Non è un film che ho amato particolarmente, eppure mi accorgo solo ora che di tutto il florido e debordante filone di opere post-catastrofiche, è uno di quelli che approssimano meglio ciò che potrebbe accadere in un'evenienza simile (tra l'altro resta uno dei film che hanno dato il la al genere). Non accadrebbe assolutamente niente di spettacolare. Lo stiamo sperimentando ora, perlomeno chi si è avventurato per le strade in questi giorni: scollamento definitivo dei legami sociali, rassegnazione, stato di abbandono, stanca attesa dell'inevitabile, torpore morale. Un'anestesia di tutti i gangli vitali della civiltà che consideravamo certi e immutabili. Nel film, ad un certo punto Gregory Peck comanda una spedizione disperata per accertare l'origine di un segnale radio misterioso, che proviene da una zona in cui dovrebbero essere teoricamente tutti morti. Si scopre poi che è una bottiglia di Coca-Cola, il simbolo stesso del consumismo perduto, che preme su di un pulsante ritmicamente, impigliata nella cordicella di una tenda. Ma la delusione è anestetizzata, come tutto quanto. Nessuno si aspettava più niente.
Basta uno starnuto di un familiare, in casa, per far partire occhiate di sospetto e di diffidenza. Non possiamo dirci al sicuro nemmeno delle persone più insospettabili. Ci si tiene a distanza di sicurezza dalle persone più dubbie, si stringono alleanze con quelle più irreprensibili.
Regia di James Algar, Samuel Armstrong, Ford Beebe, Norman Ferguson, Jim Handley, Wilfred Jackson, Hamilton Luske, Bill Roberts, Paul Satterfield, Ben Sharpsteen
I virus sono una minaccia che proviene dall'alba di questo pianeta, esistono da miliardi di anni prima dell'uomo. E quindi, per analogia, sono assimilabili a micidiali forze primordiali come i dinosauri, o i terremoti che hanno squassato e ridisegnato la geografia del pianeta molte ere geologiche fa. Quando il tirannosauro, in Fantasia, viene a reclamare il suo fiero pasto, alle altre creature non resta che subire e stare ad aspettare che la sua fame si plachi. La legge di natura è sempre la legge più forte, oltre che essere la legge del più forte. E ogni volta che penso al forte che fa a brandelli il debole, immagino che lo faccia con La sagra della primavera come sottofondo musicale.
Bisognerebbe avere la spropositata, e anche un bel po' arrogante, fibra morale di Rossella per potersi permettere di ripetere il suo celebre "E Dio m'è testimonio..." senza suonare ridicoli. Sfido chiunque ad azzardarsi a tanto. Invece di Via col vento mi piace qui riprendere un'altra scena, quella in cui Rossella assiste, impotente, sudatissima e provatissima (ma sempre bellissima!), Melania sofferente per le doglie del parto, avendo come unico aiuto quella scemetta della serva Prissy. La luce è soffusa, e malata, ad accrescere l'atmosfera malsana di degenerazione che si respira. Fuori, è pieno di feriti di guerra ammassati sui binari ferroviari in una delle più impressionanti e terribili scene di massa che si siano mai viste sul grande schermo. Il Sud è in ginocchio e non si rialzerà - direbbe Rhett. Una civiltà intera sta morendo, mentre Rossella attende per tutto un interminabile pomeriggio, fino alla sera, un aiuto. Ne approfitto per ribadire quanto ami alla follia questo film, offre spunti inesauribili.
L'uomo di oggi, cloroformizzato dalla società dei consumi e delle comodità, non è per nulla preparato a reagire a una situazione di tale vastità. Si vive, o perlomeno si era vissuto fino a ieri l'altro, in un'epoca di non-storia, di eterno presente, nella quale non è mai successo niente di particolarmente rilevante, non si è mai vissuto davvero un appuntamento con la storia, fatta eccezione per l'11 settembre. Si poteva tutt'al più provare un'ebbrezza simulata, su un libro, in un telefilm, al cinema - o a Westworld. Ma quando la realtà reale, e non quella simulata, chiama, tutti i precisissimi algoritmi, le fantasmagoriche scoperte scientifiche, la civiltà del benessere, vengono polverizzati. E ci si scopre sprovvisti della dignità necessaria ad affrontare l'abisso.
Con Michel Serrault, Daniel Auteuil, Laura Morante, Jorge Perrugorría
Chi minimizzava su questa malattia non è per nulla diverso dagli ingegneri Biadene e Penta e dal canuto e barbuto geologo Dal Piaz, che insistevano in scienza e coscienza nella loro folle tesi che non c'era pericolo, su al Vajont. Film tra l'altro molto ben fatto, con un'eccellente Laura Morante.
E' forse una perversa gara a eliminazione questa? C'è forse dietro la regia nera di un Kitano, che si è reso conto che l'umanità tutta stava sprofondando nel più nero baratro?
Con Takeshi Kitano, Aya Kokumai, Tetsu Watanabe, Masanobu Katsumura
Sarebbe bello isolarsi dai bollettini di guerra e dalle immagini di morte, sarebbe bello sfuggire al mondo, ai doveri, alla propria stessa vita, e lasciare che scivolino su un binario parallelo a noi, che giochiamo e ridiamo e mandiamo al diavolo tutto e tutti. Si inscrivono in questo stesso filone anche Estate violenta di Zurlini e L'avventura di Antonioni. Però sempre, alla fine, la realtà bussa alla porta.
Con Vincent Price, Hazel Court, Jane Asher, David Weston, Nigel Green, Patrick Magee
Sarebbe bello vivere di danze e di risa, ma la morte sgualdrina, vestita di pezze e di stracci, se vuole, ti trova ugualmente, anche se sei il più nobile fra i nobile e il più ricco fra i ricchi.
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