Allora, innanzitutto chiariamo subito che, vista e considerata la natura prettamente caustica di tante mie "discettazioni" ed in particolare di questa, chiunque non si consideri aduso alla pratica della satira o dell'auto-ironia e quant'altro e che pertanto nel vedere il proprio regista preferito qui sotto elencato potrebbe esser colto da improvviso malore causato da crisi respiratoria dovuta all'ostruzione delle cavità nasali provocata da un livello di stress, furia e rancore d'un tratto schizzato a livelli ben oltre il livello di guardia è invitato gentilmente già da ora a desistere e non proseguire oltre nella lettura.
Bene, detto questo, m'accingo dunque ad indicare l'oggetto di questa playlist/post, nonostante ritengo possa dirsi abbastanza evidente già dal titolo ritengo, sempre io, abbastanza eloquente:
Ebbene, intendo qui stilare un elenco, in nessun particolare ordine di "importanza", di registi a mio modestissimo (ma proprio modestissimo) avviso alquanto, per non dire tanto, sopravvalutati.
Alcuni dei criteri, puramente soggettivi e dunque puramente opinabili, adottati nella selezione e "censimento" degli autori vado dunque ad elencare:
1. Eccessiva auto-indulgenza, manifesta e completa totale assoluta incapacità di dire qualcosa di anche solo marginalmente innovativo o intelligente e/o, per di più, stupefacente capacità di rendere tedioso anche il più breve dei lungometraggi;
2. Ridondanza continua, riproposizione perenne dei medesimi (e spesso vetusti) topoi o, in alternativa, pseudo-originalità continuamente ostentata, plagio continuo pervicacemente negato, ripetuta riproposizione di banalità, assurdità, "sfoggi di bravura" fini a se stessi, ecc. ecc.;
3. Utilizzo eccessivo di effetti, effettini, effettacci, giochini, "citazioni" e di altri mille trucchetti al fine di celare maldestramente la paurosa vacuità di fondo delle proprie opere, oppure (o in aggiunta) persistente tendenza a scivolare nella totale inesplicabilità e indecifrabilità al fine, guarda un po', sempre di mascherare la totale assenza di senso;
4. Presenza d'una sicura sapienza tecnica al quale viene associata però una spaventosa aridità di sentimento; oppure mediocre capacità tecnica, incapacità di dirigere gli attori ecc.; in alternativa: media o buona competenza tecnica unita, però, ad una grande arroganza estetica; ancora: grande abilità tecnica e, talvolta, persino grande capacità di coinvolgere ma con facili trucchetti unite, paradossalmente, ad una totale dimenticabilità dell'opera diretta, che viene cancellata dalle memoria dello spettatore dieci minuti dopo essere uscito dalla sala; oppure ancora grande maniersimo, grande sfoggio di bravura che si risolve in un vacuo esercizio di stile che rischia di risultare molto indigesto.
5. Eccessiva e perenne acclamazione critica, diretto riflesso, purtroppo e spesso, d'una totale mancanza di qualsivoglia motivo d'interesse (sottolineo che questo critero, variabile, non è stato adottato proprio per tutti i registi citati, in quanto alcuni di essi sono stati, e giustamente, demoliti anche dalla critica "colta". Quindi, quando parlo di "registi sopravvalutati" intendo magari sopravvalutati, talvolta, dagli spettatori, e non dai critici. Ma anche, è vero, magari sopravvalutati dai critici e non dagli spettatori...).
Non intendo dire, comunque, d'aver utilizzato solo questi criteri, anzi è probabile che ci sia qualche altro parametro che mi sfugge in questo momento (ad esempio, non so, "commercialismo" mascherato o "deragliamento" dopo qualche promettente inizio, ecc.), ma intendevo giusto dare un'idea generale, ecco (si fa per dire...)
Comunque sia, aggiungo solo che ho deciso d'inserire per ogni regista anche una ECCEZIONE DI RILIEVO (che fa, più o meno, ben sperare per il futuro).
Ok, quindi, facciamola finita con questa prolissa introduzione e vediamo di giungere al dunque, al succo e alla sostanza:
I REGISTI SOPRAVVALUTATI
Nolan
Kechiche
Noé
Hosoda
Shinkai
Scott (Ridley)
Inarritu
Shyamalan
Aggiunte post-post:
Malick
su suggerimento: Sorrentino
Questi quelli che mi vengono in mente, per ora. Siete, comunque, liberissimi di aggiungere a vostro piacimento. Anzi, ben venga. Vi "esorto" a farlo. Intanto, per adesso, so long... and thanks for all the fish!
Il regista più sopravvalutato degli ultimi vent'anni? Probabile.
A dimostrarlo stanno fallimenti clamorosi (chiaramente, non in termini d'incassi) come Il cavaliere oscuro - Il ritorno, Inception, Interstellar, e l'ultimo Dunkirk.
Nolan ha poco da dire, ma troppi mezzi per farlo. Tanti si sono illusi, visto il livello medio alquanto miserabile della Hollywood dei grandi budget odierna, d'aver trovato un nuovo genio su cui contare: peccato che a parte un paio di film abbia diretto solo film sopravvalutatissimi e che dicono ben poco o, se lo dicono, lo fanno scopiazzando di qua e di là (vedi "The Paprika (2006) - Inception connection"). Oppure, risultano estremamente auto-indulgenti (caso eclatante: Dunkirk); o deragliano col passare dei minuti (sia Inception che Interstellar).
ECCEZIONE(I) DI RILIEVO: ovviamente, Il cavaliere oscuro (facciamo anche The Prestige, va!)
Ecco un "grande" regista tenuto, si capisce, in "grandissima" considerazione da buona parte della critica di benpensanti sporcaccioni mancati (o inconfessati) e pseudo-intellettualoni in cerca di "grandi significanze".
Esaltato da tale frastuono critico di puro giubilo, il regista s'è lasciato andare e, dal più che buono livello d'un Cous Cous (nessun gioco di parole inteso o cercato...), è infine precipitato dalle parti della trilogia-non-ancora-completata di Mektoub: My Love, passando per quell'abominio di La vita di Adele buono neppure per masturbarsi (ssshhh, non s'è po dì!).
Ecco che forse c'addentriamo in territori più di "nicchia", in ogni caso dico a chiunque non lo sappia che Hosoda è nulla più e nulla meno che uno dei registi d'anime giapponesi tenuti in maggior considerazione al momento.
Peccato che i suoi siano soltanto piccoli filmetti d'intrattenimento (alcuni anche piacevoli, per carità) scambiati da certa critica occidentale ottenebrata per qualcosa di più di quello che per l'appunto sono.
I suoi anime sono divertenti, coloratissimi e ben animati, ma scontati e superficiali, quando non anche prolissi e melensi (Wolf Children), ed inoltre (dettaglio più "tecnico") presentano spesso un character design molto rozzo e poco convincente che stona alquanto con la consueta cura nel dettaglio degli sfondi.
Urca! Allora: se Hosoda è tenuto in "gran" considerazione, Shinkai è semplicemente osannato oltre ogni limite e oltre ogni soglia di guardia.
Quando si limita a dirigere sempre il solito filmetto ancora e ancora, imbottito di melensaggini e pseudo-drammi tardo-adolescenziali. Bellissime le animazioni ma... che noia!
Ok, ok, qui a toccare un "mostro sacro" rischio la dannazione eterna. Pazienza.
Ridley Scott sarà anche un bravissimo mestierante, siamo tutti d'accordo, ma che per questo lo si debba considerare anche un bravissimo autore, un autore da ricordare, uno dei massimi geni della cinematografia beh... permettetemi di dissentire.
Ha diretto tanta e tale spazzatura che... cosa posso dire? Sì, è vero, suo fratello ne ha diretta molta di più, ma questa non la si può definire un poi grande consolazione, o no?
ECCEZIONE(I) DI RILIEVO: beh, ovvio: Alien e Blade Runner; e Thelma & Louise
Altro "mostro sacro" forse, nevvero? Ebbene, nonostante ciò altro regista molto sopravvalutato, piuttosto bravo dal punto di vista tecnico ma estremamente tedioso da qualsiasi altro.
Passiamo dal buon Amores Perros all'indigeribile Babel fino agli ultra-osannati Birdman (vacuo sfoggio di bravura) e Revenant (iper-prolissa e anche qui auto-masturbatoria sfiancate "opera d'autore").
Per fortuna che per un po' pare essersi fermato.
ECCEZIONE DI RILIEVO: Amores Perros, ne sono ragionevolmente certo
Beh, Shyamalan, Shyamalan. Ovviamente, in questo caso non stiamo parlando d'un regista iper-esaltato dalla critica (tranne in rare eccezioni) ma, curiosamente, di un regista che viene, di tanto in tanto, ri-esaltato da certo pubblico alla ricerca del cult ad ogni costo.
Ma la "sindrome shyamalitica" è veramente gravissima: l'ossessione per il colpo di scena finale genera una totale mancanza, invece, d'ossessione per la cura nella sceneggiatura e nella trama, cosicché si vanno a creare o macroscopici buchi narrativi o altrettanto macroscopiche inverosimiglianze o, molto più semplicemente, film molto molto mediocri che a volte neppure stupiscono nella svolta conclusiva. Dunque, cosa rimane? Ecco, appunto: niente.
ECCEZIONE DI RILIEVO: oserei dire The Village ma non vorrei esagerare
Che dire, su questo regista considerato, si può dirlo, un rifulgente genio della settima arte?
Beh, che dopo i primi due film, dopo i vent'anni di pausa ha preso a dirigere film sempre più pretenziosi, sempre più difficili da mandar giù, sempre più dilatati, anche sempre più insulsi (checché ne dicano i criticoni).
Mi lancio di gran carriera verso la lapidazione cinefila e dirò che La sottile linea rossa non mi ha mai impressionato, e che di certo non lo metterei tra i migliori film di guerra, ma che The New World, The Tree of Life e To The Wonder (dopo mi sono fermato, causa sfinimento) mi hanno semplicemente infastidito, urticato a tal punto che terminare la visione si è configurato come un esercizio in resistenza fisica.
ECCEZIONE(I) DI RILIEVO: quelle che ho detto, La rabbia giovane e I giorni del cielo
Ora, su Sorrentino mi sembra di sentire pareri discordanti, ma ciononostante rimane un regista altamente esaltato da buona parte della critica italica.
Inutile dire che io inveci parteggi per i "perpessi". I suoi film, per l'appunto, mi lasciano sempre molto, molto perplesso. Forse perché sono spesso molto, molto auto-indulgenti; molto, molto sconclusionati (com'è che La grande bellezza ha finito per essere paragonata alla Dolce Vita, ripetete un po'?); molto, molto da punto interrogativo gigante (This Must Be The Place); o semplicemente molto, molto tediosi e, in ultima analisi, con non moltissimo da dire.
ECCEZIONE DI RILIEVO: forse, e dico forse, Il Divo.
Un colpo al cerchio e uno alla botte – è la filosofia che sostiene il cinema di Michael Winterbottom, dove il cerchio è la semina annuale di opere senza qualità che vellicano i molli precordi di un pubblico desideroso di buoni sentimenti letterari (Thomas Hardy e Laurence Sterne), offerti dal regista inglese con deturpata fisionomia degli inarrivabili ispiratori; la botte riguarda l’alternarsi biennale di un cinema apparentemente impegnato sui fronti caldi del globo (da Sarajevo a Guantanamo al Pakistan, ecc) che è riuscito a commuovere anche il cinico Mereghetti
Eccezione: "24 Hour Party People (2002)"
Regista di lungo corso, specializzato in corsa agli ostacoli, Joel Schumacher di New York City, noto per il fiato corto, supera gli ostacoli passandoci sotto: atleta del cinema, non si è mai riposato, infatti, dal 1981 a oggi ha diretto in quarant'anni una quarantina di film, complice l’horror vacui che lo affliggerebbe se mancasse un film l’anno. Il problema non è di poco conto perché la frequenza con cui dirige film è inversamente proporzionale alla qualità dei ‘prodotti’che sforna.
Modeste eccezioni: In linea con l'assassino e Un giorno di ordinaria follia.
Ang Lee non ha mai azzeccato un film in tutta la sua insipida carriera, a cominciare dai banchetti per continuare con mangiare e bere uomo e donna, passando tra cavalcate con il diavolo e tempeste perfette, transitando nei pascoli montani dove pure i cavalli sono gay, non senza averci deliziato con Hulk, insomma un regista di tutto dispetto, un regista che divide la critica tra chi lo ama e chi lo adora, con grande spreco di paralleli incongrui: tirano in ballo Duvivier-Carnetdebal, Malle-Lacombe, Bertolucci-Tango, Visconti-Senso, Melville-Armatedellanotte, - e sin verguenza proliferano scritture abiette, e allora capisco che in Italia tutto declina in monnezza, quella che riempie gli schermi televisivi da napuleedintorni, e capisci che pure le cape degli omeni di pensiero qui sono andare in rumenta.
Eccezione: nessuna. "Hero" e "La tigre e il dragone" trovano in Tsui Hark una insormontabile soglia di sbarramento.
Un regista pronto a soddisfare le teste vuote planetarie con disprezzo di qualsiasi originalità.
Eccezione stentata: Ore 10: calma piatta: 'un ricordino per Charles Williams e Orson Welles'
Pipponi infiniti e inconcludenti conditi da sentimentalismi (since 1997). Salverei forse quei due film sci-fi che ha fatto negli anni '80, giusto per grazia concessa.
Sì alquanto sopravvalutato, questo non esclude che lo siano anche alcuni di quelli da te citati, tra i quali infatti ne ho messi due io stesso (Inarritu e Shinkai)
Ma Miyazaki sopravvalutato? Mi dispiace, ma proprio no. Voglio dire, mi difendi Nolan e mi demolisci Miyazaki?!
Sulla seconda: bah, se ne può discutere ma negare quasi ogni qualità a Miyazaki (che per me ha diretto almeno 4 capolavori) per elevare solo Takahata e Oshii non so... pur nella differenza di poetiche secondo la mia modesta opinione sono tutti e tre parimenti ad un ottimo livello.
Concordo su Nolan e Sorrentino, anche se secondo me loro sono in grado di fare film veramente belli, ma per qualche motivo si perdono molto spesso in una bolla d’acqua.
Io aggiungo Paolo Virzì, probabilmente il regista italiano più sopravvalutato degli ultimi 20 anni.
Ma infatti io non escludo che non siano stati in grado anche di creare uno o due bei film, solo che per l'appunto spesso si perdono per strada e così talvolta quella che poteva rivelarsi un'opera interessante diventa solo discreta quando non mediocre.
Senza contare che Nolan, per dire, spesso scopiazza (anche ad esempio da suo fratello...)
Ridley va molto di moda in queste playlist sui registi sopravvalutati, sconta troppo il fatto di avere sparato le cartucce migliori (e che cartucce!) coi primi tre film per poi diventare discontinuo ma notevole. E essere autore non significa solo fare pippotti autoriali da far vedere ai festival, l'autorialità di Scott sta tutta (o quasi) nel suo stile visivo e registico ben riconoscibile, nella sua poliedricità e in alcuni fili conduttori dei suoi film (scontro tra due personalità contrapposte, contrapposizione tra padre e figlio, personaggi femminili carismatici e una certa inquietudine esistenziale).
Bah, non lo so.
Visto che si limita sempre e solo a dirigere e non scrive le sceneggiature trovo difficile dal solo stile registico, come dici, rintracciare chissà quali poetiche ricorrenti, anche perché il cinema è sforzo collettivo e le interpretazioni che lo riducono (anche per i più grandi registi, sia chiaro) all'operato di uno solo mi lasciano sempre un po' perplesso.
Poi: uhmmm... scontro/contrapposizione padre-figlio, personalità contrapposte, personaggi femminili ed inquietudine esistenziale mi paiono elementi alquanto "generici".
Man mano a me dà sempre più l'idea di un regista totalmente inserito nelle dinamiche di Hollywood e nella sua retorica (vedi Soldato Jane, Black Hawk Down, Le crociate ecc. ecc.) con sempre meno da dire, e più che altro pronto a dirigere ciofeche indegne che propagano un'unica visione del mondo (e del cinema)...
Ma sono ormai più di trent'anni (dai tempi dei da te citati "primi tre film") che convince poco.
Va da sé che questa è la mia opinione, eh :)
Appunto, un'opinione molto radical chic. Black Hawk Down è puro cinema, ci vedo poco di retorico e definirlo una ciofeca non sta nè in cielo nè in terra, idem Le Crociate che nella sua versione Director's Cut è un grandissimo film. Soldato Jane è il suo film peggiore e lo ha girato nel momento peggiore della sua carriera, la seconda metà dei '90, ma da dire che è una ciofeca a strumentalizzarlo per dire "ecco, vedete che cagate gira!" ce ne passa. Per quanto riguarda le tematiche definite da te "generiche", non lo sono affatto. Sono una costante in quasi tutti i suoi film, il fatto che non scriva di persona le sceneggiature non prova niente: Scott ha tante idee, è eccellente nel visualizzarle ma ha poco focus e non è bravo nella scrittura, perciò si appoggia a degli sceneggiatori. Non vedo come questa possa essere una nota di discrimine, ognuno fa il proprio mestiere in un'opera "corale" come da te sottolineato, ma alla fine quello che passa al vaglio tutto è lui, e questo vale per qualunque regista. Va detto che non è il classico regista "autoriale" da festival, pur avendo una visione fa film mainstream che tendono al grande pubblico e non solo a una platea di cinefili, inoltre è innegabile che indossi più volentieri i panni di regista di genere che di regista impegnato. Sul fatto che sia inserito nei meccanismi hollywoodiani non ci piove, ma questo è un compromesso necessario se si vogliono mameggiare budget consistenti e maestranze di un certo livello
Poi questa convinzione che un regista per essere considerato "autore" debba in pratica girare sempre lo stesso film e dire sempre le stesse due minchiatine messe in croce la trovo molto curiosa. Kubrick ha cambiato genere e tematiche quasi ad ogni film, non ci trovo molto in comune tra 2001, Full Metal Jacket e Eyes Wide Shut se non appunto lo stile e la visione del mondo abbastanza cinica e fredda del regista, quindi come la mettiamo?
Allora, andiamo per gradi…
Innanzitutto, mi dispiace ma Black Hawk Down non è puro cinema, è anzi pura retorica e non trovarne tracce lo trovo molto, molto difficile (si può operare una sintesi dicendo che si tratta della solita rappresentazione manichea per la quale i soldati americani vengono attaccati [non si sa perché, dato che sono sempre puri e innocenti] da orde di nemici brutti, sporchi, cattivi, “scuri” ed incazzatissimi [sempre non si sa perché, visto che quegli altri gli hanno invasi solo per portare pace e democrazia…] e si sacrificano, tali americani, eroicamente per il bene dell’umanità). Le crociate l’ho visto nell’edizione “canonica” e mi ha dato l’idea d’un polpettone, non mi ha particolarmente appassionato e non scommetterei neppure sulla sua accuratezza storica, ma non avendo visto il “director’s cut” di cui parli non aggiungo altro. Soldato Jane è indubbiamente il suo peggior film, tuttavia molti altri lo tampinano da vicino in questa triste classifica. Perché è un esempio delle “cagate che gira” esattamente come, in ordine sparso: Prometheus, Exodus: Dei e Re, Un’ottima annata, Robin Hood, Legend, il già citato BHD (per carità cagatine anche divertenti, ma pur sempre cagatine…). Nel produrne è stato sicuramente superato dal fratello Tony, ma ciononostante…
Che abbia tante idee e che si appoggi ad altri per farsele stendere sotto forma di sceneggiature non so da cosa tu lo riesca a derivare visto che si limita, come detto, sempre e comunque a dirigere sceneggiature altrui. Dà più l’impressione di essere un regista a contratto, un buon mestierante che si eleva giusto quandunque gli capitino a tiro trame e sceneggiature degne di questi nomi (come ovviamente quelle di Alien, Blade Runner, Thelma & Louise…). Visto che opera all’interno delle dinamiche di Hollywood, e di quella dai grandi budget per giunta, c’è da avere molti dubbi anche sul fatto che l’ultima parola su quello che vediamo sullo schermo sia effettivamente la sua (tu stesso ha citato un caso di director’s cut, ma ci vogliamo forse dimenticare delle varie revisioni di Blade Runner?).
Infine, per concludere: no. No, un regista non si riconosce solo quando dirige sempre lo stesso film o intendere “trasmettere” sempre i soliti due-tre messaggetti striminziti.
Nel caso specifico: primo, Kubrick li scriveva anche (e talvolta produceva). Secondo, tra Full Metal Jacket e Barry Lyndon (o, volendo, tra Lolita e Dottor Stranamore; o tra Shining e Orizzonti di gloria) non c’è moltissimo di simile, come giustamente dici; ma, aggiungo io, non c’è moltissimo in comune neanche a livello stilistico. Tuttavia ne emerge probabilmente, da tali film, una volta considerati nel loro insieme, una visione del mondo, sono d’accordo.
Ma infatti, per ritornare al discorso originale, quando mai ho detto che un regista si riconosce solo quando fa sempre le stesse cose? Il mio era un argomento molto più generico ruotante intorno alla difficoltà, specialmente nel contesto del mondo dei blockbuster ma non solo, ad identificare una cifra autoriale nel cinema. Ciò ovviamente non toglie che una cifra per certi grandi registi sia sicuramente rinvenibile.
Peccato che, a mio modesto avviso, Scott non faccia parte di questi ultimi. E non si tratta di una banale contrapposizione “radical chic” tra film d’essai, impegnati, ostici, profondi e concettuali, e i poveri e vilipesi film d’intrattenimento, di genere, meno ostici, meno impegnati e “leggeri” (perché va da sé che anche all’interno di questi ultimi esistano autori capaci di trasmettere precisi messaggi e di costruire precise poetiche personali). Ma, ritorno a dire, per me Scott non è fra questi; i cosiddetti “temi comuni” da te citati a me paiono troppo generici e il cosiddetto stile dello stesso, a parte qualche eccezione, piuttosto “anemico”: e difatti tra Prometheus e Jurassic Park (o Star Wars: Il risveglio della forza) non ci vedo chissà quali radicali differenze stilistiche, ed anzi un generale appiattimento sullo standard stilistico-registico-contenutistico richiesto ai blockbuster hollywoodiani…
Black Hawk Down è il resoconto assolutamente fedele di un'operazione dei marines andata, in termini tecnici, "a puttane". È chiaro che il punto di vista assunto sia quello dei soldati americani, ma non mi sembra di ricordare prese di posizione nette a favore del loro intervento, ANZI, più volte nemmeno i protagonisti riescono a dare un perchè alla guerra che combattono. Il film è quasi documentaristico e ritrae spietatamente e spettacolarmente la brutalità e l'inutilità della guerra, tecnicamente penso sia il più bel film di guerra del nuovo millennio e la svolta iperrealista che ha impresso è stata seguita da tutti i film sulal guerra successivi, quindi "cagatina" mi sembra proprio un giudizio approssimativo, se non dettato da antipatie personali per il regista in questione. Exodus, Un'ottima annata e soprattutto Robin Ciccio Hood ok, sono cagatine innocue, ma Prometheus e Legend no, no e ancora NO. NO. Quanto alle sceneggiature, è evidente che tu non hai mai sentito le interviste di Ridley e di chi ha lavorato con lui, non hai visto il documentario su Blade Runner e non conosci le traversie produttive e la lavorazione di film come Legend. E con questo rimango rispettosamente sulle mie posizioni, dandoti atto di avere almeno argomentato in maniera chiara.
Sì, le traversie produttive dietro a Legend mi sfuggivano e sì non ho mai visto il documentario su Blade Runner, ma credo che un paio di eccezioni non modifichino chissà che.
Va bene, Legend è un "soggetto suo"; va bene, a seguito del suo coinvolgimento, a Blade Runner sono state apportate delle modifiche, ma che questo basti a far capire che trattasi di autore pieno di idee non credo, e comunque visto le schifezze che ha diretto in seguito che, per esempio, tante idee pure visive di BR siano da ascrivere a lui beh... quantomeno rimango perplesso pure su questo punto.
Così come per quanto riguarda BHD, perché per poterla individuare non è che la retorica abbia da esser sbandierata ad ogni pie' sospinto (la retorica può essere anche stilistica: ad esempio, un frastuono continuo a cui corrisponde una quasi insormontabile forza che si abbatte su dei "poveri ed indifesi" soldatini a stelle e strisce...). Non nutro alcun odio pregiudiziale nei confronti di Scott (ti dirò non lo nutro perfino nei riguardi di Michael Bay, quindi...) ma BHD mi è rimasto sullo stomaco perché è solo, per l'appunto, frastornante e "rintronente", tonitruante e iper-chiassoso e non ha nulla di nuovo da dire sulla guerra e la sua insensatezza, la sua "inutilità".
Sarò radical chic ma anche Spielberg a me non è che piaccia una cifra, ma questo è un altro discorso... :)
Pure Spielberg...eccheccazzo amico mio, che non sia Bergman non ci piove ma molti suoi film sono entrati nell'immaginario comune di intere generazioni, questo qualcosa vorrà pur dire. Posso dire che io non sopporto il titolo di "autore"? Preferisco parlare di "regista" e basta. Su Legend ho scritto molto tempo fa una recensione, non è molto approfondita ma potrebbe darti un'idea di cosa penso del film (che è comunque un film cult di quegli anni, quindi qualcosa dovrà pur valere). Su Prometheus non ho scritto niente ma per me è un film, anche se irrisolto, affascinante, pieno di riferimenti colti e visivamente splendido.
Comunque sia, su Prometheus come si dice "de gustibus": non ci troveremo ma d'accordo ma va bene (benissimo) così, ci mancherebbe.
Tengo solo ad aggiungere che il fatto che una determinata opera abbia un grande successo (anche intergenerazionale) o finisca per diventare un oggetto di culto (o entrambe le cose) dice poco sulla qualità dell'opera in sé stessa
Eh, Nolan invece rimane un regista divisivo, con fin troppa gente in giro convinta che si tratti di un nuovo grande autore, ed altra gente convinta che sia il peggiore degli ultimi vent'anni. Io sto nel mezzo, né grandissimo né insopportabile, semplicemente mediocre
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