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Guillermo del Toro
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Guillermo del Toro

Oggi Guillermo del Toro compie 55 anni, motivo per il quale anche per lui ho deciso di proporre una playlist retrospettiva, in attesa del suo "Pinocchio" che dovrebbe arrivare in sala (netflix permettendo) nel 2021.
Forte di collaborazioni più o meno assidue (nel cast troviamo come "attori-feticci" Ron Perlman e Doug Jones, alla fotografia invece troviamo Guillermo Navarro e Dan Laustsen) e di un mantenimento praticamente costante del proprio controllo creativo sulla realizzazione delle singole opere (solo con "Mimic" la produzione ebbe la meglio su di lui, motivo che lo spinse poi a rifiutare di lavorare ancora con Miramax e Weinstein), Guillermo del Toro è sicuramente uno degli Autori più interessanti nel panorama "mainstream" moderno, tanto da risultare quasi una sorta di outsider interno ad Hollywood.
Messicano, amante di Generi come il Fantasy, l'Horror e la Fantascienza, sostenitore dell'aspect ratio 1.85:1 rispetto al più "hollywoodiano" 2.35:1 e formati più larghi, impregnato di contenuti sociali in contrasto con ogni forma di autoritarismo, caratterizzato da uno Stile visivo unico e inconfondibile, dal look delle creature spesso derivati dal Mondo degli Insetti e dai meccanismi degli Orologi alla forte presenza di colori, in particolare l'ambra ma anche il rosso, molto accesi. Le storie da lui messe in scena sovente riconducono allo schema della Fiaba con tonalità oscure e gotiche, ma alla fine il vero orrore viene dagli umani "normali", soprattutto in posizioni di potere o che ambiscono ad accumulare ricchezza: il culto per l'autorità e il dominio porta questi i villain deltoriani a minacciare e colpire con violenza chi ostacola il proprio ordine, senza guardare in faccia all'età di chi si ribella. Spesso, però, la violenza che elargiscono gli si ritorce contro, portandoli a deturpazioni fisiche che portano a galla il carattere brutale dei personaggi, ma la vera causa della loro rovina nasce dall'incapacità di notare il vero valore delle proprie avversarie, le quali infatti sono spesso donne e/o preadolescenti, considerate "inferiori" a causa di una mentalità reazionaria, più o meno dichiaratamente fascista. Non mancano Anti-Eroi come Blade o Hellboy, a cui si oppongono Anti-Villain come Nomak o Nuada (entrambi interpretati da Luke Goss): il confronto tra questi personaggi mette in crisi quella concezione manichea dei valori su cui si sorregge buona parte delle produzioni mainstream, in particolare quelle legate all'action e ai supereroi.
Chiudo l'introduzione per lasciare spazio alle riflessioni personali, alcune rielaborate da recensioni mie precedentemente pubblicate qua dentro o altrove, sui vari Film di questo Autore la cui Poetica ha contribuito ad influenzare buona parte delle mie idee sull'Arte cinematografica.

Playlist film

CRONOS
Esordio di del Toro alla Regia di un Lungometraggio.
I caratteri principali della sua Poetica già si sentono, a partire dal Fascino per i due Mondi della Meccanica e degli Insetti, opposti (uno emblema della ingegnosità artificiale, l'altro lato nascosto della Natura) eppure vicini (entrambi hanno un potenziale oscuro e pericoloso), la concezione dell'Horror come di una Fiaba e viceversa, perfino la sottile vena Anarcoide di Sfiducia verso il potere, in questo caso economico. Ma sono soprattutto i design visivi del 'Cronos' (Marchingegno che nasconde un Insetto, Fusione dei due Mondi amati dall'Autore messicano) e del Vampiro la cui pelle 'umana' nasconde una pelle bianchissima, efebica, quasi cartapecora (assai simile al concept dei due 'Anti-villain' interpretati da Luke Goss in "Blade II" e "Hellboy: The Golden Army").
Il Cineasta qui reinterpreta l'Immagine del Vampiro come di un'invenzione squisitamente 'analogica', meccanica che permette, grazie al Potere rigenerante di un Insetto, di prolungare la propria vita, necessitando però di Sangue per mantenersi in forze. Il Protagonista, interpretato da Federico Luppi (futuro dottore in "El Espinazo del Diablo") entra per caso in contatto con questa 'invenzione' e questa 'cura' alla Morte, nonostante gli effetti benefici, porterà ad una 'maledizione', rendendolo dipendente dall'iniezione del 'veleno' del Cronos e dal bisogno di rifornirsi di Sangue che lo porterà ad abbassarsi a leccare il pavimento per rifornirsi del prezioso liquido. Come uno squalo, la Vista del Sangue lo attira ma, nel Finale, alla pronuncia della parola 'Nonno' da parte della nipotina orfana (unica parola da lei detta in tutto il Film) deciderà di distruggere finalmente il congegno malefico (anche per l'insetto, che sembra patire pene atroci imprigionato nell'oggetto) e poter finalmente riposare in pace, sdraiato sul proprio letto circondato dall'Amore della nipote e della moglie, consegnando il proprio corpo alla Luce accecante e bruciante del Giorno (che chiude l'Opera con il suo Bagliore Bianco).
Il Film è acerbo come quasi tutti gli Esordi, ma è un'Acerbità lontana dall'atmosfera di esercizio tecnico, costituendosi fin da subito come autentica opera d'Arte cinematografica, promessa (allora) di un Talento da tenere d'occhio. La messa in scena è povera ma fantasiosa e assai curata, le inquadrature sono classiche ed efficaci, il Cast è ottimo e diretto divinamente, in particolare il Protagonista interpretato da Luppi, per il quale si simpatizza facilmente, e già troviamo uno degli attori feticci del Cineasta: Ron Perlman.
"Cronos" non è il Capolavoro delToriano (anche se forse alcuni amanti dell'Horror "bis" potrebbero sostenere ciò) ma conferma il Talento e l'Autorialità del Regista messicano sin dalle Origini.

Rilevanza: 1. Per te? No

MIMIC
Il buon apprezzamento ottenuto con "Cronos" spalanca le porte di Hollywood al grande (e grosso) Cineasta messicano, il quale viene quindi assunto dalla Dimension per la quale scrivere (insieme a Matthew Robbins) e dirigere la trasposizione di "Mimic", racconto (molto) breve degli anni '40 di Donald A. Wollheim in cui si narra di un insetto che imita un essere umano. Come è noto, la lavorazione del film fu particolarmente difficile, soprattutto a causa di forti ingerenze di Bob Weinstein, il quale cercò pure di licenziare il regista: l'intervento di Mira Sorvino (interprete della protagonista Susan) impedì questa svolta, però il produttore riservò a sé il controllo del final cut.
La «horrible, horrible, horrible experience» (come la definì l'Autore) su questo set impedisce alla pellicola di raggiungere appieno le sue potenzialità, persino nel Director's Cut distribuito nel 2011, con tanto di perdita del finale originario (più cupo rispetto a quello presente in entrambe le versioni), e in sostanza "Mimic" è, all'interno della filmografia di del Toro, il suo lavoro meno riuscito.
Ciò nonostante la Mano del Regista si sente, dal fascino per gli insetti e il loro mondo all'attenzione per i bambini, vittime del mondo adulto e a rischio di morti particolarmente violente. I personaggi non sono buoni o cattivi, ma esseri umani che cercano di fare la cosa giusta, sbagliando anche clamorosamente. A guardar bene, nemmeno gli insettoni mutanti sono visti come delle creature malvagie, ma semplicemente come degli esseri viventi spinti dall'istinto di sopravvivenza.
Gli ambienti claustrofobici delle fognature, uniti all'atavica "alienità" degli insetti, riescono a inquietare squisitamente lo spettatore. Il Tema dell'Imitazione, anticipato dal bambino imitatore di suoni, come nel racconto lancia spunti interessanti sui comportamenti sociali, mentre il problema etico della scienza genetica è trattato con una discreta complessità. Da non sottovalutare il Concetto della Maternità, sottolineato nel Director's Cut dal ritrovamento da parte di Peter (Jeremy Northam) del test di gravidanza con risultato positivo, come non bisogna sottovalutare l'importanza che, ancora una volta, le Donne hanno all'interno del Discorso deltoriano. Una fotografia in linea con i Gusti cromatici dell'Autore, un Cast valido, delle buone Musiche composte da Marco Beltrami e intriganti Echi ad "Alien", al Cinema di Cronenberg e a quello di Carpenter (in particolare, per Tematiche, "The Thing") contribuiscono a rendere questa pellicola, per quanto lontana dalle migliori Opere del Cineasta, un film molto interessante e godibile.

Rilevanza: 1. Per te? No

EL ESPINAZO DEL DIABLO
Dopo la difficile lavorazione di "Mimic", del Toro ritorna, su produzione di Almodovar, ad un'opera in lingua ispanica, partendo da una bozza scritta dal Regista anche prima di "Cronos", rielaborata poi profondamente in una storia con fantasma ambientata durante la guerra civile spagnola.
L'Autore realizza un'opera particolarmente sentita e personale, in cui gli orrori della guerra e della dittatura franchista sono raccontati attraverso l'uso di elementi Fantastici e Gotici, operazione ripresa dal Regista qualche anno dopo con quell'altro gioiellino che è "El Laberinto del Fauno". La componente Horror del film sembra stemperata, ma questo è funzionale per la riuscita deella Pellicola: infatti l'intenzione di del Toro è invitare un pubblico di ragazzini e ragazzine a riflettere con profondità su un argomento così difficile e terribile come la guerra civile, senza "preparare" la solita moraletta banale e rassicurante, ma mostrando invece la violenza in modo da colpire senza turbare eccessivamente, il tutto adoperando e riscrivendo i codici della Fiaba gotica. Il Cineasta, per me, nutre una profonda fiducia nei confronti dell'Infanzia e ciò è evidenziato dalla Forza con cui "dipinge" i giovanissimi protagonisti della pellicola, capaci di lottare con forza anche maggiore dei Personaggi adulti per la Libertà, probabilmente perché questa Libertà è sentita e amata con maggiore intensità proprio dai bambini e dalle bambine, mentre gli individui adulti risultano o troppo impegnati ad arraffare oppure troppo provati dalla sofferenza e dalla stanchezza per combattere efficacemente.
Jacinto, il "villain", nella sua crudeltà, risulta particolarmente approfondito: egli viene descritto come una vittima della guerra, "incattivito" dalla sofferta solitudine. Come succederà anche a Vidal nel "Laberinto", l'umanità del personaggio viene lasciata trasparire in alcune scene precise, come quella in cui egli trova delle vecchie fotografie che lo riguardano e sembra commuoversi, salvo poi ritornare sulla sua meta materialistica e autodistruttiva. L'individuo spettatore, più che all'odio, è spinto a provare pietà per questo triste Personaggio e la vendetta finale del fantasma di Santi pare compiersi in questo tono, con un abbraccio.
Come in altri film dell'Autore messicano, anche qui elementi visionari ed elementi reali si trovano a convivere, senza però trovare ancora gigantesche ambientazioni fantasy come invece accadrà nelle Opere successive: il fantasy qui è limitato praticamente alla figura inquietante (specialmente negli occhi) ma al contempo struggente del fantasma. L'attenzione, comunque, rivolta verso l'ambiente esterno è evidenziata dall'uso da parte del regista di frequenti campi lunghi davvero suggestivi.
Una Pellicola fondamentale nell'Evoluzione della Poetica delToriana, che lancia numerosi spunti di riflessione sia per un pubblico infantile sia per uno più adulto.

Rilevanza: 2. Per te? No

BLADE II
In seguito al successo del "Blade" diretto da Norrington e basato sull'omonimo personaggio marvel, la produzione, tra cui lo sceneggiatore Goyer e l'attore protagonista Snipes, decide di realizzare un sequel e, dopo il rifiuto del regista del primo capitolo, si opta per del Toro, garantendogli la libertà creativa negatagli da Bob Weinstein in "Mimic".
L'Autore porta il franchise su un livello d'Intrattenimento ben più avanzato e Artistico, preparandosi per certi versi ai successivi "Hellboy" e, soprattutto, a "The Golden Army".
Il Regista messicano sfrutta il meglio del materiale di partenza mettendo in risalto la natura Tragica dei personaggi, a partire dal protagonista, un reietto che ha scelto di tradire la sua razza (i Vampiri) in favore di un'umanità a cui però non potrà mai appartenere. Anche l'anti-cattivo è squisitamente tragico: in molti aspetti simile al principe Nuada (intepretato sempre da Luke Goss) nel secondo "Hellboy", Nomak subisce un tradimento da parte del padre potente che per accrescere la propria forza ha sottoposto il proprio figlio ad un esperimento che lo ha mutato in un essere più pericoloso dei vampiri, il Reaper. Ciò che spinge il Personaggio a compiere i vari orrori è la vendetta verso un padre spietato e, di conseguenza, verso la società che egli rappresenta. Altro parallelo con "Hellboy II" è il legame sentimentale che intreccia il protagonista con la sorella dell'antagonista: l'amore per Nyssa instilla dei dubbi in Blade riguardo al suo odio incondizionato verso la comunità vampiresca. Anche qui, comunque, sorella e fratello sono destinati a morire una poco dopo l'altro: la scena in cui lei assiste all'alba per spirare "da vampira" è, secondo me, una delle immagini più romantiche e tragiche raggiunte nel Cinema fumettistico.
Non manca una condanna del potere e le sue logiche, incarnate nella figura completamente negativa di Damaskinos il quale, per dichiarazione di del Toro stesso, non è affatto diverso dal tipico dittatore fascista. Da non sottovalutare la caratterizzazione "tossicodipendente" dei Reaper.
Pur essendo evidente la natura commerciale del progetto, del Toro sfrutta questa opportunità per proseguire nella sua Maturazione Stilistica: il look dei Reaper richiama gli amati insetti, le architetture sono dominate da una contaminazione tra Antico e Futuristico, si respira la drammaticità delle morti, l'aspect ratio passa dal 2.35:1 all'1.85:1 caro al Cineasta, troviamo le tonalità ambra delle luci e la presenza del mitico Ron Perlman.
Sicuramente non siamo di fronte ad un Capolavoro e nemmeno ad una delle migliori Opere di del Toro, ma resta comunque un Film dove la Mano e la Poetica del Regista si fanno sentire, deliziando gli occhi e intrattenendo mirabilmente.
Direi un ottimo esempio di Cinecomic.

Rilevanza: 1. Per te? No

HELLBOY
Grazie al successo di "Blade II" a del Toro viene affidato un altro cinecomic: l'adattamento della serie, edita dalla Dark Horse, "Hellboy" di Mike Mignola.
Il progetto, a quanto pare, era da diverso tempo "puntato" dal Regista messicano, amante dei fumetti di Mignola, non a caso presente come concept artist nel sopra citato "Blade II". Del Toro, nonostante l'esistenza di un "director's cut" (che però, almeno a me, sembra più un semplice "extended cut", senza particolari cambiamenti alla sostanza della pellicola) possa far pensare male, mantiene il suo controllo creativo nell'adattamento, ma in questo primo capitolo il rispetto per la Fonte domina sulla completa espressione della propria vena autoriale, anche se le Atmosfere Dark, gli evidenti richiami al Mondo letterario creato da Lovecraft e l'attenzione per il Diverso sono caratteri che accomunano la Poetica del Fumettista (stando a quel che ho letto, tra l'altro pure diversi anni fa) e quella del Cineasta. Il risultato, quindi, è quello di una sorta di "matrimonio" stilisticamente equilibrato tra i due Autori di riferimento, motivo che contribuisce maggiormente alla piena godibilità raggiunta dal film pur penalizzandone, secondo me, la completa riuscita artistica.
Fondamentale è la caratterizzazione del Protagonista, il cui squisito mix di cazzutaggine ironico-action e tragicità mitologica (essendo un demone destinato a portare la fine del Mondo) viene rafforzato superbamente da Ron Perlman, attore feticcio di del Toro dai tempi di "Cronos", la cui interpretazione sprigiona carisma da tutti i pori. Non è da meno il resto del Cast, da Salma Blair a Doug Jones (già visto in "Mimic", ma è qui che la collaborazione col Regista si fa più intensa e, soprattutto, evidente), da John Hurt a Jeffrey Tambor.
Da non sottovalutare l'importanza di Temi come quello della Famiglia, non per forza di sangue come dimostra il rapporto tra Hellboy e Bruttenholmm, quello dell'Amore (la relazione tra Liz ed Hellboy è un'invenzione del film) e, seppure con toni fracassoni e hollywoodiani, l'opposizione contro l'autoritarismo e in particolare il nazismo: come sempre, alla fine la vera mostruosità non è dettata dall'aspetto (anche se qui di mostri ripugnanti ne troviamo parecchi) ma dalla sete di potere e dalla fede cieca in esso.
Questi contenuti, assieme all'estetica, contribuiscono ad evidenziare la Personalità dell'Autore nella Pellicola, motivo per il quale, pur trovandoci di fronte ad uno dei suoi lavori minori, nel complesso "Hellboy" merita di essere visto e rivisto attentamente per osservare l'evoluzione stilistica di del Toro.

Rilevanza: 1. Per te? No

EL LABERINTO DEL FAUNO
Del Toro ritorna su un progetto interamente suo, prendendo ispirazione da appunti e disegni vari abbozzati per anni diversi su taccuini, rielaborando in particolare l'idea di una donna che si innamora di un fauno, a sua volta ripescato da un proprio sogno lucido d'infanzia.
Come "El Espinazo del Diablo", anche "El Laberinto del Fauno" mescola una storia fantastica con la realtà storica della dittatura franchista, prendendo sempre un Personaggio in età preadolescenziale, qui femminile, come Protagonista. Del Toro prosegue il suo discorso sulla Guerra civile spagnola e la dittatura franchista all'apparenza separando il piano fiabesco da quello storico, insinuando (per certi versi furbescamente) che il primo sia di fatto un'invenzione, come sembrerebbe confermare l'epilogo. In realtà entrambi gli aspetti si intersecano rafforzandosi vicendevolmente: la fiaba funge da allegoria del ritratto storico della Spagna del '44, con gli Orrori che incombono sugli individui estranei al fascismo imperante ma anche con le speranze alimentate dagli ultimi sviluppi della seconda guerra mondiale; la crudeltà della Storia, invece, può essere vista come l'espressione materiale del Male inteso come entità, la cui origine per l'Autore si fonda sull'esaltazione cieca dell'obbedienza e dell'autorità, le quali vedono nella Libertà di pensiero, parola e azione un nemico da reprimere, concetto questo molto affine alle mie idee politicamente anarchiche. In questo senso il Mondo vissuto da Ofelia, la Protagonista, sia che venga visto come semplice invenzione della ragazzina sia che venga inquadrato come narrativamente reale, incarna le potenzialità "libertarie" della Fantasia, nutrite da Sentimenti genuini come l'Amore, l'Empatia e la capacità di saper disobbedire quando la società e l'ordine precostituito impongono azioni in contrasto col senso di Giustizia personale. Per questo il fine autentico delle prove dalla Protagonista non consiste nell'ottenimento degli oggetti richiesti attraverso determinati protocolli ma bensì nella presa di coscienza dei propri Valori. La scelta di Doug Jones per interpretare sia il Fauno, l'"aiutante magico", sia l'Hombre Pálido, l'"orco", non è casuale né dettata soltanto dalle doti mimiche dell'Attore, in quanto entrambi i personaggi, in modi opposti, stimolano la crescita di Ofelia.
L'Antagonista "vero", cioè il capitano franchista Vidal, come Jacinto nel'"Espinazo" è mostrato come frutto non di una malvagità innata ma di un percorso personale, ma non per questo le sue azioni vengono giustificate: se l'Hombre Pálido spaventa visivamente, la cattiveria umana inquieta per la certezza di giustezza con la quale è perpetrata.
Chiudendo, "El Laberinto del Fauno" è sicuramente una delle Opere più significative nella Filmografia deltoriana, e forse è il Capolavoro più compiuto del Cineasta, sia per i Contenuti sia per la Forza visiva delle Immagini proposte. In ogni caso è per me un'autentica Opera d'Arte Cinematografica.

Rilevanza: 4. Per te? No

HELLBOY II: THE GOLDEN ARMY
Ormai affermato sia sul piano commerciale sia su quello critico, del Toro viene richiamato per curare il sequel di "Hellboy", a questo punto pensata come possibile trilogia.
Dopo "El Espinazo del Diablo", l'Estetica del Regista si sposta su un piano più Dark Fantasy e Folkloristico. In linea con questa evoluzione "The Golden Army" abbandona il tono più Action-Horror e "mitologico" del predecessore, completando così l'assimilazione del Mondo e dei Personaggi narrati nella Poetica di del Toro distanziandola sensibilmente da quella di Mignola. Ciò porta ad un risultato artisticamente più personale e sentito: purtroppo però il capitolo conclusivo della trilogia non vide mai la luce, sostituito recentemente dal reboot flop.
Del Toro ha qui modo di approfondire la caratterizzazione dei vari Personaggi, concentrandosi molto sui loro Sentimenti con modalità molto affini a quelle adottate in "Blade II", soprattutto nei rapporti tra l'Anti-Eroe e l'Antagonista, il principe Nuada (sempre interpretato da Luke Goss e sempre costruito in modo anti-manicheo), e nella relazione tra Abe e la principessa Nuala. Nello specifico Hellboy, pur restando ancorato alla cazzutaggine anti-eroica del film precedente, ha modo di esplicitare i suoi Dubbi e le sue fragilità; già si sapeva della sua origine demoniaca, ma qui si afferma con forza come egli sia destinato a portare l'Apocalisse sulla Terra prima o poi. Confrontandosi con il principe Nuada e i suoi alleati "Red" si troverà a dover mettere costantemente in discussione le sue azioni e la sua stessa natura. Emblematica in questo senso la sequenza di lotta contro il Dio elementale (per certi versi una sorta di "prova" per i kaiju di "Pacific Rim"), sia perché il Protagonista vede come i propri sforzi per aiutare gli umani vengono accolti da questi ultimi con astio a causa della sua "mostruosità", sia perché egli inizia a mettere seriamente in discussione l'obbedienza agli ordini, qui in particolare l'uccisione del titano intimata dall'ectoplasmatico Krauss. Il conflitto tra Libertà di pensiero e Dovere procede in parallelo con quello tra Libero arbitrio e Destino, e coinvolge non soltanto Hellboy ma anche i due principali Co-Protagonisti della storia: Liz deve scegliere tra salvare il suo amato e salvare la Terra, sapendo in entrambi i casi di incorrere nella Sofferenza; Abe invece, qui posto in un ruolo di primo piano a differenza del prequel (dove Doug Jones veniva addirittura doppiato da un altro attore), andrà contro i suoi principi di razionalità e rispetto delle regole per aiutare la sua amata, ma la loro storia d'amore sarà pure destinata ad una fine tragica.
Chiudo intanto qui le riflessioni sul film, nonostante siano molte le osservazioni possibili da portare avanti, dai Temi dell'Amore e della Famiglia a quello della Guerra e della Distruzione, incarnati dalla Golden Army.
Un Gioiellino che meriterebbe una seria riscoperta.

Rilevanza: 2. Per te? No

PACIFIC RIM
Mentre sta cercando di mandare in porto la sua trasposizione di "At the Mountain of Madness" di Lovecraft, del Toro si imbatte in una bozza di sceneggiatura di Travis Beacham riguardante scontri tra robot e mostri giganti. Inizialmente il Regista è interessato al progetto come produttore e co-sceneggiatore, ma poi la cancellazione dell'atteso film lovecraftiano lo rende libero di approdare anche alla regia di quello che poi sarà "Pacific Rim".
Rispetto agli ultimi due suoi lavori, "El Laberinto del Fauno" ed "Hellboy II: The Golden Army", questo a parer mio è un piccolo passo indietro: si presta molta più attenzione alla spettacolarità necessaria per la riuscita (economica) di un prodotto mainstream e sembra presente una retorica improntata ad una morale più convenzionale, se non addirittura "militare".
Del Toro però mantiene ben saldo il proprio controllo creativo nella realizzazione del film, a partire dall'aspetto visivo, con l'immancabile presenza massiccia di Colori vividi e accesi. Il design dei kaiju e degli jaeger, oltre ad omaggiare appunto i kaiju e i robottoni tipici di certa fiction "pop" giapponese, rivelano un'attenzione per la caratterizzazione unica di ogni creatura e robot, tra echi vaghi a Lovecraft e alla passione del Cineasta per i meccanismi e la loro funzionalità. Anche il look dei singoli personaggi, soprattutto quelli secondari (e senza divise) rivela la cura per l'unicità e il bizzarro tipica dello Stile dell'Autore.
La Poetica di del Toro è evidente inoltre nella presenza, sotto la patina mainstream e la ricerca dell'intrattenimento spettacolare, di Tematiche interessanti e ben articolate, specialmente sulla Collaborazione, discorso insistito nel Film a partire dalla necessità di due piloti connessi mentalmente tra loro per la guida degli jaeger, ma anche gli sviluppi relazionali tra i personaggi e la messa in mostra di come i robot giganti si basino su un enorme lavoro di squadra, dai comandi all'assemblamento e riparazione delle parti meccaniche, sottolinea l'importanza della Cooperazione.
Non è da sottovalutare nemmeno la distinzione che viene operata tra l'obbedienza e il rispetto, come non bisogna mettere in secondo piano la descrizione positiva della disobbedienza quando le convinzioni dei Personaggi la richiedono. Sempre deltoriana è, poi, l'approfondimento psicologico con cui vengono tratteggiati tutti i personaggi, trattando con eguale rispetto sia i protagonisti ufficiali sia i caratteri apparentemente di contorno come il "nerd" dei kaiju.
Chiudendo, "Pacific Rim" è probabilmente un film minore all'interno della Filmografia di del Toro, ma comunque resta un'Opera d'intrattenimento decisamente ben riuscita nelle sue intenzioni e sicuramente più intelligente e personale di gran parte dei suoi "simili" (i "Transformers", per intenderci, li massacra).

Rilevanza: 2. Per te? No

CRIMSON PEAK
Partendo da una sceneggiatura scritta assieme a Matthew Robbins dopo "El Laberinto del Fauno", Del Toro ritorna ufficialmente all'Horror con un Film d'Atmosfera gotica.
L'Autore riprende il tema dei fantasmi trattato ne "El Espinazo del Diablo" sia sul piano concettuale come "ombre" impresse nel Luogo 'contaminato' da un Omicidio, sia in parte su quello iconografico con il sangue fluttuante nel vuoto (ma è l'apparizione finale del fantasma di Thomas a tradire maggiormente la "parentela" con il Film spagnolo). Non manca una sottile critica sociale al sistema produttivo ottocentesco (origine di quello attuale), soprattutto ponendo il denaro come elemento scatenante l'orrore e l'assassinio e aggiungendo la censura degli affetti come fonte di deviazioni morbose. Non manca una caratterizzazione forte del Mondo Femminile: lo scontro
tra Edith e Lucille è intenso per tutta la narrazione e i due Personaggi dimostrano uno spessore caratteriale e intellettuale superiore rispetto a tutti gli altri Personaggi (principali) maschili.
Del Toro resta fedele a sé stesso, dall'Attenzione per i Colori, in particolare al Rosso del Sangue e dell'Argilla, spesso accostato col Bianco, ma non manca quell'effetto dorato, evidente nei capelli della Protagonista, pure ricorrente nello Stile del Regista. Inoltre abbiamo modo di vedere il Fascino che l'Autore da sempre nutre per l'Universo degli Insetti, con riprese di un MicroCosmo cannibalistico affine al "Blue Velvet" Lynchano, e troviamo infine la visione delToriana dell'Horror come Fiaba gotica, romantica e tragica, qui pienamente "adulta", tanto da sperimentare scene esplicitamente erotiche (già accennate in "Espinazo" ma qui, credo, in modo più marcato).
Il Film poi vanta ottimi effetti (digitali e non), le scenografie, le musiche e la fotografia supportano con grande abilità la Visione del Regista e il Cast è piuttosto buono e in parte, col Trio di Protagoniste e Protagonista scelto in modo particolarmente azzeccato: Wasikowska interpreta Edith senza eccedere in inutili virtuosismi espressivi ma catturando la graziosità fisica e comportamentale del Personaggio rendendo credibile la sua Forza Caratteriale; Chastain rende palpabile l'Ambiguità Etica e i Profondi Turbamenti Emotivi di Lucille; Hiddleston, infine, costruisce un altro "cattivo", molto più sensibile e passivo rispetto al Loki marvellistico per il quale è probabilmente più conosciuto. Il resto degli interpreti caratterizza con grande efficacia i singoli Personaggi, e Doug Jones con le sue movenze dà ai vari fantasmi una consistenza inquietante e al contempo sofferente.
Seppure non particolarmente rivoluzionario, "Crimson Peak" è l'ennesima Opera squisitamente artistica e persona firmata del Toro, il quale continua ad omaggiare il Cinema altrui (specialmente Titoli come "The Innocents" e "The Haunting" e i Lavori gotici di Mario Bava) oltre che il suo stesso Cinema proseguendo imperterrito nella propria Evoluzione stilistica.

Rilevanza: 2. Per te? No

THE SHAPE OF WATER
Con le sue 4 statuette oscar, tra cui quelle ambitissime per "Best Director" e "Best Picture", anticipate dal trionfo a Venezia col Leone d'Oro, "The Shape of Water" ha sancito anche ad Hollywood l'importanza di del Toro nel panorama cinematografico del nuovo millennio. Al di là dei premi vinti, che a me (specialmente per quanto riguarda gli oscar) interessano molto poco e che per certi versi hanno fornito scuse per montare asti mal giustificati nei confronti della pellicola, con il suo ultimo Lavoro il Cineasta messicano conferma ulteriormente la sua capacità di raccontare Fiabe di Genere pregne di considerazioni sociali sulla Storia e sull'attualità.
Il Film, in particolare, critica l'ambiente politico e culturale durante la Guerra Fredda, focalizzando la sua polemica sugli ambienti militari e in particolare quelli legati ai servizi segreti. Strickland, l'antagonista, è erede spirituale del capitano Vidal di "El Laberinto", perché l'autorità militare della democrazia capitalista statunitense è identica all'autorità militare della dittatura franchista spagnola e in generale ad ogni forma di autorità. Il colonnello è ignorante compiaciuto, nemico del Diverso, ossessionato dal controllo e fanatico della violenza solo quando è lui, l'autorità ad esercitarla per opprimere e reprimere chi si ribella al suo ordine.
Come sempre, del Toro non si limita a proporre una banale, buonista e retorica apologia della diversità, che spesso invece di elogiare il Diverso lo ingloba nella normalità, ma inserisce la Lode umana per l'Imperfezione dell'Unicità all'interno di una doverosa contestazione all'oppressione tipica di ogni autorità.
Del Toro continua anche a mettere in scena esplicitamente il Sesso, mostrando pure l'Auto-Erotismo (argomento ancora imbarazzante per la società perbenista), ma senza scadere mai in un esibizionismo volgare e pornografico: l'Erotismo è mostrato con dolcezza e diventa Poesia quando coinvolge degli Individui liberi, mentre il sesso del potere è privo di sentimenti e finalizzato all'affermazione di un dominio. Si parla anche di omofobia e razzismo, purtroppo ancora oggi radicate.
Volendo cercare dei difetti penso sia possibile trovarli, soprattutto a livello narrativo, però ci troviamo di fronte ad una Fiaba e certi espedienti narrativi, come anche una distinzione solida tra "buoni" e "cattivi", sono topoi fondamentali per la costruzione della storia e l'affermazione del discorso etico in essa contenuta.
Il Cinema è fondamentale: le inquadrature nella Sala, quasi sempre vuota o semivuota (nel periodo in cui la televisione iniziava a muovere i suoi primi passi, se non ricordo male), potrebbero riflettere l'attuale situazione cinematografica. Le Immagini decadenti della Sala come Luogo riescono a creare una sensazione sublime, come di un Moribondo che però trasforma la sua Sfortuna in Poesia.
Non so se si può ritenere un Capolavoro, ma certamente è un'Opera d'Arte che merita di essere vista e rivista.

Rilevanza: 2. Per te? No
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