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Stanley Kubrick
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Stanley Kubrick

90 anni fa nasceva Stanley Kubrick, considerato da molti e molte uno dei massimi Maestri nella Storia del Cinema, e io non posso non condividere questa considerazione generale. Infatti, nel corso della sua Filmografia, Kubrick ha più volte, quasi sempre, segnato profondamente l'Evoluzione stilistica della Settima Arte, realizzando Opere d'Arte uniche, nonostante i tentativi di emulazione, e mettendo a dura prova la tempra morale del pubblico, grazie anche a sapienti 'infrazioni' della grammatica cinematografica classica, come i noti scavalcamenti di campo con i quali egli rafforzava l'estraniamento emotivo e psicologico dei Personaggi (e, di conseguenza, degli individui spettatori). Da non sottovalutare poi il sottile umorismo (nero, anzi nerissimo) che sostiene la sua Poetica e che si contrappone alla Negatività dilagante e all'intensità drammatica palpabile in diverse sequenze.
Non è un lavoro facile parlare di questo Regista, non senza ripetere cose già dette e ridette e/o scadere in riflessioni banali, troppo banali per il valore artistico delle singole Opere.
Comunque, provo a proporre alcune mie riflessioni su ogni Film del Regista, senza pretendere di aprire strade nuove nell'Interpretazione della sua Poetica (perché so benissimo di non esserne in grado) ma semplicemente esprimendo alcuni pensieri e/o osservazioni elaborati durante le varie revisioni, in particolare nelle ultime due settimane.

Playlist film

Paura e desiderio

  • Guerra
  • USA
  • durata 68'

Titolo originale Fear and Desire

Regia di Stanley Kubrick

Con Frank Silvera, Kenneth Harp, Virginia Leith, Paul Mazursky, Steve Coit, David Allen

Paura e desiderio

In streaming su Plex

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FEAR AND DESIRE

 

Kubrick qui è ancora estremamente acerbo e distante anni luce dal perfezionismo Stilistico delle Sue Opere Successive: in particolare sentimenti e significati sono esplicitati troppo dalle battute dei personaggi, specialmente fuori campo. Però resta un'opera sperimentale tutt'altro che amatoriale e mal curata, e s'iniziano a vedere le basi del pessimismo e delle riflessioni sulla Follia della guerra che caratterizzeranno la Poetica del Regista. Magnifica la scena d'assalto alla casetta con uccisione di soldati intenti a mangiare (col cibo che cade per terra vicino ai cadaveri), ma soprattutto è da Brividi la Sequenza dove uno dei soldati, lasciato solo con una ragazza 'indigena' catturata che non capisce la lingua degli invasori, inizia a delirare 'per farla ridere', la libera, la uccide quando cerca di fuggire e poi, sopraggiunti i compagni, si precipita verso il fiume che lui ritiene 'di sangue'.

Significativa la scelta di affidare il ruolo del generale nemico e del suo assistente agli stessi attori che interpretano il tenente protagonista e uno dei suoi uomini: il desiderio rivoluzionario di Mac (Silvera, presente anche nel successivo "Killer's Kiss") di uccidere il generale dunque potrebbe simboleggiare il desiderio di eliminare anche il suo stesso superiore e, di conseguenza, ogni Autorità (militare); mentre il tenente, dapprima riluttante ad eliminare il generale (e quindi sé stesso), alla fine accetta di distruggere il Simbolo del suo stesso Ruolo.
Geniale, anche se pure qua un po' troppo esplicita, l'idea di ambientare la vicenda durante una guerra fittizia e a-temporale nonché a-spaziale, di cui vediamo soltanto il bosco e il fiume in cui si muovono i protagonisti: insomma, Kubrick non racconta UNA guerra precisa ma LA Guerra in quanto tale, come farà (meglio) coi suoi Film di Guerra successivi.
La suggestiva fotografia in b/n, il cast buono e la scenografia naturale contribuiscono a conferire al film un'Atmosfera allucinata che inizia a porre le basi all'Anti-militarismo di Opere come "Paths of Glory" e, soprattutto, "Full Metal Jacket".
Imperdibile solo per gli estimatori e le estimatrici di Kubrick, ma comunque molto interessante.

Rilevanza: 2. Per te? No

Il bacio dell'assassino

  • Noir
  • USA
  • durata 67'

Titolo originale Killer's Kiss

Regia di Stanley Kubrick

Con Frank Silvera, Jamie Smith, Irene Kane, Jerry Jarret, Mike Dana, Felice Orlandi

Il bacio dell'assassino

KILLER'S KISS

 

Secondo lungometraggio del futuro Maestro del Cinema: dopo il genere bellico Kubrick affronta il Noir.
Come il precedente "Fear and Desire", anche "Killer's Kiss" è caratterizzato da una durata molto breve (poco più di un'oretta, quasi un mediometraggio), e anche in questo film lo Stile del grande Autore è ad uno stadio visibilmente ancora acerbo. Se nel Cinema successivo (già a partire dall'anno seguente con "The Killing") il Regista anticiperà spesso e volentieri i tempi con Film che segnerannno indelebilmente la Storia del Cinema (e dopo "2001" questo suo Segno sarà ancora più evidente e, per certi versi, 'ingombrante'), questi primi film si presentano come qualcosa di più allineato alla propria epoca.
Non mancano però sperimentazioni, visive e narrative, intriganti, qua evidenziabili in 2 momenti particolari, ovvero il sogno urbano (con le strade riprese in negative) del protagonista prima di essere svegliato dall'Urlo della donna e nel racconto dell'infanzia della co-protagonista commentato non da un flashback tradizionale (con gli eventi narrati messi in scena da immagini 'fedeli') ma dalle immagini della sorella impegnata in una danza. Intrigante anche la messa in scena action, prima con la sequenza del pugilato (sport già affrontato da Kubrick nel corto "Day of the Fight") e poi con il memorabile Finale nel deposito di manichini, ma degna di nota anche la scena noir dell'omicidio (per errore) del manager del protagonista. Molto interessante anche la struttura narrativa 'a scatole cinesi', con la cornice principale incentrata sul protagonista intento a camminare avanti e indietro alla Stazione mentre medita sulle avventure appena conclusesi.
Un film non imprescindibile se non si intende approfondire a 360° la Filmografia di Kubrick, ma comunque nel complesso è un thriller molto buono, con un montaggio avvincente e uyna fotografia in b/n squisitamente Noir (entrambi i reparti curati in primissima persona dal Regista, come anche in "Fear and Desire"). Straordinaria l'interpretazione di Silvera del 'bad guy' Rapallo, 'villain' profondamente umano e sfaccettato, mentre la Coppia protagonista pare più stereotipata nella storia d'amore dal gusto assai naive.

Rilevanza: 2. Per te? No

Rapina a mano armata

  • Thriller
  • USA
  • durata 83'

Titolo originale The Killing

Regia di Stanley Kubrick

Con Sterling Hayden, Coleen Gray, Vince Edwards, Elisha Cook jr.

Rapina a mano armata

In streaming su Amazon Video

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THE KILLING

 

3° Lungometraggio diretto da Kubrick, è sostanzialmente il suo 1° Classico, seguito quasi sempre da altre Opere di pari o superiore 'valore' (tranne "Spartacus").
Kubrick, dopo "Killer's Kiss", opta ancora per un Noir ma questa volta, oltre ad ispirarsi ad un libro (come quasi tutti i suoi Film successivi eccetto, ufficialmente, "2001"), imprime una svolta indelebile nel Genere e non solo, grazie soprattutto ad una struttura narrativa ingegnosa più volte ripresa da registi e autori del futuro: le varie fasi della rapina sono scandite da una voce fuori campo secca, cronachistica, concentrandosi prima su un punto di vista e poi su un altro, con conseguenti salti e riavvolgimenti temporali. L'effetto ottenuto è una Suspense palpabile, che trascina l'Individuo Spettatore nelle emozioni dei Protagonisti, dall'Eccitazione nervosa che precede il Colpo all'Ansia per i piccoli intocchi che accadono durante la sua esecuzione, passando poi per lo shock della strage al momento della spartizione del bottino fino ad arrivare alle Speranze per la Fuga finale della Coppia superstite, la quale però subirà pure il Fallimento trascinando Protagonista e pubblico nello sconforto.
Kubrick inizia prepotentemente a decostruire con cinica amarezza i miti sociali: i banditi non sono cattivi ma uomini con problemi vari che vedono nel Furto l'occasione di un Riscatto, le donne stanno in una posizione a metà tra dentro e fuori ma il loro ruolo è fondamentale nella vicenda (per certi versi in Kubrick le Donne assumono enorme rilevanza proprio grazie alla parsimoniosità della loro presenza), mentre i poliziotti intervengono nell'Epilogo senza parlare, come deumanizzati, e le persone 'normali', dalla guardia di colore agli addetti aeroportuali, sono visti come fastidiosi contrattempi al compimento del piano.
Quello che si vede, comunque, è il Fallimento di un contratto sociale: il piano si fonda sul pragmatismo dei vari componenti, ma basta la debolezza emotiva del contabile nei confronti della moglie per far saltare in aria la spartizione del denaro, mentre il killer del cavallo viene ucciso dalla guardia da lui insultata (razzisticamente) per levarsela di dosso. Infine, la fretta di fuggire salvando la refurtiva porta Johnny a compiere un fatale errore di calcolo della valigia, troppo grossa per essere tenuta come bagaglio a mano e con chiusura difettosa. La comoda illusione di civiltà (e quindi di controllo) incarnata dai contratti sociali si scontra con la beffarda imprevedibilità del 'Caso' e soprattutto della Natura umana.
La messa in scena di Kubrick è attenta ad ogni singolo dettaglio, la Fotografia in Bianco/Nero e la Colonna Sonora costruiscono un'Atmosfera Noir di altissimo livello, il Montaggio crea una Suspense intrigante, il Cast regala grandissime e 'verissime' interpretazione da parte di tutti gli e tutte le interpreti.
Se non è un Capolavoro resta sicuramente un Classico intramontabile nella Storia del Cinema, un'Opera d'Arte da vedere, rivedere e studiare.

Rilevanza: 2. Per te? No

Orizzonti di gloria

  • Guerra
  • USA
  • durata 86'

Titolo originale Paths of Glory

Regia di Stanley Kubrick

Con George Macready, Timothy Carey, Kirk Douglas, Ralph Meeker, Adolphe Menjou

Orizzonti di gloria

In streaming su Amazon Video

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PATHS OF GLORY

 

Dopo 4 anni dall'Esordio con "Fear and Desire", Kubrick con il suo 4° Lungometraggio affronta di nuovo il Cinema di Guerra. Questa volta però il suo Stile è già visibilmente più maturo e, come nel successivo "Full Metal Jacket", il Regista non si limita a denunciare gli orrori di una guerra comodamente 'passata', ma partendo da un periodo storico preciso (1^ guerra mondiale) egli va a denudare l'ipocrisia, la meschinità, la follia su cui si forgiano in ogni tempo e in ogni luogo tutte le istituzioni militari, soprattutto nei ranghi più alti delle gerarchie.
Il 'difetto' più evidente rispetto a "FMJ" è lo spazio lasciato alla Speranza di Umanità, incarnata dal Colonel Dax (Douglas) ed evidenziata nella Scena finale, dove il canto della ragazza tedesca riesce a zittire gli umori beceri dei soldati trascinandoli in un canto corale e commosso. Questa Speranza, però, seppur tenacemente resistente, risulta innegabilmente sconfitta: l'Idealismo di Dax non riesce ad ottenere la grazia per gli uomini da lui difesi, e come se non bastasse viene dapprima scambiato da Generale Broulard (Menjou) per ambizione e poi denigrato come ingenuità. Nel Canto finale, invece, si respira l'Amarezza, la Nostalgia di una casa lontana e l'Insensatezza spietata della guerra. Ma la sconfitta della Speranza si vede soprattutto nel modo in cui le ragioni politiche e militari riescono ad avere il sopravvento sulla Pietà, e così le statistiche schiacciano freddamente la Vita e l'Individualità. La punizione del fanatico Mireau (Macready) non è un passo verso la vittoria di una qualche giustizia, ma semplicemente un altro atto strategico, volto ad assicurare stabilità all'interno degli alti comandi militari.
Il Potere, per funzionare, ha bisogno di una stabilità, di una moderazione, banalizzando tra flessibilità e repressione: il braccio armato del fanatismo (para)Militare e patriottico certamente fa comodo, ma poi l'autorità necessita di ammantarsi delle vesti rassicuranti della 'benevolenza', con opportuna sottolineatura o occultamento (a seconda dei casi) del suo status di concessione.
Stilisticamente parlando, Kubrick fa sentire nella prima parte l'Oppressione della guerra, grazie soprattutto ad un sottofondo di spari e strumenti a percussione, mentre nella seconda parte si respira l'Asetticità e l'Opulenza delle alte gerarchie militari e il Vuoto emotivo delle loro istituzioni.
Un'Opera di altissimo livello, forse un Capolavoro: sicuramente un Film da far vedere, come "Full Metal Jacket", a chi crede stupidamente che l'esercito sia un'istituzione fondamentale e benevola fondata su valori (tra cui spiccano patriottismo e 'rispetto', ovvero sottomissione, all'autorità) di vitale importanza per la morale e la civiltà.

Rilevanza: 3. Per te? No

Spartacus

  • Drammatico
  • USA
  • durata 184'

Titolo originale Spartacus

Regia di Stanley Kubrick

Con Kirk Douglas, Laurence Olivier, Jean Simmons, Charles Laughton

Spartacus

In streaming su Amazon Video

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SPARTACUS

 

Avviato con "The Killing" e "Paths of Glory" sulla strada del Successo (soprattutto critico), il giovane Kubrick viene scelto da Kirk Douglas, protagonista del precedente Film, per dirigere un Kolossal storico. L'intento palese, espilcitato anche dalla sceneggiatura di Trumbo (nome assai noto nella hollywood più radicalmente a sinistra, tanto da essere uno degli autori colpiti dal maccartismo), è quella di realizzare un'Opera storica politicamente impegnata, e la scelta del Personaggio di Spartacus, guida della più nota e forte rivolta schiavile nella Storia romana, è ideale per lanciare messaggi di rivolta 'proletaria' e anti-imperialistica.
In questo contesto però Kubrick si colloca non come 'Autore a 360°' ma come regista 'su commissione', e poco cambia se il fine non è (tanto) incassare migliori con un prodotto di facile consumo ma costruire una sorta di manifesto politico, attento anche alle complessità dei giochi di potere: il risultato resta uno dei lavori meno personali del Grande Regista, se non il meno personale in assoluto.
Non per questo però il Film è brutto o mediocre: anzi, il suo status di Cult è meritatissimo, e la sua già citata complessità gli garantisce una brillantezza ed un'intelligenza decisamente maggiore rispetto a gran parte dei peplum del periodo e/o antecedenti ("Ben Hur", per me, incluso). Inoltre, anche se meno coinvolto artisticamente, lo Spirito critico e 'pessimista' nei confronti della società (e del potere) tipico della Poetica Kubrickiana si fa sentire, non tanto nelle sequenze con protagonista Spartacus, molto vicine alla propaganda utopistica (pure nella Disfatta), quanto nella messa in scena dei meccanismi di potere nella Roma repubblicana pre-imperiale: tra Crassus e Gracchus assistiamo ad una sfida tra personaggi profondamente ambigui e sfaccettati, a loro modo idealisti, mentre Caesar resta in secondo piano, ma il suo avvenire dittatoriale è incombente.
Non il miglior Kubrick, ma anche questo un Cult che merita di essere visto.

Rilevanza: 2. Per te? No

Lolita

  • Drammatico
  • USA, Gran Bretagna
  • durata 152'

Titolo originale Lolita

Regia di Stanley Kubrick

Con James Mason, Peter Sellers, Sue Lyon, Shelley Winters, Gary Cockrell, Jerry Stovin

Lolita

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LOLITA

 

Dopo la parentesi più kolossal e meno personale di "Spartacus", Kubrick mette in scena uno scandaloso libro di Nabokov: pur senza esplicitare troppo con le immagini, assistiamo ad una storia scabrosa di pedofilia o, se vogliamo essere precisi, 'ebefilia'.
Kubrick si muove sempre di più verso una marcata sfiducia pessimistica nei confronti della società: in "Lolita" l'Autore decostruisce senza pietà la morale borghese e in particolare intellettuale, dimostrando come sotto l'apparenza perbene si nasconda una depravazione, un'ipocrisia e una crudeltà ingiustificabile. Si denuda inoltre la superficialità dell'erudizione vantata dalla classe media: se la cultura di Charlotte è fondamentalmente frivola e più interessata a trovare soddisfazione sessuale negli intellettuali, ugualmente l'arroganza e la pretesa di superiorità intellettiva di Humbert è fondata sul nulla. Egli tenta di nobilitare, soprattutto a sé stesso, le proprie attenzioni morbose per la giovane Lolita, poetizzando con echi quasi classicheggianti una storia d'amore basata essenzialmente sull'attrazione fisica per un corpo adolescenziale, ma questi tentativi sono costantemente sbugiardati dal nervosismo colpevole, dall'ansia di essere scoperto e tradito. Nella gelosia, che lo spinge quasi a recludere in casa il suo 'tesoro', e nel Terrore di esssere seguito dalla polizia, Humbert si rivela molto più ossessivo e schizzato di Charlotte, e proprio la madre di Lolita viene da lui raggirata e tradita con una crudeltà inconcepibile. Quilty, invece, è il Riflesso più scaltro, 'brillante' e consapevolmente sfacciato di Humbert, e questo lo rende il più degenerato e manipolatore tra i Personaggi: la facciata intellettuale e l'abilità recitativa gli servono a raggirare le persone per ottenere un edonismo sfrenato, tipico del potere. Charlotte è il Personaggio più ingenuo del Film, e per questo è anche il più tragico: raggirata da Humbert, Mrs. Haze si lascia trascinare da un'illusione romantica profondamente naive, e la sua fine drammatica arriva a commuovere.
Lolita, infine, è la Ninfa, ragazzina misteriosa i cui desideri e sentimenti risultano insondabili per quasi tutta la Pellicola. Il suo carattere è un concentrato squisito di Contraddizioni: al contempo lei è una 'mangia-uomini' smaliziatissima e una ragazza innocentemente in balia dei propri ormoni, una manipolatrice spietata dei sentimenti degli adulti e una vittima tragica della depravazione di questi. Nel Finale sceglie di redimersi rimanendo col marito Dick, da cui aspetta un figlio, ma questo non è un vero 'happy ending': come in "Eyes Wide Shut", ultimo Lavoro di Kubrick, la scelta finale della ragazza è una decisione pragmatica e non morale, dettata da una raggiunta maturità e non da amore: privata della propria 'purezza' infantile, Lolita capisce che non può rovinare le vite altrui e quindi si 'ritira' ad una felicità mediocre, incompleta ma stabile. Una scelta amara, che Humbert invece non riesce a compiere prediligendo una pseudo-romantica, ma patetica, vendetta passionale.
Kubrick è magistrale nel rendere palpabile l'atmosfera inquietantemente morbosa della vicenda , adoperando le dissolvenze in nero come dei sipari teatrali che coprono scene che non dobbiamo vendere.
Un Capolavoro che ha segnato la Storia del Cinema e anche la Culura popolare, un'Opera d'Arte dalla complessità morale irripetibile.

Rilevanza: 2. Per te? No

Il dottor Stranamore

  • Grottesco
  • Gran Bretagna
  • durata 93'

Titolo originale Dr. Strangelove or How I Learned to Stop Worrying and Love the Bomb

Regia di Stanley Kubrick

Con Peter Sellers, George C. Scott, Sterling Hayden, Peter Bull, Keenan Wynn, Slim Pickens

Il dottor Stranamore

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DR. STRANGELOVE

or: How I Learned to Stop Worrying and Love the Bomb

 

Dopo la Provocazione etica e morale dell'erotismo morboso di "Lolita", Kubrick lancia un'altra provocazione, questa volta più esplicitamente politica.
Il Regista si cimenta con la Satira, e anche qui ribalta e rivoluziona i codici del Genere realizzando un'Opera fondamentale: tratto da un romanzo di Peter George (che purtroppo non son riuscito a leggere nella sua versione originaria, senza il Personaggio di Strangelove), il Film di Kubrick prende in giro con spirito dissacrante e irrispettoso le logiche strategiche della guerra fredda. Ma l'ironia pungente (presente, seppure in modo molto sottile, in quasi tutta la Filmografia del Regista) non riesce ad ottenere un'esplosione di risate, e nemmeno ci prova: l'obiettivo infatti non è far scompisciare il pubblico liberandolo dalle preoccupazioni (in particolare dal terrore di uno scontro atomico all'epoca visto come imminente), ma semmai farlo sorridere molto amaramente, pervadendolo con un senso di Inquietudine tutt'altro che catartico (e questo è un bene, perché personalmente credo di disprezzare la catarsi). Il Film mostra come l'equilibrio nel braccio di ferro tra Usa e Urss fosse tutt'altro che stabile: basta una scheggia impazzita, una mossa falsa tra le più alte gerarchie di una delle due superpotenze per provocare il rischio di un'escalation della tensione con possibile scoppio di un conflitto atomico aperto e irrimediabile.
La paranoia per il nemico e le teorie deliranti conseguenti, ma anche la brama per certi versi perversa di gettarsi nel conflitto creano un'atmosfera di sfiducia totale dai risvolti tragicomici, e man mano che la vicenda prosegue assistiamo ad un ritratto impietoso del potere: ipocrisia, alternanza schizofrenica di minacce e toni colloquiali,lotte e frecciatine interne tra generali guerrafondai e presidenti poco consapevoli delle leggi da essi stessi approvate... Emerge anche il pessimismo con cui si constata come di fronte a futili giochini di potere la gente comune sia quasi totalmente impotente e in balia di freddi calcoli... Per certi versi vedo numerosi richiami al libro "The Thin Red Line" (La sottile linea rossa), dove in diversi punti si parla della guerra come di una questione di numeri, di probabilità... L'Individuo non conta, conta solo il suo potenziale produttivo (anche inteso come fertilità) e il suo posto nelle gerarchie sociali.
Comunque ho detto troppo: a parte il piano 'concettuale', è la Realizzazione Artistica, diretta solidamente dalla Personalità estremamente forte di Kubrick, a fare di questo Film un Classico del Cinema Satirico e di Denuncia, aiutato molto dalle Scenografie, dall'Impostazione delle Inquadrature e delle Luci, dal Montaggio in particolare nell'accostamento tra Immagini e Suoni (sublimi i 'balletti' delle armi micidiali), per non parlare del Cast Straordinario.
Un Capolavoro, dunque, da studiare come tutte le Opere di Kubrick.

Rilevanza: 2. Per te? No

2001. Odissea nello spazio

  • Fantascienza
  • Gran Bretagna
  • durata 141'

Titolo originale 2001: A Space Odyssey

Regia di Stanley Kubrick

Con Keir Dullea, Gary Lockwood, William Sylvester, Daniel Richter, Leonard Rossiter

2001. Odissea nello spazio

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2001: A SPACE ODYSSEY

 

Capolavoro Assoluto e Pietra Miliare nella Storia del Cinema, un'Opera d'Arte di Altissimo Livello.
Il Silenzio e la Musica dominano incontrastati per la maggior parte del Film: anticipato da un'Ouverture senza immagini, il Prologo preistorico è privo di dialoghi umani, e per svariati minuti sentiamo soltanto urla scimmiesche, il Tema funebre del Monolite e l'iconico "Also Sprach Zarathustra di Richard Strauss. Ma anche dopo che la vertiginosa (e studiatissima) Ellissi pluri-millenaria (dall'Osso all'Astronave) ci porta nel futuro spaziale dobbiamo aspettare la conclusione del 'balletto' delle strutture astronautiche sulle note di "An der schönen blauen Donau" di Johann Strauss prima di assistere ad uno scambio di battute, e pure da qui in poi il materiale parlato viene distillato con parsimonia, prediligendo sempre la Fusione poetica tra Immagini di rara bellezza (ma anche Inquietudine) e un repertorio estasiante di Musiche classiche. Inoltre, una volta eliminato HAL9000, con la solitudine di David il Film ritorna ad una totale assenza di Parole che dura fino al termine dei Titoli di Coda: in questa ultima parte, intitolata "Jupiter and Beyond The Infinite", assistiamo ad un Tripudio di Immagini psichedeliche (accompagnate da una Colonna Sonora, credo sempre il 'tema del monolite', all'insegna dell'Inquietudine reverenziale) dal Gusto squisitamente Surreale, che ispireranno gran parte del Cinema astratto e sperimentale successivo (mi viene in mente, in particolare Lynch, che nell'ultimo "Twin Peaks" quasi 'remakeizza' questi Impulsi di Surrealismo spaziale nell'8° Episodio).
Aperto a tantissime Riflessioni senza proporre nessuna facile (e banale) soluzione ai Misteri insiti nelle scene proposte, "2001" conserva l'impronta pessimistica tipica del Regista sulla civiltà umana e il suo progresso: l'evoluzione della società si fonda sulla Violenza e la volontà di dominio, la ricerca spaziale viene simbolicamente accostata all'osso (l'arma), il cui potenziale omicida ha permesso la costituzione del primo ordine autoritario. Ma mentre l'Osso era un oggetto naturale controllato dall'ominide per diventare uno strumento, l'ultima invenzione umana, l'Intelligenza Artificiale, è un sistema talmente complesso e auto-sufficiente da sfuggire al controllo del suo stesso Creatore (che, anzi, è controllato, tra l'altro pure spontaneamente, dalla sua Creatura): questi, il Creatore (ovvero l'essere Umano), si troverà costretto a ricorrere alla manualità per 'uccidere' la Creatura ribelle.
Intanto chiudo qui le mie riflessioni, per evitare di impantanarmi in un flusso di pensieri col rischio di trascinarmi verso interpretazioni banali e/o ripetute.
"2001: A Space Odyssey" resta, in ogni caso, un Film unico nella Storia del Cinema, un'innegabile Opera d'Arte dove l'Individuo Spettatore si perde, o in Domande esistenziali prive di risposte univoche o nel Fascino Sublime (quindi anche temibile) delle Immagini e delle Musiche proposte, oppure molto più probabilmente in entrambi i Labirinti (Figura mitologica ripresa fisicamente in "The Shining").
Potrà non piacere (perché troppo lento, troppo surreale, troppo intellettuale, troppo 'acclamato dal coro'...), ma non credo sia possibile rimanere indifferenti al suo Impatto emotivo, né penso si possa smontare facilmente il suo Status di Capolavoro "assoluto" del Cinema.

Rilevanza: 3. Per te? No

Arancia meccanica

  • Grottesco
  • Gran Bretagna
  • durata 137'

Titolo originale A Clockwork Orange

Regia di Stanley Kubrick

Con Malcolm McDowell, Patrick Magee, Michael Bates, Warren Clarke, John Clive

Arancia meccanica

IN TV Sky Cinema Drama

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A CLOCKWORK ORANGE

 

Tra le Opere più note e acclamate di Stanley Kubrick e forse la Sua Opera che preferisco. Lessi anche il Romanzo di Burgess, e devo dire che come trama è abbastanza fedele, fatta eccezione per il taglio nel Finale (che però, se non ricordo male, come scena è presente solo in alcune versioni del Romanzo).
Ma questa sostanziale fedeltà sul piano prettamente narrativo non basta a rendere simili le due Opere. Sul Piano Cinematografico, infatti, la Personalità Artistica di Kubrick è a dir poco imponente, e rafforza il Pessimismo e l'estremismo suggerito ma mai così esplicito della narrazione, elevando l'Opera Filmica a quel Capolavoro Immenso che è. La seconda parte è strettamente legata alla prima e viceversa, e il Film non cade mai di livello: noi rimaniamo strettamente legati/e alla Psiche del Protagonista (un McDowell giustamente iconico), ma rimanendo sempre spettatori e spettatrici impotenti sia delle sue azioni aberranti che delle sue sventure altrettanto aberranti. Alla fine non ci sono 'buoni' e 'cattivi', e il concentrato (apparentemente) contradditorio di Brutalità istintiva e Sensibilità artistica che caratterizza il Personaggio di Alex (a cui va aggiunta una buona dose di opportunistico vittimismo) non è peggiore delle logiche delle autorità (carcerarie, religiose, politiche, scientifiche), tutte accomunate da una scarsa valorizzazione della dignità individuale e da una profonda stupidità. Ma anche la gente 'perbene', ovvero 'noi', alla fine è vista come una versione auto-repressa dei comportamenti del Protagonista, con il quale poi condivide l'opportunismo e il vittimismo.
Il Film è pregno di una sorta di Nichilismo sociale: i Valori non esistono o, meglio, non sono seguiti con senso morale ma semplicemente basandosi su logiche calcolatrici. Inoltre, è proprio in nome dei "Valori" che la Società 'cura' la violenza di Alex, rendendolo un automa, un'Arancia ad orologeria (dove "Orange", se non ricordo male, significava 'uomo' nello slang del Romanzo). Alla fine, però, l'Individuo prende il sopravvento, fottendo (in tutti i sensi) la Società ma, allo stesso tempo, assoggettandosi alla sua logica: accettando la proposta del Ministro, infatti, Alex imbroglia tutti, com'era sempre stata sua intenzione, ma allo stesso tempo si consegna spontaneamente nelle mani del Potere, diventandone una pedina.
Indimenticabile dall'inizio alla fine, fa sentire da un lato la sua età (e, per certi versi, sembra anche più 'vecchio', quasi un incrocio tra atmosfere distopiche post-sessantottine e lo spirito settecentesco del successivo "Barry Lyndon") ma dall'altro riesce ancora oggi ad essere attuale (un po' proprio per l'a-temporalità dell'atmosfera, e un po' per via dell'evoluzione via via più dispotica del controllo nella 'nostra' società). In ogni caso conserva il suo grande Fascino, anche se certamente (come quasi tutti i Film di Kubrick) non è un'Opera di 'largo consumo'.

Rilevanza: 2. Per te? No

Barry Lyndon

  • Drammatico
  • Gran Bretagna, USA
  • durata 184'

Titolo originale Barry Lyndon

Regia di Stanley Kubrick

Con Ryan O'Neal, Marisa Berenson, Patrick Magee, Hardy Krüger, Steven Berkoff, Gay Hamilton

Barry Lyndon

IN TV Sky Cinema Drama

canale 308 vedi tutti

BARRY LYNDON

 

Dopo la Distopia classicheggiante di "A Clockwork Orange", Kubrick si cimenta esplicitamente nella Messa in scena del Settecento, secolo a cui sembra molto legato e in cui dimostra una fortissima confidenza, realizzando il suo secondo Film più lungo dopo "Spartacus", ma dell'esplicito (seppur lievemente amareggiato) ottimismo e idealismo del kolossal con Douglas, però, non è rimasto nulla. Kubrick non ha più lavorato 'su commissione' e, da "Dr. Strangelove" in poi, il suo Cinema si è caricato sempre più di un pessimismo sociale apparentemente cinico, ma secondo me più che altro disincantato.
Il già citato "A Clockwork Orange" aveva tracciato definitivamente una linea negativa sull'Umanità, con la sua assenza di personaggi positivi (protagonista-narratore in primis), e "Barry Lyndon" prosegue fermamente su questa strada, nonostante l'Eleganza della Costruzione visiva e delle Scelte musicali dia un'impressione di pulizia e ordine. Infatti, proprio questo senso di pulizia e ordine nasconde e, anzi, dà fondamento alle peggiori bassezze umane.
Il Protagonista incomincia le sue avventura all'insegna di un romanticismo e di un codice etico estremamente naive, ma nel suo girovagare diventerà sempre più sfacciatamente un opportunista, arrampicandosi quasi ai massimi gradini delle gerarchie sociali, per poi però precipitare vertiginosamente in seguito ad un violento ma genuino pestaggio pubblico del figliastro.
Kubrick prende tutto il tempo necessario nel narrarci la scalata e la rovinosa caduta di Redmond Barry poi Lyndon, e intorno a lui noi conosciamo una folta fauna di personaggi, tutti pregni di bassezze e ipocrisie, seppure tutti in qualche modo sorretti dalla convinzione di essere persone 'virtuose'. Parziale eccezione è costituita dal Personaggio di Lady Lyndon (analoga in qualche modo alla madre di Lolita), ma tanto la sua illusione d'amore prima quanto poi la sua melanconia e, infine, semi-catatonia trasudano una profonda ingenuità. Invece il figlio di Barry, Brian, è l'unico vero innocente (seppur viziato) individuo nel Film in quanto bambino, ma incontrerà una assai prematura e tragica fine, commovente anche per l'individuo spettatore.
Tutte queste (e molte altre) riflessioni sono sorrette da uno Stile registico di gran classe: dalla fotografia interamente (o quasi) costruita con l'uso dele luci naturali alle frequenti ed eleganti carrelate ottiche, senza dimenticare l'utilizzo di riprese con macchina a spalla per rafforzare la concitazione delle scene d'azione.
Il Film è un concentrato di Raffinatezza e Brutalità, un Omaggio ad Arti come la Pittura e la Musica ma innegabilmente e intimamente ancorato alla Natura dell'Arte Cinematografica.
Un'Opera lunga e lenta, ma non pesante se si riesce a lasciarsi coinvolgere dal suo Spirito, e come (quasi) tutti i Lavori di Kubrick anche questo ha aperto nuove e inesplorate Vie nel Genere e nel Cinema, rimanendo un Unicum nella Storia della Settima Arte

Rilevanza: 2. Per te? No

Shining

  • Horror
  • USA, Gran Bretagna
  • durata 119'

Titolo originale The Shining

Regia di Stanley Kubrick

Con Jack Nicholson, Shelley Duvall, Danny Lloyd, Scatman Crothers

Shining

In streaming su Now TV

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THE SHINING

 

Kubrick, oramai insignito del 'Titolo' di Maestro del Cinema, decide di cimentarsi con un Genere all'epoca (ma un po' anche adesso) visto come 'poco nobile', nonostante sia pieno di Opere dall'elevato spessore artistico e contenutistico: l'Horror.
Lo fa prendendo ispirazione da un romanzo di Stephen King, che in quel periodo stava già diventando uno degli Scrittori più noti e acclamati nel Genere. Kubrick però non è per nulla interessato a limitarsi ad una semplice trasposizione su pellicola delle pagine del libro, ma anzi da esso tiene praticamente soltanto i Personaggi (mutati però profondamente nel carattere), l'idea dello 'Shining' (la 'luccicanza'), l'Overlook Hotel con il suo passato e la sua natura e qualche passaggio inevitabile di trama, ma poi opera un lavoro di intensa e quasi brutale metamorfosi, grazie al quale ottiene un Capolavoro cinematografico ritenuto, non senza ottime ragioni, decisamente migliore rispetto alla fonte.
Il romanzo, va detto, non è quella ciofeca che, in seguito alla diatriba King-Kubrick, i 'pro-Stanley' hanno descritto, e sarebbe ingiusto stroncarlo alla luce del Capolavoro Kubrickiano perché si parla di due Lavori estremamente diversi tra loro, nell'Arte adottata e nello Spirito. Però il libro è sostanzialmente il classico romanzo kinghiano dove all'Orrore si contrappongono dei Valori positivi, e alla fine l'effetto ricercato è il raggiungimento di una catarsi sia per chi legge sia per chi scrive.
Kubrick, invece, sviscera la psiche e la società umane mettendone in luce le psicosi e la violenza. La condizione di uomo medio di Jack, che nel romanzo serve a mostrare il percorso di lotta quotidiano contro i propri demoni interiori, nel Film viene utilizzata per decostruire il mito sociale dell'uomo qualunque, spalancando gli armadi pieni di scheletri, ovvero denudando l'ipocrisia, l'autoritarismo, il culto della carriera, la mediocrità culturale ecc. dell'occidentale (in particolare statunitense) comune.
L'Attenzione per l'Immagine è totale, e ogni reparto si lega stupendamente con l'altro: la scenografia sembra costruita apposta per essere inquadrata dalla mdp, le Musiche rafforzano l'Inquietudine raggiunta dalla messa in scena, le interpretazioni esasperate del Cast rendono palpabile lo Smarrimento psicologico raggiunto dai personaggi ed enfatizzati dal montaggio e da vari scavalcamenti di campo.
Il Simbolo principale dell'Opera è il Labirinto (una delle modifiche più brillanti apportate al romanzo). L'effetto estraniante provocato da questa struttura mitologica è sottolineato nella messa in scena e nei movimenti di macchina, ma anche nello schema stesso della narrazione: il passato e il presente si alternano e si fondono misteriosamente, rendendo assai difficile scovare l'uscita, ovvero la soluzione, dei misteri proposti e le Inquadrature finali, da Jack gelato alla Foto che lo ritrae ad una festa durante gli anni '20, sigillano questa insolubilità.
Un Capolavoro immortale, nel quale Kubrick ha caricato l'Orrore della sua sfiducia e del suo disincanto etici, e invece di mettere in scena la fuga da un mostro soprannaturale ha optato per lo smarrimento nei meandri più oscuri e profondi della mente umana.

Rilevanza: 2. Per te? No

Full Metal Jacket

  • Guerra
  • USA, Gran Bretagna
  • durata 116'

Titolo originale Full Metal Jacket

Regia di Stanley Kubrick

Con Matthew Modine, Vincent D'Onofrio, Adam Baldwin, R. Lee Ermey, Dorian Harewood

Full Metal Jacket

Uscito in Italia: 21 ott 2024

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FULL METAL JACKET

 

'Precisamente' 30 anni dopo "Paths of Glory", con "Full Metal Jacket" Kubrick affronta di nuovo il Tema bellico realizzando uno dei più Violenti ed espliciti Attacchi (se non il più Violento ed Esplitico in assoluto) non solo contro (e non tanto) la guerra del Vietnam, e nemmeno contro la guerra in generale, ma colpendo l'istituzione militare di qualsiasi nazione (in particolare statunitense e, in particolare, il corpo dei marines).
Riprendendo con 'infedele fedeltà' lo Spirito del Romanzo (autobiografico) "The Short-Timers" di Hasford (co-autore della sceneggiatura), Kubrick decostruisce e rivela i perversi meccanismi dell'esercito partendo dall'addestramento, primo passo attraverso il quale esso lava il cervello degli arruolati estirpandone Coscienza Individuale e Umanità per trasformarli non proprio in robot ma in psicotici privi di compassione e pietà portati istintivamente all'omicidio (legalizzato) e allo sterminio. La follia brutale viene instillata nei militari, ormai privati quasi completamente di umanità ed empatia (resta qualche traccia, ma è sempre a rischio), e non ci si stupisce nel vedere come molti di essi diventino psicotici assassini 'illegali' (come Whitman o, nel Film, Pyle) o 'legalizzati' (come il soldato che, dall'elicottero, spara alla gente impegnata in risaia, senza guardare se ammazza uomini, donne o persino bambini e bambine!). Il soldato e il suo fucile smettono (parzialmente o totalmente) di essere Individui Umani diventando principalmente un'arma in mano al potere, e chi nell'esercito è conscio di questo suo essere pedina può solamente cercare di nascondere questa consapevolezza sotto un'ironia cinica, aggrappandosi all'istinto di sopravvivenza... Oppure disertare, ma al Film (coerentemente) non interessa studiare questa figura.
Non c'è traccia dell'esaltazione becera che dovrebbe caratterizzare il cinema bellico e/o action militare più propagandistico come 'Berretti verdi' o sequel ed emuli di 'Rambo' (ho usato il condizionale perché non credo di aver mai visto per intero film di questo tipo, dissuaso soprattutto dalla loro fama fascisteggiante). Ma non c'è nemmeno quell'ambigua giustificazione democratica presente in gran parte di film come quelli sulla seconda guerra mondiale (come "Saving Private Ryan")ma anche alcuni su guerre recenti (come "Black Hawk Down"), dove l'orrore della guerra (se mostrato) viene 'eticizzato' con la lotta contro i pericoli della democrazia, dal nazismo al terrorismo.
Nella Guerra la Vita perde importanza e rispetto, e ogni spinta individuale viene duramente repressa, dalla verità (i media militari costruiscono una narrazione propagandistica del conflitto) alle riflessioni complesse e problematiche, come prova l'aspro rimprovero che un alto ufficiale fa a Joker per l'auto-contraddizione del simbolo della pace sul petto accostato alla scritta "Born to Kill" sul proprio elmetto.
Potrei parlare per ore (e per pagine) di questo Capolavoro (spero) indiscusso della Storia del Cinema, ma mi fermerò a queste 'riflessioni' (temo un po' ripetitive) sopra espresse.

Rilevanza: 2. Per te? No

Eyes Wide Shut

  • Drammatico
  • USA, Gran Bretagna
  • durata 159'

Titolo originale Eyes Wide Shut

Regia di Stanley Kubrick

Con Tom Cruise, Nicole Kidman, Sydney Pollack, Leelee Sobieski, Rade Serbedzija

Eyes Wide Shut

IN TV Iris

canale 22 vedi tutti

EYES WIDE SHUT

 

Dopo ben 9 anni dall'uscita di "Full Metal Jacket" (le riprese iniziarono nel novembre del '96 terminando dopo 15 mesi), Kubrick torna alla Regia, purtroppo per l'ultima volta.
Tratto da "Traumnovelle", romanzo breve di Arthur Schnitzler che da molto tempo (già da "2001") il Regista voleva trasporre su pellicola, "Eyes Wide Shut" trasloca le vicende narrate nel libro dai primi decenni del '900 alla fine dello stesso Secolo (e del Millennio) e da Vienna a New York. Gli spostamenti 'spazio-temporali' incidono notevolmente nella trasposizione, modificando vistosamente gli spaccati sociali e le relazioni interpersonali mostrate, ma paradossalmente la fedeltà alla lettera e, addirittura, allo Spirito del racconto è alquanto forte. Evidentemente l'influenza del testo di Schnitzler ha influenzato moltissimo la Poetica del Cineasta per tutta la sua Filmografia, e per questo "EWS" può essere visto come il Testamento Artistico di Kubrick, il Canto del Cigno dove si raggiunge la Summa del suo Stile, delle sue Riflessioni.
Va detto che si ha anche l'impressione che l'Autore non abbia avuto il tempo di rifinire per bene il montaggio finale: non che si avvertano pesanti tagli censori da parte dei distributori finali, ma anzi sembra al contrario che manchino delle limature necessarie a rendere più 'snello' (ma non per forza rapido o concitato) il tutto. Ormai però è praticamente impossibile capire quali 'sforbiciate' eventualmente Kubrick avrebbe apportato, né è chiaro se davvero Kubrick sia morto prima di ultimare definitivamente il lavoro oppure se il 'cut' finale sia stato completato dall'Autore prima del decesso, ma in ogni caso questa sensazione di 'mancata rifinitura' rende per certi versi ancora più affascinante l'ultima Opera del Maestro, nonostante i 'ricordi fuori campo' un pochino mi han dato l'impressione di stonare, ma va detto che io raramente vado matto per l'uso della voce fuori campo, specialmente quando si utilizzano per concretizzare pensieri 'in diretta' dei personaggi.
Il Film comunque conserva nelle Immagini e nei Suoni la Poetica del Grande Artista, qua attentissimo nell'uso simbolico delle Illuminazioni: in particolare la freddezza del Blu e il calore dell'Arancio-Rosso dominano e, per certi versi, 'litigano' per la Supremazia, ad esempio nella scena in cui la Coppia Protagonista fuma erba.
Sul piano contenutistico, invece, Kubrick decostruisce (come suo solito) l'istituzione della famiglia come intesa dalla classe borghese rivelandone l'ipocrisia, tra auto-repressione ed edonismo 'settario': il Finale sintetizza assai bene la facciata 'perbene' della famiglia borghese e la sua profonda crisi interiore, in linea con lo spirito squisitamente pessimista dell'Autore, e la 'riappacificazione' è dettata dal pragmatismo e non dal Sentimento (e l'Amore viene ridotto all'animalesco, ma per questo anche umano, "fuck", inteso come verbo).
Forse un Capolavoro mancato, forse nemmeno un mezzo Capolavoro, ma sicuramente resta una Chiusura straordinaria della Filmografia Kubrickiana e un'Opera imprescindibile se si apprezza o anche solo si prova interesse per la Poetica dell'Autore.

Rilevanza: 2. Per te? No
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