Quest'anno la sigla del Festival di Venezia è cambiata: non entriamo più nell'occhio di Simone Massi, nel petto del rivoltoso di Aleksandr Dovzenko o nella barca felliniana. Questa volta ricostruiamo un'immagine a partire da una successione di linee parallele verticali, nere e blu, tra le quali scorgiamo figure bianche o nere in movimento, rappresentative di icone più o meno significative per la Settima Arte tutta. Si sorvola sulla scelta azzardata e un po' troppo in anticipo sui tempi di mettere Emma e Ryan di La La Land, ma in compenso si vanno riconoscendo Il grande dittatore, Lo sceicco bianco, Il mago di Oz e così via, fino al mitico passo di Gene Kelly da I'm singin' in the rain, con le gambe che svolazzano a destra e a sinistra, e l'ombrello che troneggia sulle platee in attesa delle sale del Lido.
Quest'anno ho battuto tutti i miei record e ho visto 67 film, di cui:
53 lungometraggi del 2017
1 miniserie TV del 2017
4 film del passato
6 cortometraggi del 2017
1 mediometraggio del 2017
1 mediometraggio del passato
1 mediometraggio del 2017 in Virtual Reality
Ad uno sguardo puramente qualitativo è stata un'annata di notevole varietà, ancor di più che di qualità, ogni gusto è stato soddisfatto e le opere indimenticabili, nel bene e nel male, sono innumerevoli. Si è passati dalle opere più sfacciatamente hollywoodiane che sbancheranno agli Oscar (come il Leone d'Oro The Shape of Water) all'opera d'Autore provocatoria e generalmente bistrattata (mother!), dall'opera a tesi (The Insult) al film di genere (Ammore e malavita, Suburbicon): un concorso fiammeggiante. Altrettanto interessanti le sezioni collaterali (dalla generale medietà delle opere che sono riuscito a vedere in Orizzonti, fino alla vivace varietà delle opere della Settimana della Critica), e indiscutibile il fascino di esperienze parallele irripetibili (la visione del medio The Deserted di Tsai Ming-liang in Virtual Reality). In mezzo a tale bottino cinematografico, incuriosisce sapere la media generale dei voti per quanto riguarda il sottoscritto, da porre a confronto a Venezia 72 (6,41 di apprezzamento) e Venezia 73 (5,94 di apprezzamento). E' venuto fuori sorprendentemente che quest'anno si è totalizzato ancora una volta 5,94 di media, quindi siamo intorno alla sufficienza: trattandosi di un festival che propone opere tra le più diverse e distanti fra loro è un risultato più che accettabile. Nella media, come gli anni passati, sono considerati soltanto i lungometraggi del 2017.
Qui riporto la mia classifica particolareggiata per i film in concorso:
1 ) Mektoub, My Love di Abdellatif Kechiche 9/10
2 ) First Reformed di Paul Schrader 8/10 3 ) Ex Libris di Frederick Wiseman 8/10 4 ) The Third Murder di Hirokazu Kore-eda 8/10 5 ) mother! di Darren Aronofsky 7/10 6 ) Hannah di Andrea Pallaoro 7/10 7 ) Foxtrot di Samuel Maoz 7/10 8 ) La villa di Robert Guediguiain 7/10 9 ) Three Billboards Outside Ebbing, Missouri 7/10 10 ) Sweet Country di Warwick Thornton 7/10 11 ) Jusqu'à la garde di Xavier Legrand 6/10
12 ) Ammore e malavita di Manetti Bros 6/10 13 ) Una famiglia di Sebastiano Riso 6/10 14 ) Human Flow di Ai Weiwei 6/10 15 ) Angels Wear White di Vivian Qu 5/10 16 ) The Insult di Ziad Douairi 5/10 17 ) Ella & John - The Leisure Seeker di Paolo Virzì 5/10 18 ) The Shape of Water di Guillermo del Toro 4/10 19 ) Lean on Pete di Andrew Haigh 4/10 20 ) Suburbicon di George Clooney 3/10 21 ) Downsizing di Alexander Payne 3/10
e qui di seguito il mio presonalissimo Palmares:
Leone d'Oro: Mektoub, My Love
Leone d'Argento: Andrea Pallaoro per Hannah Gran Premio della Giuria: First Reformed
Premio speciale: Ex Libris Coppa Volpi maschile: Ethan Hawke per First Reformed Coppa Volpi femminile: Frances McDormand per Three Billboards Outside Ebbing, Missouri Migliore sceneggiatura: Martin McDonagh per Three Billboards Outside Ebbing, Missouri Premio attore/attrice emergente: Charlie Plummer per Lean on Pete
I premi effettivi hanno deluso gran parte delle mie speranze. Rimando per questi al post ufficiale del sito cliccando qui.
Si passino ora in rassegna i 67 titoli in ordine di apprezzamento. Segnalo fin da ora che la miniserie Wormwood, ancora non presente in database, si classifica al 10° posto. Non potendola inserire in successione nella playlist, la commento brevemente qui:
Morris destruttura il linguaggio cinematografico-televisivo approcciando una materia bollente come il misterioso omicidio di Frank Olsen sia tramite il documentario che tramite la fiction, in un botta e risposta fra "dimensioni" che non disdegna la sperimentazione visiva (andiamo dagli split screen a utilizzi anomali e spregiudicati dell'out of focus). Paragonabile a The Knick per fotografia e fascino dell'immagine, si tratta di una delle migliori opere per la televisione degli ultimi tempi.
Voto: 8
Qui sotto, tutti gli altri titoli, considerando che dal decimo in poi in realtà il posto va scalato di uno a causa della presenza della serie di Morris.
VENEZIA CLASSICI - Superbo Chabrol. Il film più bello di Venezia 74 è un classico del 1962, che riutilizza i raggiungimenti espressivi della Nouvelle Vague al servizio di un soggetto al confine fra thriller e dramma da camera, narrato da una delle voci fuoricampo più belle della Storia del Cinema e talmente crudele e asettico nei suoi assunti finali da lasciare attoniti.
CINEMA DEL GIARDINO - Il mio preferito del 2017 di questo Festival (e finora del 2017 tutto) è Woodshock delle sorelle Mulleavy: un'opera che mette insieme intenzioni narrative e video-arte, cinema classico e avanguardia, in un compromesso che per il Cinema del futuro può essere davvero una nuova strada da percorrere. Incredibile Kirsten Dunst. Incipit ed excipit da urlo - e da lacrime.
CONCORSO UFFICIALE - Che dire dell'ultimo Kechiche, se non che il regista tunisino ha superato se stesso? Un inno alla spontaneità e alla vita, che è al tempo stesso una riflessione profondamente cinematografica sulla soggettiva di uno sguardo giovane e desiderante ma frustrato. Sovrumano per i sensi e per tutto il resto. Qui la recensione.
CONCORSO UFFICIALE - Bergmaniano prima e puramente schraderiano poi, First Reformed è una chiave di lettura per osservare retroattivamente il cinema del grande regista sceneggiatore, e per uno sguardo più grande alle sorti del cinema d'Autore contemporaneo, costretto a far fronte a un ingombrante passato di capolavori e a un presente in cui si spererebbe in una Settima Arte che dalla morte di The Canyons risorga.
VENEZIA CLASSICI - E' un classico di Godard, ma è più avanti di infinite altre opere del contemporaneo. Una riflessione sulla messa in scena e sulle conseguenze che lo sguardo ha sul reale. Filosofico, politico e rivoluzionario nel vero senso del termine, oltre che una coloratissimo esplosione di attonita Pop Art.
ORIZZONTI - Il film più complesso e stordente di Venezia 74: viaggio nei volti di un cannibale e del fratello maniaco autolesionista, un vero e proprio viaggio infernale che forse ci riserva qualche emozione, se sappiamo scavare a fondo.
La riconferma di un grande Autore, nonché un altro tassello di quell'enorme enciclopedia dell'essere umano moderno che Wiseman porta avanti fin dagli anni '60 con Titicut Follies. Un monumento al montaggio, tra una cosa e l'altra.
CONCORSO UFFICIALE - Kore-eda cambia scorza ma non cuore, e firma il suo più bel film da qualche anno a questa parte, un'indagine pacata e sottilmente inquietante, un thriller in cui il silenzio ha una valenza estetica fenomenale. Sporadiche e strazianti le sequenze oniriche; geniale l'immagine finale dei volti in sovrimpressione, prestito non ufficiale dai volti riflessi nel vetro divisore di prigionia di Anni di piombo della Von Trotta.
VENEZIA CLASSICI - Cosa c'è di meglio di un film di genere anni '30, se poi il regista è James Whale? Brillante e fondamentale per tutto il cinema cosiddetto "di serie B" che sarebbe comparso da lì a poco, da Roger Corman fino ai suoi successori e imitatori.
FUORI CONCORSO - Il cinema "coloniale" di Lucrecia Martel in un'opera in cui ogni singola inquadratura rappresenta un mondo profondo e infinito, dove è semplice naufragare con gli occhi. Complesso ma ripaga lo sforzo del tutto.
VR CINEMA - Commovente opera a 360° di Tsai Ming-liang: un'esperienza emozionante che sfrutta al meglio (e in totale coerenza col cinema precedente del regista) le possibilità di un nuovo mezzo, la Virtual Reality, che fa della soggettiva dello spettatore il vero medium registico.
GIORNATE DEGLI AUTORI (EVENTO SPECIALE) - Sorprendente corto del '68 ad opera di Ermanno Olmi: uno studio antropologico/statistico che fa da controcampo alle scelte del cinema italiano di quegli anni.
CONCORSO UFFICIALE - I compromessi folli del cinema di Darren Aronofsky hanno finalmente trovato il loro ruolo nella Settima Arte, nel film più compiuto - e per lui forse il più estremo - del regista newyorkese. Accolto fra applausi entusiastici e fischi inorriditi: il film chiave di volta di tutto Venezia 74.
BIENNALE COLLEGE - Prodotto low-budget di estrema sensibilità, tra Cinema e Body Art, fra Mantegna e Grandrieux. Semplice, grezzo, ma anche elegante ed estremo.
SETTIMANA DELLA CRITICA - Un film di amicizia, incredibilmente credibile; un film di finzione su persone vere; un'esplosione di colori, fiorellini e vezzi da videoclip senza sosta; fra fissità del Cinema europeo e Dogma 95.
CONCORSO UFFICIALE - Una parentesi dal dolore della guerra; ma per sfuggire alla disperazione è possibile solo l'assurdo e il grottesco di un ballo improbabile o di un cammello inopportuno.
CONCORSO UFFICIALE - Un film sulle conseguenze della rabbia più primordiale, condotto da una Frances McDormand strepitosa e da un Sam Rockwell nel ruolo di tutta una carriera. Di ascendenze coeniane, spiritoso ma mai spigoloso come i capolavori dei fratelli registi (che McDonagh ha sempre imitato, con un pizzico di tarantinate), una pellicola dal coraggio relativo ma molto intelligente e di indubbio successo.
FUORI CONCORSO - Action violento e spregiudicato, fotografato stupendamente e interpretato ancor meglio da Vince Vaughn. Una discesa spudorata, demenziale e allucinata negli inferi carcerari. Grande Don Johnson.
FUORI CONCORSO - Il commovente documentario di Schible sul compositore giapponese fra i più importanti della Storia del Cinema narra la sua vita attraverso la sua musica, con ammiccamenti cinefili molto gradevoli e una struttura documentaristica classica ma robusta.
CONCORSO UFFICIALE - Esiste ancora la possibilità di un Cinema tenero: Robert Guediguiain ha utilizzato I Want You di Bob Dylan che meglio non la si poteva utilizzare, in un film maturo, semplice e delicatissimo, mai banale.
SETTIMANA DELLA CRITICA - Riflessione definitiva sul Cinema barocco del passato, aggiornato a tematiche queer più esplicite e azzardate. Un vero e proprio film dannunziano, da Pioggia nel pineto.
CONCORSO UFFICIALE - Western australiano che si distingue più per la mise en scène sottilmente onirica alla Monte Hellman, che per i contenuti un attimo più costruttivi e meno interessanti. Il rischio è che fossero quelli il centro del film, ma è la confezione il punto di forza, con quelle brevi sequenze di incastro che rendono passato presente e futuro parte di un unico inconscio collettivo, quello di un'epoca storica di ingiustizie e barbarie.
FUORI CONCORSO - Non ci sono parole, un delirio esaltante e da lacrime agli occhi, pieno di invenzioni visive non nuove, ma mai sparate così tanto a massima velocità.
CONCORSO UFFICIALE - Opera prima di Xavier Legrand, un film di angoscia crescente, ricco di ascendenze vansantiane, con una regia più furbetta che matura, e ultimi 20 minuti che la dicono lunga sul futuro di quello che diventerà un nome importante nei circoli festivalieri.
ORIZZONTI - Tra i migliori in concorso a Orizzonti, un tributo non banale alla cantante che dopo i Velvet Underground ha creato un genere di rock tutto suo, inquietante e lirico al contempo.
ORIZZONTI - Altro film tenero in rassegna: un favoletta del reale, con protagonista un bambino distratto e narcolettico che come in un Kiarostami immobilizzato e innevato cerca di tornare a casa da scuola.
GIORNATE DEGLI AUTORI - Distopia che guarda un po' a Fassbinder, un po' a Seidl, un po' ad Haneke, un po' a Kubrick, ma crea a fatica qualcosa di nuovo.
CONCORSO UFFICIALE - I Manetti Bros fanno uno dei pochi film demenziali ancora possibili, che fa l'occhiolino sia all'immaginario hollywoodiano che a quello neomelodico. Spassoso ma troppo lungo.
VENEZIA CLASSICI - Un Forman che deve ancora maturare per un formato che troverà la luce definitiva nel capolavoro Gli amori di una bionda, qui in una versione ancora grezza e balbettante.
CONCORSO UFFICIALE - Il più sottovalutato del Festival è un melodramma che cerca di tirar fuori il cinema italiano dai suoi soliti canoni. Più volte si disperde, ma con l'incipit e con l'excipit ritrova gradualmente la strada di casa (del buon gusto).
EVENTO SPECIALE GIORNATE DEGLI AUTORI - Barzelletta irriverente dall'estetica sbilenca e folgorante che dimostra che esiste altro dalla commedia indie americana in grado di far ridere con dolceamara intelligenza.
ORIZZONTI - Ali Asgari inserisce precetti dardenniani in termini di unità di tempo luogo e azione in un contesto di cinema iraniano che si è dimenticato Kiarostami e ormai viaggia nell'ispirazione di indignazione. Però sempre con un suo ammirabile, semplice, rigore.
ORIZZONTI - Girandola di personaggi che inizia con una struttura à la Resnais anni '90 o anni 2000, per poi scivolare verso complessi narrativi un po' infelici.
CONCORSO UFFICIALE - Distrutto dalla critica, un documentario "totale" sul problema dell'immigrazione, che per quanto possa accumulare dati accennando a buonismi di sorta, cerca di sfruttare il mezzo Cinema per discutere anche di body performance in maniera ancora più azzardata considerando la delicatezza dell'argomento. Tanto pregiudizio per il povero Ai Weiwei. Riprese in drone mai utilizzate così bene.
GIORNATE DEGLI AUTORI - Delirio in terra thailandese, fra attrici scomparse ed omicidi in salsa noir, santoni di malcelata crudeltà e contingenze assurde e imprevedibili. Però si dimentica un po' troppo facilmente. Strepitosa la lunghissima scena violenta alla Sipario strappato.
ORIZZONTI - Animazione adulta che riaggiorna la favola di Cenerentola in contesti futuristici strani e nostrani. Di divertimento e ritmo altalenanti e discontinui, ma animato con uno stile tutto personale che già Rak e compagnia ci avevano fatto assaggiare in passato.
APERTURA SETTIMANA DELLA CRITICA - Le conseguenze di Welcome to the Dollhouse e del cinema di Solondz e Zwigoff in genere, però in terra britannica: il risultato è un confetto strampalato e sopra le righe, gratuito ma con una sana dose di cinismo.
FUORI CONCORSO - Mediometraggio di Antonietta De Lillo che è un concentrato di satira un po' monotono. Ma strappa più di un sorriso. Montaggio pieno di vezzi gratuiti.
GIORNATE DEGLI AUTORI - Commediola in terra sudamericana che è un Zack and Miri makes a porn in salsa ispanica fra Balene d'agosto e una versione infiocchettata di Amour di Haneke. Fila via liscio senza lasciare traccia.
CONCORSO UFFICIALE - Logorroica esplosione di contraddizioni e ambiguità in un processo che sembra tirare le somme del conflitto israeliano-palestinese: importante quanto si vuole, diretto con abilità tecnica, ma artificioso contenutista e vecchio già nelle intenzioni - inutilmente oneste.
SIC@SIC - Cortometraggio di fantasmi che nascono dalla luce e dall'inchiostro, e si disperdono nell'ambiente. Un po' fumoso e meno atmosferico di quanto vorrebbe.
CONCORSO UFFICIALE - Una delle più cocenti delusioni. Non ricattatorio, ma semplicista nel momento in cui tira le somme, e forza le metafore fin oltre il limite dello spettatore come se lo spettatore fosse stupido o in ritardo continuamente. Del disagio raccontato non passa niente se non il susseguirsi di aneddotici accadimenti di relativo interesse.
SIC@SIC - Cortometraggio d'animazione che parte come una sintesi dell'Odissea e diventa riflessione sull'arte del raccontare. Dal messaggio schietto e semplice, è comunque un po' pochino anche per un corto di 20 minuti.
FUORI CONCORSO - L'atteso doc di William Friedkin sul reale esorcismo è girato come un documentario televisivo di serie Z, ma non nega alcuni bricioli di suspense, benché ottenuti con modalità che sviliscono un po' la carriera del grande regista.
FUORI CONCORSO - Documentario esteticamente piatto ma interessante sul making of di Man on the moon e sulle grottesche modalità attoriali di Jim Carrey. Espositivo ma mai realmente ficcante, proprio perché carente sul versante strutturale.
EVENTO SPECIALE FUORI CONCORSO - Nonostante duri solo 16 minuti, il corto di Gianni Amelio è diviso in ben due parti, una prima superflua e qualunquista, e una seconda egregia composta da una lunga inquietante carrellata su Amatrice distrutta, condotta allo scopo di far sporcare le mani anche allo spettatore tra le macerie di decine di vite infrante.
GIORNATE DEGLI AUTORI - Una cartolina dalla Cina, piena di idee visive e di colori ma sempre inerte e incompleta, sul punto di decollare ma frenata in partenza dall'insipienza di un non Autore qual è Pengfei. Simpatico il finale, tra le poche cose che ci ricorderemo di questo film.
CONCORSO UFFICIALE - Virzì più insignificante che mai, con annesse ovvietà in terra americana che a confronto c'è da innalzare a capolavoro My Name is Tanino. Solita struttura di commedia drammatica usurata e ormai irritante; però i due attori sono formidabili.
FUORI CONCORSO - Per chi se lo chiedesse: no, non sono riusciti a bissare A piedi nudi nel parco. Sopravvive solo la simpatia di Jane Fonda, perché Redford è insopportabile da un pezzo. Classica commediola di stampo contemporaneo, conformista oltremisura, ma che per fortuna evita piagnistei legati alla vecchiaia.
CONCORSO UFFICIALE - Il Leone d'Oro di Venezia 74 è l'apoteosi del prevedibile, un saccheggio sistematico di tanto immaginario collettivo cinematografico con accompagnamento di paraculate da "tributo al cinema del passato" su cui La La Land aveva già rovinosamente detto tutto un anno fa.
FUORI CONCORSO - A una prima parte rigida e inflessibile segue una seconda parte melodrammatica e insopportabile, fatta eccezione per una simpatica sequenza finale: Le fidèle si distrugge presto con le sue stesse mani, nonostante l'intesa e la bellezza stordente dei corpi (esibiti misuratamente) dei due protagonisti.
FUORI CONCORSO - A fatica Kitano poteva dire qualcosa di nuovo rispetto ai primi due Outrage, già loro fuori tempo massimo. E infatti non fa altro che ripetersi. Con fatica si aspettano scene sanguinolente sempre troppo trattenute: il divertissement di un maestro usurato dalla vecchiaia.
ORIZZONTI - Banalità infinite per Anne Fontaine: un piccolo dramma queer di poco conto, che talvolta accenna erotismo ma risulta solo stucchevole. Sprecata Isabelle Huppert nella parte di se stessa. Un inno involontario all'inutilità della creatività.
FUORI CONCORSO - Niente di più e niente di meno da ciò che poteva offrire Frears: sono tempi bui per lui. Qualche risatina non può salvare questa sciocchezzuola.
FUORI CONCORSO - La buona volontà di Silvio Soldini anche in termini di messa in scena immersiva e sensoriale non riesce a salvare un film piatto e prevedibile, che rispetta tutti i conformismi di sorta.
SETTIMANA DELLA CRITICA - Film dai buoni sentimenti per il grande pubblico, mascherato da film d'autore tramite vetustissimi vezzi come la nervosa camera a mano e l'ambientazione boscosa argentina. Noiosissimo.
ORIZZONTI - Un film così tanto a servizio della trama che si scorda di una regia, di un'atmosfera, e spera di sopravvivere solo grazie a tanta buona volontà. Ovviamente fallisce, ricattando con l'importanza del soggetto narrato.
FUORI CONCORSO - Esasperante biopic di Pablo Escobar, di inutilità palpabile e con una regia che tenta tamarra di avvincere lo spettatore con stupidissimi piani sequenza e una voce fuoricampo (di Penelope Cruz) estenuante.
CONCORSO UFFICIALE - Il film più irritante di Venezia 74 cerca con tale ostinazione di trovare l'originalità che sfora della prevedibilità più abbietta senza neanche accorgersene. In ritardo di almeno 40 anni, si finge furbo ma ha l'aspetto di uno scemo.
CONCORSO UFFICIALE - Apertura del Festival coi fiocchi: si parte con le dinamiche dell'indie più "dipendente" che esista (leggasi scontato), e finisce cercando ingenuamente di irridere problemi classicamente intesi come importanti (per esempio ambientali) solo allo scopo di apparire intelligente, anche se nel frattempo ha costruito i basamenti per una storiella d'amore da romanzetto rosa.
FUORI CONCORSO - La vera feccia di Venezia 74 è la nuova spazzatura targata Abel Ferrara. Poche pretese e tanta superficialità, oltre che ammiccamenti oltremisura.
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