E anche quest'anno è finita. Prima che i leoni vengano assegnati meglio spendere due parole e dare le proprie indicazioni sui film. Non è stata un'edizione esaltante, per quel che ho visto, ma la mia vacanza è filata via liscia. Ho seguito un po' di più il concorso principale rispetto alle altre sezioni. Forse era meglio cercare altrove perché nonostante i nomi non ho trovato molti film che mi facessero brillare gli occhi. Mi mancano alcuni titoli importanti che recupererò più avanti. Il film del concorso che ho preferito, Ema, è stato devastato dagli altri utenti di questo sito, giusto per fare un esempio. Archiviata l'esperienza estasiante della pre-apertura con Hedy Lamarr ed il suo "Estasi" ho iniziato con il film di apertura "Le verità". Caldo pazzesco ed umidità esagerata. Fila sotto il sole alla Sala Giardino. Nonostante il nome nemmeno un albero od una tettoia per fare ombra. Un inizio morbido per cui qualcuno ha bofonchiato un "si poteva fare meglio". Non mi sarei aspettato che si potesse fare peggio. Deneuve e Binoche molto brave. La prima giornata si è conclusa con l'arabo "The perfect candidate". Onesto ma non un capolavoro. Il primo giovedì della Mostra è stato esaltante con la proiezione del divertente e logorroico film di Noah Baumbach. "Marriage Story" sviscera un matrimonio agli sgoccioli con ironia ed un pizzico di corrosivo sarcasmo. Il secondo film di giornata è "El principe". Dramma carcerario cileno ambientato poco prima della storica vittoria di Salvador Allende. Queer Lion meritato. Uno dei film che ho apprezzato maggiormente. Proviene sempre dai paesi latini un'altra pellicola che ho amato. "La llorona" di Jayro Bustamante mescola tradizioni, cultura mesoamericana ad impegno civile in un mix perfetto. Proseguo con il film cinese "Balloon" ambientato nel Tibet occupato, tra spiritualismo tibetano, palloncini svolazzanti ed altri adatti a ben altri usi. Chiudo la giornata con il film che probabilmente farà più discutere. "Ema" di Pablo Larrain. Musica ed immagini nevrotiche per raccontare vite e famiglie disfunzionali. Ipnotico. Il primo sabato lo dedico alla crisi greca con "Adults in the room". Il balletto finale è la perla di un'opera che ripercorre la crisi greca tramite l'esperienza del discusso ministro della economia Yanis Varoufakis. Alla sera si entra a fatica in sala per il film "Wasp network" che condensa in un paio d'ore la vita delle spie cubane a Miami. Domenica è il giorno dei "Panama papers". Il film di Soderbergh diverte senza scordarsi di dare uno scossone all'establishment. Il gatto Oldman e la volpe Banderas non soffrono la presenza della fata turchina Streep. Busso alla porta di "No 7 Cherry Lane" dell'Hong Kong che fu e non è più. Film d'animazione in concorso tutt'altro che entusiasmante. È la volta di "Martin Eden" che catalizza l'attenzione del lunedì. Storia di un uomo che tramuta l'entusiasmo della giovinezza nel tetro nichilismo della maturità. "Scales" della regista saudita Shahad Ameen è una bella sorpresa. Una favola che descrive la condizione della donna con personalità e maturità. E siamo a martedì. "About Endlessness" del regista svedese Roy Andersson è molto nordico, molto lento, molto cerebrale. Troppo per un pubblico generalista. Apprezzo l'ironia. Film promosso. Torno a vedere Orizzonti. Prima con 'Blanco en blanco". Alfredo Castro domina la scena, sia sullo schermo che sul palcoscenico. Più tardi è la volta di "Moffie" del sudafricano Oliver Harmanus. Nuovo tentativo di descrivere i rapporti di forza tra allievi militari e loro istruttori. Non originalissimo ma interessante. Mercoledì di buon mattino mi accingo a vedere uno dei film che attendo maggiormente. "Saturday Fiction" di Lou Ye mi delude abbastanza. Un vero peccato. Molto meglio la commedia leggera "Arab blues". L'esordio alla regia di Manele Labidi è ben accolto dal popolo veneziano che prende d'assalto la Sala Perla con una coda infinita ed una serie di furbi che l'aggirano per entrare. Dentro si sorride e si riflette. Chiudo con "Gloria Mundi" in concorso. Il film di Guediguian mi piace e vado via felice. Giovedì mi brucio (per l'ultima volta) in spiaggia dove un gruppo di tedeschi pensa di essere sulle scogliere di Capri-Revolution. Se ne vanno dentro e fuori dall'acqua senza veli. Il film della sera di veli ne ha parecchi e sono ben coprenti. "Hava, Maryam, Ayesha" della regista afghana Sahraa Karimi nasconde le donne dietro un burka di indifferenza e mancanza di rispetto. Molto bello. Il penultimo giorno è un incubo metereologico. Mi salvo all'andata ma di ritorno dalla sala mi bagno come un pulcino. Ne sarebbe valuta la pena se avessi goduto delle immagini di "Waiting for the Barbarians". Invece non è così. Non mi piace. La sequenza finale lo salva in parte ma non è abbastanza. La sera approfitto della tregua. La temperatura è scesa di 10 gradi in un giorno. "The burnt Orange Heresy" di Giuseppe Capotondi è un'ironica presa per il culo della vita all'interno degli schemi del cinema di genere. In attesa delle premiazioni recupero "La mafia non è più quella di una volta". Rido ma ci sarebbe da piangere. Spero di vedere un giorno una mostra di Letizia Battaglia che usa ancora una reflex vecchio stampo. La sua vitalità è contagiosa e mi mette entusiasmo. Un bel modo per affrontare le valigie ed il rientro. La bolla veneziana è scoppiata. Si torna alla vita di tutti i giorni. Speriamo piena di cinema.
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