordo che avete di Ennio Morricone?
Credo che tutti quelli che conoscono Morricone si ricordano la prima volta in cui hanno scoperto uno dei componimenti del maestro. Io ricordo il giorno in cui a 9 anni mio padre mi fece vedere Per Un Pugno Di Dollari per la prima volta. Ricordo che a conquistarmi non fu solo il film, ma anche le musiche. Quelle musiche ormai entrate nella leggenda che Sergio Leone e tanti altri registi usavano perché sapevano che avrebbero migliorato i loro film e attraverso cui Ennio Morricone stesso narrava una storia. Non erano solo le musiche di Ennio Morricone ad accompagnare le immagini del film. Erano le immagini del film ad accompagnare le musiche di Ennio Morricone. Davanti alla grandezza di tale maestro i registi stessi si inchinavano e volutamente a volte creavano delle immagini che potessero accompagnare quelle magnifiche musiche.
Durante la scorsa notte Ennio Morricone è morto. Con la morte del maestro Morricone non se ne va solo un pezzo della storia del cinema, scompare anche un pezzo dell'anima di ogni cinefilo che l'abbia mai conosciuto. Se ne va uno degli artisti che sono riusciti a plasmare la vera epica moderna. Un maestro che sarebbe potuto nascere anche nell'epoca del cinema muto, in quanto le sue musiche riuscivano a raccontare i film meglio di quanto potessero fare milioni di spettatori seduti a vederli, che nell'ascoltare i brani di Morricone rimanevano incantati sulle loro poltroncine del cinema.
Allo scorrere dei titoli di coda ci si rendava conto di aver partecipato alla visione e all'ascolto di due capolavori: il film e le musiche di Ennio Morricone. E probabilmente il primo non sarebbe stato lo stesso film senza la bellezza di quest'ultime.
Le musiche di Ennio Morricone non ci facevano mai provare le stesse emozioni. Alle volte ci facevano provare empatia verso la sofferenza di qualcun altro, certe volte ci facevano provare la nostalgia della nostra perduta fanciullezza, spesso aiutavano a farci provare l'epica del cinema puro e sempre ci lasciavano la pelle d'oca. A questo punto è doveroso porsi la domanda: Ennio Morricone è morto per davvero? La scorsa notte il suo cuore si è spento e ormai non è più tra noi. Ma in realtà con la sua morte Ennio Morricone ha raggiunto l'immortalità. E non sto parlando dell'immortalità intesa in senso biblico, bensì la vera immortalità, ovvero quella artistica.
Le sue opere continueranno ad esistere centinaia d'anni dopo la sua morte e nessuno se le dimenticherà mai. Tutte le persone fino alla fine delle loro vite si ricorderanno il primo momento in cui hanno ascoltato uno dei suoi brani e alcuni suoi componimenti rimarranno scolpiti nella memoria dell'umanità. Grazie all'immortalità del cinema potranno essere visti quei momenti di immensa bellezza e la gente potrà ancora godersi il genio di Ennio Morricone. Se ne va quindi uno dei più grandi artisti del XX secolo e uno dei compositori più importanti della storia del cinema. È scomparso l'uomo, ma non il dono che quell'uomo ci ha donato.
Dopo aver contribuito all'arraggiamento delle canzoni di artisti come Mina e Edoardo Vianello, Morricone viene chiamato dall'amico Sergio Leone per il componimento della colonna sonora del primo capitolo della Trilogia del Dollaro. La scena del confronto finale tra Clint Eastwood e Gian Maria Volontè rimane nella storia del cinema anche per l'immagine dell'Uomo Senza Nome che come una specie di spirito vendicatore si palesa davanti al nemico, mentre in sottofondo le musiche di Ennio Morricone ci lasciano con la pelle d'oca e ci fanno provare vero terrore nei confronti di tale figura. Rimasto immortale è anche il fischio del celebre compositore Alessandro Alessandroni, ormai un'altro sottofondo indimenticabile di questi primi lavori del maestro.
Con Lou Castel, Paola Pitagora, Marino Masé, Pier Luigi Troglio, Liliana Gerace
Musiche sospese nel tempo, che aiutano a farci empatizzare con la solitudine e il vuoto provato dal protagonista del film di Marco Bellocchio. Uno dei lavori meno conosciuti di Morricone, ma che negli anni continuo a riascoltarmi per via dell'immensa bellezza che con ogni componimento il maestro riusciva a creare.
Tre figure: Il Monco (Eastwood), Mortimer (Van Cleef) e Indio (Volontè).
Tre personaggi le cui vite sono legate da fili sottili che ne determinano il destino. Come nelle più grandi epiche omeriche il confronto tra Mortimer e Indio avviene per la necessità di entrambi di spezzare quel filo che li ha collegati per anni. Un confronto alla quale il Monco reagisce con assoluta calma, perché in quella storia lui altro non è che il giustiziere, unica figura che opera in nome della giustizia, mentre gli altri due si combattono per ragioni legate al proprio passato. Leone tesse i fili di questo confronto e del destino dei personaggi con assoluta maestria e Morricone ci fa immedesimare nell'animo di queste figure riuscendoci a farci temere per la morte di entrambi, fino al momento in cui il Carillon smette di suonare e uno dei due cade a terra. Niente redenzione, nessun dialogo tra i due. Solo il compimento del percorso di ognuno. E allora i due personaggi rimasti si guardano con profondo rispetto e rimandano il loro incontro a
Ispirandosi all'idea avuta da Godard per il suo film Il Disprezzo (che fece recitare a un attore i titoli di testa del film), Pier Paolo Pasolini decide di creare un inizio innovativo dove l'incipit viene direttamente cantato da una voce esterna al film. Domenico Modugno canta, Ennio Morricone compone. L'intuizione del grande Pasolini ci permette di assistere a uno dei lavori più sperimentali di Morricone, dove il maestro si lascia andare anche all'eccesso per aumentare quel sentimento grottesco che alleggia per tutto il film.
Attraverso il celebre "Scuola di Ballo al Sole" il maestro rilegge le sonorità tipiche del giallo e le trasporta in un contesto satirico e allo stesso tempo malinconico. Questo componimento sottolinea anche l'arrivo della
modernità che spazza via ciò che c'era prima. Un film che è rimasto impresso nella memoria collettiva italiana grazie a un'immenso Totò, a un geniale Pasolini e alla magistrale colonna sonora del maestro Morricone.
Per il suo film più importantePontecorvo chiama Ennio Morricone, a cui affida il compito di creare una colonna sonora che possa ricordare il passato della resistenza e allo stesso tempo aprire uno spiraglio verso il futuro. Una vera e propria colonna sonora storica che possa accompagnare la vicenda narrata dal regista, che fa luce su una di quelle pagine della storia ancora oggi troppo poco ricordate. Morricone anche in questo caso crea un lavoro egregio, memorabile e che aggiunge bellezza al film di Pontecorvo.
Un'intera colonna sonora che sarebbe da immortalare nella storia dell'umanità. Due sono però le scene che nel mio cuore sento di dover citare.
Nel film più politico di Sergio Leone assistiamo alla scena della tortura di Tuco, che viene ben presto silenziata dalla dolce musica composta dal maestro, che ci fa assistere con calma e serenità al dolore provato dal personaggio in quel momento. Morricone contribuisce enormemente alla volontà di Leone di descrivere una storia di uomini e guerra, dove questi ultimi muoiono per via della crudeltà del male che loro stessi hanno portato alla luce.
Assistiamo a una vera epopea, dove alla fine tutti i nodi vengono al pettine e portano come al solito al confronto finale tra i tre personaggi del film.
In quell'immenso cimitero dove la morte ha già vinto sul cuore degli uomini, tre figure si scontrano ai tre lati di un triangolo sapendo che la loro morte è quasi certa. Tre personaggi completamente diversi, come già ci dice il titolo del film, che però davanti a quel Triello sono tutti nient'altro che uomini mortali senza nulla per cui vivere. E allora assistiamo a una successione di primi piani e dettagli che ci tengono incollati allo schermo, mentre in sottofondo l'Estasi dell'Oro porta allo scoperto i sentimenti più primitivi dell'essere umano. Dopo 5 minuti che sembrano eterni, quel triello finisce e la musica di Morricone è già entrata nel nostro cuore, senza possibilità di farla uscire.
È il sorriso della Cardinale ad aprire le musiche di Morricone o sono le musiche di Morricone a mostrarci la bellezza della Cardinale?
Dopo una delle scene iniziali migliori della storia del cinema, dove musiche e immagini si mescolano con maestria mai vista prima d'ora, Leone e Morricone ci accompagnano in un'altra epopea storica e umana, dove il desiderio (che sia di potere o di vendetta) opprime a tal punto l'uomo da trasformarlo in qualcos'altro di sconosciuto. Solo la bellezza e l'amore di una donna sono in grado di purificare l'animo già corrotto dei due uomini, il cui però scontro finale sarà inevitabile.
Anche in questo caso l'ispirazione è quella dell'Epica Omerica e l'immagine creata da Leone è in questo caso circolare. Come un cerchio che si chiude i due nemici Armonica (Charles Bronson) e Frank (Henry Fonda) si affrontano girando intorno, attendendo il momento in cui uno dei due farà il passo più lungo della gamba. Le musiche di Morricone accompagnano il destino di questi due uomini e sul finale divengono più pacifiche e calme.
Il tempo del Vecchio West è finito e finalmente possiamo lasciarci alle spalle il passato e ammirare la bellezza del mondo che ci circonda.
Con Gian Maria Volonté, Florinda Bolkan, Gianni Santuccio, Orazio Orlando
In streaming su Now TV
Ritorna la politica e ritorna l'ostentata ricerca della verità. Morricone accompagna il capolavoro di Elio Petri con una serie di musiche che opprimono lo spettatore, immedesimandolo nella vicenda che raffigurano il "Dottore" (Gian Maria Volontè) mentre assiste al disgregarsi del sistema di cui lui stesso faceva parte. Come tutti i film di Petri, questo capolavoro all'uscita venne stroncato dalla critica italiana, anche se meno di altri suoi grandi film, e solo ora viene acclamato come merita realmente. La musica di Morricone in questo caso non è protagonista come nei film di Leone, ma riesce comunque a far immergere lo spettatore nel vortice di tensione e grottesca follia in cui si ritrova il protagonista.
Una musica che mira a inquietare lo spettatore facendogli dubitare di qualunque cosa vede sullo schermo. Morricone accompagna Argento in questo viaggio nella falsità di una società come quella italiana di quell'epoca e riesce nuovamente a riscrivere le regole del giallo, come già fece con la colonna sonora del film di Pasolini. Delle musiche che si incastrano perfettamente con il trauma che l'assassino subisce e che riescono a rimanere impresse in certi momenti anche più del film stesso.
Con Paolo Bonacelli, Giorgio Cataldi, Umberto Paolo Quintavalle, Aldo Valletti
Un inizio che è in realtà un'enorme e gigantesca bugia.
La stessa bugia che fu il fascismo, prima di rivelarsi come il portatore di orrore e morte che oggi sappiamo essere.
Allo stesso modo Morricone apre il film di Pasolini con un inizio che sembra quasi quello di un film Disney e che si rivelerà in realtà essere anticipatore dell'orrore che vedremo nelle due ore successive. Attraverso questo ennesimo lavoro politico Morricone dimostra di essere una persona molto legata a questa tematiche e di come dietro alle sue colonne sonore ci fosse un significato molto più profondo legato alla natura dell'essere umano e alla sua indole malvagia. Le colonne sonore che Morricone decideva di comporre erano di film che avrebbe sempre supportato.
Il film di Terrence Mallick esprime una profonda connessione tra l'uomo e la natura e rimane uno dei ritratti di vita più belli che mi siano mai capitati di vedere.
Allo stesso modo la colonna sonora di Morricone riesce in quella stessa impresa di fami provare nostalgia verso esperienze che non ho mai provato. Riesce a farmi commuovere e farmi provare la pace, riuscendo a creare momenti che vorresti non finissero mai e che anche in questo caso anticipano tutto il male che verrà col proseguire degli avvenimenti.
Alla fine tutto ciò che ci rimarrà non saranno i momenti di dolore e dove l'uomo dimostrerà il peggio che è capace di compiere, ma quei dolci momenti di unione tra l'uomo e la natura che ci hanno fatto sognare e che ci porteranno verso un futuro più candido e ottimista.
L'apice di due carriere: quella di Sergio Leone e quella di Ennio Morricone.
I due maestri italiani in questo caso danno luce a un'altra delle opere più importanti della storia del cinema, creando un'immaginario cinematografico che è rimasto scolpito nella memoria collettiva. Non solo una perfetta ricostruzione del passaggio da un'epoca a un'altra, ma un vero e proprio omaggio alla vita e alla morte. Cresciuti entrambi in un mondo che stava cambiando, i due artisti creeranno un ritratto meraviglioso di una realtà dove la fanciullezza e la fratellanza trionfa sempre sulla povertà e l'egoismo.
Un'opera dove l'uomo arriva a ricordarsi della propria gioventù e a rendersi conto dei propri rimpianti, salvo redimersi nel momento in cui dopo una vita costellata di errori arriva a scegliere il perdono invece della vendetta. Nel ricordo del primo amore che balla mentre la spiava dal bagno e nelle memorie dei momenti in cui la semplicità dell'amicizia pura riuscivano a farlo sentire libero, Noodles arriva alla vera redenzione di se stesso e riesce a lasciarsi alle spalle tutti i rimorsi e i pentimenti.
Morricone attraverso le sue musiche accompagna il sorriso di De Niro, riuscendo a consacrare un'opera d'arte che mi porta tutt'oggi alla commozione.
L'arte come riconciliazione dell'uomo con il proprio essere.
Se le azioni dell'uomo esprimono solamente ciò che egli vuole far credere agli altri, la sua arte rivela ciò che lui è realmente. Morricone con queste musiche punta quindi a una ricerca della vera essenza dell'uomo e di ciò che egli realmente rappresenta. Alla fine l'uomo accetterà ciò che sa di essere (e che ora vuole essere) e abbandonerà ciò che gli dava sicurezza, ma che lo rendeva estraneo al mondo che andava avanti senza di lui. Grandi musiche, bellissimo film.
Ridurre la carriera perfetta di Morricone a 14 film può sembrare una specie di modo per sminuire l'operato di un grande maestro, ma in realtà lo faccio solo perché sennò starei ore e ore a parlare di tutte le sue opere che sono entrate nella storia. Concludo con quella che gli ha fatto raggiungere l'Oscar (dopo 50 anni dove l'Academy ha snobbato il maestro solo perché non americano) e che ha consacrato il compositore anche tra i più giovani amanti di cinema. Con The Hateful Eight non solo assistiamo all'opera migliore del grande Quentin Tarantino, ma anche all'addio di un maestro di cui non basterebbero nemmeno 1000 scritti per descriverne la grandezza.
Basti pensare all'inizio del film, dove Morricone crea un incipit destinato a essere ricordato e a rimanere nella storia del cinema.
Il tema principale della colonna sonora ha delle similitudini stilistiche con altri pezzi scritti per gli spaghetti western: su tutti, l'uso di elementi sonori estranei e curiosi che siano vocali o strumentali. Ed ovviamente l'uso di uno strumento a fiato come solista - in questo caso un legno.
L'ascolti, e non puoi che sorridere: il tono è leggero, scanzonato, con quelle acciaccature che suonano come strizzatine d'occhio. Evoca giornate d'estate, corse nei campi e gare a raccogliere girini negli stagni, la giovinezza, la libertà.
A me, personalmente, tutta la mia vita, che fino al 2015 è stata accompagnata dal flauto: la prima volta in Germania a 14 anni, stavo fra i secondi, e la seconda che avevo dei piccoli intermezzi solisti con un'ocarina che evocasse il vento nel deserto ed ero nervosa. Gli amici: quelli che se anche ho lasciato sono rimasti, e quelli che erano bravi musicisti e se ne sono andati troppo presto. La mia vita e la musica: che non è la stessa cosa ascoltarla o suonarla. E mi manca. Allora, ascolto questo pezzo, piango, e penso che c'è un tempo per ogni cosa sotto il sole e certi tempi sono andati. Ma Morricone, lui resta.
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