I SUPPOSTI “GRANDI FILM” DEL DECENNIO CHE PROPRIO NON HO DIGERITO
*chiedo venia sin da subito a Leman per il mezzo scippo del titolo di una sua playlist di non molto tempo fa. Spero che la qui presente pubblicità della stessa possa contribuire a raffreddare preventivamente gli animi, altrimenti rimango sempre disposto al versamento di eventuali indennità per violazione del copyright.
Uh-uhm. Allora.
Ad un mesetto circa dalla (ammetto poco caustica) lista dei film prediletti del decennio appena trascorso, potevo forse esimermi dallo stendere una (a me molto più congeniale) lista dei film che al contrario ho “detestato” di più, una molto più divisiva lista delle “ciofeche sotto mentite spoglie” del periodo in oggetto? Ovvio che no. Non potevo assolutamente.
Dunque, eccoci qui, oggi, io a scrivere e voi a prendere visione di questa molto supponente playlist di film tenuti in grande, grandissima, anzi incommensurabile considerazione da molti che invece al sottoscritto, quale più quale meno, hanno provocato poco simpatiche reazioni gastroenteriche incontrollabili e difatti incontrollate.
Dico subito d’essere ragionevolmente certo di dimenticare qualche titolo. Ciononostante, già solo quelli citati, essendomi prontamente soggiunti alla memoria senza aiuto protesico digitale di sorta, possono a rigore considerarsi esempi paradigmatici del genere di film di cui sopra (ovvero, del genere di film inducente “virtù” di natura poco sociale/socievole sovradescritte).
Va da sé che, con queste mie (lo confesso, sin troppo subliminali) parole, non intendo in alcun modo denigrare i gusti, per definizione prettamente soggettivi, di chicchessia, dacché il sistema gastrointestinale è uno ed unico, per ciascuno diverso anche se per tutti anatomicamente simile, e di conseguenza non può che provocare reazioni differenti, seppur quasi sempre per l’appunto incontrollabili, a seconda di chi ne sia il possessore. In tutto ciò, anche il cervello dovrebbe avere una sua parte, ma gli studi al riguardo paiono ancora discordanti…
In ogni caso, bando alle vacue precisazioni simil-burocratiche da sin troppo conveniente parata di didietro preventiva, e vediamo di proseguire. Indicando, prima di tutto, le poche, semplici, forse (anzi sicuramente) scontate, questioni da tener ben presente ai fini d’una miglior “fruizione” della presente lista:
1) Non vi sono confini di genere, paese d’origine, regista ecc. in quanto di qualunque genere si tratti, da qualunque luogo provenga, chiunque ne sia l’autore, una ciofeca rimane sempre e indissolubilmente tale;
2) Gli anni presi in considerazione sono quelli dal 2010 al 2019; chiunque si faccia guardingo custode d’una differente teoria per il conteggio dei decenni non deve farsi remore nel farlo eventualmente presente nei commenti (ai quali avrò cura di non rispondere…);
3) Il concetto di ciofeca, pare quasi inutile ribadirlo, è del tutto arbitrario, frutto dell’arbitraria soggettività dello scrivente, dunque per definizione agli occhi dello stesso immune a qualunque critica;
4) Occorre comunque precisare come esistano chiarissime differenze di grado: ovvero, come si debbano constatare evidenti disparità tra un 2,5 (o 5 su scala 10), ovvero tra una semplice ciofeca propriamente detta, e d’altro canto un 1-1,5 (2-3 su scala 10), ovvero le ciofeche indigeribili, il peggio del peggio, il fondo del barile, il raschiante e martellante stridore di un bastone che rimesta sul fondo di un cassonetto di rifiuti di orwelliana memoria;
5) Tutto ciò fermo restando che i voti rimangono puramente indicativi e se si vuole persino di scarsa rilevanza contenutistica, frutto delle sensazioni del momento e di mille altri (imponderabili) fattori e che pertanto per derivare l’effettivo grado d’astio da me nutrito nei confronti della data opera risulti infinitamente più utile leggere il commento da me preposto per la stessa, seppur esso stesso frutto dei medesimi diversissimi (imponderabili) fattori.
Ok, fine, stop, alt!, basta tergiversare.
Ecco a voi.
LE CIOFECHE MICA POI COSI’ TANTO GRANDIOSE
[ 14 ]
The Lighthouse (2019) **
C’era una volta ad Hollywood (2019) **
Hereditary (2018) *½
Burning (2018) **½
Annientamento (2018) **
It Comes at Night (2017) *½
Dunkirk (2017) **½
Blade Runner 2049 (2017) **½
A Beautiful Day – You Were Never Really Here (2017) *½
Un insulso collage di scenette involontariamente ridicole e smaccatamente ilari, un patchwork che vorrebbe essere d’essai, mal assemblato e ricolmo di riferimento “alti” giusto per darsi un “tono”, oltreché girato in B/N e con un rapporto inusuale [1.19:1] tanto per richiamarsi pretestuosamente ad un cinema che non c’è più. Irritante, si salvano solo le interpretazioni, specialmente quella di Dafoe.
Il peggior film di Tarantino. Lunghissimo, stiracchiato, autoindulgente, per nulla memorabile (dov’è finito il buon vecchio Quentin dai dialoghi affilati e indimenticabili?). Un inutile esaltazione, meglio una sperticata idealizzazione (e si modifica la Storia proprio per non spezzare troppo l’idillio) di un’epoca passata chiaramente non poi così scintillante e stupenda. Quentin, riprenditi!
Per chi desiderasse una più attenta disamina/demolizione: recensione
Un grande horror, non c’è che dire. Questo, se per horror intendiamo quel particolare genere che né inquieta né spaventa né irride né paventa. Dite che non esiste? Acc! Davvero?
Per gli adulatori dei mostri da casa sull'albero:recensione
Dimenticatevi di Parasite. Burning sì che rappresenta invece quanto di meglio regalatoci dal cinema sudcoreano nell’ultimo decennio. Un film talmente pregnante che non significa assolutamente niente, talmente significativo che ci fa vedere un tipo che si masturba per ben due volte nel giro di mezz’ora, talmente profondo che il bruciare le serre diventa una grandiosa metafora del… non si sa cosa. In definitiva al termine della visione ci sarà decisamente qualcosa che starà “burning”, ma non vi dico cosa, sia mai che vi rovini la sorpresa.
Se siete interessati ad approfondire l’agonia: recensione
La battuta sul titolo sarebbe troppo facile dunque mi astengo. E mi limito solo a dire che se per caso il vostro nuovo ideale di fantascienza è rappresentato da un film talmente ben costruito che fa acqua da tutte le parti, talmente ben diretto e montato che sembra ancora un “rough cut” e talmente “concettuale” che non porta da nessuna parte, allora dovreste decisamente dare un occasione a questo Annientamento. In ogni altro caso, si salvi chi può!
Cosa sia mai che vien di notte ovviamente non si sa. Quel che viene allo spettatore, invece, è una gran voglia di spegnere il televisore dopo appena dieci minuti dall’inizio. Non farlo si configura come una prova di indubbia temerarietà, ma anche come un immane spreco di tempo. Perché ovviamente questo film non è né un horror né un thriller, né inquieta né appassiona, e dunque in definitiva come si sarà già capito non è un bel niente.
Quel gran genio di Nolan ci ha regalato uno dei migliori film di guerra mai realizzati. Anzi, che dico, il migliore! Tutti ne sono certi. D’altronde, come dar loro torto. Un film che non trasmette alcuna emozione e non lascia con niente se non con una tremenda emicrania a causa della sedicente musica di Hans Zimmer dovrà pur valere qualcosa in termini di inquietante presagio di quel che ci aspetta. Un cinema freddo fino alla fine quando esplode la retorica. Una tale, puntigliosa, ricerca del realismo che su una spiaggia in cui dovrebbero essere in 300.000 sembrano in quattro gatti. Altro che Apocalypse Now, questo sì che è puro cinema di guerra!
C’era bisogno di un seguito di Blade Runner? Soprattutto, non c’era bisogno di un film talmente lungo, stiracchiato e prolisso, la cui trama poi naturalmente si riduce ad una quisquilia. Trama peraltro in divenire, cioè che riserva gli sviluppi più interessanti ad un futuro che probabilmente non verrà mai visto l’insuccesso commerciale. Un trama che è un lunghissimo preambolo oltreché un inutile addenda ad uno dei capolavori intramontabili della settima arte sulle cui spalle questo film ovviamente si appoggia pigro e tronfio per gran parte della durata.
Perché affibbirare un titolo inglese diverso da quello originale per la distribuzione italiana continua a rimanere un mistero insondabile. Così come continua ad esserlo il motivo che ha spinto tanta critica a vedere in questo “meraviglioso” film uno degli apici della stagione. Quando invece non è altro che una plateale presa in giro, un sedicente film dal grande portato pieno di “sguardi significativi” e “profondissimi silenzi”, che saccheggia a piene mani Taxi Driver.
Ancora, il mistero. Cos’abbia di così innovativo o addirittura rivoluzionario questo film solo certa critica d’oltreoceano lo sa. Si fosse trattato di attori bianchi (diciamo WASP) tutti avrebbero gridato allo scandalo, vista la totale, completa, assoluta banalità, prevedibilità e mancanza di originalità della storia, che si riduce comunque veramente a poca, pochissima cosa. E che, si capisce, non dice nulla di neanche lontanamente intelligente su amore, omosessualità, bullismo e voglia di conformarsi.
Eggers è un vero “auteur”. I suoi due film si sono “guadagnati” entrambi grandi encomi. Già. Peccato che, come al solito, a seguire l’acclamazione critica si finisca per fregarsi con le proprie mani. Malamente. Arrivando a sprecare un’ora e mezza per vedere un cosiddetto horror che parrebbe voler dire chissà che sulla paura dell’ignoto e l’inadeguatezza dell’uomo e di qualunque suo credo di fronte all’inspiegabile ma che invece si riduce ad una banalissima e bacchettona storiella in odore di moralismo e retrivo religiosismi, che vorrebbe farci credere che le violenze perpetrate in nome di Dio e per difendersi da Satana sono giustificate dato che Satana esiste effettivamente (e si diletta ad assumere, di tanto in tanto, le sembianze d’un caprone). Esilarante, specialmente nel finale con la lievitazione collettiva.
Non c’è molto da dire. Uno pseudo-horror “metaforico” che ci riporta indietro almeno di duecento anni, col suo sottotesto fondamentalmente sessuofobico da moralismo strisciante. Soprattutto, non fa paura né inquieta. All in one. Fantastico.
Per coloro i quali non temano la dannazione eterna post-coitale: recensione
Tre ore. Basterebbe non dire altro. Tre ore di… cosa? Beh, ovvio, scene di sesso lesbiche con un po’ di pretestuoso “commento sociale” nel mezzo. Tre ore. Non è forse meglio un più contenuto pornazzo? Dev’essere il sogno segreto (bagnato) ed inconfessato dell’autore (quello di darsi al porno), visti specialmente i successivi exploit con Mektoub & Co.
Drive, baby, drive/ I doesn’t matter if you don’t even leave the garage/ you just drive on, baby, keep on drivin’ in your mind/ goin’ nowhere, thinkin’ even less, no reason and no scope/ no plot in your life, driving is a great metaphor/ even if I don’t especially know of what/ It’s a great, great metaphor, why don’t we make a movie about that?/ Say again, about what?!/ Don’t worry, babe, I don’t knoowwwww
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