UN ALTRO ANNO DI CINEMA VISSUTO INTENSAMENTE IN SALA volge ora al termine.
Trovo lungo e complicato, oltre che molto fine a se stesso, contare quanti film ho visto al cinema, inserendo in tale casistica, ovviamente, oltre alle visioni “francesi”, le full immersion gratificanti, spesso proprio emozionanti, vissute in occasione dei vari festival a cui ho avuto la fortuna di assistere durante questo ultimo anno.
Si tratta non tanto di film usciti in sala “ufficialmente” durante il 2016, bensì di pellicole da me visionate, rigorosamente IN SALA sia in Italia, sia in Francia, sia ai vari festival di cui sopra (nell’ordine Cannes, Venezia, Roma, Torino, oltre ad alcuni minori ma non meno interessanti).
Contando approssimativamente che tali visioni possano attestarsi tra i 200/250 (a mio avviso in realtà anche di più), arrivare anche solo a ridurre le mie preferenze ai soli primi 30 non è stato facile; pertanto potrete immaginare arrivare a sceglierne 10 tra questi 30, quanti compromessi e ripensamenti la procedura possa aver comportato.
Spiace, quasi demoralizza, non riuscire ad annoverare nemmeno tra i primi 30 alcun film italiano: quest’anno il nostro cinema - rincresce affermarlo, ma è un dato di fatto, non un preconcetto - ha dato vita a produzioni alquanto deludenti e decisamente sottotono, e nemmeno tra le migliori o più premiate (Fuocoammare per citarne una) sono riuscito a scorgere – ma spero di sbagliarmi o avere clamorosamente dimenticato qualche titolo – alcuna pellicola in grado di potersi distinguere e poter far parte della classifica, anche solo di quella più estesa.
Di quest’ultima comunque fornirò almeno i titoli, elencati in ordine di memoria, quindi sparso, e con la possibilità di accedere eventualmente alla recensione a suo tempo scritta, poco dopo la visione.
Il cinema, come l’arte in generale per molte altre persone, mi dà tanto: grazie a lui riesco ad alleviare anche in parte lo stress di un lavoro sempre più complesso e concitato che si adegua, o forse anticipa, le tendenze di una società improntata sempre più sulla vendita indiscriminata, sul commercio fine a se stesso, sulle ragioni di un profitto che si vorrebbe sempre veder crescere, pur sapendo bene che tutto ciò è decisamente innaturale ed inverosimile, soprattutto qualora si siano superate da tempo certe soglie fisiologiche.
Anche il 2016 mi ha permesso di condividere questa fervente passione con persone fantastiche, spesso incontrate ai festival, o anche più virtualmente solo nelle nostre spesso intense chat cinefile, oltre che in diverse occasioni nelle quali il cinema spesso è stato al centro di ogni altro interesse, consolidando amicizie già molto ben avviate.
Auguro a tutti costoro, ma anche a chi, per varie ragioni (si tratta per fortuna di poche persone), mi vuole un po’ meno bene di prima, i miei più sinceri auguri di serene imminenti festività.
Evviva il cinema….specialmente quello vissuto in sala…..
Con Finnegan Oldfield, Vincent Rottiers, Hamza Meziani, Manal Issa, Martin Guyot
Un titolo alla Brett Easton Ellis da' I natali all'ultima notevolissima fatica di Bertrand Bonello: un film che, in un certo senso, ha anticipato i tempi di tutto ciò di gravissimo che ha sconvolto la Francia nell'ultimo anno in materia di attentati, e rimane, al di là delle sue tematiche, anche una strabiliante lezione di cinema.
Non semplicemente il film più bello dell'anno: piuttosto il più shoccante, proprio perché il più tragicamente rappresentativo degli orrori che ogni giorno ci vengono raccontati dalle pagine di cronaca, sempre più insanguinate, ogni volta a danno di vittime sempre più innocenti e prese a caso, nel mucchio, tra la folla.
Grande western atipico e contaminato di parole ed intrighi sanguinolenti ed inevitabilmente pulp: un incastro sadico e cervellotico che cresce e si chiarisce pian piano, con incedere machiavellico ed apparentemente contorto, ove il gran regista trova il tempo ed i modi efficaci per districare abilmente una matassa apparentemente senza via d'uscita.
Con Paul Hamy, João Pedro Rodrigues, Juliane Elting, Xelo Cagiao, Chan Suan
Per il ritorno ad un lungometraggio di narrazione, il portoghese Joao Pedro Rodrigues sceglie di riprendere in modo esemplare le associazioni spericolate, ma pertinenti, della vita sui generis e dai forti tratti omosex, di un santo moderno o fuori del tempo che non può non ricordare, anche grazie ad esplicite rappresentazioni e pose, il San Sebastiano dalle pose drammaticamente sensuali di Derek Jarman.
Con Nawazuddin Siddiqui, Vicky Kaushal, Sobhita Dhulipala
Due diverse tonalità (o meglio origini) di cattiveria,un unico thriller entusiasmante e cupo suddiviso in capitoli incalzanti che contraddistinguono un cammino biblico al contrario,un percorso dalla luce verso il baratro della malvagità assoluta e fine a se stessa.Da un grandissimo regista indiano,una ulteriore conferma del suo talento non comune.
Con John Lloyd Cruz, Piolo Pascual, Hazel Orencio, Alessandra de Rossi, Joel Saracho
Definire A lullaby to the sorrowful mystery un'esperienza totalizzante è ancora dir poco. Otto ore che si trasformano in un'esperienza di vita in grado di scuotere lo spettatore a restare tutto questo tempo legato ad una storia per noi europei geograficamente davvero estranea, ma forte di tratti ed essenze peculiari che ci fanno tornare alla mente la nostra e molte altre lotte per la rivalsa della libertà e della democrazia.
Diaz ci immerge per tre 3/4 di pellicola entro le insidie e gli intrichi di una giungla che diventa un percorso di vita metaforico ma pure reale, esaltato dalla abituale meravigliosa fotografia in bianco e nero che esalta i contorni e le sfumature, ma pure da riprese fisse in cui i protagonisti si muovono all'interno di cornici naturali sontuose o scorci cittadini quasi sempre notturni ove prevale l'elemento dell'acqua.
Una dottoressa non risponde al richiamo di una porta che bussa al suo studio. Questa omissione costa la vita ad una ventenne immigrata. Il senso di colpa spinge la donna ad indagare spingendosi ove la polizia non può o non vuole arrivare. Splendido polar con cui i cineasti si confrontano con temi a loro in fondo nuovi, mantenendo tuttavia stile e risultati eccellenti.
Con Yuliya Vysotskaya, Christian Clauss, Philippe Duquesne, Peter Kurth, Jakob Diehl
Un Paradiso che si guadagna attraverso un Limbo visto come un banco degli imputati, ove esporre ognuno la propria storia di vita. Tra gli orrori dell'Olocausto, Konchalowskij firma uno dei suoi film più intensi e riusciti dell'ultimo ventennio. Un film che meritava il Leone d'Oro a Venezia 73.
Un naufragio spinge un unico superstite su di un isola deserta, da cui sarà impossibile allontanarsi, anche a causa di una creatura apparentemente minacciosa e nemica. L'evoluzione della famiglia e la difesa del proprio nucleo contro le avversità di una natura materna ma anche rigorosa, inserite in un film d'animazione struggente e delicato, commovente e maturo.
Un treno fermo per un guasto, la macchina da presa si avventura tra i corridoi, sin dentro gli scompartimenti, a rapire attimi di intimità di famiglie, persone che si conoscono, altre che si sono appena conosciute per l'occasione.
Corridoi lungo i quali la vita scorre nelle vicissitudini private di ogni gruppo dei suoi passeggeri, che si lasciano la staffetta rendendoci parte, uno alla volta in ordine apparentemente casuale, delle singole problematiche che affliggono ogni nucleo familiare. Il regista inoltre, ed è qui la genialità di Immortality, riesce a riprendere ogni volta ogni singola vicenda, tornando talvolta indietro nel tempo, riprendendo la storia da piccoli particolari il cui esplicitarsi abbiamo già visto.
Un viaggio nel tempo che scandaglia il privato di sentimenti e stati d'animo che tendono a non affiorare ma piuttosto a restare dentro le singole sensibilità.
Due fratelli si danno alle rapine come unico mezzo possibile e rapido per non perdere la vecchia fattoria di famiglia. Un anziano ed integerrimo uomo di legge li segue senza arrendersi.Finirà nel sangue,ma anche con la ragionevolezza di fondo di chi sa concedere una seconda possibilità. Amaro western moderno sulla nuova povertà che porta al crimine.
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