Un ottimo film, nel quale Agnès Varda, volente o nolente, continua a cimentarsi con lo stile e i contenuti della “Nouvelle Vague”. François e Thérèse sono felicemente sposati e hanno due bambini. Casualmente, in un ufficio postale, François conosce Emilie, un’impiegata di cui si innamora a prima vista. Le dichiara immediatamente di amare anche sua moglie e i suoi figli. La ragazza, libera e indipendente, accetta la relazione « a tre ». Per scrupolo di sincerità, François informa la moglie Thérèse dell’esistenza del suo nuovo rapporto amoroso. Il giorno stesso, Thérèse scompare...
Ecco cosa ne scrissi sette anni fa:
“Tre anni dopo la sorprendente immersione nei sentimenti più profondi e umani di una donna con il bellissimo « Cléo de 5 à 7 », Agnès Varda sposta la sua attenzione su un personaggio maschile apparentemente più semplice, ma dai comportamenti singolari e di una sincerità disarmante. François vive un matrimonio felice con Thérèse, è un marito affettuoso, nonché un padre modello. Quando incontra la sua futura amante, si affretta a farle capire l’importanza del suo legame con moglie e figli. Emilie sembra anticipare di pochissimo la consapevolezza di una possibile liberazione femminile che si accinge a segnare un’epoca. Profondamente innamorata di François, non punta a distruggerne il matrimonio. Vuole solo la felicità dell’uomo che ama e dal quale si sente amata. La situazione sembra improvvisamente precipitare quando Thérèse viene a sapere dal marito dell’esistenza di Emilie. Lì per lì, dichiara di accettare la nuova situazione, dopo di che scompare e viene ritrovata annegata in un fiume. François, elaborato il suo lutto, sposa Emilie e riprende a vivere serenamente con la nuova moglie e gli amati figli. La trama di questo film ha qualche cosa di assurdo, l’incredibile semplicità dei sentimenti espressi dai personaggi li rende utopistici. Si può amare sinceramente più di una persona e, se non funziona, si va avanti continuando ad amare. C’è sincerità, ma anche cinismo. Agnès Varda intitola il suo film « Le bonheur » (La felicità ). Strano per una vicenda in cui ci scappa il morto. Eppure, sembra volerci ricordare la poliedrica autrice, il fatto che nessuna vita sia esente da dolori, non significa che non esistano vite felici. Felicità è la semplicità dei fiori che costellano l’intera pellicola, fiori offerti, raccolti, esposti, coltivati ; semplicità e bellezza è la musica di Mozart che punteggia il racconto ; semplicità e luminosità sono i coloratissimi costumi a tinta unita che ricordano la spensieratezza delle « Demoiselles de Rochefort », gioiello musicale di Jacques Demy, futuro marito e massimo solidale della regista. A mio modesto parere, questo film rientra a pieno titolo nello stile e nel linguaggio della « Nouvelle Vague », fenomeno al quale Agnès Varda rifiuta di essere assimilata. A torto, credo. La naturalezza dei dialoghi riportano al cinema del miglior Rohmer, il tema viene svolto quasi con una neutralità narrativa alla Godard, i personaggi recitano con la spontaneità che si ritrova nei film di Truffaut. L’insieme, poi, spiazza... Più Nouvelle Vague di così !”
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