E come ogni fine/inizio anno mi trovo a fare il bilancio dei film che ho gustato nei dodici mesi precedenti alla data di "giudizio". Ricco è stato l'anno trascorso di visioni che hanno ampliato la mia cultura e placato (almeno sempre e solo in parte) la mia sete di cinema. Vi propongo l'elenco de I MAGNIFICI SETTE.
Credo che un film in costume, molto più di ogni altro genere di film, per essere davvero apprezzato deve avere un fascino immenso. Deve essere curato in ogni dettaglio e possedere tutti gli elementi necessari, collocati nella giusta forma e misura, per renderlo unico. L’ultimo film di Yorgos Lanthimos è pregno di tutto ciò.
La casa di Jack presenta una sceneggiatura complessa e dai numerosi riferimenti storici, non necessariamente conosciuti dallo spettatore, nonostante ciò la curiosità verso ciò non muta, anzi accresce di scena in scena. Una scrittura consecutiva, quasi senza pausa alcuna; le sequenze si susseguono in modo spasmodico e compongono una visione impegnativa ma affascinante a tal punto dal non voler distogliere lo sguardo.
The Irishman sembra voler contenere tutta l’anima di Scorsese; è l’accumulo di tutto il buono posseduto nelle sue pellicole, è l’emblema del cinema del regista italo-americano ed è per questo che, qualcuno, ha osato già definirlo il suo testamento.
Con Franz Rogowski, Sandra Hüller, Peter Kurth, Sascha Nathan, Ramona Kunze-Libnow
Attraverso l’utilizzo di inquadrature quasi sempre simmetriche, Thomas Stuber riesce a rendere il tutto bello da guardare, grazie anche ad una fotografia pulita che rende piacevole non solo gli stupendi paesaggi ma anche la vista dall’alto degli scaffali e delle merci, nonostante siano perennemente avvolti da un grigiore squallido. La colonna sonora poi, improntata sulla musica classica, è il diamante di punta. Rende ogni gesto più deciso, quasi solenne.
La potenza dell’ultimo film di Bellocchio che ha incantato Cannes (tredici i minuti di applausi al termine della proiezione) sta nel connubio tra immagini e dialoghi, una cosa oggigiorno rarissima. Laddove un regista, riesce ad equilibrare le parole con le immagini, riesce ad accaparrarsi, automaticamente, il benestare del novanta per cento degli spettatori paganti.
Attraverso l'utilizzo della satira, Maresco diventa voce narrante della realtà, mostrandoci fin dove può arrivare l'omertà di un popolo che si ostina ancora a negare l'evidenza.
Sincero, semplice e riflessivo. Sono i primi tre aggettivi che mi vengono in mente pensando all’ultima pellicola di Peter Farrelly per la prima volta alle prese con un film che non è una pura commedia, pur mantenendo lo spirito frizzante di un film che vuole intrattenere consentendo allo spettatore, non solo una parentesi divertente ma anche diversi spunti di riflessione.
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