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George A. Romero
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George A. Romero

In occasione dell'80° Anniversario della nascita di George A. Romero, come per altri Autori che hanno influenzato sensibilmente la mia Passione per il Cinema, ho deciso di dedicare al suo Cinema un omaggio volto a ripassare la sua Filmografia, proponendo sia annotazioni "filologiche" recuperate da varie fonti (monografie, articoli, documentari), sia mie riflessioni personali riguardanti le sue Opere.
Romero, morto il 16 luglio del 2017, ha rivoluzionato il Cinema dell'Orrore rielaborando, nel 1968, la figura dello Zombie, in passato legata al Voodoo, nell'accezione antropofaga in cui ancora oggi viene prevalente declinata. Seppure forse non completamente consapevole in "Night of the Living Dead", il Morto Vivente ha man mano assunto una connotazione politica sempre più forte e lampante, passando dalla caricatura dell'essere umano medio alla sua possibile rinascita sociale, potenzialmente svincolata dai conflitti dovuti alla brama di possesso e potere cui l'umanità "normale" si è auto-condannata. Come lo Zombie, anche il resto del Cinema dell'Autore newyorkese trapiantato per lungo tempo a Pittsburgh e infine "rifugiatosi" a Toronto ha subito nel tempo trasformazioni volte, fatta eccezione per alcuni passi indietro qua e là, a solidificare la carica socio-politica della sua Poetica: dalla Follia pandemica di origine militare in "The Crazies" alla maschera anonima dell'uomo medio in "Bruiser", dalla Stregoneria femminista di "Hungry Wives" (aka "Season of the Witch" o "Jack's Wife") al Vampirismo indotto dal bigottismo in "Martin", passando per il Sogno cavalleresco di "Knightriders" e con delle tracce pure nell'omaggio ai Fumetti Horror in "Creepshow", la Società occidentale e le sue dinamiche è sempre stata oggetto dell'attenzione critica di Romero e amplificata attraverso un'operazione di costante rimescolamento e ripensamento dei vari Generi, non soltanto Horror.
In supporto alla visione politica del Cineasta troviamo uno Stile spesso e volentieri minimalista, con movimenti di macchina ridotti spesso all'essenziale e un gusto affine all'estetica documentarista, prediligendo inoltre produzioni indipendenti e, in certi casi, autonome, contando sovente su pochi e fidati collaboratori e amici, come l'effettista Tom Savini, la (ex)moglie Christine Forrest, il montatore Pasquale Buba, il direttore di fotografia Michael Gornick, il compositore Donald Rubinstein, ma anche di Autori letterari come Stephen King o colleghi registi come Dario Argento.
Chiudendo questa introduzione, sperando di non aver banalizzato (come invece temo) la figura del grande Cineasta, vi lascio alla lettura dei miei contributi relativi alle singole Opere di questo autentico (e per certi versi ancora ingiustamente sottovalutato) Maestro del Cinema.
Sperando di poter vedere distribuito l'inedito "The Amusement Park", opera realizzata su commissione (pare) per un gruppo cristiano che, però, poi non volle distribuirla a causa della sua deriva gore e, probabilmente, provocatoria.

 

Attenzione: SPOILER!

Playlist film

La notte dei morti viventi

  • Horror
  • USA
  • durata 93'

Titolo originale The Night of the Living Dead

Regia di George A. Romero

Con Duane Jones, Judith O'Dea, Russell Streiner, Karl Hardman, Judith Riley

La notte dei morti viventi

In streaming su Plex

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NIGHT OF THE LIVING DEAD
Dopo essersi "fatto le ossa" realizzando con una piccola crew di amici diversi spot pubblicitari, George A. Romero decide di gettarsi nella produzione di un lungometraggio indipendente, puntando sul Genere Horror. Fonda così la casa di produzione Image Ten e, insieme a John Russo, scrive la sceneggiatura di questo progetto che, dopo diversi cambiamenti, giunge infine all'idea dei morti viventi antropofagi, ancora però non identificati esplicitamente come zombie ma come ghoul, ispirandosi al Romanzo ormai classico di Matheson "I Am Legend" e alla sua prima trasposizione, "The Last Man on Earth". La scarsità economica influenza notevolmente la produzione, tra location prese "dal vicinato" ed effetti speciali caserecci, impostando la lavorazione in modo quasi "comunitaristico", con i ruoli tecnici quasi "condivisi" all'interno della troupe. Completate le riprese, il film incontra delle difficoltà nel trovare una distribuzione (qualcuno chiese pure di rigirare il finale per ottenere un happy ending), ma alla fine, dopo aver cambiando il titolo da "Night of the Flesh Eaters" a "Night of the Living Dead", ottiene una distribuzione. Il resto è, come si suol dire storia, dall'iniziale astio critico verso la violenza al Culto immortale ispiratore di un intero sottogenere e di alcuni remake (tra cui uno, diretto da Savini, scritto da Romero in persona), dall'inesistenza di diritti d'autore dovuto a leggerezze burocratiche alla criticatissima edizione colorizzata e ampliata di Russo (autore, tra l'altro, anche dello script di "Return of the Living Dead").
"Night of the Living Dead" è uno di quei Capolavori che ha segnato la Storia del Cinema, non soltanto Horror. Romero non è ancora politicamente esplicito e "consapevole" come nelle sue Opere seguenti, ma già qui gli zombie riflettono (inconsciamente?) il periodo socio-politico dell'epoca, rappresentando allegoricamente l'umanità come una massa di creature antropofaghe. Fin da subito, inoltre, più che i non morti impegnati nell'assedio della casa in cui si è rifugiato il manipolo di protagonisti, sono i vivi a costituire il maggior pericolo per la sopravvivenza di essi stessi. In particolare il contrasto, sempre più violento, tra Ben (controversa per l'epoca la scelta di un attore nero in un ruolo di questo tipo, anche se come è noto Duane Jones perché diede la migliore audizione) e Mr. Cooper nasce dall'ostinazione di entrambi i personaggi verso la propria soluzione (restare nella casa per Ben, barricarsi in cantina per Cooper): se l'ascolto reciproco e la cooperazione avrebbe potuto portare ad una soluzione positiva dell'assedio, l'atteggiamento autoritario, quando non esplicitamente dispotico, dei due autoproclamati leader porta all'escalation di violenza che, assieme alla "retata" dei redneck, chiuderà tragicamente la vicenda. Importante il tema della dissoluzione dei legami famigliari dopo la mutazione in zombie, con la figlia divora il padre e uccide brutalmente la madre e il fratello che trascina la sorella nelle grinfie dei morti antropofagi.
Stilisticamente, Romero adotta già un'estetica "documentaristicheggiante", con un ampio uso della macchina a spalla anche per inquadrature "fisse", e fin dall'inizio il Montaggio (curato dal Regista stesso) riveste un ruolo fondamentale nella costruzione sia della tensione sia del discorso.
Un Pilastro nella Storia del Cinema che merita un attento studio da ogni aspirante cineasta.

Rilevanza: 5. Per te? No

La stagione della strega

  • Drammatico
  • USA
  • durata 89'

Titolo originale Jack's Wife - Hungry Wives - Season of Witch

Regia di George A. Romero

Con Jan White, Ray Laine, Anne Muffly

La stagione della strega

THERE'S ALWAYS VANILLA
Dopo il successo (non completamente remunerato) di "Night of the Living Dead", Romero decide di smarcarsi un attimo dall'Horror e dalle sue neo(ri)nate creature zombie per realizzare quella che è la sua unica commedia romantica, adattando per la prima volta una sceneggiatura non sua (infatti la firma è di Rudy Ricci, che interpreterà uno dei motociclisti, forse il "leader", in "Dawn of the Dead"). "There's Always Vanilla", noto anche come "The Affair" e ancora inedito (per quel che ne so) in Italia, è forse il lavoro meno noto e apprezzato dell'Autore, il quale lo considerava egli stesso il suo film peggiore accusando lo sceneggiatore di pigrizia e indicando come responsabile principale del "total mess" finale il ridottissimo budget.
Riguardandolo, mi pare evidente che questo è un Romero molto minore, in cui lo sperimentalismo stilistico del Cineasta compie un significativo passo indietro rispetto alla costruzione "teorica" di "Night of the Living Dead", ottenendo come risultato una mezza confusione narrativa ed estetica. Obiettivamente, l'intricata storia d'amore tra i due protagonisti non rappresenta affatto una delle trame più interessanti proposte dal Regista e, in determinati punti, si scade in cliché sentimentali alquanto derivativi. La scelta di rendere Chris (il protagonista maschile) narratore della vicenda con inserti "flash forward" è, inoltre, uno stratagemma su cui ho ancora enormi dubbi.
Nonostante la profonda difettosità del film, resa ancora più lampante e grave dal confronto con il Capolavoro precedentemente realizzato dall'Autore, non mancano in "There's Always Vanilla" motivi d'interesse per chi adora il Cinema romeriano.
Innanzitutto sul piano formale il Regista mantiene il suo gusto "documentaristico", confermato per certi versi dai sopra citati inserti in cui il protagonista racconta la vicenda come se fosse un'intervista e anticipato dalle domande rivolte ai passanti a riguardo di una strana installazione artistica con cui si apre la pellicola. Il montaggio, curato anche qui da Romero stesso, spezzetta l'azione isolando ed evidenziando determinati dettagli visivi, come è evidente nella sequenza in cui si gira lo spot della birra (e dove possiamo vedere il nome dell'Autore sul ciak).
Non mancano gli imput contestatori verso il sistema, dalla sfiducia nel militarismo (Chris è un ex-soldato) all'opposizione all'arrivismo e alla civiltà del profitto, e troviamo anche un accenno del filo-femminismo che nel successivo (e "coetaneo") "Hungry Wives" avrà modo di essere approfondito.
Ricapitolando, "There's Always Vanilla" è forse il film meno riuscito di Romero, ma per chi intende approfondire a 360° la sua Poetica è possibile trovare anche qui elementi d'interesse.

 

***********************

 

JACK'S WIFE/HUNGRY WIVES/SEASON OF THE WITCH
Nonostante il sostanziale insuccesso di "There's Always Vanilla",nel suo film successivo Romero evita ancora di tornare direttamente all'Horror, pur trattando tematiche occulte. L'idea pare sia venuta al Regista dopo essersi informato sulla stregoneria per un progetto differente, ma la presa di coscienza nei confronti del movimento femminista durante le fasi di sceneggiatura porta verso la direzione del dramma sociale psicologico di matrice, appunto, anti-maschilista. Ancora una volta Romero lavora con un budget ridotto (inizialmente previsto intorno ai 250mila $ per poi scendere a 100mila) nei pressi di Pittsburgh, ricevendo pressioni da parte dei distributori affinché rendesse le scene di sesso pornografiche, senza però cedere. Come accadrà per diverse altre opere dell'Autore, anche questa, originariamente intitolata "Jack's Wife" per poi essere trasformata dalla distribuzione in "Hungry Wives" e, dopo il successo di "Dawn of the Dead" nel '78, venir ri-distribuita come "Season of the Witch" (tradotto fedelmente in italiano), ha subito nel tempo diversi tagli e snaturamenti, passando dai 130 minuti dell'edizione originale (che sembra purtroppo perduta irrimediabilmente) degli 89 dell'edizione cinematografica, ottenendo infine nel 2005 una riedizione in dvd reintegrata parzialmente fino a 104 minuti (che poi è l'edizione da me vista).
All'epoca, colpa anche di una campagna pubblicitaria volta a presentare il film come un porno soft, la pellicola incontrò uno scarsissimo successo, sia di pubblico sia di critica, e negli anni è rimasto uno dei lavori meno considerati nella Filmografia romeriana.
Personalmente, pur ritenendolo sicuramente inferiore rispetto alle migliori Opere del Regista, reputo "Jack's Wife" (o come si preferisce chiamarlo) un interessantissimo gioiellino.
L'apertura onirica iniziale ci presenta la protagonista Joan, apparentemente moglie felice in una famiglia serenamente tradizionale, come una prigioniera del suo stato sociale di moglie e madre, con un marito autoritario e retrogrado mascherato da uomo affabile e una prospettiva di vita diretta verso una monotona (e spaventosa) vecchiaia. L'incontro con la "strega" Marion prima e poi con il giovane Gregg, tirocinante all'università della figlia Nikki (con la quale ha una relazione) apparso nel sogno del prologo, portano la donna ad una reazione iniziale di contrasto e differenza, ma la fuga di Nikki (per la quale riceve uno schiaffo dal marito) la porterà ad avventurarsi con sempre maggior convinzione nei rituali magici, accompagnati da incontri sessuali con Gregg e da un crescente numero di incubi.
Il finale vede Joan uccidere il marito scambiandolo per l'aggressore del sogno, mentre in parallelo scorre il rituale d'iniziazione stregonesca della protagonista, per poi chiudere la pellicola con una festa in cui lei dichiara, in privato, la propria natura girandosi quando viene indicata come "Jack's Wife".

Rilevanza: 3. Per te? No

La città verrà distrutta all'alba

  • Drammatico
  • USA
  • durata 105'

Titolo originale The Crazies

Regia di George A. Romero

Con Lane Carroll, Harold Wayne Jones, Lloyd Hollar, Lynn Lowry, Will MacMillan

La città verrà distrutta all'alba

THE CRAZIES
Dopo "Hungry Wives" Romero torna all'Horror partendo da una sceneggiatura scritta dall'amico Paul McCollough intitolata "The Mad People": già lo script originale parlava di un tentativo da parte dei militari di insabbiare il rilascio di un'arma biochimica in un paese statunitense, ma ciò restava soltanto nel primo atto per poi concentrarsi sui tentativi dei sopravvissuti di superare l'accaduto. Su suggerimento del produttore Lee Hassel e con l'approvazione di McCollough, Romero modifica la sceneggiatura concentrandosi sul "golpe" militare, affiancando però in parallelo la sottotrama di un gruppo di fuggitivi agli ordini dell'esercito. Le riprese, come al solito, si svolgono nei dintorni di Pittsburgh, con buona parte della popolazione locale felice (secondo l'Autore) di collaborare alla produzione del film.
Pur riavvicinando molto Romero a tematiche affini a quella di "Night of the Living Dead" (tanto che, tra le sue opere non zombiesche, questa può essere facilmente considerata la più vicina all'Esalogia per cui è maggiormente noto), all'epoca "The Crazies" non incontrò subito il successo del pubblico, secondo il Regista a causa della povertà distributiva. Col tempo, comunque, anche questo è diventato un Cult nel Cinema Horror, generando pure esso un remake negli ultimi anni (che ancora non ho visto), ma ciò nonostante ho a volte l'impressione che, tra i fan degli zombie romeriani, venga ancora oggi sottostimato, considerato un esperimento interessante ma minore.
Stilisticamente, il Film è costruito all'insegna di un minimalismo radicale: gli effetti speciali non sono particolarmente elaborati (gli infetti sono umani e basta), la macchina di presa si muove molto poco e con gusto "documentaristico", i dettagli (narrativi e metaforici) sono sottolineati da un montaggio serrato.
La critica sociale di Romero colpisce tutto e tutti, indicando ancora una volta la mancanza di dialogo come causa di conflitti inutili, oltre a contestare la brutalità dell'autorità militare e la freddezza dei leader politici. L'epilogo è pessimista, con la scoperta di una possibile cura da parte del dr. Watts persa nella calca degli infetti fuggiti, la possibilità che David (uno dei due vigili del fuoco "latitanti") sia immune al virus ignorata dalle autorità e il colonnello Peckem inviato in un'altra cittadina dove sembra arrivata l'epidemia. La coralità della narrazione impedisce l'identificazione di uno o più personaggi principali e, pur non mancando individui con buone intenzioni e/o intelligenza, alla fine nessuno si "salva" veramente: lo scienziato si condanna da solo per la fretta di condividere i suoi risultati (venendo così scambiato egli stesso per un infetto); David, sconvolto dalla morte della moglie incinta, sceglie di non rivelare la propria immunità impedendo l'individuazione di una cura; Peckem non è in grado di tenere sotto controllo la situazione nonostante l'ordine militare instaurato nella cittadina e la Follia collettiva colpisce tutti, infetti e non.
Per me uno dei maggiori Capolavori di Romero.

Rilevanza: 4. Per te? No

Martin

  • Horror
  • USA
  • durata 85'

Titolo originale Martin

Regia di George Romero

Con John Amplas, Lincoln Maazel, Tom Savini, Forrest Romero

Martin

MARTIN
"Martin", il lavoro romeriano successivo a "The Crazies" (escludendo l'inedito "The Amusement Park"), è una rilettura realistica del Mito del Vampiro, il quale diventa tale per induzione delle superstizioni di chi lo circonda. Girato a basso costo nei dintorni di Pittsburgh, il progetto iniziale di Romero prevede la conversione in bianco e nero del materiale filmato, oltre ad una durata originale intorno ai 165 minuti. Dopo varie dispute con il produttore Richard Rubinstein, il cui fratello Donald viene scelto come compositore della colonna sonora collaborando poi in altri lavori del Regista, l'idea del B/N viene accantonata rimanendo soltanto in alcuni rapidi sipari onirici, e la durata totale si riduce a 95 minuti: purtroppo pare che il montaggio originario sia andato perduto, mentre in Italia il film venne distribuito, dopo il successo di "Dawn of the Dead", in un'edizione rimontata con aggiunte di brani dei Goblin.
Uno degli intenti di Romero, dichiarato dall'Autore in alcune interviste, è dimostrare come sia impossibile e dannoso separare l'Individuo umano dalle proprie parti "oscure", di cui i mostri letterari come, appunto, il Vampiro sono esorcizzazioni. Trasformando il Mostro in un serial killer vittima del lavaggio del cervello della religione, Romero ne rivela l'Umanità, polemizzando con la tendenza della società a disumanizzare l'anti-sociale per giustificare ipocritamente sé stessa e la propria bassezza.
Sul piano stilistico, ancora una volta è il Montaggio, nuovamente realizzato in prima persona da Romero, piuttosto serrato, a sostenere stilisticamente e contenutisticamente l'Opera conferendogli, grazie soprattutto ai citati inserti in b/n delle fantasie e dei ricordi (falsati?) del Protagonista, un'atmosfera sospesa nel Tempo, privo di qualsiasi riferimento cronologico. Importante il ruolo delle telefonate di Martin, sotto lo pseudonimo di "Count", alla radio, dove egli fornisce una ricostruzione del suo vampirismo quasi commentando (involontariamente) le scene mostrate.
Il Finale è secco e brutale, inaspettato, rapidissimo e drammaticamente ironico: Martin viene ucciso dal cugino per un delitto non commesso (il suicidio della sua unica amante consenziente e non "vampirizzata"). Quindi i Titoli di coda scorrono sul cugino bigotto intento ad occultare il cadavere di Martin mentre l'audio ci propone varie telefonate alla radio dove numerosi fan esprimono le loro teorie sulla sparizione del celebre "Count", sancendo la (ri)nascita del Mito.
Il Cast magnifico, dove spicca il giovanissimo John Amplas nel ruolo del Protagonista, la Fotografia "sporca" di Michael Gornick, gli ottimi effetti di Savini (qui alla prima collaborazione col Cineasta), le melanconiche Musiche di Donald Rubinstein, l'ambientazione quotidiana delle scenografie e altri elementi rafforzano la Qualità dell'Opera, la più amata da Romero all'interno della sua Filmografia e per ottime ragione, perché "Martin", per quanto sottostimato rispetto alla Saga "of the Dead", è uno dei più grandi Capolavori del Regista, dimostrazione della sua Maestria anche al di fuori dei Film zombieschi.

Rilevanza: 3. Per te? No

Zombi

  • Horror
  • USA
  • durata 110'

Titolo originale Dawn of the Dead

Regia di George A. Romero

Con David Emge, Ken Foree, Scott Reiniger, Gaylen Ross, Tom Savini

Zombi

In streaming su MIDNIGHT FACTORY Amazon Channel

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DAWN OF THE DEAD
I film successivi a "Night of the Living Dead", dai minori "There's Always Vanilla" e "Hungry Wives" ai Gioiellini (per me addirittura Capolavori) "The Crazies" e "Martin", non incontrano particolarmente il favore del pubblico e della critica del periodo, così Romero decide di ritornare alla sua Creazione, i morti viventi. L'idea di un sequel di "Night of the Living Dead" giunge alle orecchie di Dario Argento, tra i primi ad apprezzare criticamente il Capolavoro del '68, e così il Cineasta italiano invita il collega statunitense a Roma, sperando che il cambio di ambiente possa incoraggiarne la creatività. La collaborazione tra i due Maestri dell'Orrore, oltre ad influenzare la sceneggiatura, si declina in una compartecipazione di Argento alla produzione, nella scelta dei Goblin per comporre la Colonna sonora originale del Film e nell'affidamento all'Autore romano della distribuzione europea, con la possibilità di apportare delle modifiche in sede di montaggio. Le riprese avvengono in prevalenza nel Monroeville Mall, supermercato situato nei pressi di Pittsburgh e fonte di ispirazione per la trama in seguito ad una visita di Romero. Come è noto (e il documentario "Document of the Dead" lo mostra bene) la troupe poteva girare nel centro commerciale solo dopo gli orari di chiusura, rimettendo poi in ordine tutto prima dell'apertura; inoltre, durante il periodo natalizio la produzione dovette fermarsi, dando la possibilità a Romero di curare un primo montaggio parziale con il materiale finora raccolto.
Una volta completato, dopo una presentazione (nell'Extended Cut) al Festival di Cannes del 1978, il film viene distribuito con un buon successo in due edizioni in particolare, una europea curata come detto da Argento e l'altra statunitense curata da Romero e da lui preferita. La prima, intitolata "Zombi", dà larghissimo spazio alle Musiche dei Goblin e snellisce la pellicola di alcuni passaggi più riflessivi in favore di un maggiore intrattenimento action; la seconda, invece, pur snellendo anch'essa la pellicola di alcuni momenti presenti nella versione estesa e mantenendo una parte della Colonna sonora argentiana, concentra la sua attenzione sugli aspetti sociali della visione romeriana.
Come è evidente visivamente dalla compresenza nel supermercato di umani, zombie e manichini, "Dawn of the Dead" contesta con forza il consumismo, senza risparmiare nessun personaggio. Tanto il gruppo di protagonisti quanto quello dei biker è spinto da un'ossessione per il possesso che supera l'istinto di sopravvivenza, ed è bene notare come il conflitto finale tra le due fazioni venga iniziato dalla brama di Stephen, il pilota dell'elicottero, di tenere per sé le "ricchezze" del Supermercato. La mania per il Consumismo, evidente nelle magnifiche Sequenze 'di Montaggio' dove il quartetto principale saccheggia il supermercato, risulta ridicola e futile. Significativo il contrasto tra le scene in cui Peter e Stephen prima e i bikers poi arraffano i soldi come se valessero ancora qualcosa e le inquadrature nel Finale in cui il denaro, gettato per terra, viene calpestato dai Morti Viventi.
Di considerazioni da fare ce ne sarebbero infinite, ma intanto mi fermo (bruscamente) qui per evitare di banalizzare (ulteriormente) quest'altro immenso Capolavoro romeriano.

Rilevanza: 4. Per te? No

Knightriders

  • Avventura
  • USA
  • durata 145'

Titolo originale Knightriders

Regia di George A. Romero

Con Ed Harris, Gary Lahti, Tom Savini, Amy Ingersoll, Patricia Tallman

Knightriders

KNIGHTRIDERS
Analogamente al periodo post-"Night of the Living Dead", anche dopo il successo di "Dawn of the Dead" Romero decide di variare la sua produzione uscendo nuovamente dal Genere Horror e dagli Zombie, questa volta per raccontare la storia di un gruppo di "cavalieri" moderni impegnati in tornei simil-medievali a bordo di motociclette. Il progetto è coltivato a lungo da Romero ispirandosi, tra le varie fonti, al Ciclo di King Arthur (verrà trasposto in quegli anni da Boorman in "Excalibur") e alla Society for Creative Anachronism.
Come altri lavori romeriani estranei alla Trilogia originaria dei morti viventi, anche "Knightriders", altra pellicola distribuita in Italia con grossi tagli, tende ad essere scarsamente considerato dalla maggioranza dei "fan" dell'Autore. Questo è un grande peccato, secondo me, perché con quest'Opera Romero ha dimostrato o, meglio, confermato di essere un Autore molto personale e valido anche al di fuori dei territori in cui viene generalmente identificato.
Oltre a scegliere sempre uno spunto di partenza estremamente accattivante, il Regista si impegna a mettere in scena questo Medioevo idealizzato contemporaneo in modo coinvolgente. Ancora una volta il Montaggio, curato dal regista insieme a Pasquale Buba, ha un ruolo primario, conferendo alla pellicola il ritmo esatto a seconda dell'Atmosfera voluta dal Regista ed enfatizzando determinati dettagli utili alla comprensione dell'Universo messo in scena.
Non mancano inoltre Contenuti sociali di un certo spessore, con un Discorso per una volta "utopistico" sull'Etica e sul rapporto conflittuale che instaura con la società capitalistica e consumistica, ma anche sulla necessità di avvicinarsi alla gente evitando un auto-isolamento fanatico. Viene valorizzata l'Individualità delle Persone grazie ad una costruzione corale del racconto: ogni Personaggio ha i suoi Spazi, e se questo potrebbe da un lato spezzettare un po' la visione complessiva delle vicende narrate in molteplici punti di vista minando la possibilità di approfondire un numero concentrato di personaggi, dall'altro dà la possibilità di immergersi in un clima ampio di relazioni umane.
Non esente da possibili difetti (ad esempio in certi momenti i buoni sentimenti spadroneggiano forse un po' troppo), questi non arrivano ad intaccare la la Bellezza Artistica e la Profondità filosofico-sociale dell'Opera ma, anzi, diventano per me elementi imprescindibili neòla riuscita artistica del Film conferendogli uno spessore umano che, per contro, un'eccessiva perfezione avrebbe potuto spegnere.
Contribuiscono alla riuscita dell'Opera le ottime interpretazioni del Cast, in cui compaiono parecchi volti noti nel Cinema di Romero, le memorabili Musiche di Donald Rubinstein (anche attore nei panni del menestrello), i suggestivi Costumi e l'ottima fotografia di Gornick.
Nonostante proponga una visione del mondo molto più speranzosa rispetto al solito, Romero non cede all'happy ending, e questo non fa che impreziosire il risultato finale.

Rilevanza: 3. Per te? No

Creepshow

  • Horror
  • USA
  • durata 103'

Titolo originale Creepshow

Regia di George A. Romero

Con Adrienne Barbeau, Viveca Lindfors, Ted Danson, Leslie Nielsen, Stephen King

Creepshow

CREEPSHOW
Successivamente a "Knightriders", Romero si imbarca con l'amico Stephen King in "Creepshow", progetto antologico che intende omaggiare i fumetti horror pubblicati negli anni '50 dalla EC. Il Film segna il debutto cinematografico dello Scrittore del Maine alla sceneggiatura e, fatta eccezione per due episodi ispirati ad un paio di suoi racconti, la maggior parte del materiale messo in scena propone storie originali pensate appositamente per la pellicola.
"Creepshow", a fronte di un budget di 8 milioni di $, ne incassa 21 nei soli USA, diventando uno dei maggiori successi economici per Romero e generando adattamenti a fumetti, un godibile ma tutt'altro che imperdibile "sequel" ufficiale nel 1987 diretto da Gornick, un secondo sequel nel 2007 non riconosciuto né dal Regista né dallo Scrittore e una recentissima serie tv. La pellicola incentiva inoltre una nuova stagione per l'Horror a episodi, sia nel Cinema che nelle serie tv.
Il Film concentra la sua attenzione sull'intrattenimento di Genere e sull'omaggio al mondo dei Fumetti, richiamato da precise scelte stilistiche come inserti animati e cornici disegnate, ma non mancano alcune piccole critiche sociali.
Il prologo e l'epilogo, con il bambino che si vendica con una bambola voodoo della "censura" paterna dei propri fumetti, costituiscono una cornice simpatica all'antologia: volendo la si può interpretare come una risposta alle numerose critiche che l'Horror riceve per il suo immaginario, sotto cui si nasconde una potenza "sovversiva" pericolosa per l'autorità.
Il primo episodio, "Father's Day", sembra un divertissement con auto-omaggio zombiesco, ma l'astio degli Autori per l'alta società si sente nella totale assenza di personaggi positivi. La tensione sale man mano intervallando dei flashback per esplodere in un finale ironicamente macabro.
"The Lonesome Death of Jordy Verrill", ispirato al racconto "Weeds", vede King come interprete protagonista. Eliminata in diverse edizioni cinematografiche italiane, il segmento è divertente ma, fatta eccezione per l'identificazione del padre di Jordy con il dottore "tuttologo", non ci sono molti motivi di grosso interesse.
Il terzo corto, "Something to Tide You Over", è un noir incentrato sulla vendetta di un marito geloso ribaltata in un finale soprannaturale, ma non manca una sottile critica sulla concezione delle persone come proprietà privata.
"The Crate", ispirato all'omonimo racconto, ancora una volta è popolato da personaggi tutt'altro che encomiabili e il protagonista è forse il più orribile, sia all'inizio come patetico omuncolo privo d'iniziativa sia alla fine come cinico calcolatore omicida.
L'ultimo episodio, "They're Creeping Up on You", è forse il più spaventoso e, osservandolo bene, è anche quello dove la verve politica di Romero si sente con più forza, contestando vigorosamente la spietatezza dell'alta finanza che schiaccia gli individui come degli insetti temendo però profondamente lo spettro di una ribellione massiccia nei loro confronti.

Rilevanza: 2. Per te? No

Il giorno degli Zombi

  • Horror
  • USA
  • durata 102'

Titolo originale Day of the Dead

Regia di George A. Romero

Con Lori Cardillo, Terry Alexander, Joseph Pilato, Jarlath Conroy

Il giorno degli Zombi

DAY OF THE DEAD
Dopo "Knightriders" e "Creepshow", Romero ritorna un'altra volta sulla sua Saga "of the Dead". Le intenzioni originarie dell'Autore sono quelle di realizzare il "Gone of the Wind" degli zombie movie proponendo alla produzione una prima bozza di sceneggiatura dalla lunghezza di 200 pagine circa, successivamente condensata a 122: respinta questa versione perché ritenuta troppo costosa, Romero elabora una nuova bozza di 160 pagine ri-condensate a 104, ma un ulteriore rifiuto lo spinge ad alterare il concept di partenza approdando ad una bozza di riprese di sole 88 pagine. Le riprese avvengono in Florida per gli esterni e in Pennsylvania per gli interni, girando le scene soterranee in un'ex-miniera nei pressi di Wampum e reclutando gente di Pittsburgh per le comparse zombie, prediligendo persone già presenti in lavori precedenti del Cineasta.
"Day of the Dead", il cui Culto di pubblica e critica è cresciuto nel tempo generando vari sequel e remake (tra cui il mediocre film omonimo diretto dal buon mestierante Steve Miner), è probabilmente il Film più politicamente incazzato di George A. Romero: l'Autore "padre" degli zombie moderni non ha (quasi) mai proposto atmosfere ottimistiche, né ha mai disdegnato (consapevolmente o meno) di contestare la società statunitense, ma qui il suo Discorso raggiunge toni di un pessimismo esasperato, seppure paradossalmente l'epilogo sia apparentemente uno dei più ottimisti della sua Filmografia, ma forse proprio questo contrasto lo rende un'illusione priva di concrete prospettive di speranza.
Più volte nel Film si sottolinea la Sconfitta dei Vivi, ridotti ad un minuscolo gruppetto rinchiuso in un bunker isolato da possibili superstiti esterni, ammesso e per niente concesso che esistano. Per quanto opprimente sia il confronto tra Umani e Zombie, l'Atmosfera che domina le relazioni umane è ancora più negativa: la mancanza di comunicazione tra le varie parti in causa provoca una conflittualità quotidiana, i militari impongono un ordine autoritario minacciando la repressione fisica di ogni voce critica, ma il mondo scientifico, incarnato nel dr. Logan "Frankenstein", non pare meno folle in quanto pervaso da un delirio di onnipotenza e di controllo volto allo sfruttamento degli zombie. Neppure Sarah, la Protagonista, risulta veramente positiva: ancorata ad una mentalità burocratica priva di ragione nel post-Apocalisse, non è esente da un certo moralismo fastidioso nei confronti del prossimo ed è quasi incapace pure lei di capire la connessione tra umani e zombie. John, il Pilota (nero) e Bill, l'operatore radio, sembrano avere una visione più chiara o, quanto meno, disincantata della situazione, ma il loro comportamento iniziale tradisce una sostanziale indifferenza. Miguel, l'amante di Sarah, si lascia trascinare da un crescente delirio che lo spinge alla fine ad immolarsi "religiosamente" permettendo l'invasione degli zombie nel bunker.
Più che dagli umani è dagli zombie che sembra partire la Speranza per una Rinascita sociale, con Bub che non si limita ad obbedire a Logan ma inizia a dimostrare, oltre ad una curiosità che esula dal semplice istinto antropofago dello zombie, una capacità di sviluppare pensieri non lineari e addirittura sentimenti, arrivando infine a combattere apertamente l'autorità precostituita.
Un altro grande Capolavoro firmato Romero e, forse, la sua Opera che più preferisco.

Rilevanza: 3. Per te? No

Monkey Shines - Esperimento nel terrore

  • Thriller
  • USA
  • durata 110'

Titolo originale Monkey Shines

Regia di George A. Romero

Con Jason Beghe, John Pankow, Kate McNeil, Joyce Van Patten

Monkey Shines - Esperimento nel terrore

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MONKEY SHINES
Nel 1985 la Orion acquista i diritti del romanzo "Monkey Shines" di Michael Stewart e, dopo due anni, inizia la produzione della trasposizione omonima cinematografica affidandone la regia e sceneggiatura a Romero, il quale sposta l'ambientazione da Oxford alla "sua" Pittsburgh. La lavorazione è una delle più estenuanti nella carriera del Regista, con la troupe impegnata fino a 12 ore di riprese al giorno, dovute soprattutto all'impiego di scimmie, causa anche di un aumento della mole di materiale filmato con conseguente innalzamento dei costi: la protagonista Boo (Ella nel film) è affiancata da altre controfigure scimmiesche, cui si aggiunsero quattro pupazzi ideati dal fidato Savini. Inizialmente Romero aveva completato uno script per le riprese di oltre 240 pagine, che in sede di montaggio viene pesantemente tagliato dalla produzione, imponendo inoltre l'happy ending nonostante la tradizionale predilezione del Cineasta per finali ambigui quando non apertamente negativi e la sua idea originare di concludere il film fedelmente al romanzo (in cui Allan non guarisce dall'incidente). Dopo alcune tiepide proiezioni di anteprima, infine, la Orion decise di rimontare la pellicola senza informare Romero chee, scocciato dal trattamento subito dal progetto, abbandonò temporaneamente le major per tornare ad una produzione più indipendente con "Due Occhi Diabolici" (salvo poi realizzare un altro film per la Orion, "The Dark Half").
Le numerose imposizioni produttive sofferte da Romero inibiscono la completa riuscita artistica dell'opera. In particolare, dopo una prima parte in cui il rapporto tra Allan ed Ella muta gradualmente dall'affetto sereno all'ossessione morbosa e alla ferocia, abbiamo una seconda parte in cui il protagonista umano repentinamente cerca di separarsi dalla co-protagonista scimmia, mettendo in secondo piano alcuni aspetti interessanti come la potenziale critica contro il sistema padrone-servo (Ella viene definita "slave" dall'addestratrice Melanie, altrimenti personaggio completamente positivo).
Comunque, pur non rientrando tra i Capolavori di Romero a causa delle intrusioni produttive, l'Autore riesce a creare una buona tensione e a catapultare l'Individuo Spettatore all'interno della Mente della Coppia Protagonista, lanciando spunti di riflessione e di critica sulla Natura Umana e sugli esperimenti genetici. Ella, inoltre, conquista la Simpatia e l'Amore del Pubblico, anche nella sua follia omicida, e la sua morte risulta alla fine orribile nonostante i suoi "delitti", perché è evidente, soprattutto quando abbraccia il "padrone", che mentre Allan in quanto essere umano gioca sull'inganno e sulla sopraffazione, la scimmia è invece un Personaggio con sentimenti e dignità, vittima della deviazione possessiva dell'Amore e delle pulsioni causata dalla "nostra" società del dominio.
Un Romero "parzialmente minore", ma comunque ben costruito e interessante.

Rilevanza: 2. Per te? No

La metà oscura

  • Horror
  • USA
  • durata 124'

Titolo originale The Dark Half

Regia di George A. Romero

Con Timothy Hutton, Amy Madigan, Michael Rooker, Julie Harris

La metà oscura

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THE DARK HALF
Dopo "Monkey Shines" e la collaborazione con Argento nel poeiano "Due Occhi Diabolici", Romero viene assunto per trasporre un altro romanzo, in questo caso "The Dark Half" dell'amico Stephen King, con il quale aveva precedentemente lavorato nel Cult antologico "Creepshow" e che molto probabilmente ha avuto un ruolo di primo piano nella scelta del regista. Il film, come il precedente "Monkey Shines", è uno dei pochi lavori in cui il regista viene sostenuto da una major con un sostanzioso budget (15 milioni di $) ma, a causa dei problemi finanziari della Orion Pictures, il film venne parzialmente sottratto a Romero nelle fasi conclusive del processo di realizzazione e fu distribuito solo nel 1993, due anni dopo la conclusione delle riprese.
Il risultato di queste difficoltà produttive è un lavoro non completamente riuscito, soprattutto nel finale per certi versi frettoloso (specialmente se confrontato con la fonte letteraria, tra le migliori opere di King secondo il mio punto di vista): la preparazione dell'atto conclusivo infatti sembra 'correre', con Alan fondamentalmente buttato a caso e gli effetti digitali dello stormo di uccelli che tradiscono uno stato d'incompiutezza.
La scrittura di King, inoltre, domina anche qui sul regista, il quale segue con particolare fedeltà la scaletta di partenza privilegiando le tematiche meta-narrative del romanziere piuttosto che i suoi soliti contenuti socio-politici.
L'Autore di "The Crazies" comunque, seppure in misura minore rispetto alle sue Pellicole migliori, si fa sentire in alcuni tocchi, dalle inquadrature "paesaggistiche" alla semplicità dell'impostazione delle riprese, oltre che nella graduale costruzione della tensione e nella predilezione per i dettagli visivi rispetto alle spiegazioni parlate. Affine al gusto romeriano è il tono per certi versi "noir" dell'Opera e la presenza di una sottile ironia che si inserisce nel racconto macabro, condivisa con l'amico King.
Molto interessante, anche se ereditato dal Romanzo, il tema profondamente psicologico del Dopplegänger, dove la violenza di George Stark, alter ego del protagonista Thad Beaumont, non è vista soltanto come pura malvagità ma come parte inscindibile dell'Essere Umano: una considerazione, questa, che si riaggancia a quel Gioiellino di "Martin", anche se lì il Protagonista si identificava totalmente con la figura del Vampiro mentre qui il "lato oscuro" opera una sorta di clonazione dello Scrittore.
Le Musiche di Christopher Young danno un tocco da Fiaba dark all'Opera, i membri del Cast si calano perfettamente nei rispettivi personaggi, specialmente Hutton nel doppio ruolo Protagonista, la sceneggiatura, partendo dalla solida base kinghiana, funziona e alla fine, nonostante i difetti dovuti principalmente alla travagliata gestazione, il film raggiunge un buon livello, costituendo un tassello interessante nel percorso registico di Romero.

Rilevanza: 2. Per te? No

Bruiser - La vendetta non ha volto

  • Thriller
  • USA, Canada, Francia
  • durata 99'

Titolo originale Bruiser

Regia di George A. Romero

Con Jason Flemyng, Peter Stormare, Leslie Hope, Nina Garbiras

Bruiser - La vendetta non ha volto

BRUISER
Dopo la non eccezionale accoglienza di "The Dark Half", la cui produzione fu resa difficoltosa dalle precarie condizioni finanziarie della Orion, bisogna aspettare 7 anni per vedere tornare Romero alla regia di un lungometraggio. Lo fa con questo "Bruiser", per la prima volta girato a Toronto invece che nelle vicinanze di Pittsburgh, scritto, diretto e in parte auto-prodotto da Romero stesso, che infila un cameo dei Misfits (i quali aggiungono due loro brani alla colonna sonora di Donald Rubinstein) come pagamento per il video di "Scream". A differenza degli altri film realizzati dall'Autore negli anni 2000, questo è l'unico a non trattare i suoi amati zombie e, guardandolo bene, non è neanche un horror "in toto", ipotesi confermata anche dallo stesso Regista insieme alla (ancora) moglie Forrest.
"Bruiser" è tra i lavori meno convincenti di Romero, parzialmente compromesso da un'estetica vagamente televisiva (la distribuzione fu praticamente direct-to-video) e per certi versi "modaiola", ma in ogni caso l'Autore riesce a mantenere un'impronta personale, sperimentando anche vie diverse dal solito per evitare di cadere in auto-cliché e, soprattutto, continuando ad usare il proprio Cinema come strumento di critica sociale, concentrandosi qui sull'arrivismo su cui si fonda la società neo-capitalista e denunciando l'anonimia a cui una vita spesa sottomessi a grandi o piccole potenze economiche trascina. Il protagonista è uno schiavo anonimo del sistema, una pedina che fa il lavoro per un pezzo grosso della moda, si fa fregare i soldi dal finto amico e si lascia trattare come un idiota dalla moglie (cfr. "The Crate" in "Creepshow"?): di fatto non esiste, né per il mondo né per sé stesso. Quando, senza una spiegazione (e questo, che per molti potrebbe essere un difetto, per me è un'ottima trovata, affine al mistero dell'origine degli zombie nella sua più celebre Esalogia), perderà il volto esplicitando fisicamente ciò che è "spiritualmente", inizierà a liberare la sua frustrazione vendicandosi spietatamente, ma acquisterà anche il coraggio per mostrare il suo vero carattere (trovando ispirazione per dipingere il volto che, quando era una maschera separata dal suo viso, era incapace di pitturare) e alla fine, oltre a conquistare l'amore dell'ex-moglie del capo nonché sua collega, riacquisterà l'identità ricominciando una nuova vita, senza però debellare definitivamente il ritorno della maschera omicida.
Sicuramente non un Capolavoro e, probabilmente, tra le opere meno riuscite di Romero, "Bruiser" comunque un film molto interessante dove l'Autore di Martin porta avanti la sua contestazione nei confronti della crescente spersonalizzazione cui la società dei consumi (di massa) inevitabilmente conduce. Da riscoprire.

Rilevanza: 2. Per te? No

La terra dei morti viventi

  • Horror
  • Canada, Francia, USA
  • durata 93'

Titolo originale Land of the Dead

Regia di George A. Romero

Con Simon Baker, John Leguizamo, Dennis Hopper, Asia Argento, Robert Joy

La terra dei morti viventi

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LAND OF THE DEAD
Fatta eccezione per "Bruiser" (quasi subito distribuito in home video), Romero era rimasto sostanzialmente "disoccupato" come regista da "The Dark Half", anche se viene preso in considerazione per trasporre su pellicola la saga videoludica "Resident Evil". Nei primi anni 2000, gli zombie ritornano in auge grazie a film come il remake di "Dawn of the Dead" dell'esordiente Snyder (tutto sommato divertente ma artisticamente mediocre) e, con risultati nettamente migliori per stile e concenuti, la commedia horror britannica "Shaun of the Dead" di Edgar Wright co-scritta dall'attore Simon Pegg. È inevitabile, quindi, che Romero riecheggi sulla bocca degli appassionati del Genere Horror e così alla fine l'Universal richiama l'Autore dal suo "pensionamento" (forzato?) affidandogli, ovviamente, un nuovo capitolo della sua Saga più celebrata. Il Regista, in realtà, covava da tempo il progetto di un nuovo film zombiesco, rielaborando elementi presenti nello script originario di "Day of the Dead" e passando per diversi titoli prima di approdare a "Land of the Dead", importante mutamento rispetto alle indicazioni temporali dei predecessori.
Il Ritorno di Romero alla sua Saga più celebre, analogamente a ciò che avverrà con George Miller e il suo "Mad Max: Fury Road", non si limita ad una banale operazione nostalgica volta ad accontentare i fan più superficiali ma, bensì, vede un proseguimento attento nella ricerca tematica dell'Autore.
Dopo la progressiva decimazione degli umani mostrata nella Trilogia precedente, qui vediamo una specie di ricostruzione della società pre-esistente, ma per Romero l'idea di ritornare alla società precedente l'Apocalisse non è un'utopia da ricercare ma un delirio da evitare, perché la società attuale non è affatto "il migliore dei mondi possibili" come media e istituzioni propagandano. La civiltà post-apocalittica mostrata in "Land" è rigidamente divisa in ricchi, poveri e zombie. I primi vivono nel lusso all'interno di un grattacielo iperprotetto, estranei alla realtà dei secondi, costretti invece a sopravvivere in condizioni precarie e sottoposti alle rigide leggi del dispotico Kaufman, evidente caricatura della destra bushista. Gli zombie, infine, isolati dagli umani, iniziano a mostrare segni d'intelligenza, a partire dall'afroamericano Big Daddy che diventa una sorta di leader spirituale per l'orda dei morti viventi che guida non tanto verso un banchetto antropofago quanto verso una Rivoluzione che abbatte le differenze tra poveri e ricchi, dirigendosi verso un nuovo posto in cui stare. La concezione degli zombie di Romero giunge qui alla sua completa maturazione, diventando metafora esplicita di una Rinascita, di una Ripartenza dell'Essere Umano fondamentale per evitare l'auto-estinzione.
Interessanti anche i protagonisti umani, nessuno veramente "buono" o eroico ma capaci di gesti e sentimenti positivi come la disobbedienza all'ordine costituito in favore di un futuro svincolato dall'autorità e dalla sete di potere.

Rilevanza: 3. Per te? No

Diary of the Dead. Le cronache dei morti viventi

  • Horror
  • USA
  • durata 95'

Titolo originale Diary of the Dead

Regia di George A. Romero

Con Michelle Morgan, Joshua Close, Shawn Roberts, Amy Ciupak Lalonde, Joe Dinicol

Diary of the Dead. Le cronache dei morti viventi

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DIARY OF THE DEAD
Dopo aver lavorato per l'Universal, Romero decide di tornare ad un budget più ristretto, autoproducendo il suo film successivo. Già prima dell'uscita di "Land of the Dead" l'Autore voleva realizzare un film sui media emergenti, e alla fine il tema viene trattato adoperando la tecnica del mockumentary che in quegli anni iniziava ad essere sdoganato nel Genere Horror, con risultati a volte alti (ad esempio [Rec], uscito nello stesso anno del Film di Romero) ma molto più spesso rivelando intenti di guadagni facili con sforzi minimi (come in "Paranormal Activity", anch'esso del 2007).
"Diary of the Dead", nonostante alcune critiche negative (provenienti anche da ammiratori dell'Autore o sedicenti tali), rientra a parer mio tra i migliori esempi di Mockumentary Horror mai realizzati. Dopotutto, lo stile di Romero ha spesso e volentieri richiamato visivamente un'idea di documentario, quindi per certi versi questa sua incursione nel filone non è altro che l'esplicitazione di questa vena. Inoltre, per evitare di cadere nei "difetti" di "The Blair Witch Project", il Regista decide di utilizzare un direttore della fotografia (Adam Swica) al posto di affidare le riprese ai membri del cast: il risultato è un'opera dall'aspetto sì marcatamente "para-documentaristico" ma che non scade nella confusione (simil)amatoriale tipica di buona parte dei mockumentary, conservando una raffinatezza tecnica non distante dal Cinema "vero". Questo incrocio tra l'estetica documentaristica e la cura "cinematografica tradizionale" si aggancia alla dichiarazione iniziale, dove la protagonista Debra avvisa il pubblico di aver ritoccato il 'documentario' con effetti sonori e musiche. Ciò sfata quindi le intenzioni di Jason, il regista del film nel film, il quale, come vediamo alla fine, prometteva di documentare la realtà con esattezza. La diffusione capillare dei media, lungi dal rendere più facilmente accessibile la verità, ha per contro aumentato a dismisura la possibilità di manipolarla, e forse il gesto stesso di fissare la realtà su video ne falsa la natura, uccidendola: non a caso in inglese "to shoot" significa sia "sparare" sia "filmare".
Tema correlato a quello dei media è il motivo più volte trattato da Romero nella sua carriera, ovvero la natura spietata dell'essere umano "civilizzato", generalmente incapace di solidarietà vera anche nei momenti di forte crisi, nei quali anzi spesso tende con maggior forza a prevaricare sui più "deboli", come è evidente in scene come la razzia dei mezzi di sussistenza della troupe da parte di un manipolo di militari o nella macabra sequenza finale dove dei cacciatori sparano, per puro divertimento, ad una zombie appesa ad un albero senza ucciderla subito.
Ancora una volta Romero non ci propone protagonisti autenticamente eroici e, anzi, qui è quasi impossibile entrare davvero in simpatia con qualsiasi personaggio, paradossalmente proprio perché tutti mettono a nudo le nostre bassezze, le nostre ipocrisie e le nostre meschinità.
Un Gioiellino.

Rilevanza: 3. Per te? No

Survival of the Dead

  • Horror
  • USA, Canada
  • durata 90'

Titolo originale Survival of the Dead

Regia di George A. Romero

Con Devon Bostick, Athena Karkanis, Kathleen Munroe, Julian Richings, Kenneth Welsh

Survival of the Dead

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SURVIVAL OF THE DEAD
Dopo "Diary of the Dead", Romero torna ancora una volta ai suoi zombie, sempre rimanendo in una produzione indipendente.
Ispirandosi all'western "The Big Country" (che ancora debbo vedere), "Survival of the Dead" è, all'interno dell'esalogia dei morti viventi, sicuramente il capitolo più leggero e ironico, oltre ad essere l'unico esplicito sequel narrativo di un capitolo precedente, cioè "Diary", con il quale condivide anche la scelta stilistica del protagonista-narratore. Probabilmente è anche il meno bello, ma personalmente non lo considererei "mal riuscito", visto che la sua maggiore leggerezza è, a parer mio, voluta dall'Autore, il quale inoltre non abbandona completamente lo spirito di Critica Sociale tipica del suo Cinema, anzi. Il tema della rivalità e del conflitto umano, presente fin dall'Esordio con "Night of the Living Dead", viene qui ancora una volta contestato mettendo in luce, come origine, l'incomunicabilità tra fazioni e visioni sociali, evitando di individuare in modo facile la ragione con uno schieramento o con l'altro. Per gran parte della pellicola si è portati a "tifare" per O'Flynn, favorevole allo 'sterminio' degli zombie, e a disprezzare Muldoon, pronto ad uccidere i vivi pur di tenere in vita i morti (critica al fanatismo dei pro-vita?). Però, come lascia intendere il finale, tanto l'uno quanto l'altro si trovano a combattere senza una valida ragione di fondo, spinti più dalla volontà di imporre la propria supremazia che dai valori propagandati, e il duello finale (con pistole scariche) tra i due ormai divenuti zombie rivela la critica profonda di Romero contro l'inutilità della guerra.
Interessante notare come il soldato protagonista, figura negativa nel precedente "Diary", qui si presenta invece come una sorta di disertore, stanco di stare ancora sotto il servizio di un'autorità: nella società post-apocalittica di Romero non c'è più posto per il patriottismo: solo l'amicizia, la famiglia ma, soprattutto, la sopravvivenza individuale contano davvero per l'essere umano. Il legame di amicizia, ma soprattutto di sangue, è più volte sottolineato nel corso della pellicola, sia nella divisione di stampo famigliare tra O'Flynn e Muldoon, sia nel legame gemellare che lega Janet e Jane O'Flynn, figlie di Patrick: un dettaglio che, secondo me, evidenzia il legame di sangue, è dato dal fatto che Jane (la zombie), dopo aver morso la gemella, punti il suo appetito non più sugli esseri umani ma sul cavallo, quasi come se Romero volesse 'correggere' la sua teoria di rottura dei rapporti famigliari introdotta nella scena del matricidio nel leggendario "Night of the Living Dead".
Un buon film, dunque, consigliato a chi ama il filone zombie e il Cinema di Romero. Peccato sia stato, secondo me, pesantemente sottovalutato, ma soprattutto è un peccato che, dopo questo, Romero non abbia più avuto la possibilità di tornare a raccontare la Società attraverso il suo Cinema. Con o senza zombie.

Rilevanza: 3. Per te? No
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