Aspettando i risultati ufficiali della Giuria, appena finito di vedere, col film di Kusturica, tutti e venti i film del concorso, mi accingo a stilare una classifica che rappresenta in ordine di preferenza, i miei gusti personali riguardo alla sezione principale di questo festival veneziano.
1) Paradise di Andrey Konchalovskij
2) The woman who left Di Lav Diaz
3) Une vie di Stéphane Brizé
4) Frantz di François Ozon
5) Voyage of time di Terence Malick
L'ordine di preferenza che vedete qui sopra si riferisce ad una scelta personale, ma trattandosi di piccole sfumature che distanziano ognuna delle cinque posizioni, la giuria potrebbe premiare uno a caso tra questi ottimi cinque film, per non sbagliare e riuscire a farmi contento.
Con Yuliya Vysotskaya, Christian Clauss, Philippe Duquesne, Peter Kurth, Jakob Diehl
Un Paradiso che si guadagna attraverso un Limbo visto come un banco degli imputati, ove esporre ognuno la propria storia di vita. Tra gli orrori dell'Olocausto, Konchalowskij firma uno dei suoi film più intensi e riusciti dell'ultimo ventennio. E speriamo si tratti del prossimo Leone a Venezia 73.
Con Charo Santos-Concio, John Lloyd Cruz, Michael De Mesa, Shamaine Buencamino
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Imprescindibile tassello di una filmografia densa e corposa che sa unire impegno civile/politico ad una rappresentazione poetica ed ispirata della vita di comunità dei borghi più isolati e poveri, il cinema di Diaz riesce ad essere dirompente col il suo b/n tutto riverberi e chiaroscuri potenti, e tagli di ripresa che paiono quadri d'autore.
La vita di una donna immatura e fragile finisce per divenire il cardine delle vicissitudini di una ricca famiglia di possidenti terrieri,funestata dalla cattiva sorte.Da un classico di Maupassant il gran regista Brizé ricava un film eccezionale che rifiuta una narrazione tradizionale e episodica per ambire ad un quadro d'epoca lungo tutta una vita.
Una mancata vedova scorge un coetaneo "nemico" al cospetto della tomba del suo fidanzato morto in trincea. Cosa c'era tra di loro? L'evoluzione di un amore che travalica le persone e sfida le incognite del destino. Commovente e riuscito melodramma antibellico di un grande Ozon.
Ode appassionata di una figlia essere vivente ad una madre generosa ed onnipotente che dà senza nulla chiedere in cambio. La summa di un ventennio di cinema malickiano tra poesia e incanto estatico.
Tom Ford in regia conferma più di prima una vocazione innata per la direzione cinematografica e ci attanaglia con un thriller vendicativo e rancoroso legato ad una disputa di coppia dagli effetti davvero crudeli e psicologicamente destabilizzanti.
Con Simone Bucio, Ruth Jazmin Ramos, Edén Villavicencio, Jesús Meza
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Una apparentemente tranquilla famiglia nasconde un menage sessuale che non può che restare segreto; nei boschi poco distanti la città, un segreto ancora più incredibile si cela tra le pareti di legno di una baita nascosta ed ignota ai più. Un film che coniuga il realismo di un dramma familiare che sconfina nel morboso, con i misteri dell'universo.
Con Michael Silva, Ana María Enríquez, Bastián Inostroza, Pedro Luis Godoy
Cristo si rincarna nuovamente nei panni di un umile figura, nuovamente attorniato da povertà e desolazione desertiche. I dubbi della fede e il senso di inadeguatezza lo tentano come una presenza satanica e scalfiscono la sua precedentemente inossidabile tenacia. Un esordio notevole direttamente e plausibilmente al Concorso..
Con Reda Kateb, Sophie Semin, Jens Harzer, Nick Cave
Due personaggi in cerca d'autore, smarrito all'interno di un limbo ove l'ispirazione e lo stimolo creativo hanno bisogno di nuove fiammelle onde poter tornare ad ardere. Un Wenders sperimentale più che mai, in un two-actor-show con arredo tridimensionale che risulta, almeno a tratti, affascinante ed innovativo.
La mela marcia può essere gettata o si può tentare di separare la parte compromessa segregandola. Buoni e cattivi in un film apocalittico tra Madrid Max e i neon fosforescenti dei film di Korine.
Il ritorno a casa di un premio Nobel. Tra risate sapide, divertimento, dramma e cambiamenti d'umore che ci portano ai limiti di un horror psicologico sprofondato nel noir, il film registra ampi consensi in una sala press affollata come sempre accade la mattina.
Melodramma affascinante e all'antica incentrato su un desiderio di maternità impossibile, reso disponibile da circostanze fortuite. La famiglia come aspirazione ed il senso di colpa che annienta e devasta. Cianfrance dirige bene una prima parte concitata ed affascinante, lasciandosi poi fuorviare da un epilogo troppo edulcorato e di maniera.
Le aspirazioni sono il tassello più genuino per dare un senso alle proprie esistenze incerte,insidiate da nevrosi ed inadeguatezza. Chazelle punta più sull'ossession jazz di lui,che sul divenire star di lei, e dirige bene un musical spurio in cui vince soprattutto l'intesa chimica tra i due attori, ottimi a recitare, un pò meno a mimare il canto.
Biopic formalmente impeccabile in cui Larrain è costretto inesorabilmente (ed opportunamente) a mettere da parte la parte migliore di se stesso. Sperando di ritrovare presto un autore tanto amato, lontano da lavori commissionati come questo, e da stereotipi qui abbondanti e a lui distanti come galassie.
Arrivano gli alieni, ma gli effetti sono decisamente meno devastanti che nei fragorosi film di Emmerich: qui la loro presenza si manifesta con nobili intenti didattici, come in Incontri ravvicinati o in Contact. Villeneuve rimane imprigionato in una tela narrativa che, libera da vincoli spazio temporali, fornisce eccessiva libertà alla narrazione
Due ore di immagini, a volte certo davvero belle, apparentemente assemblate in modo indefinito, e di suoni battenti di percussioni sofisticate costruite appositamente a scopo di dimostrazione scientifica, ci lasciano, almeno dopo una prima non facile visione, piuttosto perplessi, come spettatori interdetti a cui non è stato spiegato qualcosa di fondamentale per riuscire ad apprezzare un'opera tutt'altro che banale, tutt'altro che costruita in modo fortuito e casuale mescolando quattro studi scientifici o documentaristici ed una voce narrante in sottofondo.
Organizzato in 4 capitoli che non rispettano un ordine temporale cronologico, ecco un western sadico e astuto che gira la frittata ove meglio crede ed ha dalla sua solo il merito di valorizzare due interpreti (Fanning/Pearce) entrambi e per diverse ragioni considerati troppo poco.
Immaturità Vs. senso di responsabilità che latita attorno ad una coppia di teenagers destinati a divenire prematuramente genitori. Leggerezza generazionale ed indolenza contagiosa con qualche situazione divertente e godibile, ma nulla di più.
Non è proprio più il tempo dei gitani, di underground e persino di Arizona dream. Il San Francesco dei Balcani sbrocca nella trashata più clamorosa e irrefrenabile del festival.
Il viaggio, le incognite della vita, l'amicizia salvifica, ma pure la malattia, la maternità non desiderata, la sessualita' confusa, il apporto madre e figlia....un minestrone devastante, anzi un piattone di polpette al sugo riproposto ad ogni occasione ma puntualmente declinato.
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