Ormai è quasi sempre l'animazione a far la parte del leone. Mentre le sale sono ancora occupate da Alla ricerca di Dory, si avanza un nuovo pretendente al trono: è Pets, il film della Illumination Entertainment (che vanta opere di successo come i Minions e Cattivissimo me) che sbarca su oltre 800 schermi. La vittoria al botteghino per il prossimo lunedì è assicurata: resterà da vedere se e quanto il film, che sulla carta ha i numeri per piacere e fare bene, godrà poi del tam tam che è l'altro elemento - oltre alla distribuzione capillare - che serve per portare film del genere ad incassi davvero alti.
Nelle sale arriva anche il film catastrofico Deepwater (ma la storia, attenzione, è tristemente vera): circa 300 schermi per lui, poco più di quelli del thriller di Rioberto Faenza sul caso di Emanuela Orlandi. Sono invece quasi 200 quelli del film MIne, dei due registi italiani Guaglione e Resinaro (ma produzione USA) mentre il film francese Il sogno di Francesco ne poco più di 100.
Tutti invece al di sotto dei 50 schermi i titolo rimanentti, che comprendono però le ultime opere di autori importanti come Téchiné e Herzog e altri vari documentari.
La recensione di Supadany - che lo ha visto a Venezia 73 dove era proiettato in anteprima - inizia con un'equazione che dice tutto: Pets sta a Illumination Entertainment come Toy Story sta a Pixar. Perchè la dove erano i giocattoli, qui ci sono i pets, ovvero gli animali domestici, raccontati soprattutto nella loro vita "segreta", ovvero quando i padroni non vedono.
Il paragone con il capolavoro Pixar (uno dei tanti a dire il vero) non è sacrilego: nonostante non tiri aria di novità, chi lo ha visto ci dice che s'è divertito. Anche parecchio.
La narrazione - in versione romanzata - di ciò che accadde il 20 aprile del 2010 sulla piattaforma petrolifera Deepwater Horizon, quando per 87 giorni, quasi 5 milioni di barili di petrolio si riversarono nelle acque al largo della Lousiana, causando una delle più grandi sciagure ecologiche della storia. L'obiettivo è puntato sui membri dell'equipaggio in servizio sulla piattaforma e tra tutti sul capo tecnico Mike Williams, impersonato da Mark Wahlberg.
Abituato a portare sullo schermo romanzi (da Sostiene Pereira ai Viceré, da Marianna Ucria a L'amante perduto), Faenza presenta un film "a tesi" che si pone come obiettivo il fare riaprire le indagini su uno dei casi più oscuri degli anni '80: la sparizione di Emanuela Orlandi, figlia di un messo pontificio. Il tutto raccontando il caso di cronaca che coinvolse poteri occulti, il Vaticano, la banda della Magliana, Il Banco Ambrosiono lo IOR e chi-più-ne-ha. E puntando il dito su una possibilità.
Diretto e sceneggiato da Fabio Guaglione e Fabio Resinaro, MIne è il racconto di un soldato americano bloccato nel deserto da una mina sulla quale ha posto il piede. Più psico-thriller che war movie, nelle dichiarate intenzioni dei due registi italiani il film si fa carico anche di molti elementi simbolici.
Nelle sale già da ieri, il film diretto da Renaud Fely e Arnaud Louvet racconta del santo cattolico che più affascina e che l'ultimo papa, oltre ad averne ereditato il nome, ha riportato ancor più sotto i riflettori dell'attualità. Con Elio Germano nei panni di Francesco, il film si sofferma in particolare sul rapporto non facile tra Francesco e il papato.
Era in concorso allo scorso festival di Berlino l'ultimo film di André Téchiné, l'ormai ultrasettantenne regista francese, che ancora volta torna a parlare di gioventù e di rapprti familiari, tra i suoi temi prediletti.
La sfida più grande alla modernità è la sostenibilità del progresso. È in quest'ottica che il documentario di Cyril Dion e Mélanie Laurent pensa al futuro, incontrando i nuovi pionieri dell'agricoltura, del settore energetico, dell'economia, della democrazia e della formazione, fautori di quello che potrebbe essere il mondo di domani.
Titolo originale Lo and Behold, Reveries of the Connected World
Regia di Werner Herzog
In streaming su iWonder Full Amazon channel
La descrizione/visine/narrazione di uno degli aspetti più rilevanti della nostra contemporaneità - il digitale e la rete - fatta da uno che dichiaratamente, programmaticamente, ne è rimasto ai margini. Potrebbe essere del tutto ininteressante, se non sviante, ma se l'autore è Herzog ecco che anche lo sguardo del profano può aprire prospettive.
Titolo originale The Space in Between: Marina Abramovic and Brazil
Regia di Marco Del Fiol, Gustavo Almeida
Con Marina Abramovic, Dorothy W. Cooke, Narcisa Cândido da Conceição, Itamir Damião
La grande artista e perfomer serbo-americana ancora una volta ritratta in uno dei suoi percorsi artistici. Questa volta il contatto è con il pubblico e il popolo brasiliano e con la sua personale religiosità dominata dal sincretismo e dal rapporto con la natura.
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