Regista controverso e discusso, ultimamente trascinato anche lui nel turbine post-weinstein senza però subire accuse di molestie: infatti è stato citato e poi scagionato dalla Thurman per un incidente avuto sul set di "Kill Bill" e poi rinominato per vecchie dichiarazioni dove negava la colpevolezza di stupro a Polanski, anche qui però dopo essersi scusato è stato perdonato dalla vittima del regista polacco. Ma al di là della questione #metoo, che aprirebbe una gigantesca parentesi sugli effetti positivi dell'ondata di denunce (in particolare è degno di lode l'aver riportato alla ribalta il concetto spesso sottovalutato del Consenso) e sulle criticità interne (assenza di auto-critica su certe gogne mediatiche e predilezione per i casi eclatanti rispetto a quelli 'comuni' in primis), Tarantino è sempre stato molto discusso per via del suo Cinema: dalle accuse etiche di esaltare e incitare alla Violenza (critica che, a furia di sentirsela ripetere, ha iniziato a infastidire non poco il Regista, e a ragione oserei dire) all'accusa di copiare a destra e a manca senza essere minimamente originale, fino all'accusa immancabile di essere sopravvalutato. Innegabilmente il Cinema di Tarantino è intriso di Violenza, e altrettanto innegabilmente il suo Stile si fonda sull'Iper-Citazionismo, sia narrativo sia visivo, con tanto di inquadrature riprese quasi pari passo. Ma è impossibile negare che i Film di Tarantino abbiano attirato e continuino ad attirare un Culto assai profondo, ed è evidente che molte delle sue Opere hanno, nel bene e/o nel male, influenzato visceralmente il Cinema delle generazioni successive e non solo- Entrando nel personale, quando scoprii, con "Pulp Fiction", la Poetica di Tarantino scattò un Amore a prima vista, e grazie al suo Cinema poi ho avuto modo di scoprire Autori come Lucio Fulci e Takashi Miike: ora questi li adoro maggiormente rispetto a Tarantino, ma comunque senza di lui e senza "Pulp Fiction" forse non avrei sviluppato la mia attuale Sensibilità cinematografica, e in ogni caso continuo ad amare profondamente la sua Poetica e le sue Opere.
Comunque, in occasione del 55° compleanno del Regista, anche a lui dedico una sorta di retrospettiva-omaggio con varie brevi riflessioni per ogni suo Lungometraggio.
RESERVOIR DOGS L'Opera si apre con una Sequenza di dialogo entrata nella Storia del Cinema: la difficilissima resa 'corretta' di uno scambio di battute con personaggi multipli viene brillantemente 'risolta' grazie a movimenti 'circolari' delle mdp. Cambiando continuamente la linea di campo, Tarantino evita gli scavalcamenti e, al contempo, riesce a rendere dinamica, attiva una sequenza sostanzialmente statica, sia fisicamente sia narrativamente, visto che non accade nulla. Questa capacità di far sembrare attivo qualcosa che, su carta, sembra privo di azione è evidente in tutto il Film: la scelta di non mostrare la Rapina e ambientare buona parte del Film all'interno di un capannone (e forse, se togliessimo i flashback, potremmo notare uno sviluppo della vicenda in tempo reale) sono gli indizi più evidenti di ciò. Ma anche la "barzelletta" di Mr. Orange può essere vista come una conferma dello scambio tra azione e staticità: un discorso inventato assume man mano una sua consistenza fino ad essere messo in scena direttamente, arrivando a fondere il dialogo con la scena inventata quando Mr. Orange continua a narrare la "barzelletta" all'interno del bagno pieno di sceriffi. Tra l'altro, nel flashback inventato lo sbirro baffuto racconta anch'egli un aneddoto 'di lavoro': potrebbe essere un infiltrato 'al contrario' (anche se 'inventato' da Orange stesso). Molto importante, e tipico della Poetica tarantiniana, è quel Relativismo etico che emerge nella costruzione del Film: ogni punto di vista viene mostrato senza condanna né approvazione, ogni Personaggio ha una sua Logica, una sua Filosofia, una sua Morale con la quale giustifica il proprio agire condannando, eventualmente, l'agire altrui, oltre che per valutare e individuare la propria verità. Emblematico il rapporto tra White e Orange: la fiducia cieca del primo nei confronti del secondo è per certi vesti quasi immotivata, irrazionale. Potrebbe esserci una sorta di identificazione paterna. Sta di fatto che White ignora fino alla fine ogni indizio ed evidenza contro il suo pupillo, fino alla Confessione: forse uccide Orange non solo per il tradimenti in quanto infiltrato, ma anche per aver distrutto definitivamente la sua illusione di essere nel giusto. Chissà.
PULP FICTION Opera Cult degli anni '90 che lanciò definitivamente Quentin Tarantino nell'Olimpo degli Autori hollywoodiani e che rivoluzionò l'Estetica cinematografica. Concetti, questi, ripetuti migliaia di volte e da me pure condivisi. Non saprei bene cosa dire di più senza temere di ripetere cose già dette (e meglio) da altre persone, rischiando magari di far sembrare vuote le mie argomentazioni. Mi limiterò, quindi, a buttare giù riflessioni e osservazioni varie, senza pretendere di proporre qualcosa di innovativo, brillante o sensazionale riguardo a quello che, piaccia o non piaccia, è diventato un Classico contemporaneo del Cinema. La ben nota struttura a episodi intersecati rafforza lo Sguardo relativista tipico del Cinema tarantiniano: si approfondisce il punto di vista dei singoli Personaggi, osservando man mano i vari fatti sotto una luce differente. Scopriamo che certi dettagli inizialmente visti come marginali nascondono dei retroscena assai intriganti, ma soprattutto osserviamo i vari Personaggi da prospettive differenti: Butch, quando parla con Marsellus al bar, è avvolto nel Mistero, ma in "The Gold Watch" è Vincent ad essere visto come un personaggio secondario e, come tale, ucciso (quasi) senza importanza dal pugile. Ancora più significativo, forse, è il confronto tra il Prologo, dove Pumpkin e Honey Bunny sono il Centro 'etico', e la Conclusione del Film. Oltre a chiudere l'Opera in un Cerchio narrativo, questo Confronto riassume il Mosaico di punti di vista proposto nell'Opera: dopo aver assistito ad una Violenza d'Intrattenimento, che raggiunge il Culmine fumettistico proprio nel Capitolo "The Bonnie Situation" in cui rientrerebbe l'Epilogo, Tarantino ci propone un Dialogo e una Situazione d'Incontro tra Personaggi estranei dove la Violenza è messa in discussione, non ribaltandola moralisticamente ma rimarcando la Dimensione Umana insita nelle relazioni conflittuali, i Sentimenti individuali che dominano nello Scontro e la Brama istintiva di Vita che emerge nelle situazioni più disperate. Il Film si chiude con un'uscita di scena, quella di Vincent e Jules, all'insegna della dissacrazione, dell'impassibilità di fronte alla Violenza e del Pulp, con i due (Co)Protagonisti che si infilano le pistole nelle mutande ed attraversano l'uscio del ristorante sulle Note di "Surf Rider" dei The Lively Ones.
JACKIE BROWN Considerato da certi fan di Tarantino come un'opera minore e impersonale, e per un po' di tempo pure io condividevo questa opinione, ora sono arrivato a reputare "Jackie Brown" un'Opera Tarantiniana in tutto e per tutto, nonostante la spostanziale fedeltà al Romanzo ("Rum Punch") di Leonard. Innanzitutto le modifiche apportate, tra cui il non indifferente mutamento da caucasica ad afroamericana (e da Burke a Brown) della Protagonista, avvicinano la Poetica letteraria di Leonard a quella cinematografica di Tarantino. Inoltre, sono presenti numerose Scelte formali tipiche del Cineasta, dai Piani-Sequenza all'uso dello Split Screen e dello Split Focus, dal Montaggio non lineare (non c'è l'esplicita divisione in capitoli intrecciati come in "Pulp Fiction", ma la narrazione principale è frammentata da numerosi flashback) al riconoscibile orecchio Musicale. Ma non bisogna dimenticare le immancabili Citazioni al Cinema Pulp che ha formato l'Immaginario del Regista nonché i caratteristici Dialoghi (anche se diversi ripresi dal Romanzo) costruiti magnificamente, dove il basso dei contenuti espressi dai Personaggi è il 'segreto' della naturalezza estremamente convincente della loro costruzione, dal gusto squisitamente Musicale. Ma il Film è Tarantiniano anche per i Temi trattati, in particolare la Violenza, la quale spesso 'esplode' senza preavviso colpendo anche Personaggi principali con una rapidità brutale che non lascia tempo a stucchevoli momenti di commozione finta. Inoltre, a dispetto delle critiche di istigazione esaltata alla Violenza, e pure alle dichiarazioni di Tarantino stesso sulla natura di mero divertimento della Violenza cinematografica, questa (la Violenza) in realtà non è mai compiaciuta nella sua Filmografia: non è nemmeno messa in scena con gusto drammatico e di denuncia, ma forse nemmeno con sguardo cinico. Viene rappresentata come un atto che accade: chi sceglie determinati stili di Vita sa bene di potersi aspettare un ritorno della Violenza elargita, ma questa può colpire anche gente innocente che incrocia la strada di un Violento. Non manca lo Sguardo 'relativista', con la messa in scena dei diversi punti di vista e che raggiunge il suo Culmine nella fantastica Sequenza ripetuta dello scambio definitivo del denaro.
KILL BILL Anche se la differenza tra Vol.1 e 2 si sente, il Film va considerato come un Unicum (e la numerazione dei Film successivi di Tarantino conferma ciò) diviso in due Anime apparentemente opposte ma profondamente complementari e compenetranti. "Kill Bill" è un'operazione estremamente ambiziosa, e rappresenta per certi versi una Summa Stilistica, un Manifesto Poetico dello Stile di Tarantino: condensa ciò che è stato il suo Cinema da "Reservoir Dogs" a "Jackie Brown" passando per "Pulp Fiction" e ciò che diventerà successivamente da "Death Proof" a "The Hateful Eight" passando per "Inglorious Basterds" e "Django Unchained". Sicuramente è stato il suo Progetto più ambizioso fino ad allora vista la durata ragguardevole, o comunque è il Progetto che ha 'alzato' le sue ambizioni: anche se il successivo coinvolgimento in "Grindhouse" con Rodriguez si presenta come un qualcosa di molto più leggero, da "Basterds" in poi assisteremo ad una maturazione più esplicita della Forma tarantiniana, pur mantenendo sempre intatta l'Anima Pulp degli Esordi. La Fotografia, curata dallo 'scorsesiano' Robert Richardson, illumina straordinariamente i Soggetti, contornandoli spesso di 'auree' luminose alquanto suggestive.
(La riflessione prosegue nella scheda relativa al Vol.2)
Il Montaggio resta sempre molto complesso: la non-linearità non si limita solo ai Capitoli, ma a numerosi flashback e flashforward interni. Comunque, se si vuole è possibile trovare una certa linearità, o meglio si può individuare una linea narrativa principale sostanzialmente lineare costellata, come dicevo, da flashback e flashforward, soprattutto nel Vol. 2. Il Punto di Vista prevalente nel Film è quello di Beatrix, ma vediamo e sentiamo anche le Soggettività altrui: guardiamo Nikki assistere all'uccisione della madre Vernita e scopriamo la Storia di O'Ren nella memorabile Sequenza Anime, così come sentiamo l'odio profondo di Elle, partecipiamo all'esistenzialismo 'da sconfitto' di Budd e ascoltiamo la Filosofia molto orientale di Bill. La Questione dei Punti di Vista è rimarcata, all'inizio del Vol.2, dalla Voce narrante di Beatrix. L'espediente della voce fuori campo in teoria non mi esaltarebbe, ma qui funziona magnificamente e, anzi, dà la sensazione di essere inevitabile. Comunque, parlando del Massacro in chiesa Beatrix dice che esistono versioni differenti dell'accaduto, alimentando quindi la Leggenda sui vari fatti e rendendo ardua la conoscenza della Verità. Quest'ultima, però, sempre nel Vol. 2 si presenta con una profonda Decostruzione dell'epicità pulp del Vol.1: Beatrix ci svela che il Massacro non è accaduto realmente durante il matrimonio, ma bensì alle prove, e Bill dice al fratello Budd che i Crazy 88 in realtà non erano veramente 88 ma adottarono il nome perché 'cool'. La Seconda Parte poi smonta man mano l'Esagerazione tipica del Vol.1: meno uccisioni, meno frenesia, più Dialoghi, più drammaticità e Sentimenti (a partire dalla Morte e dalla Violenza) e continua problematicizzazione dei rapporti personali ed etici, con Culmine nel pianto poi sfociato in risa del Finale. Però già nel Vol.1 la Violenza, sotto la 'figaggine cartoonesca' e coreografica dei numerosi scontri, nasconde in sé una profonda Tragicità, e allo stesso tempo il Vol.2, nella sua Decostruzione, mantiene una Carica di esagerazione leggendaria e richiede ancora il mantenimento della Sospensione dell'Incredulità.
DEATH PROOF Rispetto al resto della Filmografia tarantiniana ci troviamo di fronte ad un prodotto quasi completamente interessato all'intrattenimento e, nel complesso, identificabile come un divertissement, ma la Mano del Regista è sempre estremamente riconoscibile. Innanzitutto perché, comunque, il suo Stile è da sempre notoriamente iper-citazionista, 'nostalgico' e attento dichiaratamente all'Intrattenimento. Inoltre, questo Intrattenimento resta diretto soprattutto a chi come lui adora certi B-Movie e/o ai suoi fan, e come contorno personale inserisce massicciamente il suo ben noto feticismo per i piedi femminili. Il Film, comunque, è profondamente tarantiniano anche per l'evidente Amore per il Cinema non solo come 'Vedere' ma anche come 'Fare', e quindi per la Regia, per la Cura delle Immagini, qua esplicata anche prendendo in mano direttamente (e, finora, per l'unica volta) la Direzione della Fotografia, e del Sonoro, in particolare nella Scelta delle Musiche e nel loro montaggio all'interno del Film. Non manca la Visione 'etica' del Regista: la Violenza e chi la pratica sono messi/e in scena a volte con brutalità, altre volte con sottile ironia (molte volte insieme) ma senza cadere in giudizi moralistici. Come sempre, poi, Tarantino si preoccupa di rappresentare i diversi Punti di Vista², sia delle Protagoniste che dell'Anti-Protagonista: in base alla 'visuale' scelta i Personaggi mostrano diverse sfumature, e così ad esempio Stuntman Mike passa dal Killer brutale ma carismatico della prima parte al maniaco machista patetico e sconfitto del Finale. Interessante notare come il secondo gruppo di ragazze, che dà pesantemente del filo da torcere allo Stuntman, sia composto in prevalenza da Stuntwomen: si arriva ad una Parità e la si supera, nell'abilità automobilistica, nella Violenza, nella Pazzia, ma anche nella Crudeltà, come si vede nel Pestaggio conclusivo ai danni di Mike, ormai ridotto ad un omino debolissimo e ferito nel fisico ma soprattutto nell'orgoglio. Anche se lo Sguardo è attento, relativisticamente, a tutti i Punti di Vista, Tarantino comunque prende ferma posizione in favore delle Donne. Stupendo il piano-sequenza alla tavola calda, per certi versi analogo nei movimenti di macchina all'Incipit di "Reservoir Dogs" (ma qui senza stacchi).
INGLORIOUS BASTERDS Tarantino si butta anima e corpo in un Progetto esplicitamente ambizioso affrontando il Cinema di guerra: "Inglorious Basterds" si presenta come qualcosa di dichiaratamente 'maturo', apparentemente lontano dall'intrattenimento 'leggero' e Pulp delle Origini. Tarantino però non si limita a narrare la Storia in modo didascalico ma, rendendola Co-Protagonista del Film, la stravolge contaminandola con il Pulp e modificandola drasticamente nella trama, facendo terminare il conflitto diversi mesi prima rispetto alla realtà e con toni 'exploitation'. La Storia si lega strettamente all'Amore assoluto del Regista e dei suoi estimatori/delle sue estimatrici, ovvero il Cinema. Al di là delle citazioni agli war movies (genere che non conosco bene), l'Autore costella le Scenografie e i Dialoghi di riferimenti al Cinema del periodo. Ma, soprattutto, rende il Cinema, assieme alla Storia, Protagonista della Vicenda narrata: la Sala cinematografica intrappola i gerarchi nazisti dentro di sé, la montagna di Pellicole in nitrato d'argento bruciando provoca l'Esplosione che stermina i massimi poteri nazi, tramite un Filmato amatoriale montato su un film di propaganda nazista Shosanna dichiara il suo messaggio di Vendetta (ebraica). Più che l'Operazione Kino, sono gli Individui, autonomamente e con modalità squisitamente Anarchica, a mettere in scacco il potere totalitario nazista, mentre l'organizzazione militare decide le varie mosse a tavolino, trattando con criteri opportunistici. I Basterds escono apparentemente da questa tipologia ma, di fatto, rappresentano più una variazione stilistica degli apparati militari che un gruppo autenticamente ribelle, e in fin dei conti la loro unicità è soprattutto 'scenografica'. L'Epilogo ha un che di amaro, con Landa che esce illeso e vincitore, anzi Eroe del conflitto trattando il suo consenso con i comandi alleati: sia nella finzione del Film sia nella realtà, infatti, il secondo conflitto mondiale purtroppo non ha visto la vittoria degli Ideali e delle Passioni, ma bensì ha avuto come vincitori pratici e morali gli opportunisti, gli strateghi, i politicanti e gli alti ufficiali che, per sconfiggere i nemici, non hanno avuto remore di colpire anche innocenti, visti come 'danni collaterali'.
DJANGO UNCHAINED Dopo circa 5 anni dalla sua partecipazione nello straordinario "Sukiyaki Western Django" di Takashi Miike, Tarantino affronta esplicitamente il Genere Western scegliendo come Citazione manifesta proprio il "Django" di Corbucci. Come sempre, però, il Regista non è minimamente interessato a realizzare un reboot, ma prende questo Modello come Ispirazione di partenza per rubarne alcune componenti da mescolare assieme ad una marea di altre citazioni e riferimenti per poi appropiarsi di questo Calderone ipercitazionistico iniettandovi la sua Poetica e rimodellando tutto in un'Opera unica ed estremamente personale. Come tutti i Film del Regista risulta alquanto difficile strabilire con esattezza il Genere del Film. Infatti, pur omaggiando dichiaratamente il Western, la ripresa di certi suoi canoni sostanzialmente è più una Scusa per mettere in scena l'Immaginario Pulp e cinefilo dell'Autore in uno Scenario diverso dal solito. Il Sangue, pure immancabile in certo Western, qua si esprime con gusto splatter ed esplosivo, toccando spesso toni quasi fumettistici ma raggiungendo anche tinte dal Sapore pittorico (il cotone macchiato di Rosso). Nel Montaggio, la triste dipartita di Sally Menke, a cui succede Fred Raskin, è accompagnata da un adesione più marcata ai canoni tradizionali di una narrazione lineare e unitaria. In realtà, però, la suddivisione in capitoli, qua assente, non è un tratto onnipresente (seppur caratteristico) nella Filmografia tarantiniana, e la linearità sostanziale della storia viene comunque spesso e volentieri spezzettata mediante l'inserimento di vari flashback e, in alcuni passaggi fondamentali, montando alternatamente eventi e situazioni ambientate in due tempi separati. Come tutti i Film di Tarantino, anche "DU" punta esplicitamente all'Intrattenimento, ma l'Autore, in quanto tale, usa la sua abilità nella costruzione cinematografica della Spettacolarità per parlare di Temi a lui cari. Innanzitutto, anche qua la Violenza assume toni problematici ed è osservata dai punti di vista di tutti Personaggi: emblematica è l'uccisione, operata da Django e sobillata da Schultz, di un uomo davanti agli occhi del figlio. Non manca una presa di Posizione chiarissima, precisa e Politica da parte del Cineasta contro la piaga schiavista e con essa l'eredità razzista di cui sono impregnati gli u.s.a.
THE HATEFUL EIGHT Come spesso accade quando esce un Film di Tarantino, anche con "The Hateful Eight" il pubblico e, in particolare, i fan si sono divisi, tra chi ha visto l'ennesimo Capolavoro del Cineasta e chi invece è rimasto profondamente deluso e smarrito. Ora, se ci troviamo di fronte ad un Capolavoro oppure no, non lo so. Personalmente, però, "T.H.E." mi è parso un Film intensamente Tarantiniano, anche se il Regista prende strade differenti rispetto al passato. Non manca lo Spirito citazionista del Regista, che qua va a pescare soprattutto dal Capolavoro Carpenteriano "The Thing" trasportandolo nell'Epoca (post)Western. "The Hateful Eight", come dichiara il Titolo, è popolato da Protagonisti Odiosi, tutti fatta eccezione forse per qualche innocente che, però, subisce un destino brutale. Non è solo la Jason Leigh ad essere una stronza razzista di merda (cosa che ha provocato ridicole accuse di misoginia), e nemmeno i 'doppiogiochisti' di Roth, Madsen e il messicano Bichir sono gli unici bugiardi. Lo 'sceriffo' è uno sbruffone pietoso che, dall'inizio alla fine, sale sul carro dei vincitori in modo alquanto passivo, e il generale di Bruce Dern è un vecchietto che in passato è stato spietato ma che il Tempo ha ridotto pietosamente. Kurt Russell è un cacciatore di taglie spietato e brutale, un sadico che ama vedere impiccare le sue vittime, per le quali non nutre alcun rispetto, e nonostante faccia un lavoro da canaglia ha la pretesa ipocrita di sentirsi migliore di tutti, come se fosse il detentore della moralità e dell'etica. Infine c'è Samuel L. Jackson, la Sintesi Ideale delle Contraddizioni di tutti i Personaggi: trae profitto dall'uccisione di persone, mente per ottenere ciò che vuole, è capace di azioni spietate e sadiche e si regala una vendetta cinica e crudele. Rispetto a tutti gli altri Personaggi, però, sembra avere dalla sua la consapevolezza della Natura negativa del proprio carattere, e per quanto egoista la sua visione è molto razionale e riesce a comprendere le motivazioni e le mentalità di tutti gli altri Personaggi pur rispondendo poi soltanto a sè stesso. Per quanto odiosi, comunque, tutti questi Personaggi sono comprensibili nelle loro motivazioni e ogni Carattere è 'giustificato' dalle varie esperienze personali: l'Individuo Spettatore non è chiamato a giudicare i 'buoni' e i 'cattivi', ma a riflettere sulla propria Natura.
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