Una coda lunghissima, il continuo ticchettio del tempo impresso nell'orologio ed il pensiero di non arrivare in tempo. Inizia così la nuova stagione cinematografica con il ritiro dell'accredito, la corsa in Sala Giardino ed il film d'apertura di Orizzonti "Nico, 1988". Entro con i Velvet Underground che ronzano nella testa ed esco con un ritratto di fine guerra fredda e Nico che canta per tutto il festival. Il pomeriggio tocca all'israeliano "Longing" che si condensa tutto nell'erotico sogno del protagonista mentre alle 23, pressappoco, la vicina di poltrona, che incontrerò ancora nella desolazione notturna delle piccole sale, per poco sviene alla vista del pastore tedesco in "L'albero del vicino". Ne esce fradicia e appesantita dai nervosi contorsionismi e dall'acido lattico che le invade il corpo fino alle orecchie mentre io affronto la brezza notturna del Lido con i crampi ai "(l)a(r)ddominali" per le performance dal vivo di lei che sembra uscita dalla commedia nera dell'autore islandese. Esilarante. Il giorno successivo mi immergo nella palude artificiale assieme alla creatura squamosa di Guillermo Del Toro e nella vasca da bagno di Sally Hawkins che fa quel che può in assenza di un uomo. "La forma dell'acqua" se ne va mentre i colori e le musiche valicano i tempi, necessari alla visione del cupo e grigio "Invisible", per restare abbarbicati ai miei pensieri. Il giorno seguente faccio un giro a cavallo con "Leon on Pete" che mi mostra il mondo marcio delle corse e la desolazione degli Stati Uniti. Ma non è allegrotto nemmeno il francese "Espèces menacées". Forse è meglio passare in spiaggia la giornata successiva e giocare con mio figlio. "L'insulto" di Ziad Doueiri mi fa cambiare idea, perciò un film, il mattino dopo, lo vado a vedere. Ecco "Suburbicon" ed il successivo tentativo di vedere Georgino in conferenza stampa. Ma il colore blu resta sull'uscio ad aspettare. I divi non sono il mio forte. Mi stanco subito. Meglio alghe, secchiello e palette secondo i piani. Il giorno seguente rido con "Ella & John" e sogno un viaggio con un camper un po' meno sgangherato del loro per le strade d'Italia. Sicuramente non per quelle del Cile. Lo strambo "Los versos del olvido" dell'iraniano Khatami (ma che ci fa in Cile?) è ambientato proprio lì. È piaciuto alla giuria di Orizzonti ma non a me che mi sono sentito come la balena spiaggiata nel finale. Il 4 settembre vedo "Tre manifesti a Ebbing, Missouri". La mostra può finire qui per quanto riguarda i premi. Il Leone d'oro l'ho già assegnato. Giusto il tempo per una capatina in Sala per l'israeliano "The cousin" e poi vado a godermi la passerella di Frances McDormand che senza tanti problemi manda a quel paese i paparazzi e se ne entra in Sala Grande. Anche la Coppa Volpi è assegnata per la miglior l'interpretazione teatrale. Non ce n'è per nessuno. La sala non è solo film. Lo scopro alla proiezione di "Madre!" dove incontro due giovani fidanzati tutti tatuati. Sembrano usciti da Brawl in Cell Block 99 (che io non ho visto perché di solito vado a letto con le galline), ma sono simpatici e chiacchieriamo tra il serio e il faceto. A fine film ci guardiamo e scoppiano a ridere. Aronofsky fa, anche, questo effetto. Mia moglie mi aveva avvertito. Uomo avvisato mezzo salvato. Giretto a Venezia in famiglia dalle parti dell'Arsenale e al ritorno, a proposito di balene, c'è Bardem che interpreta "Loving Pablo" ma ho come l'impressione che nessuno lo ami veramente. Fuori concorso... Forse era meglio fuori Mostra. Meno male che i Manetti si prendono il compito di farci ridere e ballare con il loro "Ammore e malavita". Servirà, poco dopo, di fronte all'israeliano (ancora?) "La testimonianza" che ci riporta ai tempi tristi dell'olocausto. Acerbo ma interessante. "Il colore nascosto delle cose" è discreto mentre "Brutti e cattivi" è brutto ma buono. Lo becco alla proiezione ufficiale con il cast intero. Sono lontano ma riesco ad apprezzare la cerimonia di presentazione degli attori. Aline Belibi è alta ed ha un cespuglio al posto della testa e ringrazio Dio di non essere dietro perché non vedrei una cippa mentre rimango stupito che Simone Martucci in arte Simoncino non si alzi dalla sedia per ricevere lo scrosciante omaggio del pubblico. Poi capirò. Ritrovo finalmente la mia vicina ansiosa e per prudenza, visti i posti liberi, lascio una poltrona libera tra di noi per evitare che mi conficchi le unghie in un braccio. Ma non ce n'è bisogno. Il film è l'iraniano "Disappearance" e non l'ha girato Amirpour perciò se ne va via tranquillo ripagandomi della pioggia che mi sono beccato strada facendo. Siamo al penultimo giorno della Mostra e vado al PalaBiennale per "Angels wear white" di Vivian Qu perché so che non uscirà mai nelle sale italiane. Mi congelo ma ne approfitto per farmi un regalo all'uscita dal tendone. Il pomeriggio c'è la proiezione ufficiale di "Hannah". Prendo il biglietto che ci sono ancora posti. Poltrona laterale che mi obbliga al contorsionismo in sala per ammirare Charlotte Rempling. Sto sveglio a stento. Meglio tornare in spiaggia anche se preferirei chiudere in bellezza. Così mi resta "L'affido" sul quale si sono sparse parole lusinghiere. Lo recupero l'ultimo giorno congelandomi nuovamente nella sala dell'obitorio. Ma ne vale la pena. Mostra finita. Andiamo in pace.
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