Julieta
- Drammatico
- Spagna
- durata 96'
Titolo originale Julieta
Regia di Pedro Almodóvar
Con Emma Suarez, Adriana Ugarte, Inma Cuesta, Rossy De Palma, Nathalie Poza, Pilar Castro

A poche ore dall’inizio del festival di Cannes è impazzata una polemica, tanto per non farci mancare niente, che ha visto oggetto del contendere i colossi dello streaming - sempre più influenti e che sempre più lo saranno in futuro – e l’idea che vede la fruizione in sala come pilastro fondamentale, non accantonabile per nulla al mondo. Nell’edizione appena andata in archivio del principale festival, erano presenti nella selezione ufficiale Okja e The Meyerowitz stories, due produzioni targate Netflix, ma dal 2018 potranno essere ammesse in concorso solo quelle opere che poi potranno avere una regolare distribuzione nelle sale francesi. Il nodo del contendere è presto svelato: la Federazione nazionale dei cinema francesi impone una finestra di trentasei mesi tra l’uscita in sala di un film e la sua successiva disponibilità in streaming. A un primo sguardo, ci sono comunque delle alternative, come collocarsi nelle altre sezioni o prevedere una finestra più ragionevole per questo tipo di produzioni, soluzioni che forse potranno essere prese in considerazione a bocce ferme, mentre per adesso sembra prevalere l’opzione muro contro muro. Da un lato, più che di Cannes, è facile pensare si tratti di una scelta di sistema, visto che in Francia la fruizione in sala è assai radicata (avercene! Lì non c’è alcuna crisi, il 2016 è stato il secondo miglior anno di sempre per biglietti venduti) e, come tale, può fare leva su di un sistema molto forte. Dall’altro, Netflix deve pur sempre, e prima di tutto, pensare ai suoi abbonati, in costante e inarrestabile crescita (sono già più di cento milioni nel mondo).
Intanto, questa decisione ha scatenato varie prese di posizione, anche all’interno della giuria stessa, dove immaginiamo non si sia respirata l’aria migliore di sempre. Pedro Almodovar ha preso le difese della tradizione, a favore della visione in sala, mettendo le mani avanti affermando che la palma avrebbe dovuto premiare un film destinato al grande schermo (in un secondo momento ha, giustamente, ritrattato). Non poteva che schierarsi dall’altra parte Will Smith, anche considerando che Bright, il suo prossimo film atteso per dicembre, è una produzione Netflix. La sua risposta è stata comunque una sorta di mediazione diplomatica che non ha detto niente di nuovo, affermando la centralità della sala ma allo stesso tempo l’importanza di strumenti come Netflix, tante volte gli unici disponibili per vedere opere altrimenti impossibili da recuperare. Detto questo, le diatribe tra Cannes e Netflix possono interessarci fino a un certo punto (anche perché le soluzioni sono a portata di mano), semmai è più sentita l’idea di fruizione del cinema del futuro.
Alle varie considerazioni già enunciate, vanno aggiunte le possibilità offerte da Netflix, e i suoi competitor (Amazon è destinata a crescere altrettanto velocemente, pur avendo una posizione diversa in materia di distribuzione dei film). In spiccioli, poter vedere, senza far ricorso alla pirateria, film altrimenti invisibili, e, ancor prima, permettere a produzioni incagliate da tempo, di vedere la luce. Due esempi al volo. Per il primo caso, Slam – tutto per una ragazza di Andrea Molaioli, mentre usciva da noi in sala, Netflix ne ha acquisito i diritti per la distribuzione in tutti gli altri mercati. Risultato: un film che non sarebbe mai uscito dai nostri confini, è visibile praticamente a chiunque nel globo. Per il secondo caso, da anni si parlava di The irishman di Martin Scorsese con Robert De Niro che, finalmente, si materializzerà nel 2019, stando alle indicazioni anticipate, usufruendo di un budget da cento milioni di dollari (e potrebbe comunque uscire in sala).
Alla fine, Voi da che parte state?
Appoggiate la posizione del festival, siete dalla parte di Neflix o pensate che una giusta mediazione debba essere trovata? Più in generale, secondo voi va tutelata la visione in sala o non importa il mezzo per usufruire di un film, l’importante è vederlo?
Votate con un Sì Julieta, proprio il suo autore da Presidente della Giuria non ha tergiversato per dire la sua, se credete che la posizione di Cannes sia la migliore e che la visione in sala vada tutelata, in ogni modo.
Votate con un Sì Okja se credete che Netflix faccia bene a non indietreggiare e che un film basta produrlo e poterlo vedere, dopo di che il dove/come/quando conta solo relativamente.
Infine, votate con un Sì Hell or high water, film uscito su Netflix e pure in sala (ovunque tranne che da noi), se credete che la soluzione migliore sarebbe un compromesso tra le parti (sala vs streaming), eventualmente esprimendo anche in cosa potrebbe consistere. Come sempre, un commento vale più di un voto.
Titolo originale Julieta
Regia di Pedro Almodóvar
Con Emma Suarez, Adriana Ugarte, Inma Cuesta, Rossy De Palma, Nathalie Poza, Pilar Castro
Titolo originale Okja
Regia di Joon-ho Bong
Con Ahn Seo-Hyun, Tilda Swinton, Jake Gyllenhaal, Paul Dano, Steven Yeun, Lily Collins
Titolo originale Comancheria
Regia di David Mackenzie
Con Chris Pine, Katy Mixon, Ben Foster, Jeff Bridges, Melanie Papalia, Dale Dickey
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La questione è alquanto complicata. Netflix è un servizio ideale per la fruizione casalinga (penso che prima o poi tutti avranno una tv smart) ma nel contempo lesivo per gli incassi nelle sale se la maggior parte dei prodotti uscissero in contemporanea in entrambi i formati. C’è comunque da notare che alcuni film, spesso di qualità ragguardevole, come "Belgica" o "Hope", sarebbero rimasti relegati ad un mercato ristretto se non li avessero inseriti nella piattaforma americana. Si tratta però di metraggi usciti da mesi o qualche anno. Per i nuovi lavori indipendenti è un altro paio di maniche. Io personalmente appoggio il "compromesso": l'uscita in sala deve comunque anticipare almeno di mezzo annetto la pubblicazione su Netflix, in modo tale che i film abbiano almeno una possibilità di essere assimilati con il mezzo più consono alla loro natura artistica (pur avendo un UltraHd sono ancora convinto che la sala è sempre un'esperienza cinematografica del tutto completa, a parte gli idioti che disturbano). Oltre a questo c'è da distinguere le produzioni disponibili solo su Netflix dagli "Originali Netflix". Difatti quest'ultimi, per quello che ho capito, sono film finanziati dalla stessa azienda, magari di qualità discreta ("Imperium" o "I Don't Feel at Home in This World Anymore"), benché concepiti per soddisfare i gusti del pubblico, e quindi limitati nella scrittura; in qualche modo già "decodificati" (in pratica hanno sostituito gli ormai obsoleti filmtv). Netflix, che forse è il futuro dell'home video, dovrebbe portare il suo vessillo esclusivamente nelle produzioni che gli appartengono, e distribuire le opere da festival in un periodo successivo alle theatrical release, evitando di monopolizzare la distribuzione dei film meno noti, e nel contempo non privandoci totalmente da essi.
L'ideale sarebbe forse sforbiciare quel ventaglio di 36 mesi, che ai ritmi odierni equivalgono a un secolo e mezzo, scendendo magari a 6 mesi, come suggerisce anche Stefano. Perché se da un lato è verissimo e sacrosanto che la fruizione del cinema in sala è tutt'altra cosa e va difesa, è altrettanto vero che il sistema distributivo attuale condanna troppe opere minori alla naftalina perpetua.
E non credo affatto che la sia la presenza di buoni film in streaming a tenere le folle lontano dai cinema, ma ragioni ben più serie. E peraltro posso solo confermare per esperienza le parole di Supadany sui cinema in Francia, l'unico Paese dove mi è capitato negli ultimi anni di dover fare la fila per poter acquistare il biglietto.
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