Libri a(ni)mati / 12 : Carlo Emilio Gadda - «Un Gomitolo di ConCause» (Lettere a Pietro Citati, 1957-1969), a cura di Giorgio Pinotti (2013) - Lo Gnommero, ovvero: Sbrogliare il Mondo.
La Formicolante (frammentata, frammentaria) Realtà.
“Un cineasta (Antonioni) mi ha interpellato per un film: ma dei cinematografari poco mi fido.” - C.E.G.
Per principiare, citiam d'altrove.
"La […] ragione della mia indolenza e prostrazione è un’antica, intrinseca qualità del mio spirito, per cui il pasticcio e il disordine mi annientano. Io non posso fare qualcosa, sia pure leggere un romanzo, se intorno a me non v’è ordine. Ho qui tanta roba da vivere come un signore: macchina fotografica, liquori, oggetti da toilette, biancheria: e non mi lavo mai neppure le mani e non bevo neppure un sorso di grappa per non scomporre la disposizione della catinella di gomma e degli altri oggetti disposti sul fondo d’una cassa di legno, da birra. Le sgocciolature di stanotte nell’interno del mio baracchino mi hanno demolito quel residuo di forza volitiva che mi rimaneva. Io che mi sono immerso con gioia nelle bufere di neve sull’Adamello, perché esse bufere erano nell’ordine naturale delle cose e io in loro ero al mio posto, io sono atterrito al pensiero che il soffitto del mio abituro sgocciola sulle mie gambe: perché quella porca ruffiana acqua lì è fuor di luogo, non dovrebbe esserci: perché lo scopo del baracchino è appunto quello di ripararmi dalle fucilate e dalla pioggia. Sicché, per non morir nevrastenico, mi do all’apatia."
Giornale di Guerra e di Prigionia - 21 Luglio 1916
Nota: il Giornale di Guerra e di Prigionia fu scritto prima (ovvero subito, durante, in loco, nel mentre-ventre-cuore-crogiuolo della battaglia, una mano a impugnare la penna, una mano a dirigere la cadenza di tiro automatico dellle svendute Saint-Étienne (mod. 1907) a rispondere al fuoco fioccante nemico, e una mano sui coglioni, per un totale di tre: mani, coglioni e diopadrefiglioespiritosanto) e pubblicato dopo, “Eros e Priapo (da Furore a Cenere)” fu scritto dopo e pubblicato una prima volta “prima”, in versione “(auto)censurata”, a “dopo”-guerra ancor tiepido, e una seconda volta molto dopo (2016), in versione integrale. Si potrebbe azzardare un parallelo incrociato con le stesure e le pubblicazioni di “Se questo è un uomo”, “La tregua” e “I sommersi e i salvati”…
Per poi tornare a noi (il compendio redazionale in quarta di copertina) : «Nel 1956, allorché diventa consulente di Livio Garzanti, il giovane Citati non può sospettare che gli verrà affidato un compito impossibile: occuparsi del più impervio, moroso, nevrotico, geniale scrittore del Novecento, Carlo Emilio Gadda. Rapidamente, Citati ne conquista la fiducia: e a questo miracoloso sodalizio dobbiamo libri come il Pasticciaccio, I viaggi la morte, Accoppiamenti giudiziosi. Ma alle funzioni di editor ne ha ben presto aggiunte di ancor più delicate: quelle di confidente, consigliere, amico e gaddista militante - in altre parole, di intermediario fra l’Ingegnere e il mondo».
Il Gadda lamentoso e straziante (“sono stretto e avvinghiato da spietati odii e oltraggi, come il vecchio Laocoonte dalle serpi”), il Gadda realmente e fisicamente malato (“le mie condizioni di malade pas du tout imaginaire”), si alimentano a vicenda, e viceversa si conformano, l'uno mimetico al Paese, l'altro alla carcassa deambulante dell'Autore: il corpo animale mallea il corpo d'opera, e il corpo d'opera sfinisce quello umano.
«La mia salute non va, non va, e il fisico non risponde all'utopia.» - Roma, lunedì 28 agosto 1961, ore 12 / via Blumenstihl, 19 [lettera a Citati]
.II.
Prima il meglio, eppo'il perfetto (di frammento in frammento).
“Stracci subito in minuti pezzulli questa mia mala carta: che occhio d’altri mai non la veda. Stracci e dimentichi”.
Pietro Citati non lo farà, ovviamente.
Lettere da bruciare, da ardere, da dar loro il giusto fuoco, da spezzettare, da sminuzzare, da incenerire. E noi, qui, or'or'...a leggerle.
«Era nato analfabeta, come tutti noi: senonché volere è potere: a forza di volontà s'era diplomato in bi e ba.» - Quer Pasticciaccio Brutto de Via Merulana.
“Carlo Emilio Gadda - «Un Gomitolo di ConCause» - Lettere a Pietro Citati (1957-1969), a cura di Giorgio Pinotti - PBA 649 (2013)”, preceduto, sempre nella collana adelphiana della Piccola Biblioteca, da: “Carlo Emilio Gadda - «Per Favore, mi Lasci nell'Ombra» - Interviste (1950-1972), a cura di Claudio Vela - PBA 318 (1993)”, e seguìto da: “Carlo Emilio Gadda / Goffredo Parise - «Se mi vede Cecchi, sono fritto» - Corrispondenza e Scritti (1962-1973), a cura di Domenico Scarpa - PBA 675 (2015)” , è la risultante cernita quasi totalmente irreciproca e a via unica [ la compensazione avviene attraverso il ricco apparato critico di note (237, a commento di 44 tra lettere e cartoline, spedite in occasione delle villeggiature estive dell'uno e/o soprattutto dell'altro, quando il telefono non riusciva a ricongiungere i due amici e colleghi come nel resto dell'anno) della curatela di Giorgio Pinotti e grazie all’aggiunta finale di un saggio di Citati del 2008, “la Cognizione e il Pasticciaccio”, apparso in origine in “la Malattia dell'Infinito” per i tipi di Mondadori, oltre, e certo!, al fatto che Citati non lo distrusse-sminuzzò-spezzettò-bruciò, quel manoscrittume arabescato a sfogatoio e misura del mondo, come invece il suo autore più volte si premurò pregante affinché il destinatario facesse ] del lavoro di recupero sul materiale superstite relativamente al carteggio tra Carlo Emilio Gadda e Pietro Citati: infatti i lacerti delle risposte (inedite) del giovane consulente editoriale di/della Garzanti, futuro saggista-biografo-romanziere (Gadda, Proust, Manzoni, Goethe, Leopardi, Kafka, Tolstoj, Cervantes...) e Duca di Remonstranza a Redonda (altri ducheschi duchi ducati: U.Eco e C.Magris), sono stati estrapolati e dall'indimenticato dimenticatoio (proverbiale cassetto, retro-scaffalatura, casellario soffitticolo, schedario a-buon-rendere) che la mano conservativa e non distruttiva del loro autore-risponditore produsse e dall'Archivio Liberati { da Giuseppina Liberati, la governante e assistente domestica dell'ultima stagione gaddiana - svolgente un ruolo fondamentale in questo libro, e che se questo libro fosse un romanzo impersonerebbe un invisibile ed inudibile (ma ineludibile) coro greco per interposta persona -, figura mitologica oltreché pratica-salvifica [ dopo la (morte della) madre e (il ricongiungimento inaltrimenti tardivo con) la sorella, la terza “presenza” femminile più importante nella vita del Gaddus Gran Lombardo ], indicata a suo tempo da Gadda come propria Erede Universale }.
Sorella: – «Ai primi di quest'anno ho cercato di riprendere il colloquio con mia sorella, ho seguito il tuo umano e gentile suggerimento, “Scrivile!”. […] Il desiderabile colloquio si è avviato. Tristi anni sono passati, e ormai siamo vecchi entrambi. Ma della tua parola di incoraggiamento ti sono grato, mi ha portato fortuna, mi ha dato animo.» [lettera a Parise, in “Se mi vede Cecchi, sono fritto”] – «Ho dei doveri verso l'unica persona che mi è rimasta.» [lettera a Einaudi]
Governante-Assistente Domestica: – «È una donna che ha molto sofferto nella vita e che quindi è in grado di comprendere tante cose che altri non capirebbero. […] La casa, e anche la mia modesta persona, dipendono interamente dalle sue mani. E sono mani d'oro.» - ["Per favore mi lasci nell'ombra" - interviste] – «È bravissima, mi ha salvato in più occasioni. Io sono vivo grazie a lei e lei vive per me. Vuol dire che creperemo insieme.» - ["il Gran Lombardo"]
Posso leggere (là dove “leggere” è metonimia e sineddoche per capire ed apprezzare, comprendere e goderne) “i Promessi Sposi” senza sapere alcunché del Seicento (e dell'Ottocento), o “la Guerra dei Mondi” senza sapere cos'è un batterio, o “la Certosa di Parma” senza sapere chi fosse Napoleone, o “Moby Dick” ignorando tutto di spermaceti e ambra grigia (quattro diversi menomanti gradi di ignoranza) ? Si può leggere un carteggio ''a senso unico'' senza avere accesso alle risposte e/o non conoscere alcunché o molto poco degli autori delle missive?
«Legga molto attentamente i Promessi […]. Gli uomini e le donne agiscono e pensano meravigliosamente...con la sanità profonda di un biologismo e di istinti e istanze biologiche...certo, sommesse a una fede, a una oscura metafisica...che per combinazione si rapprende nella cattolica… Le parole di Agnese, Perpetua, i fatti […] di Renzo sono fatti biologici stupendamente avvertiti: la cattolica non c’entra… Il Manzoni era un signore, malato di nervi, un po’ fissato sulla cioccolata… Come conservatore ha fatto meno soldi di Moravia e Pasolini e Germi e Fellini…» - Roma, sabato 23 luglio 1960 / via Blumenstihl, 19 [lettera a Citati]
Personalmente, pretendo e professo di conoscere Gadda almeno un po' (“Quer pasticciaccio brutto de via Merulana”, “la Cognizione del Dolore”, “Eros e Priapo”), eppure mi sarei smarrito senza l'accompagn(ament)o dell'apparato di note. Il rischio d'essere un “falso testimone” e un “giudice opaco” non è in alcun modo scongiurato, ma l'impianto, il dispositivo, il congegno d'annotazioni, la curatela, l'ha mitigato.
Ecco: il curatore. La bussola-mappa(mondo).
.III.
Colophon (frammentato, frammentario).
A ritroso, andrò “recensendo” (gerundio...futuro) la piccola trilogia gaddiana di Adelphi relativa alle interviste e alla corrispondenza (in rosso il volume che ho già in precedenz'a questo affrontato, in neretto-grassetto il libro affrontato in questa pagina, di prossima pubblicazione su questi lidi la playlist dedicata alle interviste) :
A proposito di Goffredo Parise, da una lettera a Citati: «Jeri domenica 27 ho avuto visita, invito a pranzo, e gita a Bracciano e Marziana su spider-rossa-biposto-inglese, cilindrata 1.600, dal pazzo Parise. Mi ha colto dal lattaio alle 9 ant.ne al cappuccino. Molto gentile, del resto, lui e la sua bella signoramadonna del Giambellino. La gita con lui solo, dato che la spider è una biposto […]. Parise mi sembra un intelligente e un geniale, anche come osservatore e interprete, certo un po' pazzo-a-freddo in direzione pittorica e talora un tantino o un tantone surreale, ma nolto più viva e vitale del surrealismo alquanto gelido e congegnato di Landolfi. Parise è un surreale d'impeto, immediato e spontaneo. La colazione era ottima, con certi gnocchi trascendenti e digeribilissimi. Gli gnocchi non influiscono sul mio giudizio positivo, che era già in incubazione da diverso tempo.» - Roma, lunedì 28 agosto 1961, ore 12 / via Blumenstihl, 19 [lettera a Citati].
Nota: le citazioni gaddiane proposte e riportate in questa playlist (tanto nel corpo principale soprastante quanto nell'elenco vero e proprio sottostante) sono principalmente estratte da brani presenti in “un Gomitolo di Concause” : la maggior parte proviene dalle 44 lettere a Citati (di cui riporto la data), il resto è sempre ricavato dal volume preso in esame in questa pagina (più precisamente recuperato dalle Note al Testo a cura di Giorgio Pinotti), però in questo caso i frammenti e gli stralci delle lettere risalgono soprattutto ad altri carteggi ed archivi, sia editi che inediti, e ho preferito non operare sempre una precisa compartimentazione discernente tra le lettere a Citati e quelle ad altri, e nemmeno sempre ne indico i destinatari, la data, il volume di provenienza (se edite) o l'archivio che le contiene, mentre per quanto riguarda il resto dei passaggi recuperati da altre opere dell'autore (non presenti in “un gomitolo di Concause”, insomma) ho provveduto ad apporre in quel caso gli specifici riferimenti bibliografici. Le “NdR” sono mie.
Carlo Emilio Gadda - «un Gomitolo di ConCause» - Lettere a Pietro Citati (1957-1969), a cura di Giorgio Pinotti - Adelphi (Piccola Biblioteca 649, brossura rilegata a filo di refe), 2013, pp. 239, € 14.00
«Vorrei restituire i soldi ipotecanti il futuro: e ritirarmi a Varese, e salutare con un “arrivederci e grazie” tutti i sofi e i sofisti romani. L'arrivederci potrebbe avere forma acustica.» - Roma, 8 settembre 1960, giovedì / via Blumenstihl, 19 [lettera a Citati]
Con Claudia Cardinale, Pietro Germi, Claudio Gora, Eleonora Rossi Drago, Franco Fabrizi
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“In generale, mi sembrerebbe un sintomo di decadenza, per il cinema, ridursi a cercare le sue storie nei romanzi. Per quanto mi riguarda, mi sentirei diminuito se risultasse che nel mio lavoro mi aggancio alla letteratura. Io credo nell’assoluta autonomia del cinema; non solo, ma credo che sia molto difficile che un film veramente importante nasca da un libro.”
Pietro Germi, 1964 [ citato in: E. Giacovelli - “Pietro Germi” - la Nuova Italia - 1990 (pag. 5) ].
Una libera riduzione per una delle manifestazioni artistiche a larga base, il cinema, e un finale giustappunto giustapposto aggiunto dai tre sceneggiatori (Pietro Germi, Alfredo Giannetti, Ennio de Concini), e non recuperato in alcuna maniera dal 2°, ancor'ogg'inedito, perché mai scritto, volume, in parte “desumibile” da “il Palazzo degli Ori” (ovvero: il “Pasticciaccio Completo”), il trattamento cinematografico che Gadda estrasse e ricompose dal Pasticciaccio, e mai utilizzato da Germi (un po' come fece Kubrick con lo script che Nabokov traslò da “Lolita”).
«Lo snodarsi impreveduto del groviglio è simultaneo col bagliore folgorante che illumina al commissario protagonista la realtà dell'epilogo. Il nodo si scioglie a un tratto, chiude bruscamente il racconto. Dilungarmi nei come e nei perché ritenni vano borbottio, strascinamento pedantesco, e comunque postumo alla fine della narrazione. Smorzerebbe in tentennamento l'urto repentino, a non dire il trauma, della inattesa chiusura. […] Il “pasticciaccio” l'ho troncato apposta a metà perché il “giallo” non deve essere trascinato come certi gialli artificiali che vengono portati avanti fino alla nausea e finiscono per stancare la mente del lettore... Ma io lo considero finito... Si, letterariamente concluso. Il poliziotto capisce chi è l'assassino, e questo basta.» - C.E.G.
E poi, nel dopo guerra: «L'avevo presentata [la sceneggiatura del “Pasticciaccio Completo”, il Palazzo degli Ori], dietro richiesta, al regista Antonioni Michelangelo, e gliene avevo scritto.»
E ancora, in pieno post-boom pre-dolcevitico: «Il mio malumore di oggi deriva oltretutto dalla non salute, e dalla storia del “soggetto”=”film”, piovutami addosso proprio ora.» - Roma, 29 luglio 1958 / via Blumenstihl, 19 [lettera a Citati].
E via di seguito: «Tramite lo scrittore Giuseppe Berto, che si occupa di sceneggiature e soggetti per film, la nuova casa cinematografica Amato-Rizzoli, nome Ri-ama, vuole interpellarmi per l'acquisto del ''soggetto'', relativo al mio romanzo. Vuole però un soggetto completo, che comprenda in sintesi anche la materia del 2° volume. […] Non ho tempo né forze per lavorare ora a una sceneggiatura, devo e voglio preparare il 2° volume. Se chiedessero soltanto il soggetto, però, potrei cederlo […]. Per il soggetto 1 milione. La cessione del soggetto, con la ragione della “crisi” del nostro cinema [1958! NdR], non è stata pagata di più […]. Il lavoro di Sceneggiatura è stato fatto solo da loro, senza mio assiduo intervento: solo qualche osservazione. Credo che ora stiano modificando qualcosa. […] Il soggetto c'è, ma è stato trasportato dal 1927 al 1957: clima attuale: la trama è alquanto mutata, ma per contratto io non posso intervenire.»
«[…] Sono a Roma reduce jeri sera da Venezia […] : caldo orribile, grave stanchezza, visitato due volte Crivelli [la mostra al Maestro del '400 cui dedicherà una longhiana e cetriolesca recensione su “il Giorno”], traumi alberghieri, ferroviari […]. Paolo mi ha voluto, gentilmente e imperativamente, presente stanchissimo ai suoi trionfi accattoneschi. Buone le scene e la parlata (video et audio) del film, che in compenso rivela originalità registica e capacità direttiva. Tema il solito sottoproletariato, meglio sarebbe dire la solita sub-umanità, per cui non ringraziamo le capacità genetiche della stirpe “fertile in opre e acerrima in armi” amatorie (D'Annunzio-Gadda).»
Roma, 6 settembre 1961, mercoledì / via Blumenstihl, 19 [lettera a Citati]
E ancora, da: “le Confessioni di Carlo Emilio Gadda”, a cura di Piero Gadda Conti - ed. Pan - 1974 (brano riportato nelle Note da Pinotti) :
«La materia è in parte nuova, le scene molto vere: cinquecento o seicentomila disperati vivono a Roma così… La scena di Accattone (in realtà ladro che cerca di elevarsi a sfruttatore di mignotte) che ruba la catenina d'oro e la medaglietta del battesimo al figliolino è notevole; notevole pure la scena della moglie e famiglia che accettano di convivere con la neo-protetta del tipo. Sono gente vera, non attori, e “lavoren propri ben”. Apparentemente sentito e comunque ben trovato il finale surreale».
A proposito di Pasolini e Longhi (e Mantegna, e Caravaggio) : "Two Gates of Sleep".
«Ho ricevuto, me assente, a Blumenstihl, il libro di poesie di B.Bertolucci, “in cerca del mistero”. Il titolo non mi piace e ancor meno i due versi del Pascoli da cui prende l'abbrivio. Ma una gentile dedica lo accompagna, e forse B.B. meriterebbe un grazie più sentito e impegnato di una semplice lettera di ringraziamento. Alcune liriche devono essere buone; e arrivare a fare a 20 anni, oggi, dei versi discreti e non montaliani o luz...zureggianti [Mario Luzi, NdR], credo non sia trascurabile merito. Il maestro di B.B. è il padre A.B., e non il pigolante Zvânì [Pascoli, NdR]. Forse B.B. vuole “distaccarsi dal papà” con l'orgogliuzzo, tipico dei giovani, di creare un distacco, un crepaccio, tra la propria vetta dolomitica e la prossima vetta del padre.»
Roma, sabato 18 agosto 1962, ore 14 / via Blumenstihl, 19 [lettera a Citati]
«Il “chiasso” è un fenomeno dell'epoca attuale, determinato soprattutto dalla inderogabile necessità di vincere il chiasso altrui, di superare acusticamente, spazialmente, fotograficamente la grida elaudante [coniazione gaddiana] le poppe della Lolò e lo sguardo sexy della Sophia. Io non posso competere, quanto a culo, né con l'una né con l'altra: ma se il pesciarolo non urla più del pesciarolo concorrente sulla piazza, rimane col merlano [merluzzo] in mano.»
«Sono molto stanco, e spiritualmente disperato: i nodi vengono al pettine, una vita come quella che ho dovuto passare fin dall’infanzia, e fatiche come quelle che ho dovuto durare, e tragedie belliche e civili e fame e orrori, non possono allibrarsi nell’“avere” giulivo di una sempiterna anestesia da vispoteresone grullo e sventato, quale mi è occorso di voler essere per dimenticare i mali annientatori. I nodi vengono al pettine, i tràumi, i ricordi, le orribili pene dell’animo sempre taciute e chiuse hanno ormai acquistato un carattere ossessivo e si chiamano disperazione, specie nelle ore del “rilasciamento”, cioè del sonno-dormiveglia-sogno-incubo.»
Roma, domenica 2 agosto 1959 / via Blumenstihl, 19 [lettera a Citati].
«...Bertolucci [Attilio, padre di Bernardo e Giuseppe] e Pasolini apparsi per una ennesima cena con Moravia-Morante-Zolla in Trastevere […]. Molto baccano, “le borghesie fasciste, il Risorgimento fascista”, ecc… La mania della storiografia facile mi pare che prenda la mano per non dire la lingua ai commensali, ai direttori o collaboratori di “Nuovi Argomenti” e altre sociologiche e ideologiche riviste. Ma la gentile Morante urla e pontefica troppo. Può immaginare quale conforto mi dia questa Accusa contro le borghesie; alle quali si deve, semmai, quello, quel poco, che c'è stato di veramente democratico nella nostra storia, dai comuni lombardi al periodo 1861-1911, dalla fondazione del Politecnico di Milano e dell'industria moderna (Pirelli-1871, Edison-1887, Fiat-1900) al mio Politecnico, demolitore della mia salute e del mio sistema nervoso: questa Accusa urlata in Trastevere, al tavolo stradale dell'Impiccetta. Torno sfiancato, rintronato e vilipeso da codeste verbose facilonerie Tresteverine dove l’agnosticismo epicureo-municipalistico-simpatico di Attilio [Bertolucci], assiste muto, e languente in gentili rossori, all’aspra cornacchiante erogazione di teoremi storiografici dei due coniugi romanzieri. Sulla controfascetta in risvolto dell'ultimo volume di Alberto [Moravia: Nuovi Racconti Romani] è celebrata “l'energia romana” (ammappete!) contro la “grettezza” di certe rappresentazioni (p.e. la mia). Il 70% delle donne quarantenni (romane) hanno circonferenza-panza ossia panza-circonferenza di metri 1.80 ÷ 1.90: quelle non sono troppo cicciose, troppo polpute, oh no! Polputo e idropico è il Gadda!»
Roma, domenica 2 agosto 1959 / via Blumenstihl, 19 [lettera a Citati].
«L'idea che un quadrupede proboscidato tipo la gentile Yumbo si possa ridimensionare, mangiando poco, ossia facendolo mangiar poco, in un asinello di Pantelleria, è degna della Grande Accademia Internazionale di Superterapeutica digiunativa che imperversa oggi come cieco tornado nelle università del mondo. Mi sa che in Italia, questa idea, sia un po' pappagallata dall'America U.S.A.: anche se ha un contenuto di verità utile nel caso delle malattie del cuore e del sistema circolatorio. Essa è un po' la “moda clinica del momento”...»
Roma, domenica 2 agosto 1959 / via Blumenstihl, 19 [lettera a Citati].
«Uno dei commensali in Trastevere ha ordinato e distrutto prosciutto e melone, ossobuco in forma di Trinacria di dimensioni invereconde, filetto alla griglia dimensione controsuola; spìgola, e gnocchi alla sabato-romano, ordinò ma non potette avere nella confusione e nell’urlìo; e spremute e zucchero. Ma solo il Gadda è pantagruelone e gargantuoso. Fra le altre trovate cliniche, mi sono state autorevolmente e seriosamente suggerite delle “supposte di glicerina”, a scopo elicitante. Ma nel luglio romano la signorina “supposta” arriva per così dire a piè d’opera che è una pallina gelatinosa in procinto di squagliarsi; il presumere di incul...care la virtù suppositizia o suppositiva che dir Lei voglia nel cu...ore dei refrattarî con un ricciolino di burro semisfatto è una trovata dell’Accademia che giustifica tutte le mie debolezze nei confronti del dialetto.»
Roma, domenica 2 agosto 1959 / via Blumenstihl, 19 [lettera a Citati]
“Il male di vivere lo incontravo a Voghera, ma non lo salutavo.” - Alberto Arbasino
«La sera, talvolta, l'Ingegnere in blu sedeva reticente a tavolate romane più ampie e vocianti […], con Moravia, Morante, e Attilio Bertolucci […]. E i più giovani: Pasolini che doveva scappare prima del dolce perché sennò i ragazzini non lo aspettavano … E spesso Parise, Garboli, poi Siciliano… L'Ingegnere sbuffava parecchio quando l'autrice di “Menzogna e sortilegio” sopravveniva sventolando “Paese Sera” e strillando che bisognava subito stendere e firmare tutti un manifesto di denuncia o protesta tipo Sartre-Beauvoir a proposito di bombe o di gatti. O inoltrare qualche ukase a certi capi-servizio anche Rai perché un insolente o irriverente “non deve pubblicare, bisogna togliergli il pane”. Talora l' Ingegnere “si dava assente”, e telefonava la mattina dopo: “Ha strillato molto anche stavolta, l' Elsina?”.»
Alberto Arbasino - l'Ingegnere in Blu - Adelphi - 2008
A scanso di equivoci inrichiesti, preciso che, per quel che vale il mio parere, considero “La Storia” se non IL allora “Il” o “il” romanzo italiano della seconda metà del '900.
«Anch'io lo trovo (il film) un'opera di valore e mi irritano le gratuite ingiurie di molti accusatori ed incriminatori i quali non si rendono conto che dei fatti di costume così amaramente e desolatamente citati da Fellini tutto si può dire, salvo che li abbia inventati lui. Fellini tende a creare a sua volta il pasticcio, vale a dire la sintesi delle figurazioni inani o divergenti, a rappresentare la vita umana e gli elementi contraddittori di essa nell'ambito romano. Di questi fatti di costume alcuni sono in fondo spassosi e petroniani, altri patetico-eleganti, altri, forse, leggermente disgustosi: ma diffusissimi e non soltanto tra i nobili e i ricchi, ed in via Veneto, ecc., ma negli infiniti ambienti d'Italia e d'Europa, della Giamaica, del Brasile, ecc...»
Titolo originale Olympia 1. Teil - Fest der Völker
Regia di Leni Riefenstahl
«Avevo tanto bisogno di solitudine, di “oblio” e di 1.000 metri! Tutti gli anni lo stesso. Giuro che andrò a 1.000 metri e rimango ai 120 di Monte Mario e 47 di Roma lungotevere. Le Olympiàttole non mi hanno eccessivamente disturbato, alcuni commensali […] si.»
Roma, 8 settembre 1960, giovedì / via Blumenstihl, 19 [lettera a Citati]
Con Gary Cooper, Patricia Neal, Raymond Massey, Kent Smith, Robert Douglas, Henry Hull
«Si dà il caso che il sottoscritto sognatore e maniaco abbia sognato e pensato, cioè architettato mentalmente, case e ville e castelli durante le lunghe camminate dell’infanzia e dell’adolescenza sugli stradali prealpini, nelle ore d’una fuggente serenità; e abbia patito l’incanto di parchi e giardini, dei frutici odorosi, dei grandi allori e delle loro ombre materne. Non erano châteaux en Espagne, erano insistiti e agiati disegni e cόmputi métrici di case e castelli alzati nel pensiero, con muri e pilastri di pietra di cava, volte di mattone senza lesinare, tetti e pioventi su capriate di castano o di rόvere, alla cadenza infaticata del passo. Forse persisteva in me, attraverso il vivido e non diméntico stame delle generazioni, il vecchio sogno dei muratori lombardi, la perizia se anche soltanto potenziale, della loro anima e del loro occhio: non, ahimè, della ruvida e scabra lor mano. Gli alti alberi e i sistri dell’abetaia prealpina, le “cipolle” dei ciclamini raggiunte nell’odoroso terriccio del sotto-bosco con uno zappetto, furono le pure gioie concesse dal caso alla mia infanzia senza denari. Non ero ancora nevrastenico, la qual perfezione raggiunsi dopo rozza disciplina a cui gli educatori mi piegarono. Atto allora a discernere, quasi per divinazione, la demenza dei “grandi” e la boria indefessa degli adulti nel vantare i loro dispotici “mériti” dal tenue fiore lógico e dal dolce matéma del mio cervello di bimbo, o di adolescente. […] Prego Lei ed Elena [moglie di Citati] di accettare questa lieta rievocazione del mio lieto, libero sogno come l’omaggio di alcune rose per Elena e di un cespo di timo o di ramerino [rosmarino] per entrambi. Il rezzo delle querci e forse dei castani o dei lecci consentirà loro di meriggiare sereni, mentre là, tra i nodi e le foglie del vecchio olmo l'estate è padrona e […] la cicala striderà imperterrita nel sole dell'agosto.»
Roma, 27 ottobre 1965 [lettera a Citati]
NdR. La volta arborea diventa metonimia e sineddoche per l'insetto cicadomorfo : “Al passare della nuvola, il carpino tacque. […] La robinia tacque” (da: “la Cognizione del Dolore”).
Con Brian Dennehy, Chloe Webb, Lambert Wilson, Sergio Fantoni, Stefania Casini
«Una delle meno padroneggiate mie stravaganze, quasi una anomalia psichica, ha timbro ingegneresco-edilizio-architettonico: […] è l'irrefrenabile desiderio di passeggiare muto, assorto, a capo chino, costruendo mentalmente un edificio: villa, casa, scuola, caserma, ospedale, fortezza speronata a pentagono, e muri e torri di castella, terme di Caracalla. […] Je le tenais, mon château, come fosse stato un cavallo in fuga, che fossi riuscito a raggiungere.»
C.E.G., “il Difetto e la Stravaganza che Amiamo”, 1953
Con Bert Svenhujsen, Jacques Bonnaffé, Barbara M. Messner, Germain Pengel, Yannick Pengel
Come Linneo [pura catalogazione, NdR], come Darwin [il Metodo Scientifico, NdR] e Freud [pura interpretazione, NdR], avrebbe voluto scrivere una “storia naturale dell'umanità”.
Pietro Citati, “Gadda e Mussolini”, il Giorno, 5 luglio 1967
Con Volker Spengler, Janos Derzsi, Erika Bók, Mihály Kormos, Ricsi
«Intanto, scioperi a singhiozzo e guerre fredde calde a singhiozzo: e minacce di peggio, sulla sanguinosa crosta del pianeta. Noi offriamo alla storia dell'umàn genere sigarette contrabbandate da francescani col cappuccio, in combutta coi capistazione dei castelli del Pasticciaccio; e bambini t.b.c. sub-appaltati a 20 grammi di carne due volte la settimana. Offriamo figli e mogli scannati per “futili motivi”, 10 morti al giorno sulle autostrade del sole e della luna, e tante, tante altre belle cosette nella patria del diritto romano de roma, e lo stato che va a catafascio.»
Con Gérard Depardieu, Robert De Niro, Burt Lancaster, Sterling Hayden, Dominique Sanda
«Né la vicenda bibliografica esterna di “Eros e Priapo - da Furore a Cenere”, né lo strazio disperato della nazione che durò anni e anni, consente di far seguire alla rovina del paese e ai lutti infiniti della gente un premio quale che fosse a chi codesto strazio e codesta rovina irosamente attesta e deferisce allo sdegno dei superstiti. E l’ira dev’esser cancellata anche nell’animo dell’autore […]. A nessuno è lecito persistere vanamente nell’odio e nella rancura.»
Roma, domenica 25 giugno 1967, da casa [lettera a Citati]
Con Gérard Depardieu, Robert De Niro, Donald Sutherland, Dominique Sanda, Romolo Valli
«Quanto al mio libro, avrei sperato che non fosse percepito da nessuno. […] Si tratta di un vecchio relitto sgradevole e rozzo. A mia tenue e, forse, insufficiente scusa, valga il fatto che ero stato travolto da terribili anni (come tutti); che non avevo avuto la forza d'animo di affrontarli col necessario eroismo: che, insomma, avevo mancato a tutto, su tutta la linea. Ero già allo stremo delle mie forze il 10 giugno 1940, prima che la ennesima e più terribile guerra si aprisse a nuovi ed insuperati orrori.»
«[Enrico]Falqui mi ha redarguito e disapprovato sul “Tempo” […] e, rifacendo il titolo del più antipatico libro di Céline, intitola il suo stroncatorio articolo “Bagatelle per un massacro” [*], dove massacro è brutto francesismo. Pecca di mendacio, e di malevolenza non letteraria.»
[*] Quer Pasticciccio Brutto de via Merulana è “il non plus ultra dell'affatturazione, della complicazione e insomma dell'esasperazione […], un pastiche che sulle prime attrae e diverte, poi stanca, infine attrista, [afflitto da] satiriasi del descrittivismo, [la cui incompiutezza] non è senza delusione e disappunto per il lettore, una volta che sia riuscito a toccare il fondo della trecentoquarantacinquesima elaboratissima e faticosissima ultima pagina”.
Ipse dixit.
Pinotti riporta anche (dall'Archivio Liberati) la lettera di Citati in “risposta” : «Caro Gadda, non badi al Falqui: la sua unica attività meningica è ormai quella di occuparsi di premi letterari, a scopi iettatorii […]. E sempre in nome di non si sa quale GIUSTIZIA o Letteratura: nessuno gliene ha dato l'incarico, e poi non sarebbe proprio lui, certo, a potersene occupare».
Con Neri Marcoré, Loredana Cannata, Andrea Cagliesi, Antoine Navellou, Italo Calvino
«Cercò per tutta la vita di rappresentare il mondo come un garbuglio, o groviglio, o gomitolo, di rappresentarlo senza attenuarne affatto l'inestricabile complessità, o per meglio dire la presenza simultanea degli elementi più eterogenei che concorrono a determinare ogni evento.»
Italino Calvino - "Lezioni Americane - Sei Proposte per il Prossimo Millennio" (Quinta Lezione: "Molteplicità") - 1985
Il titolo adelphiano dell'epistolario Gadda-Citati è, ad ogni modo, creazione autografa (traslata poi a qualifica intestativa da Pinotti) gaddiana: si trova infatti tal quale in una lettera (e, sotto varie altre forme e declinazioni, lungo tutta l'opera dell'autore di "Accoppiamenti Giudiziosi").
Interessante sarebbe poter ricostruire la genesi di questa anamnesi calviniana: esiste pur'anche un carteggio Gadda-Calvino, attraverso il quale l'uno ha influenzato l'altro, vicendevolmente...
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