Come neanche il più renziano dei politicanti vado qui in tempi record a dichiarare terminata questa mia Salerno-Reggio Calabria (si tratta con ogni evidenza della Salerno-Reggio Calabria dell'Italia in miniatura...arteria comunque di apodittica necessità), a soli 2 anni e mezzo (leggasi 880 e rotti motherfucking* giorni) dall'inaugurazione dei lavori...e contemporaneamente vi do appuntamento (...con la morte nel cuore...) alla morte del mio cuore: alla vieppiù esiziale ripresa dei lavori, ai prossimi (certamente cancerogeni) aggiornamenti di queste mie prigioni... Perché la verità è che qualcosa sfugge sempre, astuto e sgusciante come uno spirito diarreiforme dal Sol Levante. E indipercui dice quello: non vorrai certo motherfare 30 senza (almeno promettere...di motherfare...un giorno...) 31. In parole povere, a Dio piacendo, vi esorto ad uccidermi (ha anche già preso il via un promettente crowdfunding per ricompensare il sicario che mi seminerà, senza rimpianto, nel camposanto). Perché il dramma, cari miei, si è accumulato sotto forma di nomi grandi e grossi emersi in alfabetico, imperdonabile ritardo (c'è un LANDIS qua, un CASSAVETES là, e ancora d'avanzo un AUTANT-LARA...) ed è quindi con rinnovata e balbuziente speme (benché prosciugato di qualsivoglia voglia di vivere) che ho deciso di subappaltare la continuazione della suddetta grande brodaglia a George Lucas, che di 'sti brodi se ne intende più di me. Per il resto: servitevi a piacimento di quanto disposto, e sapete dov'è l'uscita. Vedete quindi di usarla.
* (si ringrazia Spike Lee per averci revisionato le bozze)
I consiglieri:
Frederick Wiseman (TITICUT FOLLIES; PRIMATE)
Wong Kar-Wai (IN THE MOOD FOR LOVE; HONG KONG EXPRESS)
John Woo (FACE/OFF; A BETTER TOMORROW)
William Wyler (I MIGLIORI ANNI DELLA NOSTRA VITA; BEN-HUR)
Edward Yang (A BRIGHTER SUMMER DAY; YI. YI. – E UNO... E DUE...)
Krzysztof Zanussi (KONTRAKT; ILLUMINAZIONE)
Robert Zemeckis (RITORNO AL FUTURO; FORREST GUMP)
Fred Zinnemann (MEZZOGIORNO DI FUOCO; DA QUI ALL'ETERNITÀ)
Rob Zombie (LA CASA DEI 1000 CORPI; LE STREGHE DI SALEM)
Andrzej Zulawski (LA TERZA PARTE DELLA NOTTE; POSSESSION)
INTERVISTATORE: "Lei ha dichiarato che i suoi modelli sono Keaton e i fratelli Marx. Lo pensa davvero?"
WISEMAN: "Certo, mi piacciono molto entrambi e considero i miei film tutti delle commedie anche se a volte molto tristi. Ci sono sequenze divertenti pure in situazioni terribili, se pensiamo a TITICUT FOLLIES, quando lo psichiatra chiede al ragazzo che ha abusato di sua figlia quante volte al giorno si masturba, lui risponde: «Quattro», e il medico replica: «Troppe». Ecco, direi che siamo in una black comedy."
"I primi film che ricordi sono film di Stanlio e Ollio, dei fratelli Marx, dei Ritz Brothers. Credo che i fratelli Marx siano sempre stati una fonte d'ispirazione. (...) LA GUERRA LAMPO DEI FRATELLI MARX e UN GIORNO ALLE CORSE sono imbattibili. Per quel che mi riguarda, sono entrambi documentari." ~ Frederick Wiseman
Con Klaus Barbie, Marcel Ophüls, Johannes Schneider-Merck, Raymond Lévy, Marcel Cruat
consigliato da FREDERICK WISEMAN
INTERVISTATORE: "Ci puoi dire quali sono alcuni tra i tuoi registi preferiti di fiction?"
WISEMAN: "Come dicono in CASABLANCA, «The usual villains.» Fellini, Bergman, Truffaut, Godard. Alcuni registi giapponesi. Sai, gli stessi registi di fiction che piacciono a tutti. Tra i registi di documentari, Marcel Ophüls e Errol Morris. Errol è mio amico. Entrambi viviamo a Cambridge. Quindi ogni tanto ci vediamo. E vedo anche Ophüls di quando in quando. Ophüls è un gran filmmaker, anche se ultimamente non ha lavorato molto. (...) HOTEL TERMINUS è uno dei miei film preferiti di tutti i tempi."
INTERVISTATORE: "Tra gli autori che hai nominato, ce n'è uno che abbia realizzato un film che ha avuto un'influenza particolare su di te?"
WISEMAN: "Nessuno che voglia nominare. Tutta la questione dell'influenza è difficile da rintracciare, è così indiretta. Ma ho amato molti dei loro film. Ammiro l'immaginazione e l'integrità che c'è voluta per realizzarli. Per un qualche motivo, sono stato influenzato più dai libri che dai film."
"Non sono un fan di Michael Moore. Credo che sia un intrattenitore. Non penso gli interessi la complessità. Non sono contrario al fatto che il filmmaker appaia in un suo film. Credo che alcuni trai più grandi documentari che abbia mai visto siano stati fatti da registi che erano anche presenti nei film. Non so se conosci i film di Marcel Ophüls – LE CHAGRIN E LA PITIÉ o HOTEL TERMINUS. Ophüls è un grande filmmaker perché è un grande intervistatore ed ha una mente molto acuta e analitica. Nel caso di Michael Moore, io non vedo alcuna abilità particolare come filmmaker, e credo che il suo punto di vista sia estremamente semplicistico ed egocentrico." ~ Frederick Wiseman
"Anche se nominalmente questo film è su Klaus Barbie, a mio avviso in realtà è sulla facilità con cui la gente può adottare un modo di pensare fascista o totalitarista e uccidere altra gente." ~ Frederick Wiseman
+ Non presente nel database di FilmTv.it:
THE DENTIST (Leslie Pearce, 1932, USA, 22 min.) W.C. Fields interpreta un impetuoso dentista che terrorizza i pazienti, maltratta fisicamente e verbalmente i suoi assistenti e i portamazze da golf, e la cui figlia desidera sposare l'uomo che consegna il ghiaccio a domicilio. Il dentista, contrario a questa unione specialmente dopo il tentativo della romantica figlia di fuggire con l'amante, chiude a chiave la ragazza nella sua stanza da letto situata proprio sopra lo studio dentistico. La figlia comincia allora a camminare pestando i piedi, facendo così cadere pezzi di intonaco sui pazienti che il padre sta visitando. Allo studio si presentano svariati pazienti dai tratti fisici insoliti (una donna con un lungo viso equino, un uomo molto piccolo con una gran barba – con cui Fields deve usare uno stetoscopio per localizzare la bocca), e il dentista tenta di usare il trapano su di loro apparentemente senza alcuna anestesia. Con una di questi (Elise Cavanna) ingaggia un intimo match di wrestling mentre prova ad estrarle un dente dolorante. Alla fine l'uomo del ghiaccio si procura una lunga scala e aiuta la figlia del dentista a fuggire dalla finestra. Il dentista li vede mentre stanno per andarsene e – su pressione della considerevole folla radunatasi ai piedi della scala – a malincuore ritira la sua opposizione a quella unione. – THE DENTIST è un corto comico pre-Codice Hays ed uno dei quattro cortometraggi realizzati da W.C. Fields con l'allora «king of comedy» Mack Sennett per la Paramount. Per quanto Sennett fosse quasi a fine carriera, riuscì a far buon uso della novità costituita dal film comico parlato. Il film fu diretto da Leslie Pearce su una sceneggiatura dello stesso W.C. Fields. ~ (Wikipedia)
"Fellini aveva un senso dell’umorismo eccezionale: l’analisi del mondo visto attraverso i suoi occhi è semplicemente brillante, tragica proprio perché divertente. Aveva una vasta conoscenza della natura umana. Ma amo anche W.C. Fields, e in particolare il suo capolavoro del 1932 THE DENTIST, secondo me il film più pornografico che sia mai stato realizzato. Non mi piacciono le pellicole politiche, non amo essere indottrinato dalle idee altrui, preferisco scoprire la mia strada, fare le mie scelte. Tra i documentaristi che rispetto meno c’è Michael Moore, non lo ritengo un regista ma uno straordinario propagandista, in tutti i suoi film parla solo di se stesso. Come diceva Samuel Goldwyn: «Se hai un messaggio da recapitare, spedisci un telegramma»." ~ Frederick Wiseman (vogue.it)
LISTA COMPLETA di FREDERICK WISEMAN
- Il Bidone (Fellini)
- Un giorno alle corse (Wood)
- The Dentist (Pearce)
- La guerra lampo dei Fratelli Marx (McCarey)
- La febbre dell'oro (Chaplin)
- Hôtel Terminus (Marcel Ophüls)
- Il volto (Bergman)
- Tempi Moderni (Chaplin)
- Una notte all'Opera (Wood)
- Le notti di Cabiria (Fellini)
Fonti: Sight & Sound (1992); "Frederick Wiseman - L'occhio che guarda", cinema Rosebud Reggio Emilia; slantmagazine.com; reason.com
"Per me fare un documentario è in qualche modo il contrario di fare un film di finzione. Nei film di finzione l'idea per il film si trasforma in uno scritto attraverso l'immaginazione dello scrittore e/o del regista, e questo accade ovviamente prima che si giri il film. Nei miei documentari accade il contrario: il film è finito quando, dopo il montaggio, ho trovato la sua scrittura. Se un mio film funziona è perché gli elementi verbali e figurativi sono stati fusi in una struttura drammatica." ~ Frederick Wiseman
"Mi piace giocare con le idee del film di fiction e con le relazioni che si possono instaurare tra un film di fiction e un documentario. O con le banalità e le inverosimiglianze che si trovano nei film di Hollywood." ~ Frederick Wiseman
"Io colleziono dei piani sequenza allo scopo di poter condensare una serie di riprese. Ho dunque la possibilità di servirmi di una di queste sequenze, o di parecchie tra queste, per nascondere questo sguardo diretto. (...) Io scelgo delle scene che abbiano sufficientemente elementi visivi non per raccontare a tutte lettere una storia, ma per suscitare nello spettatore un po' di lavoro immaginativo. Questi piani introducono dei momenti tranquilli." ~ Frederick Wiseman
INTERVISTATORE: "I suoi film sono dei «documentari». Pensa che si debba ancora distinguere tra documentario e finzione?"
WISEMAN: "È chiaro che tutto è cinema, ma è anche vero che ci sono differenze tra la struttura di una finzione tradizionale e un documentario. Detto questo, nei miei film è presente un elemento narrativo molto forte che li rende vicini alla finzione, anche se la forma è diversa. In entrambi i casi, finzione e documentario, si crea una storia al montaggio. Penso che ogni film sia interessante quando risponde a due requisiti: se funziona sul piano narrativo e se costruisce una metafora, un'astrazione. Non mi piacciono i cosiddetti film di denuncia, mi interessa mostrare la complessità del reale più che dimostrare quanto questo sia terribile."
"Mi piace fare documentari con una struttura drammatica, complicata, che si occupino di aspetti sottili del comportamento umano. Sia il documentario che un film di fiction devono funzionare a livello letterario e astratto. L'ordine delle sequenze deve dare un'idea di ciò che si cela al di là dell'opera. Non mi piacciono i film didattici, e ancor meno i documentari con scopo educativo. Se si è fortunati, quando si gira un documentario le performance possono essere altrettanto intense di quelle dei film. Nel documentario non si dirigono gli attori, ma si riconoscono certi atteggiamenti. Io sono inciampato nei film che ho fatto. Non posso prendermene il merito: la mia bravura è stata quella di riconoscere." ~ Frederick Wiseman
"La vita di tutti i giorni è paragonabile a un film di fiction, triste, drammatica, divertente, devi solo essere fortunato e riuscire a catturarne i momenti essenziali. Molti documentaristi pensano che i loro film possano cambiare il mondo, un punto di vista che a me non interessa. Io approccio ogni soggetto senza aspettative, con la mente aperta, senza un punto di vista prestabilito, sono pronto a tutto, non mi aspetto niente, perché altrimenti limiterei le mie scelte e di conseguenza il risultato del film." ~ Frederick Wiseman
"Anche se ho fatto quattro film in Francia, i miei lavori sono basati principalmente sulla vita americana, su fatti imprevisti che ho la fortuna di registrare e mostrare al pubblico. Giro molto, non so mai quello che potrebbe succedere, in genere spero sempre di avere almeno 250 ore a disposizione. Se mi danno 12 ore di accesso, sono sempre lì, giro continuamente, poi la notte mi guardo il footage. Dormo poco, ma ogni film è una nuova avventura in cui incontro persone diverse, dalle esperienze più disparate. Quando giro sono come un giocatore d’azzardo, tiro i dadi e spero che succeda qualcosa di memorabile." ~ Frederick Wiseman
"Uno dei miei obiettivi è sempre stato quello di affrontare l'ambiguità e la complessità che trovo in ogni soggetto. Anche l'atto umano più semplice può essere soggetto a interpretazioni multiple o nascondere molteplici cause. In TITICUT FOLLIES, per esempio, ci sono delle scene in cui si vede una guardia o un dottore o un assistente sociale essere crudele nei confronti di un carcerato. Ma ci sono anche altre situazioni in cui gli stessi sono gentili. Alcuni di loro sono sia gentili che crudeli, se non simultaneamente, progressivamente." ~ Frederick Wiseman
"FINO ALL'ULTIMO RESPIRO mi ha dato il gusto della libertà. Ho capito che certe abitudini di racconto e di regia potevano essere trasgredite. In quanto sceneggiatore, ho sempre dovuto adeguarmi alla logica mainstream dei film su commissione. FINO ALL'ULTIMO RESPIRO fa parte di quei film che mi hanno trasmesso il desiderio di anticipare i gusti del pubblico piuttosto che di seguirli." ~ Wong Kar-wai
"La mia mescolanza di stili non è premeditata. Mi sento piuttosto come il risultato di una società multiculturale. In rapporto alle influenze occidentali (Godard, Antonioni, Bertolucci, Carax) io ho trattenuto un contenitore (la struttura e la tecnica), ma il contenuto resta strettamente legato alle mie origini. Per esempio, Faye Wong è molto più nevrotica e indipendente di Jean Seberg in FINO ALL'ULTIMO RESPIRO. Avrebbe sicuramente cercato Belmondo nel suo appartamento invece di aspettarlo da lei." ~ Wong Kar-wai
"Non voglio che si mitizzi ulteriormente lo stile. Sono convinto che ci debbano essere delle ragioni per cui si gira un film in uno stile piuttosto che in un altro, e che queste ragioni non possono avere a che fare solo con una dimensione estetica, cerebrale, avulsa dalla realtà della pratica cinematografica, dal luogo, dai tempi e dalle condizioni in cui un progetto nasce e si sviluppa. Ovviamente si possono fare film diversi in condizioni identiche. Direi che lo stile sta proprio in questa scelta, in quest'opzione decisa non a tavolino ma sulla base di elementi concreti, contingenti. È la stessa cosa che è accaduta nella Nouvelle Vague, ed è per questo che ammiro tantissimo quei film, la loro spontaneità, a loro energica freschezza... I registi francesi di allora avevano pochi soldi, rifiutavano gli studi, giravano per le strade affrontando di volta in volta gli imprevisti che potevano capitare: dovevano sbrigarsi perché spesso non avevano alcuna autorizzazione e rubavano le immagini. E questo stile è il frutto del loro modo di girare, per il quale l'estetica e la pratica cinematografica erano la stessa cosa. Sono convinto che se Godard avesse avuto più soldi per FINO ALL'ULTIMO RESPIRO, avrebbe fatto un altro film." ~ Wong Kar-wai
"Sono un grande ammiratore di Satyajit Ray e ho visto molti dei suoi film. Seguo i film di Bollywood e di recente ho visto un film indiano intitolato THE LUNCHBOX. Un film molto bello. Ho sentito che è di un regista (Ritesh Batra) al suo primo film, ma credo che sia un talento davvero molto promettente." ~ Wong Kar-Wai (livemint.com)
"Tra i film contemporanei ne ho visti due che mi hanno impressionato. Uno è SHAME del regista Steve McQueen, che ho trovato davvero sbalorditivo. E l'altro è un film rumeno che ha anche vinto l'Orso d'Oro. (IL CASO KERENES) Non è un regista sofisticato, ma è un narratore bravissimo e molto accurato." ~ Wong Kar-Wai
Wong Kar-wai ha citato tra i suoi film preferiti l'intera "Trilogia di Apu" sottolineando "la sua umanità". Atri due film citati tra quelli a lui più cari sono L'AUTUNNO DELLA FAMIGLIA KOHAYAGAWA (di Ozu), "per il suo humor e la sua saggezza, e PRIMAVERA IN UNA PICCOLA CITTÀ (di Fei Mu) "per la sua intensità emotiva". ~ (Newsweek 2008)
"La ragione per cui ho voluto rendere omaggio a C'ERA UNA VOLTA IN AMERICA, a Sergio Leone e a Morricone, è perché nessuno fa più film del genere. La gente non ha pazienza per l'epica. L'epica in realtà riguarda il tempo. Si tratta di un viaggio, non solo di azione." ~ Wong Kari Wai (during Sundance Festival 2013)
INTERVISTATORE: "Segui il cinema contemporaneo? Hai dei registi preferiti tra quelli di oggi?"
WONG KAR-WAI: "Sì, certo. Christopher Nolan, Martin Scorsese ovviamente e Quentin Tarantino, loro penso che siano grandi filmmakers. Ognuno di loro ha il proprio mondo, è come se vedessero le cose da una loro specifica prospettiva, e questo ti dà... qualcosa di affascinante."
"Detesto la recitazione. Non chiedo mai agli attori di recitare il loro ruolo. Cerco sempre di prendere qualcosa in prestito dalla loro personalità. Gli attori di Hong Kong sono molto occupati, e non è infrequente che girino due o tre film alla volta. Quindi per loro è difficile entrare nell'universo del mio film quando arrivano sul set. Occorre che li faccia uscire da loro stessi per prepararli, è necessario che io li esaurisca in modo che si sbarazzino degli stereotipi recitativi che manifestano negli altri film. Ma io faccio questo solo all'inizio delle riprese, dopo loro si calano nel ruolo." ~ Wong Kar-wai
"Spesso mi chiedono che cosa provo sapendo che il cinema di Hong Kong è controllato da criminali. Per me non conta, se non condizionano il mio lavoro. È meglio che negli Stati Uniti, dove è necessario prima di tutto raccontare la propria sceneggiatura a una pletora di avvocati e contabili. Questo è il fascino di girare a Hong Kong. Il cinema hongkonghese è un po' un ragazzo selvaggio." ~ Wong Kar-wai
"La nozione di genere è molto condizionante a Hong Kong, e si deve sempre esordire con un film alla moda, che sia una commedia, un film d'azione o di kung fu. I registi che non sanno fare commedie sono penalizzati perché dagli anni '70 persino i film di gangster devono essere infarciti di gag. L'unica cosa che cerco di chiarire molto bene quando comincio un film è il genere in cui collocarlo. Da ragazzo sono cresciuto guardando film di genere, ed ero affascinato dalle differenze tra western, storie di fantasmi o commedie... Perciò cerco di cambiare sempre nel fare i miei film, e credo sia in parte questo che li rende così originali." ~ Wong Kar-wai
"Quello che trovo fantastico nel cinema è la possibilità di creare un intero mondo. La Hong Kong di DAYS OF BEING WILD è situata negli anni '60, ma la società che mostra il film non è mai esistita, si tratta di un mondo inventato, di un passato immaginario. Per ASHES OF TIME il mio principale obiettivo era quello di trovare un deserto che potesse funzionare come simbolo dello stato affettivo dei personaggi. E in HONG KONG EXPRESS ho concentrato l'azione nel Tsim Sha Tsui e nelle Chungking Mansions, perché questi edifici immensi, con i loro dedali di vicoli e scalinate, la loro miriade di gente di nazionalità diversa, rappresentano per me un mondo microscopico, una visione caleidoscopica di Hong Kong." ~ Wong Kar-wai
"Il film è come una stanza che via via si riempie di mobili collocati alla rinfusa. Dopo, io rimetto la stanza in ordine. Credo molto al caso. I miei film sono costituiti dalla somma di piccoli pezzi. Alla fine scopro l'insieme. Mi sembra un modo di pensare molto cinese. Un giorno stavo girando a La Boca e non sapevo veramente perché stavo facendo questa o quella inquadratura. Era tutto puramente casuale. Solo al montaggio mi sono reso conto che ciò che avevo girato avrebbe giocato un ruolo importante. In altre parole, è come un puzzle di cui non conosco l'ordine ma i cui pezzi si assemblano a poco a poco." ~ Wong Kar-wai
"Se padroneggiate i vostri personaggi, potrete padroneggiare tutto. Per questo i miei film sono più la messa in scena di personaggi che di un racconto. I personaggi che ho creato nei miei film precedenti qualche volta risorgono. In effetti quando ripenso ai miei primi film mi dico: non avrei dovuto far loro capitare questa cosa, o quell'altra. Allora li riprendo e faccio loro vivere altre cose." ~ Wong Kar-wai
"Le mie idee sullo scrivere sono cambiate non appena ho cominciato a occuparmi di regia. Come sceneggiatore, volevo che i miei copioni fossero perfetti e costruiti precisamente. Come regista, so che si creano sempre situazioni inaspettate, non controllabili. Molte cose in alcuni film non possono essere concretamente pianificate prima. La miglior cosa che puoi fare è visualizzare preventivamente quello che vuoi e poi concretizzare quello che hai immaginato mentre lavori sul set. Comincio da una sceneggiatura abbastanza libera, abbozzata, e mi dedico alla scrittura dei dialoghi il giorno delle riprese. Detesto scrivere, e personalmente ritengo che avere un copione prima di girare sia molto fastidioso. Immaginare tutti i dialoghi e metterli su carta è un metodo che non mi piace. Un architetto che progetta un edificio, per esempio, dirà: davanti all'ingresso ci pianterò degli alberi. Allora li mette davanti all'ingresso. Nel mio caso vorrei avere prima gli alberi. Ho un terreno, gli alberi e mi dico che ci dovrebbe essere un edificio dietro gli alberi. Ho bisogno di avere tutti gli ingredienti nella mia mente per integrarli dopo nel film. Voglio semplicemente rendere il processo di realizzazione il più interessante e appassionante possibile. Ho sempre tanti elementi che mescolo in seguito. È per questo che a volte inizio un film con diverse storie." ~ Wong Kar-wai
"Quello che per me è importante è lo spazio. Datemi un angolo di strada o una scala e io posso ricavarci una storia. Ho bisogno di qualcosa di concreto da cui partire per poter far funzionare la mia immaginazione. Ad esempio, la scala che porta al casinò nella scena con Gong Li (in 2046) si trova in un edificio a fianco della via in cui abbiamo girato IN THE MOOD FOR LOVE, a Bangkok. Quando sono ritornato, 4 anni più tardi, per girare 2046, ho deciso che, se questa scala esisteva ancora, allora avrai costruito il casinò in quell'edificio. Per me quindi ciò che viene per primo è il luogo e la sua configurazione. Ho imparato da Antonioni che i personaggi principali di un film non sempre sono esseri umani, ma possono essere luoghi, spazi, cose. L'angolo di un muro, per esempio, è anche il testimone dei cambiamenti nella vita dei personaggi." ~ Wong Kar-wai
"In 2046 passo il mio tempo e di battermi con il passato, il presente, il futuro. Per me, in questa storia, il futuro è insieme un modo di fuggire il presente e un'estensione del passato. È un modo molto cinese di pensare. Per noi il tempo è un cerchio che comincia là dove finisce, e viceversa. (...) Il privilegio del regista risiede nel controllare il tempo, cosa che nella vita reale è impossibile. Impossibile arrestare il tempo o accelerarlo. Nel cinema invece si può giocare con il tempo, trasformare un secondo in un'ora e ridurre un periodo di 10 anni a qualche secondo. È l'aspetto più divertente della messa in scena. Ho spesso la sensazione che il tempo scorra al contrario, e che il futuro sia alle nostre spalle." ~ Wong Kar-wai
Titolo originale Bring Me the Head of Alfredo Garcia
Regia di Sam Peckinpah
Con Warren Oates, Isela Vega, Robert Webber, Gig Young, Emilio Fernández, Kris Kristofferson
consigliato da JOHN WOO
"VOGLIO LA TESTA DI GARCIA è un grande film, ma al botteghino si rivelò un fiasco. Forse all'epoca il pubblico rimase deluso perché si aspettava di vedere molta azione, come Peckinpah l'aveva abituato con IL MUCCHIO SELVAGGIO e GETAWAY!, ma io sono convinto che questo film abbia maggiore profondità. È anche un film romantico con una meravigliosa storia d'amore. Non riesco a capire come mai non abbia avuto successo. Ho sempre desiderato realizzare un remake di VOGLIO LA TESTA DI GARCIA e prima di andare a Hollywood ho tentato di farlo a Hong Kong. All'inizio del film Peckinpah dedica molta attenzione al personaggio di Warren Oates per riuscire a trasmettere i sentimenti e il senso di solitudine di un vagabondo. Io adoro Warren Oates, è un attore che non ha bisogno di recitare. È talmente naturale che sembra interpretare solo se stesso. Qualunque cosa faccia appare reale, e non si tratta di un metodo di recitazione. Oates sembra non aver bisogno di alcun «metodo», dà vita a un personaggio che sembra già esistere, proprio come le persone che vivono insieme a noi. Non è un supereroe, è un eroe tragico. Benny è perseguitato dal proprio destino, soprattutto dopo che la sua ragazza viene uccisa e la sua vita subisce un cambiamento radicale. Quando parla con Al è come assistere a una tragedia greca. Tutto quello che fa non lo fa solo per denaro, ma per ritrovare se stesso. Ecco perché penso che la fine del film abbia un risvolto esistenzialista: lui cerca se stesso e quando questa ricerca giunge al termine, Benny muore. Ha la stessa sorte di Al, e così sembra che compia la propria vendetta non solo per sé stesso ma anche per Al. Gig Young e Robert Webber sono straordinari. Credo che siano legati da un'amicizia fuori dal comune. Entrambi sono personaggi tragici, anch'essi incapaci di dominare il proprio destino. Ho sentito dire che quando Peckinpah girò VOGLIO LA TESTA DI GARCIA era depresso e frustrato. Penso che abbia trasferito questo stato d'animo nel personaggio di Oates ed è forse per questo che il film sembra tanto reale. È come se Peckinpah stesse parlando a un vecchio amico, non gli importa degli incassi o del gradimento del pubblico, e dunque si prende tutto il tempo che gli serve per definire il personaggio e la storia. Si permette di fare l'artista e crea il suo film come se fosse un dipinto o una poesia. Per esempio, la scena dello stupro con Kris Kristofferson è stata girata con un filtro «flou», quando Isela Vega siede con il petto nudo in mezzo alla sterpaglia del deserto, sembra un quadro di Renoir. Ecco perché VOGLIO LA TESTA DI GARCIA è uno dei grandi film di San Peckinpah: perché è un film sui suoi sentimenti." ~ John Woo
Con Alain Delon, Nathalie Delon, François Périer, Cathy Rosier, Catherine Jourdan
consigliato da JOHN WOO
INTERVISTATORE: "Come descriveresti FRANK COSTELLO FACCIA D'ANGELO a qualcuno che non lo abbia mai visto?"
WOO: "È un film su un killer dal grande onore. Il titolo cinese tradotto significava «Il killer solitario», e Alain Delon è davvero grande. Non dice nulla, osserva solo. C'è molta comunicazione sulla sua faccia. Lo vidi in un cinema commerciale di Hong Kong. A quel tempo Alain Delon era estremamente popolare. La gente impazziva per lui – era il numero uno. Ho guardato il film tenendo continuamente la bocca aperta. Grazie a questo film ho scoperto il regista Jean-Pierre Melville. Era un film molto insolito. Non molto dialogo, grande calma, e molto stile. È il film più «cool» in assoluto. [Ride]"
INTERVISTATORE: "Parliamo un po' di stile. Delon ha reso «cool» l'impermeabile."
WOO: "Ed è per questo che in A BETTER TOMORROW ho messo un impermeabile addosso a Chow Yun-Fat. È come Delon. Ad Hong Kong fa molto caldo. La gente non porterebbe mai un impermeabile, neanche in inverno."
INTERVISTATORE: "Ma dopo A BETTER TOMORROW la gente ad Hong Kong ha cominciato a portare l'impermeabile..."
WOO: "Sì, è vero. E gli occhiali da sole."
INTERVISTATORE: "Come regista, qual'è la tua scena preferita del film?"
WOO: "Una è la scena iniziale, nella sua stanza. Lui è steso a letto, e c'è una gabbia per uccelli di fronte alla cinepresa, e l'uccello salta e sbatte dappertutto. È una ripresa molto lunga, con la camera fissa e lui steso a letto. È la scena del titolo. In questo modo, con una sola inquadratura, racconta l'intera storia. Cioè ti dice chi è lui, quant'è solo. L'uccello è la sua sola compagnia. È per questo che in tutti i miei film mi piace inserire delle scene con degli uccelli. (...) Ho incontrato Alain Delon alcuni anni fa. Un amico gli aveva riferito che amavo molto i suoi film. Lui aveva visto THE KILLER e gli era piaciuto molto. E sapeva che quel film era un omaggio a Jean-Pierre Melville. Mi abbracciò e mi disse quanto aveva amato il mio film. (...) Delon non fa più film; lavora un po' in televisione. Mi ha detto: «È dura trovare un buon regista, come ai bei vecchi tempi». È per questo che i film non lo interessano più. Ma ha ancora la stessa passione, e una grande energia. Non sembra vecchio. È stato molto gentile. Mi ha detto che se avessi avuto bisogno di lui, dovunque mi fossi trovato, se lo avessi chiamato, sarebbe subito venuto per aiutarmi in un mio film. (...) In THE KILLER ho fatto un omaggio a FRANK COSTELLO FACCIA D'ANGELO nella scena in cui Chow Yun-Fat entra nel nightclub, e lì c'è una cantante, Sally Yeh. Lei canta e i due si scambiano uno sguardo. E il testo della canzone parla di solitudine e amore. La canzone sembra avvicinarli. Perché sono entrambi soli e in cerca d'amore. Poi lui va oltre senza dir niente. Si mette i guanti, prende la pistola e bussa a una porta, sfonda la porta e spara al tizio dentro la stanza. C'è una scena molto simile in FRANK COSTELLO... Alain Delon entra in un nightclub, vede una cantante di colore che canta e suona il piano, lui passa oltre, entra nell'ufficio, e uccide il tizio. E poi Alain se ne va."
INTERVISTATORE: "Cosa fa di Melville un grande regista?"
WOO: "Non c'era nessuno come lui a quel tempo. [Ride] È difficile da spiegare. Basta guardare i suoi film. Andate a comprare I SENZA NOME. Ha anche dei dietro-le-quinte. Il film uscì nel 1970. È un film che ho sognato di rifare per molto tempo. In HARD BOILED c'è un momento in cui Chow Yun-Fat e Tony Leung sono intrappolati nel tunnel dell'ospedale. Devono farlo esplodere per poter uscire. Quindi mettono il proiettile in un buco del muro. Poi uno dei due mira al proiettile, le mani tremano, e all'improvviso spara senza guardare. E il proiettile fa esplodere il muro. Quell'idea viene da I SENZA NOME. (...) Credo di aver la stesso tipo di filosofia che aveva Melville. Crediamo nello stesso genere di codice d'onore. Anticamente, nella società cinese, chi aveva un vero spirito cavalleresco era molto ammirato. Aiutare la gente, sacrificarsi per gli altri. È la stessa filosofia."
"Per me Melville è Dio. Quello che ho in comune con lui è l'amore per i vecchi film americani di gangster. Anche se pure i suoi erano sostanzialmente film di gangster, la grande differenza tra il suo lavoro e i film americani stava nel suo approccio quasi intellettuale al genere. Anche se sono girati in un modo piuttosto freddo, i film di Melville smuovono sempre delle emozioni. Nel raccontare Melville è molto controllato, e trovo la cosa affascinante. Nei miei film quando voglio trasmettere un'emozione, uso sempre un mucchio di angolazioni, primissimi piani a volte in combinazione col dolly. Melville è l'opposto, riprende in maniera quasi statica, lasciando che gli attori facciano la loro performance, e perciò dando modo al pubblico di sperimentare appieno quel che succede in ogni scena. Ne risulta che i suoi film sono estremamente coinvolgenti sia da un punto di vista psicologico che intellettuale. (...) Amo come Melville è riuscito a combinare la propria cultura e la filosofia orientale. Ed è per questo che il pubblico di Hong Kong rispondeva entusiasticamente ai sui film. (...) Credo di riuscire a relazionarmi ai suoi film perché la sua visione dell'umanità è molto radicata nelle tradizioni orientali. I suoi personaggi non sono eroi; sono esseri umani. Nel mondo delle gang, devono stare alle regole, ma rimangono comunque fedeli a un codice d'onore che ricorda l'antica cavalleria. Nei film di Melville c'è sempre una linea sottile tra il bene e il male. I suoi personaggi sono imprevedibili. Non sai mai cosa faranno dopo, ma è sempre qualcosa «bigger than life». Non puoi usare nessuna formula, nessuno standard morale, per definire i suoi eroi. (...) Credo che questo mio legame con Melville abbia a che fare anche col fatto che sono stato influenzato dall'esistenzialismo negli anni cinquanta e sessanta. Per me i film di Melville sono esistenzialisti, lo si avverte nella solitudine dei personaggi di Yves Montand ne I SENZA NOME e di Alain Delon in FRANK COSTELLO. Nessuno si interessa a loro, nessuno sa chi sono; sono delle figure tragiche, solitarie e condannate, perse in un viaggio dentro di sé. (...) Chi vede i film di Melville si accorge di quanto sia diverso dai filmmakers americani. È un regista davvero molto spirituale, dotato di una visione unica." ~ John Woo
"Amo sinceramente questo film. Quando vidi GIOVENTÙ BRUCIATA, pensavo di essere James Dean. Ho sempre avvertito molta incomprensione tra me e i miei genitori. Vivevamo in un sistema molto all'antica. Ho provato anche a scappare. Avevo bisogno di amore, di qualcuno che si prendesse cura di me. (...) Da bambino ero piuttosto infelice. Prima di tutto sono cresciuto nei bassifondi. Era un modo di vivere molto duro in un quartiere molto difficile. Era dura sopravvivere. Avevo spesso a che fare con le bande. Venivo malmenato da alcuni ragazzi, «bravi ragazzi». Volevano che mi unissi a loro, ma io mi rifiutavo. E i miei genitori erano piuttosto severi con me, volevano che rigassi dritto, perciò era piuttosto difficile sopravvivere in quella situazione. Dovevo sapermi difendere nei combattimenti. Ero abbastanza forte – ma quasi ogni giorno dovevo procurarmi qualcosa, una qualche arma, da usare nel caso subissi un'imboscata. E la nostra famiglia era piuttosto povera. Per un paio d'anni non abbiamo avuto una casa. Era tutto un sistema che non mi piaceva. Sentivo una continua pressione addosso. Mi sembrava un vero inferno. Trovavo sempre un modo per scappare, e andare per la mia strada. Vista la situazione in cui vivevamo, mia madre e mio zio erano molto duri con me. Era una famiglia molto tradizionale. Ma non significa che i miei genitori mi maltrattavano. Avevano solo paura che prendessi la strada sbagliata. (...) Perciò dopo aver visto il film, mi sembrava di essere proprio come James Dean: avevo bisogno di avere attorno gente che mi capisse, che mi amasse e mi incoraggiasse di più. La cosa curiosa è che avevo vissuto le stesse cose che James Dean faceva nel film. Avevo un paio di amici che erano nei guai, proprio come il personaggio di Jacky Cheung nel mio film BULLET IN THE HEAD. (...) Nel nostro quartiere c'erano dei giocatori d'azzardo. Trattavano molto male i propri figli, e tra di loro c'era un mio amico. Nessuno si interessava a lui. Cominciò a commettere dei crimini, a fare delle pazzie, a drogarsi, diventò anche lui un giocatore d'azzardo. E si mise nei guai con la polizia. Io mi prendevo cura di lui e provavo a proteggerlo. Lo ospitavo a casa mia. Fu una storia piuttosto triste. Quando vidi James Dean nel film, lui si preoccupava per il suo amico, e io provavo la stessa cosa. (...) Mio padre era un insegnante di stampo tradizionale. I film non gli sono mai piaciuti. Pensava che fossero finti. Ma io amavo i film, ne andavo matto. Quando gli dicevo che amavo i film e l'arte, lui di solito replicava: «Non riusciresti mai a sopravvivere. Con l'arte non riusciresti a guadagnarti da vivere.» Volevano che diventassi un insegnante – qualcosa di stabile. Ma io non li ascoltavo. Ero molto rabbioso. Volovo combattere tutto il sistema, l'intera società... C'erano diversi problemi. Non c'era molta gente che si preoccupasse dei poveri, o dei giovani. Non c'erano nè modelli nè possibilità di educare i giovani su cosa fare e dove andare. Ma i film ce lo dicevano. I film erano di grande ispirazione. Prima di vedere GIOVENTÙ BRUCIATA ero molto arrabbiato per la situazione complessiva, ce l'avevo coi miei vicini, coi miei genitori, con tutti. Ma dopo aver visto il film, sono cambiato. Non importava cos'era successo, bisognava trovare un modo di comprendersi. Genitori e figli dovevano capirsi di più e trovare il modo di perdonarsi e amarsi. La fine del film mi toccò molto. Il padre finalmente capisce il figlio, e il figlio finalmente ottiene vero amore dai genitori. Questa è una buona soluzione ed è l'unica soluzione. Mi ha davvero cambiato la vita, mi ha fatto sentire che non dovevo essere arrabbiato per ogni cosa, che dovevo trovare un modo di amare la mia famiglia. (...) Amo James Dean. Dopo aver visto questo film, ho cominciato a vestirmi come lui. Avevo la giacca rossa e mi pettinavo come lui, ma non potevo permettermi la cera per capelli, quindi usavo solo l'acqua. Parlavo anche come James Dean. Per me era un idolo di grande influenza. (...) Era un attore molto naturale. Credo che fosse semplicemente se stesso. Non ti sembrava che stesse recitando. Ti faceva sentire a tuo agio, come se fosse un tuo vicino. Era così vero! Oggi alcuni attori sono troppo innamorati del «recitare». James Dean era solo James Dean." ~ John Woo
"Se non avessi visto MEAN STREETS, non avrei saputo qual'era il mio scopo nella vita. Anche se amavo moltissimo i film, non c'era molta speranza. Pur essendo attivo a scuola, non avevo molti amici. Ero sempre alla ricerca di buoni amici, di qualcuno coi miei stessi obiettivi. Mi sentivo estremamente solo. Avevo bisogno di parlare con qualcuno. Anche nella scuola missionaria che frequentavo, avevo sì molti amici, ma parlavano solo di religione. Volevo qualcosa di reale. Dopo aver visto MEAN STREETS, ho trovato i miei amici proprio accanto a me. (...) Era un film così diverso dal solito stereotipo di film hollywoodiano. Sembrava così reale, e lo trovai molto toccante. (...) Anche se avevo già diretto il mio primo film, non avevo molta fiducia in me stesso. Devo confessarlo. Credo di aver iniziato un po' troppo presto. Avrei dovuto studiare di più. Cominciai con alcuni film di kung-fu e con delle commedie. Ma MEAN STREETS mi fece vergognare di me stesso – «Perchè non faccio film come questo? Perché non racconto storie vere?» Ma a quel tempo non erano in molti a voler vedere delle storie vere al cinema. Anche ad Hong Kong, amavano solo i film di kung-fu. Sentii che dovevo fare un film come MEAN STREETS. (...) In BULLET IN THE HEAD il personaggio di Jacky Cheung era un omaggio al Robert De Niro di MEAN STREETS. Alla fine del film, quando impazzisce e si becca un proiettile in testa, e si regge la testa mentre cammina nel vicolo buio. Era proprio come De Niro alla fine di MEAN STREETS quando viene colpito dal proettile e cammina nel vicolo buio, con l'opera in sottofondo. Era un'immagine molto forte, l'avevo sempre in mente, e così l'ho usata in BULLET IN THE HEAD. (...) MEAN STREETS mi sembrò proprio come una tragedia greca. Chiaramente in MEAN STREETS i temi forti riguardano l'amicizia, come nei miei film e nella mia vita. Quando provi molto affetto per un amico e quello ti tradisce, allora diventa una tragedia. (...) Ho anche imparato molto dal montaggio di Scorsese. Il suo editing è così lucido e preciso – e a volte fin troppo brusco. Non gioca secondo le regole standard. Monta le scene seguendo le sue sensazioni. E ovviamente controlla moltissimo il ritmo. Il suo modo di usare la musica è piuttosto unico. Mi ha ispirato ad usare la musica nello stesso modo sia in FACE/OFF che in tutti gli altri film." ~ John Woo
LISTA COMPLETA di JOHN WOO
- L'esorcista (Friedkin)
- I 400 colpi (Truffaut)
- Il Padrino (Coppola)
- Lawrence d'Arabia (Lean)
- Mean Streets (Scorsese)
- Gioventù bruciata (N.Ray)
- Psyco (Hitchcock)
- Frank Costello faccia d'angelo (Melville)
- I Sette Samurai (Kurosawa)
- Les parapluies de Cherbourg (Demy)
- West Side Story (Wise & Robbins)
- Il mucchio selvaggio (Peckinpah)
- Voglio la testa di Garcia (Peckinpah)
Fonti: Time Out (1995); "The best film You've never seen" di R.K.Elder; "Cult!"a cura di Bill Krohn; "The film that changed my life" di R.K. Elder; "John Woo" edizioni Il Castoro Cinema;
"C'era un giornale che si chiamava «The Chinese Student Weekly». Il direttore era un uomo gentilissimo che metteva a disposizione i locali del giornale per una specie di centro di ricerche artistiche. C'erano parecchie sezioni, di poesia, arte, filosofia, e io incontrai un gruppo di giovani che amavano il cinema. Il giornale prendeva a noleggio film d'autore perché noi li vedessimo e ne discutessimo. Andavo nelle librerie e rubavo i libri di cinema. È così che ho appreso tutto a proposito della teoria cinematografica." ~ John Woo
"Ammiro il cinema di King Hu e a lui mi sono ispirato spesso, particolarmente per i suoi movimenti di macchina e per il modo che aveva di controllare i ritmi dei suoi film, come un tempo musicale..." ~ John Woo
"Da piccolo sognavo un paradiso senza crimine né violenza, e questo paradiso l'ho trovato nella prima commedia musicale che ho visto: IL MAGO DI OZ. Le persone, In questo film, sono così belle: questo film mi ha donato la speranza." ~ John Woo
"Ammiro gli antichi cavalieri cinesi, la lealtà dello spirito del Samurai e, in occidente, i Romantici francesi. Un vero cavaliere dovrebbe essere libero di andare e venire come gli pare – non ha bisogno del riconoscimento di quelli che gli stanno attorno – perché le sue azioni sono la cosa più importante. Spesso sacrificherà tutto, persino la sua vita, per la giustizia, la lealtà, l'amore e la sua patria, e se fa una promessa a un amico, la deve mantenere. La sua vita è come una nuvola – potrebbe sparire in un attimo – e penso che quest'immagine della fragilità maschile sia meravigliosa." ~ John Woo
Con Fredric March, Dana Andrews, Harold Russell, Myrna Loy, Teresa Wright, Virginia Mayo
consigliato da WILLIAM WYLER
"Questo è il genere di film che non avrei potuto fare con convinzione se non fossi stato in guerra io stesso. Se Sam (Goldwyn) mi avesse proposto questa storia cinque anni fa, per non fare la figura dello stupido avrei dovuto dirgli: «Aspetta un attimo! Mi arruolo nell'esercito e torno tra tre anni dopo aver conosciuto questi personaggi.» Nei miei primi film c'erano dei personaggi che non comprendevo abbastanza, ma questi tizi li conosco. Per due volte io stesso sono tornato a casa da una guerra, e so come potrebbero sentirsi e comportarsi. Uno dei personaggi mi assomiglia parecchio, nel senso che torna a casa dove lo aspettano una bella famiglia, un buon lavoro e un po' di soldi. È una persona che ha vissuto con la stessa donna per vent'anni, eppure all'inizio si sente un po'strano e spaesato. Nessun uomo può rientrare a casa dopo due o tre anni e riprendere la vita di prima come se niente fosse. Ho spiegato tutte le mie paure e i miei problemi a Bob (Robert E.) Sherwood, che ha scritto la sceneggiatura, e lui li ha integrati proprio come volevo. Ha fatto un lavoro meraviglioso nell'intrecciare le vite dei personaggi. Scrivere questa sceneggiatura è stato come scrivere una storia originale. I tre personaggi che abbiamo ora non assomigliano per niente a quelli che MacKinlay Kantor aveva nel suo libro «Glory fir me», che aveva scritto su suggerimento di Mr. Goldwyn. La storia di Kantor andava bene per il 1944-45, ma noi volevamo una storia che reggesse nel 1946-47. Il problema più difficile era dar forma al personaggio del veterano disabile. Inizialmente avevamo pensato a uno spastico, ma mi sono reso conto che un personaggio del genere non sarebbe mai potuto sembrar vero; che non esisteva un attore in grado di interpretare uno spastico in maniera convincente, non importa quanto grande fosse il suo talento. Un giorno mentre stavo guardando alcuni film del «Signal Corps» sui veterani disabili ho visto «DIARIO DI UN SERGENTE, in cui si vedeva un tizio che aveva perso entrambe le mani cercare di adattarsi a mani artificiali, dotate di uncini. Sapevo che era lui il nostro marinaio. Bob Sherwood era d'accordo con me e così andammo da Goldwyn, pienamente convinti che lui avrebbe respinto il suggerimento perché troppo raccapricciante. Ma lui capì in che direzione stavamo andando e ci disse di continuare. Decidemmo di prendere quel ragazzo dove DIARIO DI UN SERGENTE l'aveva lasciato e mostrare il suo ritorno a casa pienamente riadattato e determinato a vivere in mezzo agli altri e comportarsi come loro sotto ogni punto di vista. Volevamo mostrare al pubblico che le persone disabili erano del tutto in grado di fare cose ordinarie con le loro mani artificiali; e che siamo noi, in realtà, ad essere disadattati, visto come li disturbiamo e li imbarazziamo con le nostre attenzioni condiscendenti. Allora ho cercato Harold Russell per il nostro film. Lui non era mai stato su un campo di battaglia ma era ugualmente una vittima di guerra. Aveva perso entrambe le mani in un'esplosione accidentale in un campo d'addestramento in Georgia. Dopo aver visto DIARIO DI UN SERGENTE sapevo che nessun altro poteva interpretare quel ruolo. Lui ovviamente non è un attore, e non ha la tecnica dell'attore, ma ha fornito la più bella performance che io abbia mai visto sul grande schermo. Non ho tentato di insegnargli a recitare. Mi sono concentrato sul guidare i suoi pensieri più che le sue azioni, perché ero convinto che se avesse pensato nel modo giusto non avrebbe potuto fare nulla di sbagliato. Ho chiamato la sua una performance «riflessiva» perché capisci immediatamente quello che sta provando dall'espressione sul suo volto o dal modo in cui piega la testa o nasconde gli uncini." ~ William Wyler
Con Orane Demazis, Raimu, Pierre Fresnay, Charpin, Auguste Mouriès, Robert Vattier, Maupi
consigliato da WILLIAM WYLER
LISTA COMPLETA di WILLIAM WYLER
- All'Ovest niente di nuovo (Milestone)
- La corazzata Potemkin (Eisenstein)
- I migliori anni della nostra vita (Wyler)
- Il ponte sul fiume Kwai (Lean)
- Il gabinetto del Dr. Caligari (Wiene)
- La Dolce vita (Fellini)
- Il dottor Stranamore... (Kubrick)
- Fanny (Allégret)
- Il tesoro della Sierra Madre (Huston)
- e svariati film di Charlie Chaplin
Fonti: Book of Lists (1977); dga.org; nytimes.com; IMDb;
"Non mi definirei proprio un «auteur» – anche se sono uno dei pochi registi americani che riescono a pronunciare la parola correttamente. (Wyler era nato e cresciuto in Alsazia - ndt)" ~ William Wyler
"I grandi film non possono essere interamente fiction. Film che continueranno a vivere per anni, come NASCITA DI UNA NAZIONE e VIA COL VENTO, avevano grandi eventi storici alle spalle. Il problema con Hollywood è che troppi tra i più alti responsabili stanno troppo bene e se ne fregano di cosa finisce sullo schermo fintanto che funziona al botteghino. Come ci si può aspettare che gente con quel tipo di atteggiamento realizzi i grandi film che il mondo vuole vedere?" ~ William Wyler
"La vita ad Hollywood è orribile. Ti svegli alle cinque o alle sei del mattino per essere pronto a girare per le nove. L'orario di lavoro non viene adattato alle esigenze degli artisti e dei registi, ma a quelle dei tecnici. Se vai a una festa una sera non ci troverai nessuno che stia girando un film; quelli sono tutti a casa a dormire." ~ William Wyler
"Ho rifiutato l'offerta di dirigere TUTTI INSIEME APPASSIONATAMENTE perché proprio non potevo sopportare di fare un film su tutti quei nazisti gentili." ~ William Wyler
[Su Preston Sturges]: "Non riuscirei mai a fare un buon film senza un buon sceneggiatore, ma neanche Preston Sturges ci riuscirebbe. Solo che lui ne aveva uno sempre con sé. Lui era un vero «auteur», il completo creatore dei suoi film." ~ William Wyler
[Su Laurence Olivier]: "Sir Laurence Olivier è uno degli attori più disciplinati, preparati, capaci, intelligenti e cooperativi con cui abbia mai lavorato. Questo potrebbe certo essere dovuto al fatto che è anche un regista, un bravissimo regista." ~ William Wyler
[Su Humphrey Bogart]: "L'ho trovato professionale e molto accomodante. Il suo modo di recitare non era mai gigionesco, era molto semplice – in realtà recitava in maniera minimalista e credo che sia per questo che i suoi film reggono così bene anche oggi. Come attore ovviamente aveva delle limitazioni – la sua gamma recitativa non era molto ampia, ma all'interno del suo range era il migliore in circolazione." ~ William Wyler
"Filmo la maggior parte delle scene dall'inizio alla fine e lascio che la cinepresa si volti insieme agli attori per catturare le loro azioni e reazioni. In questo modo sono i protagonisti a stabilire dove tagliare una scena. Non credo nell'uso smodato di primi piani e li utilizzo solo quando voglio dare un significato particolare all'esclusione di tutto il resto alla vista del pubblico per un certo lasso di tempo. I primi piani sono un affare rischioso e vanno fatti rispettando un tacito accordo con il pubblico, perché se quest'ultimo non vuole guardare una faccia o un oggetto preciso nel preciso momento in cui tu vuoi farglieli guardare, allora non funzionano." ~ William Wyler
"Gregg Toland ha una grande e felice influenza sul mio lavoro. Di solito la fotografia non influenza la regia, ma il lavoro sulla profondità di campo di Toland l'ha fatto perché ci ha permesso di lasciare che il pubblico facesse le sue scelte di montaggio. Se la fotografia ti dà modo di vedere nitidamente tutti e quattro gli attori di una scena mentre interagiscono uno con l'altro nella stessa inquadratura, allora hai ottenuto l'opportunità di usare un gran primo piano nel momento più importante. Per questo motivo Toland ha migliorato la mia regia." ~ William Wyler
Con Christian Patey, Caroline Lang, Sylvie van den Elsen, Michel Briguet, Vincent Risterucci
consigliato da EDWARD YANG
Mentre Yang cresceva, Taiwan era ansiosa di costruire buoni rapporti diplomatici con l'estero e aveva cominciato a far circolare il genere di film europei che altrimenti lì non avrebbero potuto vedere. "Ricordo di essere andato con mia sorella a vedere 8½ di Fellini, e nel cinema c'eravamo solo io, lei e le due ragazze del bar, che continuavano a lamentarsi e a dire che non capivano la storia. Eravamo fortunati, anche i film di Robert Bresson venivano distribuiti regolarmente a Taiwan. Nessuno dei miei amici francesi ci crede quando glielo racconto." ~ Edward Yang (theguardian.com)
"I miei genitori volevano per me una carriera in ambito tecnologico, in modo che potessi trovare un lavoro ben pagato non appena laureato, e loro potessero sentirsi sicuri. Se ti interessi alle materie umanistiche ovviamente loro pensano che farai la fame. Negli esami d'ingresso per il college andai fin troppo bene. Mi qualificai per il più alto livello educativo, il che mi portò ad ingegneria. Stavo malissimo. Volevo rifare gli esami per ottenere un punteggio peggiore. Ma è la realtà che ti porta altrove. Ottenuta la laurea di primo livello mi iscrissi alla specializzazione negli Stati Uniti per studiare ingegneria elettronica. Entrai nel programma più nuovo e ambito, il Centro di Ricerca Informatica dell'Università della Florida. Pensavo che mi sarei laureato mentre vedevo il mondo. C'erano un mucchio di avvenimenti eccitanti in quegli anni – il rock and roll, la guerra in Vietnam, gli hippies, la marijuana, l'amore libero, le proteste nei campus. Era un periodo davvero molto interessante. Presa la laurea il mio tutor mi disse: «Ok, ora il dottorato.» Io risposi che avrei studiato cinema, e lui: «Sei pazzo.» Così andai alla USC (University of South California), e mi resi conto che non avevo assolutamente talento. Non avevo quel che serviva per entrare nel business del cinema, per cui lasciai gli studi. Riconoscevo che quello era un sogno che era meglio non sognare perché non avevo ciò che richiedeva. Trovai un lavoro a Seattle in un laboratorio di ricerca con un contratto per realizzare progetti top secret per la difesa nel campo dei microcomputers. Facevo parte della prima generazione di designers e studiosi di microcomputers e microprocessori. A trent'anni avevo una carriera ben avviata, con un team di sette o otto ragazzi che lavorava ad alcuni progetti veramente interessanti. In seguito ho riflettuto sul fatto che il designing è come la scrittura, e ho capito che quel background mi ha aiutato molto. Dopo un paio d'anni come ingegnere naturalmente la routine mi è venuta a noia. Una sera, mentre tornavo dal lavoro, nel centro di Seattle vidi un cartellone fuori da un cinema con le parole, «New Wave Tedesca», e il titolo AGUIRRE: FURORE DI DIO. Ero incuriosito, quindi entrai. Fu un colpo di fortuna. Quando uscii ero una persona diversa. Quelle due ore mi sconvolsero completamente. Ripristinarono la mia fiducia di poter essere un filmmaker. Quello era proprio come un film credevo dovesse essere. Una scuola di cinema non ti insegnerebbe mai a fare riprese del genere. Fu uno dei momenti cruciali della mia vita. Avevo passato i trenta, credevo di star invecchiando, e altri tre anni passarono prima che avessi la possibilità di lavorare su un film con un amico che mi chiese di scrivergli la sceneggiatura. Tornai a Taipei, e visitai anche Hong Kong per la prima volta. Quel film fu girato in Giappone. Poi ricevetti un'offerta per scrivere e dirigere un film per la TV a Taiwan, così non tornai a Seattle. Dieci anni dopo mia madre ancora mi telefonava per chiedermi: «Quand'è che torni al tuo lavoro normale?» (...) Stavo raccontando questa storia a un amico a San Francisco durante il film festival e il mio amico mi fa: «Girati» e lì c'era Werner Herzog. Siamo diventati buoni amici." ~ Edward Yang
"Sostanzialmente mi piacerebbe che i miei ascoltatori, spettatori fossero coinvolti emotivamente come se parlassero a un amico. Senza pretese, senza decorare i sentimenti. È questo il mio progetto di cineasta. Io penso che ci siano molti film che sono inutilmente decorati, che mettono in mostra la loro tecnica, pieni di spiegazioni. Non mi piace tutto ciò. È troppo indiretto. Preferisco qualcosa di più diretto. Preferisco usare il minor numero di artifici possibili per dire quello che mi sta a cuore. Ecco, ... probabilmente questo è il mio stile. [ride] (...) Credo che fare amicizia con qualcuno sia un processo molto articolato. Devi essere molto onesto e corretto. E questo è il mio modo di fare amicizia. Credo che fare un film sia molto simile a fare amicizia con qualcuno. E se qualcuno pensa che io non abbia delle cose interessanti da dire ritengo che sia suo diritto non ascoltare ciò che dico. Non credo che inizierei a raccontargli delle bugie solo per convincerlo a restare.” ~ Edward Yang
"Non vorrei enfatizzare l'importanza del suono, del sonoro. Ma il suono per me ricopre la medesima importanza dell'immagine. Mi sembra che nelle scuole di cinema, per quanto io possa conoscere le scuole di cinema, gli insegnanti si preoccupino maggiormente dell'immagine trascurando invece il sonoro. Personalmente ritengo che per i cineasti l'immagine e il suono siano entrambi degli ottimi utensili di lavoro per creare delle buone storie. Il suono soprattutto può comprendere le immagini. Ovviamente le immagini possono comprendere il suono anche se qualche volta il silenzio è la scelta migliore..." ~ Edward Yang
INTERVISTATORE: "Ci sembra che in YI YI lei si muova nella medesima direzione di Robert Bresson il quale sosteneva che il cinema è suono più immagini. A volte questi due elementi sono separati e a volte lavorano all'unisono. Ci può chiarire questa sua scelta?"
YANG: "Sostanzialmente credo sia stata determinata dal soggetto del film. È come se ci fossero degli echi tra le singole vicende del film e i personaggi. In un certo modo è come se le nostre vite fossero ripetute. Veniamo al mondo, poi diamo vita ai nostri figli e questi fanno la stessa cosa e così via. C'è dunque un'evidente ciclicità nella nostra vita..."
INTERVISTATORE: "Voi della New Wave di Taiwan vi vedevate come parte di un movimento?"
EDWARD YANG: "All'inizo è stato uno sforzo collettivo. La nostra generazione stava subentrando e c'era un nuovo e più energetico modo di fare cinema. Ma quando tutti ci siamo fatti un nome ognuno per proprio conto, abbiamo preso differenti direzioni e negli ultimi 10 anni ci sono state quasi solo iniziative individuali."
"Per me scrivere e dirigere vanno a braccetto. Non puoi separare le due responsabilità. Scrivere, dalla primissima fase dell'idea, è come l'accendersi di una lampadina nella tua testa, e fino al completamento tutto il processo produttivo è scrittura, in un modo o nell'altro. Le riprese sono scrittura, il montaggio è scrittura, la preproduzione è scrittura, e le audizioni per il cast sono anch'esse scrittura. Anche l'improvvisazione è parte della scrittura. Credo di essere stato fortunato ad aver cominciato la mia carriera non nel modo tradizionale di questa industria. Dovevamo improvvisare molto, per trovare vie alternative per portare a termine qualcosa. Mi fa sentire fortunato ad avere una preparazione da ingegnere. L'ingegneria è una cosa pratica. Io la definisco fondamentalmente «problem-solving», e nient'altro. Quand'ho cominciato a dirigere, questa preparazione mi ha dato la prontezza mentale. Si dovevano prendere migliaia di decisioni al giorno. Specialmente in un'industria così malmessa, si doveva improvvisare per far funzionare qualcosa. E ancora oggi tutto questo è parte del processo." ~ Edward Yang
"Una cosa che ho notato presto nella mia carriera è che il punto d'ingresso iniziale (di un film) è molto importante. Definisce un mucchio di cose. A volte abbiamo bisogno di essere un po' contemplativi, perché una volta che entri in una storia da un certo angolo fondamentalmente ne decidi la conclusione. A volte mi aggiro attorno a un soggetto, senza dedicarmici, fino a che non trovo l'angolo giusto. Nel caso di YI YI, fin dall'inizio sapevo che la struttura della storia forniva un ottimo angolo. Potevo risparmiare un bel po' di spazio e di tempo raccontando una storia con molte diramazioni solo osservando una famiglia, perché in una famiglia sono rappresentati tutti i gruppi d'età. (...) A volte sono così tante le cose che succedono contemporaneamente in una scena che la tua attenzione è sviata continuamente, perciò a volte è preferibile restare in una posizione neutrale, è meglio guardare da una certa distanza. (...) I primi piani sono il meno efficace tra gli strumenti espressivi perché ti danno solo l'espressione facciale, mentre tutti i movimenti più sottili – delle mani, del corpo, della postura, o del modo di camminare di una persona – comunicano una quantità maggiore di informazioni. (...) Per esempio (in YI YI) l'inquadratura del ragazzo e la ragazza al riparo dalla pioggia sotto la pensilina del cinema. Per la verità si tratta di una situazione molto più intima, privata, rispetto a se li avessi filmati in una stanza. Perché ci sono moltissime cose che accadono in quel momento ma queste cose che pure ci sono... non influiscono sullo sviluppo della scena... aggiungono semmai una dimensione supplementare all'isolamento dei due ragazzi. Questo è un'altro aspetto della mia filosofia. Credo che molte scuole di cinema, prese dall'importanza dei movimenti di macchina, del montaggio ecc. trascurino questo aspetto... si tratta ovviamente di un altro approcio ma io ritengo che piazzare la macchina da presa in un luogo piuttosto che in un altro dipenda sostanzialmente dal tipo di informazione - e da quante - intendi dare al pubblico. A volte questo processo viene risolto linearmente con il montaggio, tagliando molto velocemente. A volte invece può essere risolto con un minore numero di effetti... e anche questo è un sistema per comunicare molto velocemente al pubblico un grande numero di informazioni [ride]." ~ Edward Yang
"Ricordo i tempi della mia infanzia, verso la fine degli anni '40. In casa c'erano una cameriera, in seguito rinominata collaboratrice domestica, e un custode, che quando poi venne chiamato gestore della casa smise di fare le pulizie. Ebbene, la cameriera andava al cinema a vedere i film americani e noi ritenevamo giustamente che fossero proprio adatti a lei. I film americani erano considerati semplici, allegri e stupidi. L'intellighenzia andava a vedere film francesi come AMANTI PERDUTI di Marcel Carné, italiani come LADRI DI BICICLETTE di De Sica, ROMA CITTÀ APERTA di Rossellini, o inglesi come FUGGIASCO di Carol Reed. Più tardi, negli anni '60 l'Europa ci ha servito il banchetto dei film di Michelangelo Antonioni, Federico Fellini, Luchino Visconti, Alain Resnais, Francois Truffaut, Luis Buñuel e di colui che a mio avviso è il più grande di tutti: Ingmar Bergman. A quell'epoca, gli americani come potevano misurarsi con questi geni ?" ~ Krzysztof Zanussi
Con Daniel Olbrychski, Wojtiech Pszoniak, Andrzej Seweryn, Anna Nehrebecka
consigliato da KRZYSZTOF ZANUSSI
"Ai miei colleghi invidio un paio di film. Avrei dovuto farli io. A Andrzej Wajda invidio LA TERRA DELLA GRANDE PROMESSA, LE PORTE DEL PARADISO e forse un po' anche LE SIGNORINE DI WILKO e CRONACA DI AVVENIMENTI AMOROSI. È significativo che si tratti dei film che Wajda meno apprezza. Fatta eccezione, forse, per LA TERRA DELLA GRANDE PROMESSA. Quello che mi piace di più è il titolo. La terra promessa è la patria biblica di tutti i sogni, l'archetipo della meta irraggiungibile del viaggio che a volte si avvera per coloro che hanno ormai perso la speranza, ma sono rimasti ugualmente fedeli: sono andati avanti comunque. (...) Raccomandai il mio produttore Manfred Durniok a István Szabó, avvertendolo che sicuramente gli avrebbe proposto lo stesso libro che aveva proposto a me, "Mephisto" di Klaus Mann. (...) Vidi MEPHISTO quando vinse l'Oscar e compresi che il film parlava anche di me. Manfred l'aveva intuito e István l'aveva capito. Ancora oggi mi dispiace di non aver fatto questo film. Come mi dispiace di non aver fatto IL CINEAMATORE di Krzysztof Kieslowski e LA TERRA DELLA GRANDE PROMESSA di Wajda." ~ Krzysztof Zanussi
"Oggi la situazione è mutata al punto che realizzare un film in America è per noi cineasti il massimo riconoscimento. Per gli spettatori, i veri film sono quelli americani. Non esiste chi continui l'opera di Ingmar Bergman, Luis Buñuel o Federico Fellini. Negli anni '90 è comparso un solo europeo che difendeva il senso del film d'autore: Kieslowski. Era un mio caro amico e io ho una grande stima di lui sia come persona sia come artista. È un aiuto per superare l'invidia: la gioia per quello che realizzava era più grande del dispiacere che non fossi stato io a fare DECALOGO, LA DOPPIA VITA DI VERONICA, e TRE COLORI." ~ Krzysztof Zanussi
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REVERSE (Borys Lankosz, 2009, Polonia) Il film è ambientato a Varsavia negli anni '50, con alcuni flash-forwards nella Varsavia di oggi. La protagonista principale è Sabina, ragazza timida e silenziosa che ha appena compiuto trent'anni e vive con la madre e una nonna malaticcia. Nella vita di Sabina manca un uomo e sua madre fa di tutto per trovarle un marito. Viene coinvolta anche l'eccentrica nonna dalla lingua tagliente a cui non si riesce a tenere nascosto alcun segreto. Diversi ammiratori si presentano al piccolo ma elegante appartamento di Sabina, ma lei non mostra interesse per nessuno di loro. Una notte, dal nulla appare Bronislaw, affascinante, intelligente e di bell'aspetto. Bronislaw sembra interessato a Sabrina, la corteggia e lei s'innamora perdutamente. Ma quando Bronislaw le rivela di far parte della polizia segreta e vuole che Sabina si metta a spiare il suo capo alla casa editrice dove lavora, le cose vanno di male in peggio in macabro. Sabina, la madre e la nonna fortunatamente si dimostrano all'altezza della sfida, e rivelano il lato più oscuro delle loro altrimenti affabili personalità. – Già dopo la premiere fu subito evidente che questo umile film in bianco e nero sulla Polonia Stalinista sarebbe diventato un successo al botteghino, al livello di blockbusters hollywoodiani come la saga di TWILIGHT o il catastrofico 2012. REVERSE divenne un evento culturale, ricevette ottime critiche, diversi premi internazionali e la candidatura agli Oscar. Ai "Polish Film Awards" REVERSE fu candidato in 13 categorie vincendone 8 (tra cui Best Film) e battendo così il record detenuto in precedenza da IL PIANISTA di Polanski. ~ (Wikipedia)
INTERVISTATORE: "Hai qualche favorito tra i giovani cineasti polacchi?"
ZANUSSI: "Credo che il cinema polacco sia in ottima forma, soprattutto dalla creazione del Polish Film Institute nel 2005. Recentemente sono rimasto favorevolmente impressionato dal debutto di Borys Lankosz REVERSE, una brillante black comedy ambientata negli anni cinquanta. ~ (filmint.nu)
REJS / THE CRUISE (Marek Piwowski, 1970, Polonia) REJS è da molti considerato un capolavoro nonché uno dei primi film cult del cinema polacco. Con uno stile semidocumentaristico e un cast composto da non più di due o tre attori professionisti, la trama traduce un weekend via fiume in un'assurda ed esilarante parodia della vita nella Repubblica Popolare di Polonia e dell'intero sistema comunista. Un clandestino (Stanisław Tym) s'intrufola a bordo di una nave in partenza per una crociera sulla Vistola. Il capitano lo prende per un coordinatore culturale del Partito Comunista e l'intruso si adatta con piacere al suo nuovo ruolo, mettendosi immediatamente al lavoro per manipolare passeggeri e ciurma con giochi stupidi e vagamente umilianti. Entro breve tempo Tym ha in pugno tutti quanti e ha consolidato la sua piccola e ridicola dittatura. ~ (Wikipedia)
"Quando penso al cinema polacco mi viene invariabilmente in mente il regista Marek Piwowski, un uomo che avrebbe dovuto fare carriera su scala mondiale e invece si è fermato a metà strada perché il suo stile artistico e il suo comportamento avevano indotto le autorità a ostacolarlo costantemente. La figura di Marek Piwowski è per me la prova nefasta del fatto che sia possibile impedire ad un artista di crescere anche senza infliggergli nessun torto evidente, è sufficiente minare con costanza la sua fiducia in se stesso. Il cinema è un campo particolarmente crudele, perché favorisce lo persone dal temperamento impetuoso a svantaggio delle persone riflessive e modeste. Andrzej Wajda ebbe a dire una volta – e l'acuto detto si diffuse – che per fare cinema bisogna possedere il piglio del sergente e l'animo del poeta e si sa quanto sia raro che queste due caratteristiche opposte s'incontrino nello stesso artista." ~ Krzysztof Zanussi
INTERVISTATORE: "Puoi dirci qualcosa della tua attività a capo della zespol TOR (società di produzione cinematografica di proprietà statale)?"
ZANUSSI: "Ho lavorato per questa unità di produzione dal 1980. Nonostante l'opera della censura il sistema zespol ha assicurato una parziale autonomia ai nostri cineasti durante il periodo comunista. Allo Studio TOR abbiamo prodotto dozzine di film, non solo film d'arte, ma anche film cult come la commedia di Marek Piwowski THE CRUISE e i film soft-core di Walerian Borowczyk. (...) In confronto allo zespol gestito da Wajda, ad esempio, le decisioni allo Studio TOR erano solo in minima parte influenzate dalle inclinazioni personali. Dopo il 1989 credo che la maggior parte delle unità di produzione abbiano perso la loro precedente identità, che consisteva nel prendere decisioni condivise basate su background artistici comuni."
LISTA COMPLETA di KRZYSZTOF ZANUSSI
- 2001: Odissea nello spazio (Kubrick)
- La valle dell'Eden (Kazan)
- La grande illusione (Renoir)
- Il Gattopardo (Visconti)
- Nostalghia (Tarkovsky)
- Ordet (Dreyer)
- Ran (Kurosawa)
- Il settimo sigillo (Bergman)
- La strada (Fellini)
- Tre colori: Rosso (Kieslowski)
- La terra della grande promessa (Wajda)
- Rejs / The cruise (Piwowski)
- Reverse (Lankosz)
Fonti: Sight & Sound (2012); "Tempo di morire - Ricordi, riflessioni, aneddoti" di K. Zanussi; filmint.nu; Wikipedia
"Potrei moltiplicare all'infinito gli esempi di storie vere che ho inserito nei miei film: tutte le mie sceneggiature riflettono le mie osservazioni sulla vita reale. Ciò forse spiega le mie riserve di fronte a quelle tendenze del cinema che ci emoziona smontando schemi o convenzioni talvolta ormai fossilizzati. Posso guardare divertito le opere di Quentin Tarantino o di Lars von Trier ma, in fin dei conti, non mi interessano molto, né quando l'autore deride le convenzioni vigenti né quando in un'esplosione di cattivo gusto cerca di gettarsi verso il moderno (è il caso di Lars von Trier)." ~ Krzysztof Zanussi
INTERVISTATORE: "Sei stato influenzato dallo stile del cinema verité di Edgar Morin?"
ZANUSSI: "Le interviste presenti nei miei film venivano scrupolosamente preparate prima di arrivare di fronte alla cinepresa. Non erano il risultato di incontri casuali per strada. Ciononostante, ho molto apprezzato il lavoro dei documentaristi francesi del dopoguerra come Morin e Jean Rouch, ma essendo un regista di fiction quel che più mi ha impressionato è stato il cinema della Nouvelle Vague"
INTERVISTATORE: "Credi che la tua generazione si sia ribellata alla precedente, a Wajda, al «cinema di papà»?"
ZANUSSI: "La solidarietà intellettuale tra generazioni diverse non è mai stata messa in discussione nel cinema polacco. Il fatto che cineasti come me, Krzysztof Kieslowski o Agnieszka Holland non abbiamo affrontato storie tratte dalla letteratura e/o ambientate nella Seconda Guerra Mondiale non comporta un nostro disprezzo per i traguardi raggiunti dalla Scuola di Cinema Polacca."
INTERVISTATORE: "Cosa intendevi quando hai detto che il cinema polacco ha trovato il suo nuovo Roman Polanski in Skolimowski negli anni '70?"
ZANUSSI: "La posizione di autore ribelle lasciata di colpo vacante al campus di Lodz dopo la partenza per l'Inghilterra di Polanski è stata immediatamente occupata da Jerzy Skolimowski. Il suo approccio, dietro la cinepresa, ha contribuito a perpetuare un sano individualismo nel cinema polacco contemporaneo."
INTERVISTATORE: "Come si manifesta il gap generazionale tra registi nella Polonia odierna?"
ZANUSSI: "Non ci sono grosse fratture a dividere la generazione più giovane da quella di Kieslowski in termini di approccio alla regia. Cionondimeno, il fiasco di un film oggi è considerato più il risultato di errori personali che un fallimento dell'intero team produttivo."
"Non è un gangster movie. È un film sulla famiglia e sull'America delle grandi aziende – e per caso succede che è ambientato nel drammatico mondo dei gangsters. La famiglia malavitosa – i Corleone – è il sistema capitalistico per eccellenza. Le scene che amo sono quelle più semplici. Le scene d'azione sono realizzate splendidamente, ma la mia preferita è il momento in cui Michael (Al Pacino) decide di uccidere Sollozzo (Al Lettieri). La scena si svolge in un ufficio, ma il modo in cui è orchestrata tra tutti gli altri personaggi e la messinscena, e poi il modo in cui la cinepresa alla fine avanza mentre Michael dice agli altri quel che ha deciso di fare: tutto si sposa perfettamente. Marlon Brando fornisce una prova eccezionale. Veniva da un periodo non felice della sua carriera, da dei progetti in cui non ci aveva messo il cuore, e questo è stato il film del suo grande ritorno. È stato magnifico, la sua performance era così reale e così potente. Potevi davvero capire che straordinario talento avesse. Amo anche il secondo capitolo del PADRINO. Tornava indietro scavando nella storia del giovane Vito Corleone, ma era anche la continuazione della storia di Michael. Non era il tipo di sequel volgare e commerciale per monetizzare il fenomeno: aveva una vera integrità." ~ Robert Zemeckis
"Dopo aver visto IL PADRINO uscii dal cinema sconvolto, era qualcosa di inconcepibile...fu una vera ispirazione, ma fu un'ispirazione perché era realizzato in modo davvero splendido e le performances erano assolutamente fantastiche ed era scritto in maniera brillante. Mi sono sentito così anche quand'ho visto LO SQUALO per la prima volta, ero sbalordito da come Steven riuscisse ad evocare un tale sentimento di terrore nel pubblico. (..) Sono entrambe storie con caratteristiche straordinariamente cinematografiche. Quando vedi l'arte del cinema usata al massimo del suo potenziale, è allora che andare al cinema è davvero stupefacente e bellissimo." ~ Robert Zemeckis
CONVERSAZIONE TRA ROBERT ZEMECKIS E QUENTIN TARANTINO (latimes.com)
ZEMECKIS: "C'è una cosa che mi domando...Mio figlio ha 9 anni, e quando era molto piccolo guardava le stesse videocassette ancora e ancora e ancora. E così fanno anche tutti i bambini che conosciamo. E non si capisce perché siano così infatuati di un certo cartone o quel che è. Noi tutti parliamo di come siamo cresciuti guardando la televisione. Ma ti immagini se a 3 o 4 anni avessi continuato a guardare un film in particolare, e nient'altro, per 50 volte?"
TARANTINO: "Non ne abbiamo mai avuto la possibilità."
ZEMECKIS: "Ovviamente. Nessuno ce l'aveva."
TARANTINO: "Quando lavoravo al videonoleggio, sentivo genitori lamentarsi proprio di questo, e si arrabbiavano con i figli nel negozio: «Quello l'hai già visto! Prova qualcosa di nuovo!» E io di solito comprendevo la psicologia del bambino. Dal loro punto di vista i bambini non sono indifferenti all'esperienza di scegliere e vedere un film. Pensano: «Beh, perché dovrei provare qualcosa che potrebbe non piacermi? Mentre so che mi piacerà quell'altro!» E in realtà in un certo senso mi piacerebbe essere come loro, e poter guardare un film 14, 15 volte di fila...e ridere tutte le volte! Dimmi se hai mai avuto questo pensiero quando andavi al cinema...mio padre mi portò a vedere QUESTO PAZZO, PAZZO, PAZZO, PAZZO MONDO. Visto che avevamo perso i primi 15 minuti, siamo rimasti per vedere i primi 15 dello spettacolo successivo. Ed io ricordo chiaramente di aver pensato: «Vuol dire che per lo stesso prezzo di un biglietto ti permettono di vederlo più e più volte? Bè, quando andrò al cinema da adulto guarderò i film quattro volte di seguito!» Non mi sembrava una pazzia, quand'ero bambino."
ZEMECKIS: "A dire il vero è una cosa che ho fatto, e ricordo anche il film. Era ROBINSON NELL'ISOLA DEI CORSARI."
TARANTINO: "[Gridando] Anch'io l'ho fatto con ROBINSON NELL'ISOLA DEI CORSARI!"
ZEMECKIS: "Sono rimasto seduto tutto il giorno in quel cinema a guardare il film, perché mi sembrava che fosse il modo più fico di vivere la propria vita: da naufraghi che abitano in una casa sull'albero e ammazzano un mucchio di pirati... Era lo stesso tipo d'esperienza, solo che oggi, con i videoregistratori, la situazione è diventata molto più estrema." ~ (latimes.com)
Con Connie Stevens, Dean Jones, Cesar Romero, Virginia Gregg, Connie Gilchrist
consigliato da ROBERT ZEMECKIS
"Sono sempre stato un fan dei grandi film horror di serie B. Ho sempre amato i film di William Castle e i film inglesi della Hammer e tutta quella roba." ~ Robert Zemeckis
"Ne LA CASA DEI FANTASMI i miei momenti preferiti oggi sono le scene del matrimonio sadomasochista tra i due protagonisti principali... Lui dice: «Ti piacerebbe uccidermi, non è vero? Ti piacerebbe che io morissi...» È questo il bello dei film di William Castle – non sono su un mucchio di stupidi ragazzini che pomiciano in una capanna mentre c'è uno psicopatico assassino munito di ascia a piede libero. La gente in quei film era davvero mentalmente disturbata!" ~ Robert Zemeckis
INTERVISTATORE: "C'è un film in particolare che ti abbia ispirato a pensare seriamente al cinema come «arte»?"
ROBERT ZEMECKIS: "Avevo probabilmente 15 anni e tutti a scuola deliravano a proposito del gran bagno di sangue alla fine di GANGSTER STORY, così ho convinto mio padre a portarmi a vederlo. Ho avuto l'esperienza di sentirmi veramente emozionato quando il personaggio di Gene Hackman sta morendo, ed è lì che ho realizzato che tutto quello aveva un potere immenso. Nello stesso periodo avevo anche un insegnante di letteratura inglese davvero stimolante, e ho cominciato a comprendere il dramma, la struttura in tre atti, i diversi personaggi e il resto. Lì ho anche imparato che c'erano gli scrittori e c'erano i registi, e che i film dovevano cominciare dalla parola scritta. Iniziai a interessarmi al cinema in maniera ossessiva, volevo sapere tutto quello che potevo sui film: leggevo ogni cosa su cui riuscivo a mettere le mani. Ricordo di aver comprato «Film Comment» con la copertina dedicata a GANGSTER STORY, ma non capii neanche una parola di quel che ne avevano scritto. Poi cominciai a fare i miei film." ~ (dga.org)
Con Patty Duke, Rosemary Murphy, Richard Thomas, Sian Barbara Allen, Dennis Rucker
consigliato da ROBERT ZEMECKIS
LISTA COMPLETA di ZEMECKIS
- Il Padrino (Coppola)
- Gangster story (A. Penn)
- Robinson nell'isola dei corsari (Annakin)
- Un dollaro d'onore (Hawks)
- JFK (Stone)
- Fluido mortale (Yeaworth jr.)
- Lo squalo (Spielberg)
- Il dottor Stranamore... (Kubrick)
- Non aprite quella porta (Hooper)
- Macabro (Castle)
- La casa dei fantasmi (Castle)
- Il boia è di scena (W. Conrad)
- A un passo dalla morte (L. Johnson)
- La grande fuga (J. Sturges)
Fonti: latimes.com; filmdoctor.co.uk; telegraph.co.uk; dga.org; "The Cinema of Robert Zemeckis" di Norman Kagan; denofgeek.com; dga.org; Wikipedia;
"Il primo film in assoluto che ho visto è stato THE BLOB (FLUIDO MORTALE). Forse avevo 5 anni... so che è stato il primo film che ho scongiurato i miei genitori di portarmi a vederlo... La scena più bella era quella in cui i ragazzacci locali devono penetrare di nascosto nella High School per prendere tutti gli estintori. L'idea di poter vandalizzare la tua scuola per salvare la tua città è davvero un gran tema!" ~ Robert Zemeckis
"NON APRITE QUELLA PORTA è uno dei più brillanti e divertenti film che io abbia mai visto, un vero Classico Americano." ~ Robert Zemeckis
"Ricordo di aver visto una delle primissime anteprime de LO SQUALO. Conoscevo Spielberg, e quel film mi fece veramente impazzire. È uno dei più grandi film mai realizzati. E c'era stata così tanta pubblicità sullo squalo meccanico, ricordate? Ed era così cinematografico e terrificante, ed io mi innamorai selvaggiamente del film, perché Steven fu capace di creare il terrore senza mostrare lo squalo. Lo amavo così tanto che temevo che, quando alla fine fosse arrivato il momento di mostrare lo squalo, questo sarebbe sembrato meccanico. E così quando vidi lo squalo divorare Robert Shaw, era fatto in modo così brillante che mi sono messo ad applaudire dentro il cinema. Il giorno dopo andai nell'ufficio di Steven per congratularmi, e lui non c'era la notte prima, ma si era fatto registrare la reazione del pubblico. E così io continuavo a dirgli quanto fosse splendido il film, e lui mi fa: «Sì...ma c'è una cosa che un po' mi disturba. Quando Robert Shaw viene mangiato dallo squalo, qualcuno ha applaudito!» Gli ho detto [gridando]: «No, quello ero io!» E lui: «Eri tu? Ma non ti dispiaceva che Robert Shaw venisse divorato?» E io: «Sì, mi dispiaceva. Ma era fatto in maniera così grandiosa! Non è che avessi dei problemi col personaggio di Robert Shaw!» Stavo festeggiando la magnificenza. Festeggiavo il momento. Era così brillante che non sono riuscito a trattenermi. Ne vedevo solo la bellezza." ~ Robert Zemeckis
"Sono cresciuto nella zona Sud di Chicago in una famiglia di poveri lavoratori, perciò tutto passava attraverso la televisione. Era come la mia finestra sul mondo. Ma andavamo anche al cinema piuttosto regolarmente; soprattutto di martedì, perché era la Serata delle Signore e mia madre poteva entrare gratis. A volte di sabato andavo a vedere un triplo spettacolo. Non sapevo niente sulla regia da bambino. Conoscevo Alfred Hitchcock, ovviamente, perché l'avevo visto in TV, e lui era forse l'unico regista che seguivo. Ma soprattutto vedevo i film con le star dell'Azione; qualsiasi cosa con Steve McQueen o John Wayne." ~ Robert Zemeckis
"La verità è che nella mia famiglia non circolava arte. Nel senso che non c'era musica, non c'erano libri, non si andava a teatro... L'unica cosa che avevo come ispirazione era la televisione – e in effetti è stata d'ispirazione. Oggi si parla molto dei problemi causati dalla televisione, ma io credo che mi abbia salvato la vita. (...) Ero uno di quei bambini che stavano seduti tutto il giorno davanti alla TV. La mia più grande influenza è stato Jules White, che ha diretto tutte le cose migliori dei «Tre marmittoni» (The Three Stooges). Avevo memorizzato tutti gli episodi dei Tre marmittoni, Stanlio e Ollio, e Gianni e Pinotto (Abbott and Costello). Guardavo quelle cose costantemente, oltre che i film di Jerry Lewis." ~ Robert Zemeckis
INTERVISTATORE: "Steven Spielberg nei primi tempi è stato per te un mentore ed ha prodotto sei dei tuoi film. Dove vi siete incontrati per la prima volta?"
ROBERT ZEMECKIS: "Steven portò il suo primo film, THE SUGARLAND EXPRESS, per farlo vedere alla nostra classe (alla scuola di cinema della University of Southern California - ndt). Non potevo credere a quanto fosse giovane lui e a quanto fosse grande e splendido il film che aveva fatto. Era filmato in Panavision, Vilmos Zsigmond era il direttore della fotografia, e Steven aveva più o meno la mia età, solo qualche anno di più. Pensai: «Cavolo, sto tizio è il mio eroe!» Attaccai bottone con lui a fine lezione e gli chiesi se volesse vedere il film che avevo fatto da studente. Lui disse: «Sì, grande, chiamami in ufficio.» Lo chiamai e guardammo il film. Gli piacque, e dopo restammo in contatto. Nel frattempo, avevo stretto un accordo con John Milius per scrivere per lui la sceneggiatura di 1941 insieme a Bob Gale. John e Steven erano buoni amici e, finito lo script, Milius lo dette a Steven che diceva di volerlo fare. Così Bob ed io andammo in Alabama, dove Steven stava girando INCONTRI RAVVICINATI, e cominciammo con lui a riscrivere 1941 di notte e nei fine settimana. Fu un periodo meraviglioso. C'erano Francois Truffaut, Richard Dreyfuss e tutti gli altri. In quei giorni, ci aiutavamo e tifavamo uno per l'altro."
"L'ultima volta che ho visto un film ed ho sentito la necessità di leggerne la sceneggiatura è stato con JFK. Perché il film era così diverso ed esaltante, dovevo vedere se era qualcosa che era stato costruito in sala montaggio. E la cods straordinaria naturalmente era che tutto era già nelli script." ~ Robert Zemeckis
INTERVISTATORE: "Perché credi che RITORNO AL FUTURO abbia avuto così tanto successo?"
ZEMECKIS: "Bob (Gale) ed io sapevamo che la nostra sceneggiatura era molto ma molto buona, anche se tutti l'avevano rifiutata, e svariate volte. Era così «tesa», è il genere di cose che amo. Tutto è calcolato, tutto è definito. C'è solo una scena che si potrebbe sostenere non sviluppi nè la trama nè i personaggi, ed è quando il film si ferma per consentire a Michael di suonare «Johnny B. Goode». Ma ogni battuta di ogni dialogo, ogni taglio, ogni ripresa fa quello che i film dovrebbero fare, ovvero portare avanti la trama o consolidare i personaggi. Non c'è un solo fotogramma superfluo."
INTERVISTATORE: "Come regista di solito non sei ricordato per quel tipo di riprese acrobatiche costruite da Scorsese o De Palma."
ZEMECKIS: "Beh, ho una filosofia a riguardo. Faccio di tutto per cercare di mantenere invisibile la tecnica filmica. Devi fare in modo che il pubblico si perda nel film, così non noterà se la cinepresa si sta avvicinando furtivamente a qualcuno."
Con Renée Falconetti, Eugène Sylvain, Antonin Artaud, Michel Simon
consigliato da FRED ZINNEMANN
"Non credo all'eroismo in sé. Penso invece che la coscienza sia un elemento di estremo interesse, intorno alla quale si possono imbastire ottimi film. Non parlo di me. Dico soltanto che alcuni dei maggiori film della storia del cinema trattavano problemi di carattere interiore. Ricordate LA PASSIONE DI GIOVANNA D'ARCO di Dreyer? Un grandissimo film, secondo me, uno dei più grandi. Credo che una regola fondamentale del cinema sia questa: non si deve fotografare un'azione, bensì la reazione individuale all'azione. Si deve fotografare quello che il personaggio afferra dell'azione, quello che ne pensa, il modo come reagisce ai fatti. Non mi interessa fotografare un uomo che spara, ma la ragione che lo spinge a sparare e il modo con cui reagisce l'altro, colui contro il quale egli spara. L'azione in sè non presenta alcun interesse." ~ Fred Zinnemann
"Dicono che i miei film posseggono una caratteristica che sovrasta tutte le altre: il ritmo. Credo che ciò derivi dal fatto che amo la musica. Anche Griffith – è noto – era convinto di questo. E anche i russi, che hanno realizzato cose straordinarie da tale punto di vista. Esiste una tradizione, dunque, e a noi non resta che seguirla. Basta studiare i buoni film del muto – la GIOVANNA D'ARCO di Dreyer, o LA FOLLA o LA GRANDE PARATA di King Vidor, tanti film posseggono queste doti – e poi, se si ha una sensibilità affine, tutto riesce molto naturalmente." ~ Fred Zinnemann
Con Lillian Gish, Constance Talmadge, Elmer Clifton, Alfred Paget, Mae Marsh, Robert Harron
In streaming su Plex
consigliato da FRED ZINNEMANN
INTERVISTATORE: "Se guardo in giro nel tuo ufficio non vedo nessuno dei tuoi Oscar. Quanto sono importanti per te?"
ZINNEMANN: "È sempre bello poter vincere un Oscar, e sono lieto di averli, ma non sono contento del sistema. È il genere di cosa pubblicitaria. In linea di massima, è molto importante, ma gli errori che vengono commessi sono incredibili. Ci sono così tanti film meravigliosi che non hanno mai avuto un Oscar. E ci sono una gran quantità di registi che non ha mai vinto un Oscar, come King Vidor e molti altri. Ha solo avuto un Oscar della carità quando stava morendo. Dipende tutto troppo dalla politica, troppo dalla pubblicità. Personalmente non credo che esista qualcosa come il migliore – è una sorta di facciata dire che una cosa è la migliore. Come puoi dire che Beethoven è meglio di Mozart? Non ha senso, perciò l'intero concetto dei premi esiste per motivi pubblicitari e per portare più gente a comprare biglietti e andare al cinema. Come si può dire che QUARTO POTERE è il miglior film mai fatto, quando D.W. Griffith ha girato INTOLERANCE così tanti anni prima?" ~ Fred Zinnemann (1993)
LISTA COMPLETA di FRED ZINNEMANN
- All'Ovest niente di nuovo (Milestone)
- La corazzata Potemkin (Eisenstein)
- Il ponte sul fiume Kwai (Lean)
- La folla (Vidor)
- La grande illusione (Renoir)
- Rapacità (von Stroheim)
- Intolerance (Griffith)
- M, il mostro di Dusseldorf (Lang)
- Sfida infernale (Ford)
- La passione di Giovanna d'Arco (Dreyer)
- I sette samurai (Kurosawa)
- Ombre rosse (Ford)
Fonti: Time Out (1995); "Fred Zinnemann" edizione Il Castoro Cinema; IMDb; filmtalk.org;
"John Ford è uno dei miei maestri. Mi ha insegnato a non muovere troppo la macchina da presa come facevo agli inizi. «La macchina si muove solo se c'è una ragione», mi diceva sempre...anche Flaherty mi insegnò molto, non solo di cinema, ma anche sul comportamento umano, solo chiacchierando a lungo e bevendo birra insieme." ~ Fred Zinnemann
"Io andai in America per motivi professionali, volevo imparare il sonoro. Allora Hitler e il fascismo erano solo una nuvola nera, una minaccia. Poi arrivarono gli altri, gli esuli politici, con una psicologia diversa, e parecchi trovarono difficile adattarsi...ma no, non ci fu nessuna solidarietà di gruppo. Ci furono amicizie personali – io ebbi legami molto stretti solo con William Wyler e con Billy Wilder – ma anche antagonismi molto forti. È nella natura umana..." ~ Fred Zinnemann
"Tra i giovani e meno giovani, apprezzo Steven Spielberg, Arthur Penn e pochi altri. Respingo la negatività corrosiva di molti autori. Martin Scorsese è bravo, ma ha un modo malato di guardare il mondo." ~ Fred Zinnemann
"Abbiamo contribuito alla pazzia del mondo mostrando un'incredibile quantità di violenza raccapricciante che dovrebbe essere riservata a sessioni psichiatriche a porte chiuse. Non è che i film non siano fatti bene, sono fatti meravigliosamente bene. Prendi ad esempio IL SILENZIO DEGLI INNOCENTI, è un film fatto in maniera splendida, ma quel che mostra, è malato. Se pensi che verrà visto da bambini di otto o dieci anni, e che loro non hanno un sistema di riferimento, ma guardandolo quello diventa parte della loro educazione e cresceranno con queste impressioni. C'è da meravigliarsi allora che vadano in giro ad ammazzare gente – per divertimento? Il loro senso della realtà diventa distorto e non sanno più dov'è il confine tra la realtà e lo schermo." ~ Fred Zinnemann (1993)
"A me piace che ogni incarico sia affidato a chi è in grado di sostenerlo. Desidero che ciascuno faccia il suo mestiere e contribuisca al film nella misura che può e come vuole. In seguito, ci riuniamo tutti, e discutiamo il problema da ogni lato. Ma l'importante è che ognuno faccia da sé il proprio lavoro. Solo così si possono ottenere i migliori risultati. Io non intervengo molto in fase di sceneggiatura. Ho sempre avuto la fortuna di incontrare ottimi sceneggiatori. (...) Credo che tutte queste teorie sul film d'autore siano un po' troppo rigide. Io ho fatto dei film collettivi in cui riuscivo comunque a dare perfettamente uno stile nella visualizzazione delle immagini, e dei film in cui ero l'autore nel senso europeo del termine. Ma gli uni e gli altri mi hanno dato uguali soddisfazioni, e degli uni e degli altri mi sentivo responsabile." ~ Fred Zinnemann
"Il migliore attore che abbia diretto è Montgomery Clift. Ho fatto due film con lui – ODISSEA TRAGICA e DA QUI ALL'ETERNITÀ – ed in entrambi l'ho trovato magnifico. Gary Cooper, invece, è una personalità piuttosto che un attore. Non è un soggetto che possa entrare in un personaggio, ed assumerne il volto ed il carattere. Deve essere se stesso, e allora è meraviglioso. Le stesse cose dovrei dirle per Frank Sinatra. Il caso di Marlon Brando è diverso. Per quanto possa sembrare strano, lavorare con lui è stato più difficile che con altri. Bisogna anche dire che UOMINI era il primo film che interpretava. Posso capire le difficoltà che dovette superare, lui, abituato alla recitazione teatrale. Uno che recita dinanzi al pubblico, per due ore senza interruzione, si sente spaesato in teatro di posa: non riceve più la reazione di alcuno e si trova davanti a un obiettivo di vetro per una serie di brevissime scene che deve ripetere a freddo sei o sette volte. Per questo Brando era molto teso e nervoso." ~ Fred Zinnemann
"Le tre cose più importanti in un film sono: la sceneggiatura, la sceneggiatura e la sceneggiatura." ~ Fred Zinnemann
"Sono nato e cresciuto in Austria. Da ragazzo volevo diventare un musicista, ma fortunatamente ho scoperto in tempo che non avevo talento per la musica. Poi ho provato a studiare legge, e non mi dispiace di averlo fatto perché mi ha insegnato un modo di ragionare. Inoltre, siccome in Austria a quei tempi agli studenti di legge era richiesto lo studio del diritto canonico, successivamente l'ho trovato molto utile per fare film come LA STORIA DI UNA MONACA e UN UOMO PER TUTTE LE STAGIONI." ~ Fred Zinnemann
"Mi piace fare film positivi nel senso che trattano della dignità dell'essere umano e hanno qualcosa da dire sulla sopraffazione, non necessariamente in un modo politico, ma in un modo umano. Ho bisogno di sentire che quel che cerco di fare ha un valore." ~ Fred Zinnemann
INTERVISTATORE: "Quando arrivò ad Hollywood per la prima volta, una delle persone che la aiutò a trovare la sua strada fu lo scrittore-regista viennese Berthold Viertel che aveva già fatto un paio di film ad Hollywood. È corretto?"
ZINNEMANN: "È vero. Era stato uno dei più grandi registi del teatro tedesco negli anni '20, ed era venuto ad Hollywood per scrivere film per il regista tedesco Murnau (il suo primo film hollywoodiano fu AURORA, che fu anche il primo a vincere l'Oscar come Miglior Film nel 1929). Anche Viertel era ad Hollywood con l'intenzione di dirigere dei film, ma c'era stato un momento in cui aveva avuto bisogno d'assistenza per dei dettagli tecnici riguardo alla regia. Gli fui presentato e lo convinsi che ero l'uomo che cercava. Ho lavorato per lui ad intermittenza e a titolo personale, e sono diventato un buon amico dei Viertel (Berthold, la moglie Salka, e i loro figli, incluso l'autore Peter Viertel, che nel 1960 sposò Deborah Kerr). A casa dei Viertel, ho anche potuto conoscere Robert J. Flaherty, documentarista che era appena tornato dall'aver lavorato con Murnau in TABÙ [1931] e anch'io ho potuto lavorare con lui."
INTERVISTATORE: "Questo accadeva nei famosi ritrovi di domenica pomeriggio dai Viertel?"
ZINNEMANN: "Sì, avevano una casa a Santa Monica e di domenica c'era gente come Sergei Eisenstein, Jacques Feyder, Max Reinhardt, William Dieterle, o Greta Garbo, anche lei ogni tanto passava. Era un'amica intima dei Viertel [Salka Viertel scrisse cinque sceneggiature per la Garbo dal 1933 al 1941: LA REGINA CRISTINA, IL VELO DIPINTO, ANNA KARENINA, MARIA WALEWSKA e l'ultimo film della Garbo, NON TRADIRMI CON ME].
INTERVISTATORE: "Robert J. Flaherty ha avuto una qualche influenza sul tuo lavoro successivo?"
ZINNEMANN: "Assolutamente sì. Era un grande narratore. Credo onestamente che sia stato la più grande influenza in assoluto su di me come regista. È sempre stato uno che ragionava con la sua testa. S'intestardiva con tutte le forze su un progetto se ci credeva veramente, ma per lui era difficile lavorare a Hollywood. C'erano volte in cui dovevi essere un po' flessibile, dovevi sapere come piegarti. Per lui fare compromessi era molto difficile."
"Sono sempre sorpreso quando sento i critici fare profonde analisi filosofiche di film come MEZZOGIORNO DI FUOCO. Mi scappa sempre da ridere perché sono così lontani dalla realtà. Qualcuno una volta ha detto che è una parabola sulla guerra in Corea, qualcun altro con molto più fondamento ha detto che è un'allegoria sul periodo di McCarthy, il che è forse un po'più azzeccato. Ma in verità è molto semplice: è una storia sul compromesso opposto all'impegno, cioè sull'essere davvero preparato a lottate per quello in cui credi senza accettare compromessi. È questo il tema di MEZZOGIORNO DI FUOCO: un uomo che non accetterà compromessi. Ci sono persone che accettano compromessi per ragioni davvero molto valide, altre non hanno ragioni molto valide, così in un certo senso ognuno ha qualcuno in cui identificarsi. Ma non ha nulla a che fare con la Corea o con McCarthy." ~ Fred Zinnemann
Con Sidney Fox, Bela Lugosi, Leon Ames, Bert Roach, Betty Ross Clarke, Brandon Hurst
consigliato da ROB ZOMBIE
"Bela Lugosi è il mio attore preferito. Credo che Lugosi sia in tutti i miei horror preferiti degli anni '30. Non me n'ero accorto finché non ho finito la lista e ho detto, «Oh merda...è in tutti i film che ho scelto». In IL DOTTOR MIRACOLO, del 1932, Lugosi è il suddetto dottore che cerca disperatamente di fare accoppiare una donna con un gorilla. Fondamentalmente vuole che il gorilla faccia sesso con questa donna, e più o meno girano attorno a questo concetto per tutto il tempo. Lui mischia il loro sangue, e quando ha finito con gli esperimenti falliti, li scarica nel fiume. È parecchio fuori di testa. I protagonisti uomini parlano e parlano, e Lugosi è così bizzarro e incredibile, come sempre. (...) Amo tutto ciò che viene dagli anni '30. Gli anni '30 sono in assoluto il mio periodo preferito per quanto riguarda i film horror, perché erano così pazzi e perversi. A volte mentre li guardi ti dici: «Wow, l'hanno fatta franca con un mucchio di cose.» Poi, ovviamente, sono arrivati i “codici” e hanno rovinato la festa. Quando guardi i film degli anni '40, sembrano così addomesticati e prosciugati, ma tutto quello che viene dagli anni '30 è semplicemente straordinario. (...) Alcuni attori trascendono fino a diventare altro. È come per Marilyn Monroe. Diventano qualcos'altro. A volte la gente si prende gioco della performance (di Lugosi) per via del suo accento, ma è così... è così divertente. Mi piace guardarlo perché le sue performances sono davvero uniche. (...) Tutti gli attori, in quei film, li guardi ed hai quell'impressione: «Anche se dovrebbero essere fidanzati o sposati, non lo sembrano, non sembrano persone che fanno sesso.» Lugosi invece dà sempre l'impressione di voler scopare ogni cosa che ha davanti, costantemente. Ha quel tipo di vibrazione. È veramente un uomo strano. Non è addomesticato. Non so, forse perché era ungherese o quel che era, ha un modo diverso di approcciarsi, ma non ha per niente quella vibrazione da «rigido attore americano degli anni '30». Ruba la scena e fa suo ogni momento. (...) Gli attori sembra che non vogliano fare questo genere di film, ma non appena fai un cattivo in una cosa tipo un film horror, quello è il ruolo per cui sarai ricordato. Anche se Anthony Hopkins ha vinto un Oscar per....QUEL CHE RESTA DEL GIORNO o CASA HOWARD o non ricordo neanche cos'era...lui è comunque Hannibal Lecter. Non importa se Jack Nicholson ha vinto un Oscar per QUALCUNO VOLÒ SUL NIDO DEL CUCULO o quel che è; lui è Jack Torrance. È buffo, questi ruoli proprio ti si attaccano addosso." ~ Rob Zombie
Con Boris Karloff, Bela Lugosi, David Manners, Julie Bishop, Egon Brecher, Harry Cording
consigliato da ROB ZOMBIE
"THE BLACK CAT. Stavolta Lugosi è insieme a Karloff, anch'egli pazzo e nel ruolo di un adoratore di Satana. David Manners, che è anche nel DRACULA di Browning, dà un'altra bizzarra, rigida, legnosa performance, eccetto che stavolta è più evidente, perché ha intorno due tipi straordinari. È sempre strano vedere queste specie di protagonisti tutti d'un pezzo essere oscurati da dei freaks. Non so, è strano. Immagino che questi ultimi non abbiano realmente ricevuto il credito che meritano per la loro recitazione, perché facevano sempre film horror, ma Lugosi e Karloff sono proprio incredibili. Voglio dire, hanno creato questi momenti iconici che definiscono che cos'è il cinema, e vengono più o meno ignorati. Ma immagino che sia così che funziona. (...) Sono certo che quando facevano questi film pensavano: «Oh, chi vuoi che si ricordi di questo l'anno prossimo?» Nessuno credeva che questi film sarebbero stati visti e rivisti un mucchio di volte. È per questo che quando Shock Theater (programma televisivo che riproponeva i vecchi horror Universal - ndt) è apparso in TV nei tardi '50 o giù di lì, e la gente ha cominciato a rivedere questi film, che hanno trovato un pubblico completamente nuovo, la gente ne è rimasta sconvolta. Pensavano: «Ma a chi possono interessare? Sono vecchi film.» È davvero bizzarro. (...) E reggono assolutamente anche oggi, perché quel che è successo è stato che hanno fatto tutto il giro. Negli anni '30 erano incredibili. Erano film di prima scelta della Universal o della MGM. Erano molto tetri. E anche molto adulti. Nel 1940 i codici entrano in vigore, e tutto viene un po' più edulcorato. Diventano come HOUSE OF FRANKENSTEIN (AL DI LÀ DEL MISTERO), ci sono un mucchio di mostri, e si può capire che erano destinati ai ragazzini. Poi il passo successivo della degradazione è stato che dovevano incontrare Gianni e Pinotto (Abbott and Costello). A quel punto, è ormai una completa pagliacciata. Forse c'è un intervallo di 10 anni circa. Ma se guardate DRACULA e poi vedete Lugosi in IL CERVELLO DI FRANKENSTEIN (con Gianni e Pinotto), vi viene da pensare: «Wow, è proprio strano...» È come vedere Jack Nicholson saltar fuori in un film di Adam Sandler, ma nel ruolo di Jack Torrance di SHINING. Amo anche quei film, perché sono proprio bizzarri, ma è buffo, perché credo che la gente pensi che sono davvero infantili. Quelli degli anni '30 decisamente non sono infantili. Specialmente FRANKENSTEIN. Quando lo guardi...alcuni di quei primi film, la gente deve esserne uscita davvero turbata. Non c'è molta musica. Soprattutto in DRACULA, non ha quasi nessuna musica, così il suono della gente che urla o qualsiasi cosa accada, sembra proprio reale. Non posso immaginare cosa ne pensasse la gente, perché i film erano appena usciti dall'era del muto, in pratica, quindi è piuttosto folle." ~ Rob Zombie
Con Marilyn Burns, Allen Danzinger, Paul A. Partain, William Vail, Teri McMinn, Edwin Neal
consigliato da ROB ZOMBIE
"Ricordo di aver letto una volta di una conversazione tra Orson Welles e Peter Bogdanovich sul fatto che la leggendaria Greta Garbo aveva fatto solo due film realmente buoni su 40. La risposta di Orson è stata: «Beh, te ne basta uno solo.» Bene, Tobe Hooper decisamente aveva quell'unico film. Certo, ha fatto diversi film che i fans dell'horror ricordano con affetto come POLTERGEIST, IL TUNNEL DELL'ORRORE e LE NOTTI DI SALEM. Ma «quell'unico film» per cui sarà per sempre ricordato è NON APRITE QUELLA PORTA (THE TEXAS CHAIN SAW MASSACRE). Le rivoluzioni vanno in scena senza avvertire – e nei primi anni '70, questo film è esploso sullo schermo. Anche se ho in realtà visto il film per intero solo diversi anni dopo, ricordo ancora quel momento nel 1974 quando il film è entrato nel mio mondo. Avevo nove anni e un amico di scuola era venuto a dormire da me. Stavamo guardando la TV quando all'improvviso è successo: una pubblicità del film che mi avrebbe cambiato la vita è passata sullo schermo. Non potevo credere a quel che vedevo – e sfortunatamente, non poteva neanche il mio amico. Iniziò immediatamente a piangere. Era così terrorizzato dalle immagini che aveva appena visto che sua madre dovette correre a recuperare il suo traumatizzato bambino. Passano sette anni: sono ancora ossessionato dal riuscire a vedere questo film. Ho studiato quei pochi fotogrammi che ho potuto trovare nei miei libri, ma questo peggiorava solo le cose. Dovete ricordare che allora vedere i cosiddetti «film di culto» era ancora una sfida. Poi, finalmente, durante un viaggio di routine a New York City per valutare dei colleges papabili, è accaduto! Ho alzato lo sguardo e ho visto l'insegna del leggendario «8th Street Playhouse» (famoso cinema newyorkese - ndt). Stasera doppio spettacolo! NON APRITE QUELLA PORTA e JIMI PLAYS BERKELEY. Chi se lo immaginava. Così, neanche a dirlo, ho dato buca a qualsiasi sciocchezza scolastica avessi in programma e mi sono subito diretto al cinema. Prima ovviamente ho dovuto soffrire per quello che a quel tempo mi sembrò un film su un assolo di chitarra lungo due ore. Poi arrivò il momento. I titoli a scorrimento cominciarono. La voce di John Larroquette tuonò dall'impianto sonoro raccontando quel che stava per accadere. (...) La pazzia che si scatenava sullo schermo che avevo di fronte mi portò in un mondo selvaggio. Ero così preso da questo mondo che pensavo che Faccia di Cuoio avrebbe fatto irruzione nel cinema. LA NOTTE DEI MORTI VIVENTI di Romero può aver dato il via alla new wave dell'horror realistico e L'ULTIMA CASA A SINISTRA di Wes Craven l'ha sicuramente fatta progredire. Ma NON APRITE QUELLA PORTA l'ha trascinata in posti mai neanche sognati. Era un genuino incubo americano ripreso su pellicola perché tutto il mondo potesse vederlo. Il suo look era infuocato, sporco e maligno, eppure completamente sorprendente. I set, i costumi e le scenografie erano perfetti al 100 %. Non sembrava un pidocchioso film exploitation da 300.000 dollari. Era pura arte. E le performances? Erano così reali e bizzarre – specialmente Edwin Neal nel ruolo del fratello autostoppista più che fuori di testa. Non potevo credere che 'sto tizio fosse anche un attore. Immaginavo che fosse un qualche maniaco del posto che fosse anche capace di recitare. Se ci fosse un po'di giustizia nell'universo, Neal avrebbe vinto l'Oscar per il migliore attore quell'anno, al posto di Jack Lemmon per SALVATE LA TIGRE. Negli anni si è detto e scritto molto su quanto siano state difficili le riprese e sui rancori rimasti tra le parti coinvolte. Ma a chi frega veramente? Non appena Faccia di Cuoio appare in quella soglia davanti al muro rosso sangue decorato con teschi di animali...ormai non conta più nulla. E il tempo di sbattere quella porta di metallo 17 secondi dopo, e sapevamo che Tobe Hooper aveva fatto qualcosa che avrebbe cambiato per sempre il corso della storia del cinema. Prima di questo film chi diavolo avrebbe mai pensato a una sega elettrica come a qualcosa di diverso da un attrezzo per boscaioli? Oggi puoi pensare ad una cosa sola se senti la parola «chainsaw». Puro terrore. Ha alterato la cultura. Chiamare NON APRITE QUELLA PORTA un film «slasher» o semplicemente un film horror è quantomeno un insulto. È un film che sta alla pari con alcuni dei migliori film dei suoi tempi – in tutto e per tutto potente quanto TAXI DRIVER, LO SQUALO ARANCIA MECCANICA e IL PADRINO. È un vero classico. Alcuni dicono che vali solo quanto vale il tuo ultimo progetto. Una completa assurdità: l'arte non ha una tabella di marcia o una data di scadenza. E per questa ragione Tobe Hooper oggi ha un posto tra i grandi della storia del cinema. Orson Welles aveva ragione. Te ne basta uno solo." ~ Rob Zombie (rollingstone.com)
Con Charles Laughton, Richard Arlen, Leila Hyams, Bela Lugosi, Kathleen Burke, Arthur Hohl
consigliato da ROB ZOMBIE
"L'ISOLA DELLE ANIME PERDUTE è stupefacente, del 1932, con Charles Laughton nei panni del Dottor Moreau. È un film sbalorditivo. È un film tetro. Per chiunque non l'abbia visto...voglio dire, anche oggi resta un film davvero inquietante. Le comparse dovrebbero essere gente metà-uomo e metà-animale. Si capisce che hanno trovato delle comparse dall'aspetto molto bizzarro già prima di fare il make-up, e tutti sembrano come deformi e fuori di testa. Di nuovo Lugosi recita la parte del leader degli uomini bestia. Non compare a lungo, ma naturalmente ha la battuta che tutti ricordano sulla Casa del Dolore: «Chi infrange la legge ritorna nella Casa del Dolore». Compare per cinque minuti e ruba il film intero. Charles Laughton è incredibile. Ma anche lui è pazzo. E pazzesca è anche la premessa di base. Hanno gli uomini bestia e li operano e loro urlano. È del genere: «Non è uno scherzo». Ci sono bambini piccoli che scappano dal cinema in lacrime, o anche adulti. È straordinario. Lo è ancora oggi. La fotografia è straordinaria. Tutto ciò che riguarda questo film è assolutamente incredibile." ~ Rob Zombie
"L'ultimo film che ho scelto è un altro film con Lugosi, quindi sì, è ufficialmente in tutti i film che ho scelto. È buffo. Non me ne ero accorto. L'ISOLA DEGLI ZOMBIES (WHITE ZOMBIE) è del '32, è uscito poco dopo DRACULA. È un film straordinario. Sono abbastanza sicuro che sia il primo film in cui viene usata la parola «zombie» – usata in un film, intendo. È ambientato ad Haiti, e Lugosi dirige questa fabbrica di zucchero e gli zombi sono i suoi lavoratori. Ancora una volta lui è fantastico, ma tutto il film lo è – solo che per molto tempo sono circolate versioni pessime, così ogni volta che lo vedevi, pensavi: «Wow, la qualità di 'sto film è orribile. Sembra un filmetto da due soldi.» Poi, più tardi hanno trovato e restaurato delle parti, e allora lo vedi che è un film che dal punto di vista estetico è davvero incredibile. Di nuovo, sembra piuttosto primitivo, ma visivamente è straordinario, e Lugosi è grande come al solito. Se fate attenzione ad alcuni dei protagonisti e guardate le loro scene, penserete: «Cos'è, una gentile commediola musicale?» Poi «lui» entra in scena. E ancora una volta non scherza un cazzo. (...) Amo così tanto questo film che ho sempre pensato: «Che gran nome per una band». Lo pensavo prima ancora di avere una band. Mi dicevo: «Se avessi una band, quello sarebbe il nome giusto.» " ~ Rob Zombie
Con Lon Chaney, Lionel Barrymore, Mary Nolan, Warner Baxter
consigliato da ROB ZOMBIE
"LA SERPE DI ZANZIBAR è semplicemente sconvolgente. I film allora avevano delle trame così sinistre, perché il Codice Hays non aveva ancora cominciato a rovinare i film cercando di ripulirli. Quel che succede in questi film è così diabolico e strano..." ~ Rob Zombie
Da bambino Robert Bartleh Cummings (aka Rob Zombie) era ossessionato, a suo dire, "da qualsiasi cosa tra i fratelli Marx e Godzilla." La sua bibbia era una consunta copia del libro Midnight Movies, e il suo obiettivo era vedere tutti i film indicati nelle sue pagine. Uno dei film più lodati, che Robert riuscì finalmente a vedere a 15 anni quando venne proiettato in un college locale, era ARANCIA MECCANICA di Stanley Kubrick. "Ricordo di aver osservato incessantemente le immagini su Midnight Movies, inoltre avevo anche la colonna sonora di ARANCIA MECCANICA. Mi dicevo: «Sono immagini fantastiche, ma come possono sommarsi e formare un film coeso?» E quando poi l'ho visto, ogni cosa era assolutamente sconvolgente. Aveva il protagonista più estremo che avessi mai visto, e il film stesso era così ricco ma anche così perverso. Non importa quanti film si siano visti, non c'è un altro film simile. (...) Amo le cose oscure e strane. Questo film è oscuro e strano, ma non è un film horror." Il film inizia con i portentosi accordi del tema principale di Wendy (allora Walter) Carlos, una rivisitazione al sintetizzatore di una musica funebre di Henry Purcell, e con uno schermo rosso brillante tenuto per 25 secondi prima che appaiano gli spogli titoli bianchi. "Anche questa sequenza dei titoli di testa è fantastica," dice Rob Zombie, deliziato di poter rivedere il film. "Nessuno lo farebbe oggi, lasciare semplicemente lo schermo rosso così a lungo. (...) Ho usato questo film come ispirazione per video, costumi di Halloween, allestimenti di palchi, canzoni. Abbiamo ricreato la scena iniziale per un video [Never Gonna Stop (The Red Red Kroovy)]."
"Ci è voluto un sacco di tempo per ricostruire l'intero Korova Milk bar, ed abbiamo fatto anche la lunga carrellata iniziale. E poi gli avvocati alla Geffen Records hanno detto che l'avevamo fatto troppo identico, e hanno cominciato a innervosirsi che la «Kubrick Estate» ci avrebbe fatto causa. Hanno detto: «Ragazzi, l'avete fatto troppo esatto – rifatelo in modo diverso.» (...) Ho ritrovato una vecchia recensione di Roger Ebert, e lui aveva odiato questo film," dice Rob Zombie scuotendo la testa. "Sembra che avesse un vero problema con Alex, questo protagonista senza alcun tratto positivo. Ma per quanto mi riguarda, è per questo motivo che lo adoro. Mi piace far fare i protagonisti ai «cattivi», perché sono molto più interessanti. Ho una mia teoria secondo la quale dipende tutto da quanto sono «fighi», la gente li seguirà e avrà simpatia per loro. Non importa se si tratta di Alex o di Dirty Harry." Segue una rissa tra i drughi e una banda rivale sulle note dell'Overture de La Gazza Ladra di Rossini.
"Amo prendere della musica molto bella e pervertirla nei film", dice Rob Zombie, che ha usato allegre canzoni pop come «Let Your Love Flow» dei Bellamy Brothers in film brutali come LA CASA DEL DIAVOLO.
"Credo che questa sia stata la prima super-perversione di una musica che io abbia mai visto in un film e ora non posso più sentire la Nona Sinfonia di Beethoven, o l'Overture del Guglielmo Tell, o altre musiche da ARANCIA MECCANICA In nessun altro modo. (...) Ho pranzato con Malcolm," dice Rob Zombie, che ha diretto McDowell in HALLOWEEN II, "e mi ha detto che [per la scena di Singin'in the Rain] hanno provato per cinque giorni, e sono stati cinque giorni di Stanley seduto a grattarsi la barba, totalmente confuso sul da farsi. Ogni giorno un camion arrivava con mobili nuovi e rifacevano il set, e ancora non si filmava niente. E dopo il quinto giorno Stanley ha avuto un'ispirazione e ha chiesto a Malcolm: «Sai ballare?» Ovviamente Malcolm ha risposto di sì, e credo che «Singin' in the Rain» fosse l'unica canzone di cui conosceva le parole, quindi l'hanno usata. È buffo come sia una delle scene più memorabili in questo film costruito meticolosamente, ma utilizza «Singin' in the Rain» solo perché era l'unica canzone che Malcolm conosceva. (...) Vedere un film così bello, eppure così estremo su sesso e violenza, era una cosa che non avevo mai sperimentato prima. E anche oggi, una cosa così è piuttosto estrema. [Scrollando le spalle] Immagino che quello sia stato il mio problema con EYES WIDE SHUT – per un film che avrebbe dovuto essere così scioccante ed esplicito dal punto di vista sessuale, mi è sembrato molto addomesticato. È come se Kubrick avesse perso contatto col mondo. Mentre questo film invece sembra ancora folle." Rob Zombie sorride vedendo il décor dell'appartamento di Alex: carta da parati verde e arancione, muri rossi e soffitti blu. "Amo queste scenografie, sono davvero fantastiche. È come una stramba, pacchiana versione fine anni '60 di come sarebbe stato il futuro." Poi c'è la scena dell'ufficiale scolastico (Mr. Deltoid) che sorprende Alex a casa. "Questo tizio mi ha sempre inquietato, è così viscido." Rob Zombie sottolinea come la lunga scena tra Alex e Deltoid si svolga quasi interamente in due inquadrature statiche, con la cinepresa posizionata sulla soglia della stanza. "Il ritmo è così strano, il modo in cui tengono queste riprese così a lungo. Non c'è molta copertura, e molto raramente ci sono primi piani. Questa intera scena, fatta eccezione per l'inquadratura della porta, consiste in quell'unica ripresa. Cosa che posso solo immaginare quanto sia stata brutale per gli attori, come tutte le riprese lunghe." Nella scena seguente in cui Alex affronta la signora che fa yoga Rob Zombie nota la cruda luce bianca che illumina la lotta. "Una delle ragioni per cui è così destabilizzante è perché la luce in tutte queste scene violente è così intensa. A quanto pare Stanley controllava la luce scattando delle Polaroid, e a volte era l'unica cosa che faceva tutto il giorno. Malcolm mi ha detto che Stanley ha scattato 70.000 Polaroid nel corso di tutto il film." In prigione una cartoonesca guardia interroga Alex, lo fa spogliare e prende i suoi averi. "Questa scena va avanti all'infinito, ma è assolutamente interessante, sono sicuro che è per questo che ha impiegato dei personaggi secondari così bizzarri, perché la scena sarebbe diventata molto noiosa se quel tipo non fosse così strambo. Tutto è talmente imbarazzante e strano." (...) Rilasciato doo la cura-Ludovico Alex viene malmenato dai suoi ex drughi e finisce nella stessa villa dove aveva assaltato lo scrittore e stuprato la moglie. Rob Zombie ride. "Questo è come qualcosa uscito direttamente da FRANKENSTEIN JR.", dice, quasi incredulo, mentre osservava la lunga scena in cui Alex cena con lo scrittore che lo ha riconosciuto e cerca di reprimere la sua quasi catatonica rabbia. "Le performance sono talmente strane ed estreme («over-the-top») che a volte sono sull'orlo dell'essere un po' troppo esagerate. Ma Kubrick dà loro così tanto spazio per respirare che acquistano senso. Nessuna di queste persone è realistica, ma nel contesto del film, sono iper-realistiche. (...) È un problema con cui anch'io ho avuto a che fare a volte, soprattutto quando si hanno degli attori «estremi», le cui personalità sono così larger-than life che quello che filmi a volte è più contenuto di quel che loro sono di persona. Poi qualcuno dirà: «Oddio, sono così esagerati». Ma io non la vedo così, perché ho visto cosa sono realmente. [Ride] Da Malcolm a Karen Black (che appare ne LA CASA DEI 1000 CORPI), certe persone sono semplicemente uniche." Verso la fine Rob Zombie si eccita in previsione di una delle sue scene preferite. Un ministro del governo, ansioso di usare Alex a fini politici, gli fa visita in ospedale e lo aiuta a mangiare imboccandolo (Alex è quasi completamente ingessato), dice che spera che Alex penserà al governo come a un amico. "Credo che questa sia una delle scene migliori di tutto il film. È così divertente, perché Alex qui si comporta proprio come una merda. Ogni volta che il film diventa troppo serio, c'è qualcosa di assolutamente ridicolo, come quando Alex apre la bocca per farsi imboccare. E so che questo è qualcosa che Malcolm ha improvvisato. Tecnicamente non c'è niente in questo film che sembri spontaneo – tutto è così perfettamente composto, e ogni ripresa col dolly è così perfetta. Ma se guardi bene, un mucchio delle cose migliori del film in realtà sono spontanee." Nel finale la Nona Sinfonia si scatena mentre Alex ha visioni di sesso selvaggio davanti a un pubblico plaudente. La battuta finale è: «Ero guarito. Eccome! (I was cured all right!)» Conclude Rob Zombie: "È tornato ad essere il suo orribile sè stesso – e siccome è così carismatico, noi ne siamo felici. E poi Kubrick taglia su questa strana immagine di personaggi Vittoriani che applaudono. Ecco perché lo adoro, perché così tante delle sue immagini sono iconiche, ma sono anche semplicemente folli. (...) Nel finale di HALLOWEEN 2 termino sul volto dell'attrice protagonista. È totalmente impazzita, ed è come se fosse felice di essere di nuovo pazza. È quasi come Alex: «Ero guarito. Eccome!». È un finale all'ARANCIA MECCANICA, e quando l'abbiamo girato abbiamo riso tutti quanti." ~ Rob Zombie (dga.org)
Con Lon Chaney, Marceline Day, Henry B. Walthall, Percy Williams, Conrad Nagel, Polly Moran
consigliato da ROB ZOMBIE
"Non l'ho mai visto, perché è il più grande film perduto di tutti i tempi. In qualche modo è andato distrutto, ma Tod Browning successivamente ne ha fatto un remake con Bela Lugosi e l'ha intitolato I VAMPIRI DI PRAGA (1935). Non ci posso pensare che è andato perduto; l'industria del cinema era così nuova che hanno pensato: «Ah, questo l'abbiamo già proiettato. Chi diavolo vorrà più vederlo?» Non è neanche un film oscuro – è stato fatto da uno dei più grandi registi dell'epoca con la più grande star di Hollywood, Lon Chaney. E invece: «Eeh, chissenefrega! Fondiamolo e tiriamoci fuori un po' d'argento...» È uno di quei film che quando ne vedi le immagini pensi: «Dio, se mai ci fosse un solo film che vorrei poter vedere, sarebbe questo.»" ~ Rob Zombie
"Se parliamo di esperienze sconvolgenti, direi che il primo film è stato WILLY WONKA E LA FABBRICA DI CIOCCOLATO, perché credo – sono piuttosto sicuro– che sia stata la prima volta che da bambino ho visto un film ripreso dal vivo in un cinema. Mio padre ci portò a vederlo, me e mio fratello. Credo che fino a quel momento io avessi visto solo un film d'animazione al cinema. Penso fosse ROBIN HOOD, che, per qualche ragione, trovai molto noioso. Ma WILLY WONKA mi sconvolse, e mi terrorizzò a tal punto che non riuscii a smettere di pensarci per anni. Avevo visto film e altra roba in TV, ma quella era la prima volta, credo, che ero abbastanza grande da essere in grado di star seduto per un film intero senza volermi alzare e correre per il cinema. Semplicemente lo vedevo enorme lì davanti a me e lasciavo che mi risucchiasse. Non penso neanche che sapessi che quelli erano attori e che era tutto falso. Credo di aver pensato che era tutto vero. Pensavo davvero che tutta la famiglia vivesse in quell'unica stanza. Probabilmente facevo la seconda elementare o giù di lì... Perciò forse non credevo davvero che fosse reale, ma ho reagito al film come se fosse vero." ~ Rob Zombie
LISTA COMPLETA di ROB ZOMBIE
TOP 5 ASSOLUTI (rottentomatoes.com 2009)
- Willy Wonka e la fabbrica di cioccolato (Stuart)
- Frankenstein junior (Mel Brooks)
- Arancia meccanica (Kubrick)
- Taxi Driver (Scorsese)
- Non aprite quella porta (Hooper)
TOP 10 HORROR (uproxx.com 2015)
- Dr. Jekyll e Mr. Hyde (Mamoulian)
- Non aprite quella porta (Hooper)
- The Rocky Horror Picture Show (Sharman)
- Freaks (Browning)
- Nosferatu (Murnau)
- L'esorcista (Friedkin)
- Shining (Kubrick)
- La notte dei morti viventi (Romero)
- Frankenstein (Whale)
- Dracula (Browning & Freund)
HORROR PREFERITI DEGLI ANNI '30 (rottentomatoes.com 2017)
- Dracula (Browning & Freund)
- Il dottor Miracolo (Florey)
- The black cat (Ulmer)
- L'isola delle anime perdute (Kenton)
- L'isola degli zombies (Halperin)
ZOMBIE-MOVIES PREFERITI DA ZOMBIE ROB (dailybeast.com 2010)
- Zombi (Romero)
- L'isola degli zombies (Halperin)
- La notte dei morti viventi (Romero)
- Zombi 2 (Fulci)
- L'assedio dei morti viventi (Bob Clark)
- 28 giorni dopo (Boyle)
- Paura nella città dei morti viventi (Fulci)
- Re-Animator (Gordon)
- Zombie Lake (Rollin & de Laserna)
FILM HORROR MUTI PREFERITI (rollingstone.com 2014)
- Nosferatu (Murnau)
- Lo sconosciuto (Browning)
- La serpe di Zanzibar (Browning)
- Il fantasma dell'Opera (Julian)
- Il fantasma del castello (Browning)
ALTRI FILM APPREZZATI (noisey.vice.com 2014 + rollingstone.com)
- Psyco (Hitchcock)
- Carnevale di anime (Harvey)
- La cosa (Carpenter)
- Lasciami entrare (Alfredson)
- Lo squalo (Spielberg)
- Il Padrino (Coppola)
"Probabilmente da bambino ho scoperto i film prima di scoprire la musica. Li amavo entrambi, ma il cinema è il mio primo amore. Guardavo KING KONG o GODZILLA o IL PIANETA DELLE SCIMMIE o cose così. Poi cresci un po' e scopri la radio e, oh, le canzoni e la musica, ma erano come indistinguibili per me. Ho sempre voluto fare film, ma non sembrava una cosa possibile. Per fondare una band, invece, basta mettere insieme un paio di strambi e comprare dell'attrezzatura a buon mercato. E puoi dire: «Hey, siamo una band.» In quegli anni quando bisognava avere cineprese, comprare la pellicola e la roba per il montaggio, era una situazione del tipo: «Chi è che fa i film? Non lo so. Sono cose per gente speciale.» Ora puoi fare un film col tuo telefono, per cui non sembra così misterioso, ma negli anni '70 sembrava virtualmente impossibile fare cose del genere." ~ Rob Zombie
"ZOMBI è probabilmente il film che amo di più, e che ho visto più volte. L'ho visto quando facevo le superiori, ed era già uscito da un anno o giù di lì. Era una proiezione di mezzanotte e fu fuori di testa. Anche solo essere là a mezzanotte con la sala stipata, e la folla in delirio, non ho mai visto un pubblico reagire in quel modo. In realtà poi ero ad un appuntamento, e la ragazza con cui ero disse: «Non ce la faccio a vedere questa cosa», e io dissi: «Io non mi muovo! Dovrai aspettarmi fuori o andare a casa da sola o qualcos'altro, ma in nessun caso mi perderò questo film.» Avevo visto LA NOTTE DEI MORTI VIVENTI un mucchio di volte, ed era difficile allora beccare i film. Non c'erano VHS nè altro, perciò era una cosa del tipo: «Danno ZOMBI nel tal cinema!» E allora saltavi in macchina e guidavi per tre ore per vedere cose come il DRACULA di Andy Warhol o altro. (...) Comunque è vero, ZOMBI mi ha devastato, l'ho adorato. È diventato uno di quei film che avevo in VHS e lo guardavo ogni singolo giorno. Anche se non vi prestavo attenzione, trovavo il suono in sottofondo rassicurante. È per questo che ho sempre voluto lavorare con Ken Foree, ho sempre amato Ken in quel film, e a dire il vero tutti gli attori di quel film. Quando ho cominciato ad andare in tour non vedevo l'ora di andare a Monroeville per far visita al centro commerciale." ~ Rob Zombie
"Ricordo di essere andato a vedere FRANKENSTEIN JR. da bambino. Perché avevo amato tutti gli horror della Universal ma li avevo visti solo in Tv, come nel «Creature Double Feature» (Doppio spettacolo di mostri) del venerdì pomeriggio. Per quei tempi già amavo Gene Wilder, perché l'avevo visto in WILLY WONKA e adesso era in FRANKENSTEIN JR.! Quindi quel fim mi sconvolse. E ancora oggi lo vedo in continuazione. È un film davvero incredibile perché è molto ma molto divertente, con delle performances incredibili, ma è anche realizzato in maniera splendida. Nessuno oggi impiegherebbe tutto quel tempo per fare una commedia di quel livello. Visivamente e tecnicamente è davvero incredibile. Non invecchia; regge ancora. Peter Boyle è perfetto, e anche Madeleine Kahn e Gene Wilder, come tutti gli altri. È proprio un film incredibile. Cattura realmente l'atmosfera di quei film della Universal, come LA SPOSA DI FRANKENSTEIN, eppure è molto divertente. È una combinazione che non funziona quasi mai. Sai, se pensi ai MUNSTERS (I MOSTRI) in TV, e alla FAMIGLIA ADDAMS, che ti coinvolgevano ed avevano una direzione artistica ed erano tutti divertenti, ma non funziona quasi mai. È quasi sempre un disastro, e quel film invece è così perfetto. Penso anche al fatto che sono stati tanto coraggiosi allora da fare uscire il film in bianco e nero." ~ Rob Zombie
"La prima volta che ho visto TAXI DRIVER da ragazzino, mi ha mandato fuori di testa («it fuckin' blew my mind»). Sono sempre stato un enorme fan dei film sui lupi solitari. Credo che fosse questo ad attirarmi dei film horror da piccolo, perché i mostri erano sempre ritratti in quel modo. E TAXI DRIVER ovviamente è il film per eccellenza su questo tema. Sto facendo delle scelte ovvie di film geniali, ma erano film nuovi per me quand'ero ragazzo e mi facevano pensare: «O mio Dio, la genialità di questi film!» Amo moltissimo TAXI DRIVER; l'ho visto un mucchio di volte. È probabilmente uno di quei film che potrei recitare per intero, o almeno potevo un tempo, forse oggi non ci riuscirei. Ma quando mi sono trasferito a New York – ci ho vissuto nei primi anni '80 – sono andato a visitare letteralmente tutte le locations di TAXI DRIVER, ed erano ancora tutte lì: il cinema porno, «Variety photo» dove Jodie Foster corre davanti al taxi di Travis, l'edificio di appartamenti dove sosta Harvey Keitel. A dire il vero avevo pure un amico che viveva in quell'edificio, perciò era anche più eccitante. Ero un vero maniaco; andavo dappertutto. Era come la mia visita guidata dei luoghi di TAXI DRIVER a New York. E poi mi dicevo: «È Peter Boyle quello nella parte del “Mago”! Questo è il più grande film di tutti i tempi!» Ricordo di aver visto Peter Boyle al Beverly Center una volta, e sono impazzito. Immagina: «Chi ti piacerebbe incontrare più di tutti?» «Peter Boyle!» ~ Rob Zombie
Su ZOMBI 2 di Fulci: "Fin dalla scena d'apertura di una nave apparentemente vuota (fatta eccezione per vermi e blatte) alla deriva al largo della costa di New York, un tono squallido si mette in moto per un nuovo genere di film di zombi. Boom! Il primo zombi grasso del grande schermo attacca e nasce un classico istantaneo. Per non parlare della lotta subacquea tra uno zombi e uno squalo che è ancora un momento del genere «Come cazzo hanno fatto a filmarlo?» Lucio Fulci è un genio." ~ Rob Zombie
INTERVISTATORE: "Per favore non riattaccare, ma volevo chiederti se avevi visto THE HUMAN CENTIPEDE?"
ROB ZOMBIE: "L'ho visto, ma Oddio, non lo ricordo molto bene. Era una di quelle cose che la gente citava così spesso che ho dovuto vederlo. È ok, ci sono diversi tipi di film...a volte guardi un film e pensi: «Oh, questo film è molto ben fatto, lo vedo, ma è sgradevole e in realtà non mi piace.» È uno di quei film di cui non ho nulla di male da dire, perché tutto è molto efficace, ma non è il tipo di cosa che mi fa dire: «Riguardiamolo!» (...) Potreste dirmi: «Perché vuoi riguardare NON APRITE QUELLA PORTA per la milionesima volta?» C'è qualcosa in quel film che non è così sgradevole per me, per qualche ragione. C'è qualcosa nei personaggi e nella situazione che trovo molto coinvolgente. Quindi THE HUMAN CENTIPEDE e il suo sequel sono piuttosto sgradevoli, ma posso rispettare chi fa qualcosa che in un panorama normale non potrebbe attirare attenzione. In quest'ottica, è grande. L'ho sentito citato in un sacco di cose mainstream, per cui riuscire a creare qualcosa di nuovo che penetri nella cultura popolare, è una gran cosa. HUMAN CENTIPEDE 2 a dire il vero ho pensato che fosse un'idea piuttosto brillante, perché l'idea della trama è che c'è un personaggio che cerca di emulare quello che ha visto nel primo film. In realtà mi piace di più il secondo HUMAN CENTIPEDE."
"CARNEVALE DI ANIME è un gran film, mi è davvero piaciuto. Ai bei tempi ci suonavamo spesso al Salt Air Palace, dove hanno girato il film. Ed era sempre fantastico essere là, anche se l'hanno praticamente ricostruito dopo che un incendio l'ha raso al suolo. Ma è un gran film, amo i film che si affidano all'atmosfera ed è un film così semplice, fatto a costo zero." ~ Rob Zombie
"PSYCO è ovviamente fenomenale. Decisamente aveva un bel po' di atmosfera, ciò che più manca negli horror moderni. Mi piace questo genere d'atmosfera, non succede niente ma è così inquietante. Ho fatto una cosa del genere ne LE STREGHE DI SALEM, rendendolo di proposito lento e senza alcun avvenimento. E ha davvero diviso il pubblico: alcuni dicono che è il film migliore che ho fatto, altri il peggiore. È buffo, sono piu che altro gli americani che l'hanno odiato, mentre in Europa pensano che sia il mio film migliore. Là sembra esserci un modo diverso di sentire, per cui è OK non sapere in ogni momento quel che sta succedendo. Questo nei film americani è molto disapprovato. Non incolpo necessariamente il pubblico, credo che in un certo senso siano diventati il prodotto di quello che hanno consumato. I produttori ti dicono: «Ho guardato questo film per quasi quattro minuti, e non capisco cosa sta succedendo. Devi spiegarlo.» [Ride] Tutte le annotazioni che ricevo sono del genere: «Perchè? Perché sta accadendo questa cosa?» Nella vita vera, se qualcuno fosse posseduto dal diavolo, come potresti spiegare quel genere di cose? È così stupido, vorresti avere qualcuno che ti spiega costantemente tutto? A me piace essere confuso."~ Rob Zombie
Da «Andrzej Zulawski, sur le fil» di Jerome d'Estais: "Di Federico Fellini Zulawski ammira la commistione di fantastico e di neo-realismo italiano, e di Kurosawa in particolare IL TRONO DI SANGUE, condividendo con l'autore giapponese la fascinazione per Shakespeare (in questo senso stupisce maggiormente scoprire il gusto di Zulawski per gli adattamenti cinematografici di Laurence Olivier)."
Con Anatolij Solonicyn, Ivan Lapikov, Nikolaj Grinko, Nikolay Sergeev, Irina Tarkovskaya
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consigliato da ANDRZEJ ZULAWSKI
"ANDREI RUBLEV è un autentico capolavoro. (...) Per me ancora oggi la sequenza del pallone aerostatico in ANDREI RUBLEV è...è LA SEQUENZA. Questo tizio idiota, un contadino o un Papa giovane, non ricordo, che costruisce questa cosa [Ride]...e vede la bellezza della Terra, il paesaggio, i cavalli,...a tutt'oggi questo è uno dei più grandi momenti di cinema." ~ Andrzej Zulawski
INTERVISTATORE: "In generale trovo che i registi dell'Europa Orientale che si distinguono veramente, abbiano uno stile dal punto di vista visivo molto espressivo, che si può solo identificare con quel dato regista, così per esempio Jancso, o Tarkovskij o Dusan Makavejev. Sono tutti dell'Europa dell'est ma provengono tutti da contesti diversi, così mi chiedo: qual'è il motivo? Grandi scuole? È la reazione al Realismo Socialista? Cos'è che ha creato questi straordinari «stilisti» nel cinema dell'Europa Orientale?"
ANDRZEJ ZULAWSKI: "Tu hai citato 4 o 5 nomi, forse possiamo aggiungerne altri 4 o 5?...Ma non molti di più. C'era un periodo in Unione Sovietica in cui c'erano 300 regista in attività, che facevano un film di tanto in tanto; stessa storia in Polonia, meno in Ungheria, è uno stato piccolo...o in Serbia... ma io conosco la maggior parte di quelli che hai nominato. Tarkovskij mi voleva addirittura come attore per interpretare Gesù Cristo...ero molto magro a quel tempo. Gli erano piaciuti i miei piedi, mi disse: «Oh, questi sono piedi per la mia croce.» Perfetti. Ok, Makavejev era un mio amico e Jancso lo conoscevo un po'. Prima di tutto, stai parlando di una sorta di elite e curiosamente anche quando venivano contrastati dalle autorità per via dei loro film – dei nostri film se mi è consentito di essere arrogante – sapevano perfettamente bene che andavano contro la cultura che le autorità volevano vedere, contro questo sistema; ma curiosamente c'era tutto questo talento in questo piccolo gruppo, e quando abbiamo cominciato a conoscerci tra di noi, a incontrarci, allora siamo riusciti a realizzare dei film, perciò non era una cospirazione della Russia e dell'Est Europa. Nello stesso periodo in Europa avevamo il miglior cinema postbellico, c'era anche il miglior cinema italiano, francese, Britannico. Quindi non era una specie di isola di espressionismo selvaggio, no...il cinema era interessante di per sè. (...) Mi spiace dirlo, ma una scuola non può insegnare ad essere un genio. Puoi imparare ad essere un tecnico, poi tocca a te estrarre dalla tua vita, dai tuoi eventuali studi, e da qualsiasi cosa ti parli, per fare i tuoi film. Credo che la ragione di base per questa piccola esplosione di talento, di capacità di colpire nel segno con sensibilità visiva...è semplicemente il fatto che – e posso ben dirlo dopo aver vissuto su questo pianeta per tutti questi anni – per fare qualcosa di interessante nella cosiddetta Arte, bisogna avere un nemico. Più potente è meglio è, così dovrai nascondere quello che pensi realmente; allora potrai trovare la formula, probabilmente stretta tra Scilla e Cariddi. Il collasso del cinema polacco oggi viene dal fatto che non ha nemici. Oggi non ci sono nemici dal punto di vista politico, tutti vogliono denaro quindi il capitalismo non è un nemico." ~ Andrzej Zulawski
"Sono stato l'ultimo allievo di quei dinosauri che ammiravo, Bergman, Fellini, Kurosawa, Stroheim, Peckinpah... Il cinema che volevo fare non esiste più, la sua voce si è estinta. L'intelligenza ha disertato le sceneggiature o la messa in scena per rifugiarsi nella tecnologia. Per me, è finita, ma non è una tragedia." ~ Andrzej Zulawski
Con Bibi Andersson, Jarl Kulle, Nils Poppe, Gertrud Fridh, Sture Lagewall
consigliato da ANDRZEJ ZULAWSKI
Da «Andrzej Zulawski, sur le fil» di Jerome d'Estais: "Torniamo ai film amati da Zulawski. (....) Innanzitutto Ingmar Bergman, e le sue opere a partire da UNA VAMPATA D'AMORE (anche se Zulawski confessa di avere girato POSSESSION come una sorta di anti-SCENE DA UN MATRIMONIO e anche se ha sostenuto di essersi di recente annoiato rivedendo FANNY E ALEXANDER, giudicato troppo teatrale per il suo gusto). Zulawski ama in particolare la vena orrifica dell'autore, film come L'ORA DEL LUPO e L'OCCHIO DEL DIAVOLO (perché sono fatti proprio da Bergman e trascendono il genere). Condivide inoltre con il regista svedese un gran numero di temi, come la coppia, la morte, il doppio o gli attori e le maschere (IL SETTIMO SIGILLO – a cui certe scene di spiagge di SUL GLOBO D'ARGENTO fanno pensare – , PERSONA o UNA VAMPATA D'AMORE, appunto) oltre che una certa idea di costruzione delle sceneggiature basata sulla drammaturgia teatrale..."
"Avevo 18 /19 anni quand'ho letto «Lo Straniero» di Camus, ma per quel che mi ricordo, il protagonista era incolto. Non è un intellettuale. Ed uccide perché fuori fa caldo. Per me, «Lo Straniero» è la miglior fantascienza mai concepita. La seconda migliore è ALIEN, che racconta la stessa storia. Non puoi comprendere questa creatura, non puoi approcciarla. Anche se potesse parlare, anche quando il protagonista di Camus comincia a parlare, non dice niente. L'alieno, il concetto di alieno, è l'essenza della fantascienza. Anche i personaggi di Gombrowicz - in un certo senso - erano spesso alieni. Il protagonista di «Cosmo» è un alieno che cerca di vivere tra di noi e di costruire qualcosa con una lumaca, un gatto, un uccello, una ragazza stupida....Io la penso quasi come Gombrowicz, per questo posso farne un film. La cosa peggiore che possa capitare ad un filmmaker è di avere una causa, un tema – sociale o politico. (...) Succede spesso nel cinema dell'Europa dell'est – tipo: facciamo un film sulla guerra, siamo degli umanisti, dopotutto! Io no. Non lo sono. Non credo che gli esseri umani meritino di meglio di quel che hanno. Avete visto quello straordinario film di Charles Laughton, LA MORTE CORRE SUL FIUME? È meraviglioso perché parla del nulla. È un cosmo. Ricordate la rana che guarda la ragazza che canta? Il cavallo, HATE, LOVE (scritti sulle nocche di Mitchum - ndt)... Meraviglioso! Il film non ha mai funzionato: nessuno l'ha visto, e Charles Laughton è morto...per lo sconforto." ~ Andrzej Zulawski
LISTA COMPLETA di ANDRZEJ ZULAWSKI
- 2001: Odissea nello spazio (Kubrick)
- Amarcord (Fellini)
- L’Avventura (Antonioni)
- La febbre dell'oro (Chaplin)
- La grande illusione (Renoir)
- Amleto (Olivier)
- Aurora (Murnau)
- Cappello a cilindro (Sandrich)
- Umberto D. (De Sica)
- Il mucchio selvaggio (Peckinpah)
- Andrei Rublev (Tarkovskij)
- La morte corre sul fiume (Laughton)
- L'ora del lupo (Bergman)
- L'occhio del diavolo (Bergman)
- Il trono di sangue (Kurosawa)
- Teorema (Pasolini)
- Sfida infernale (Ford)
Fonti: Sight & Sound (2012); IMDb quotes; corriere.it; mubi.com; filmidee.it; culture.pl; storie.it; cineuropa.org; filmcomment.com; offscreen.com; "Andrzej Zulawski, sur le fil" di Jerome d'Estais;
Rispondendo a un'inchiesta dei Cahiers du Cinéma che chiedeva a degli artisti di descrivere una scena cinematografica che avesse suscitato in loro una reazione fisica: "Un'immagine, dite?...Quella della farfalla bianca che va a posarsi di notte sulla testa di David Bowie, sepolto fino al collo nella sabbia di un campo di prigionieri di guerra inglesi, da un ufficiale giapponese innamorato. Il film era FURYO di Nagisa Oshima. Non uno dei miei film preferiti, ma quell'immagine mi ossessiona ancora oggi. Uscendo dal cinema, ho pianto, poi ho vomitato, poi ho pianto ancora." ~ Andrzej Zulawski
"Compiacere la maggioranza è il requisito del Pianeta Cinema. Per quanto mi riguarda, io non faccio concessioni agli spettatori, queste vittime della vita, che pensano che un film è fatto solo per il loro godimento, e che non sanno nulla della propria esistenza." ~ Andrzej Zulawski
"Il cinema d’autore è morto. Anzi, esiste ancora, ma nessuno vuole più vederlo. Film terribilmente tristi che riflettono la tristezza del mondo. Si possono trovare ormai solo ai festival, che somigliano sempre più ai funerali, dove la gente intelligente si ritrova per piangere insieme" ~ Andrzej Zulawski
"L'arte del cinema non è intellettuale; il suo potere è brutale, deve incollarvi alla sedia e farvi uscire dal cinema diversi da come ci siete entrati." ~ Andrzej Zulawski
"Quello che è straordinario nel cinema è che i film durano circa due ore, quando una vita, nel migliore dei casi, dura ottant'anni. Quando fate un film, mettete ottant'anni in due ore. È per questo effetto di compressione che non comprendo i film che non hanno l'effetto di una granata che vi polverizza le budella." ~ Andrzej Zulawski
"BARRY LYNDON m'impressiona perché, al di là delle sue illuminazioni, è comunque la storia di un uomo a cui hanno tagliato la gamba e questo è il vero soggetto del film. Kubrick è un dinosauro, uno dei due o tre sopravvissuti di quell'epoca straordinaria quando si diceva «IO»... Kubrick, per me, è un sopravvissuto su un'immensa isola deserta che noi popoliamo coi nostri fantasmi." ~ Andrzej Zulawski
"La Nouvelle Vague ha reso un cattivo servizio al cinema dicendo che potevate fare un film con i vostri genitori o il vostro vicino. Potete farlo, ma questo uccide. Io sono interessato dalle cose improbabili e dall'intrusione dell'improbabile nel probabile, è questo che ho veramente voglia di vedere." ~ Andrzej Zulawski
"Bresson ha fatto molti danni ai giovani attori perché voleva che recitassero come lui avrebbe recitato, e lui non era un attore. Perciò voleva che fossero quel che lui credeva fosse vero...È un regista affascinante perché è totalmente falso; è un po'come i primi film di Truffaut dove tutti recitano in modo strano...sono così falsi...e poi diventa uno stile. È un bene, alla fine, se si rimane coerenti." ~ Andrzej Zulawski
ZULAWSKI: "Il cinema è un ladro. La sua natura bizzarra è legata alla sua stessa chimica: è teatro che si fa cinema grazie a interventi fisici, tecnici… Credo abbia anche a che fare con l’urgenza di mostrare, come nell’allegoria della caverna di Platone. Perché poi vogliamo mostrare delle cose, proprio non lo so. Perché i bambini abbiano voglia di giocare, non so davvero dirlo. Semplicemente, credo che questa esigenza faccia parte, in maniera profonda, della nostra natura. Ecco perché il cinema, quando è venuto alla luce, ha rubato – o preso in prestito, se preferisci – tutto quello che aveva intorno: pittura, letteratura e musica, teatro, vaudeville, grottesco, pantomima. Tutto! Quindi il cinema è un bastardo. Ed è per questo che lo amo tanto."
INTERVISTATORE: "Questa concezione nel tuo lavoro si esprime attraverso una combinazione di elementi che altri registi potrebbero percepire inappropriata: ad esempio l’improvvisa intrusione di umorismo in scene orrorifiche. La natura bastarda del cinema ti spinge in questa direzione, nel rendere tali combinazioni più potenti?"
ŻUŁAWSKI: "Anche nellavita quotidiana gli elementi umoristici si intersecano con il drammatico, con il tragico e il lirico. In definitiva è la stessa cosa. Mi piacciono molto alcuni lavori di George Stevens, perché ha realizzato film con Stan Laurel and Oliver Hardy – e forse quelli sono i suoi film migliori! Anche se poi è diventato estremamente serio e pomposo. C’è però qualcosa verso la metà della sua carriera,
in cui intercetta quest’umorismo slapstick in alcuni lavori assolutamente seriosi, e la cosa mi piace. Amo tantissimo quei momenti. Quindi la tua osservazione è pienamente giustificata, ma è una cosa che notano pochssime persone, il che mi dispiace molto. (...) La gente ha questa curiosa tendenza a diventare rigida quando si tratta di arte o presunta tale: per loro, dev’essere sempre in un modo o in un altro. Secondo loro non puoi mischiare Thomas Mann con Franz Kafka. Ma nella mia opinione, si tratterebbe di una proposta molto interessante e seducente per la letteratura futura. Hanno torto a voler tenere separate le cose «serie» da quelle «frivole» o popolari!"
"Non faccio film per scioccare attraverso la forma. Non voglio scioccare con cose che considererei brutte esteticamente, eticamente o moralmente. Se ci sono cose difficili e brutali in questi film o se questi film mostrano un mondo non necessariamente bello o brillante, l'obiettivo è quello di attraversare un tunnel e giungere alla luce. C'è un proposito, un metodo, in tutto ciò. I film sono concepiti per mettere in moto sentimenti, pensieri, nervi e sensi del pubblico – in ogni modo" ~ Andrzej Zulawski
INTERVISTATORE: "Lei ha ho avuto il piacere di lavorare con Andrzej Wajda..."
ZULAWSKI: "Forse piacere non è la parola giusta. A quei tempi era un privilegio."
INTERVISTATORE: "C'è qualcosa che hai riportato da quella esperienza, qualcosa che ancora conservi rispetto al fare cinema?"
ZULAWSKI: "No, è stato molto più importante, perché ero molto giovane, circa 19 anni, quand'ho lavorato con lui la prima volta. Poi sono stato il suo primo assistente in 2 film alcuni anni dopo. Fu importante come lezione di vita. Perché diavolo facciamo film o perché vogliamo fare cinema? Che tipo di atteggiamento morale puoi tenere? Che tipo di volontà di restare fedele a qualcosa, e a cosa poi? E questo è stato molto più importante, per farla breve.. Più che lezioni di cinema, direi lezioni di cittadinanza attiva e di moralità."
INTERVISTATORE: "Alcuni dei tuoi film francesi nascondono dei riferimenti a VIA COL VENTO. Come mai?"
ZULAWSKI: "Sì. Sai bene che i miei film trattano soprattutto di donne e la migliore performance di una donna sullo schermo è Vivien Leigh in VIA COL VENTO. Se la osservi con molta attenzione, è fantastica. So che aveva avuto un mucchio di problemi nell'interpretare quella parte. Andò anche una notte a trovare George Cukor alla sua villa perché la stava dirigendo un regista molto mascolino (uno dei tre) e lei aveva bisogno del conforto di Cukor, che era omosessuale. Un grande regista ed un uomo intelligente. Alla fine della storia lei è straordinariamente brillante. E questa è l'unica cosa che ricordo del film, la sua trionfante femminilità. Ma il caso di Vivien Leigh è tragico. È finita in ospedale totalmente impazzita, l'ha pagato caro il suo talento."
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