Dopo aver colpevolmente trascurato la ricorrenza nel 2017 e 2018 (chissà perché?), ritorna la doverosa e necessaria classifica dei migliori nuovi film visti nel corso dell'anno. Nel passato mi limitavo a sette posizioni, quest'anno le ho aumentate perché, dopo aver steso una prima bozza, mi sono reso conto che alcuni film importanti che associavo al 2018 li ho in realtà visti nell'anno che si sta per chiudere (ad esempio La Favorita e Suspiria, visti a gennaio scorso). Ed anche perché obiettivamente quello che si sta chiudendo è stato un anno molto sodisfacente per i cinefili, ricco di grandi ritorni e di spiazzanti sorprese. Alla fine ho deciso di inserire tutti i film a cui ho dato 4 stelle sul sito e la lista è arrivata così proprio a diciannove titoli. A compensare i ritardatari del '18, ci sono alcuni film che non sono ancora usciti in Italia e che ho potuto vedere frequentando i festival di Cannes e Roma.
Il trionfatore è Joker, la pellicola la cui visione mi ha maggiormente sconvolto, l'unico cinque stelle di un anno ricco di ottimi film e di grandi autori.
Si esce devastati dalla visione di Joker, pietrificati non solo dalla violenza sanguinolenta, ma soprattutto dalla grandiosa prova di Joaquin Phoenix, dalla visione audace dell'autore Todd Phillips e dal livello artistico generale del film che rivoluziona il cinecomic: un incubo urbano oscuro, angosciante, repellente ed indimenticabile.
Finalmente al servizio di una storia da raccontare, l'immagine è al solito strabiliante, di una nitidezza che la fa sembrare più bella e concreta della stessa realtà, un'immagine totalizzante che invade inquadrature quadrangolari di ampiezza sconfinata che sembrano ingoiare lo spettatore.
Tre piani temporali che si intersecano lungo un affresco monumentale, per durata (210 minuti che passano scorrevolissimi), per stile ed ambizione, con cui Scorsese ritorna sul suo ricorrente filone del gangster movie, ma stavolta con un taglio più riflessivo ed elegiaco, con l'idea di rappresentare la fine inesorabile di un mondo.
Lanthimos, avvalendosi di tre impeccabili protagoniste (immensa Olivia Colman), firma un'opera dallo stile personalissimo, delineando, con elegante e spietata ironia, il cinismo delle lotte per il potere tra favorite, che si servono della menzognera manipolazione delle miserie di una fragile sovrana.
Almodóvar firma con questa pellicola dalle tinte autobiografiche la sua opera migliore degli ultimi anni, realizzando al suo solito un melodramma, questa volta più malinconico, sensibile e trattenuto, senza le esplosioni di pianti o di riso a cui ci aveva abituato.
Polanski confeziona un magistrale thriller storico, avvince con stile rigoroso e porta avanti la sua denuncia dell'antisemitismo evitando la retorica e concentrandosi piuttosto sui fatti della contro-indagine. Al rigore della ricostruzione, abbina la bellezza e la cura meticolosa della messinscena nel ricreare un affresco smagliante dell’epoca.
La potenza delle immagini rappresenta l'aspetto più sorprendente dell’opera di Eggers, che ricrea l'inconfondibile stile del cinema degli albori. Straordinaria la fotografia. Ottimi gli attori.
La favola della Hollywood gloriosa e maledetta del 1969 si suddivide essenzialmente in un estesissimo prologo ed in un esplosivo climax. La prima parte è uno smagliante ed imponente affresco della Hollywood di fine anni 60, strabordante della cinefilia del suo autore. L’esplosivo e spiazzante finale è purissimo estratto tarantiniano.
I Dardenne, con uno stile asciutto e conciso, ma ficcante nel suo rigorismo, riescono a terrorizzarci mostrando l'angosciante inarrestabilità della discesa di un ragazzino nella radicalizzazione islamista. Afrontando un tema di devastante attualità senza alcun buonismo né manierismo, ed evitando pure il sociologismo spicciolo.
Un fratello ed una sorella adolescenti, due personalità opposte e due stili registici speculari, frenetico e riflessivo, per raccontarci i loro differenti punti di vista. Originale ed estrosa la regia di Trey Edward Shults.
Con Raha Khodayari, Mahan Nasiri, Reza Behboodi, Shiva Ordooie, Maryam Boubanii
Con un stile netto e rigoroso, evitando i patetismi a cui la trama offrirebbe ampi spunti, fotografa impietosamente un ritratto crudo della società iraniana, spietata nel perseguire il rispetto di regole tradizionali a discapito dei diritti e della dignità dell’individuo. Un film che colpisce al cuore e si deposita nell’anima, lasciando il magone.
Guadagnino nel suo Suspiria, invece di ricreare il cult di Argento, preferisce reinventarne i temi, da quello della danza, a quello del potere femminile, vincendo la sfida tramite uno stile visionario magistrale, che esplode in un eccessivo gran finale granguignolesco. Sul cast ricco di giovani star, torreggia l'eleganza statuaria di Tilda Swinton.
Il primo approccio del regista James Gray con la fantascienza, che ha il suo centro gravitazionale nella performance intensa e controllata di Brad Pitt, si inoltra nelle profondità del cosmo alla ricerca di un padre perduto, ma principalmente della verità su noi stessi: un umanesimo basato sulla speranza riposta nei legami umani.
Metafora dell'antica cultura cinese contrapposta alla prepotenza di un convulso sviluppo economico, la lotta senza quartiere dell'energica capocomica contro l'ineluttabile oblio a cui pare destinata la compagnia, di fronte agli imperativi inarrestabili della modernità
72 Festival de Cannes 2019 QUINZAINE DES RÉALISATEURS
iò che eleva Burning è l’atmosfera ipnotica e rarefatta di inquietudine che Lee Chang-dong riesce magistralmente ad evocare, il senso di ossessione che ti mette a disagio insinuandosi sotto la pelle senza fartene capire le ragioni. Se l’enigma resta avvolto nel non detto, il fascino inquietante ed intossicante del film appare inequivocabile.
Commedia nera e satira sociale, thriller e persino horror, è molto difficile assegnargli un genere specifico. Film dall'originalità spiazzante nel sovvertire le aspettative, vanta una messinscena ed una fotografia perfette ed una sceneggiatura che è un meccanismo ad orologeria nella prima parte, ma cala nel finale troppo estremo.
Un melodramma emotivo su un legame di sorellanza indissolubile e uno sguardo partecipato sull'ingrato ruolo della donna in una società tradizionalista e soffocante come il Brasile degli anni 50, che si solleva sopra ben al di sopra della media del genere grazie alla maestria della regia e alla cura nella ricerca estetica e formale.
Lo so che molti l'hanno distrutto, ma a me questo film ha preso e coinvolto non meno di altri di Dolan che hanno ricevuto migliore accoglienza dalla critica.
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