Collezionismo Etnologico.
Ibn Battuta -[ nomen omen : XIV° secolo, il Marco Polo del mondo islamico, che viaggiò per l'Africa Sub-Sahariana e per la costa orientale giù sino a Zanzibar, poi dal Caucaso alla Penisola Arabica per tutto il Medio Oriente, e ancora dall'India all'Indonesia su fino al cuore della Cina, incontrando durante le sue esplorazioni anche gli Zanj, protagonisti per un lungo tratto del loro esistere sulla Terra di una delle tante pieghe e ferite nel tessuto spazio-temporale della Storia ( invasione, occupazione, deportazione, emigrazione ) e della Geografia ( che è Destino in Partenza ) che si è cicatrizzata senza lasciare traccia o imago di piaga alcuna o quasi ( affiorano monete dalle fertili pianure di Bassora ), il cui sangue versato è stato subito assorbito dal terreno e si è seccato al sole disperdendosi al vento ]-, un trentenne giornalista algerino ( Fethi Ghares ), sta lavorando ad un servizio s'un gruppo di berberi mozabiti ribelli resistenti rivoltosi verso il governo di regime di Abdelaziz Bouteflika lungo un fronte di conflitto interno nel sud del suo paese, nello uadi M'zab, nel nord del Sahara, quando viene a conoscenza - da parte di questa fazione in lotta per un pezzo di pane, per un mattone a fare d'architrave, per un sorso d'acqua, per le parole del loro nome - di un'antica storia che travasa nella leggenda e la alimenta, senza per questo esserne sminuita, riguardante la rivolta degli Zanj ( 869-883 d.C. ), popolazione swahili-etiope, contro parte del califfato abbaside
---[ semplificando al massimo : le dinastie califfali degli abbasidi (750-1258), a sud, si spartirono, con l'Impero Bizantino ( ex Impero Romano d'Oriente, 476-1453 ), a nord, il giringiro del Mediterraneo, dopo la Caduta dell'Impero Romano d'Occidente, prima dell'avvento dell'Impero Ottomano (1299-1922) ]---
che in quel tempo e luogo, il sud dell'attuale Iraq, tra le vaste feconde pasture delle immense ubertose paludi dove sorge l'attuale Bassora e Tigri ed Eufrate si scambiano più volte tra loro confluenti e canali autoalimentandosi per sfociare poi a delta nel Golfo Persico, la rese schiava.
Un taxi per Shatila.
Nahla, una giovane donna di Salonicco ( Diana Sabri ), figlia di esuli palestinesi rifugiatisi prima in Libano e poi in Grecia ( “ Ramallah, Gaza, Gerusalemme : mi sono vietate ” ), parte col frutto di una colletta solidale in tasca da consegnare al sangue del proprio sangue alla volta di Beirut, dove i suoi genitori combatterono sulle macerie della guerra civile ( “ Insegnare urbanistica, che ironia per un palestinese ” ), tra Pasdaran e Hezbollah, contro l'invasione israeliana, e lì vi lasciarono parenti, compagni, amici, combattenti, rimasti. “ In memoria dei nostri fallimenti ”.
Lui le dice in francese : “Anarchie”.
“Anarchia”, ripete lei, nella sua lingua – e sia l'italiano o il francese, e sia il greco o l'arabo, e sia quel che sia –, lasciandosi sistemare con un gesto di noncurante necessaria intimità una ciocca di capelli dietro all'orecchio, ed entrambi proseguono leggendo assieme – incontratisi per caso durante le loro peregrinazioni laiche, i loro viaggi di lavoro e dovere, il loro vagabondare con una meta precisa in mente, quella di dare ai propri passi già percorsi un orizzonte cui tendere l'occhio in ampia prospettiva e riconoscersi, ed erigere un'impalcatura di futuro, insieme rimanendo per una porzione del loro percorso di scoperta –, in un controcanto armonico che si rigenera, brani di René Scherer tratti dalle pagine fresche da poco pubblicate (2008), allora, mentre il film veniva pensato, scritto e girato, di “Pour un Nouvel Anarchisme"; e lui la guarda illuminata dal sole accarezzare le coste dei libri poggiati sugli scaffali accanto alla finestra : Antonio Gramsci, Walt Whitman, Giacomo Leopardi, Friedrich Nietzsche, Herman Melville, Michel Butor, Saadi Yousef..., e molti di questi autori verranno letti e declamati lungo lo scorrere del film ( a volte antinomicamente, come Whitman in bocca ai levantini speculatori opportunisti con capitale schroedingheriano : che c'è, financo arabo, ma non arriva ); e lei gli restituisce lo sguardo di rimando osservandolo attraverso l'obbiettivo inquadrarla. Non servono né copertine né passi scelti invece per riscontrare sull'intero film l'impronta di Frantz Fanon ( e perché no, Albert Camus, e quel trapianto di vita che opera Gianni Amelio ne ''il Primo Uomo" : " Chi sono i poveri, mamma ? " - " Siamo noi, figliolo " - " Ah! Allora va tutto bene " ). La ''teoria'' di questo film è ancorata più che mai al Reale.
“ Moby Dick ? " - gli chiede lei, solcando coi polpastrelli il nome stampato s'uno dei volumi - " Dov'è il tuo Leviatano ? ”.
Laggiù da qualche parte, dove il paese si restringe stretto tra i propri confini e quelli degli altri spesso invasi o furiosamente espansi in tentativi di predominio, gettandosi in mare.
“ Parti. Fai come gli altri. Parti ”.
Appuntamento a Samarra.
Una coppia di affaristi-faccendieri-investitori-intrallazzatori-speculatori statunitensi, volutamente macchiettistica decide di voler colmare l'assenza di divertimento che gravità da un po' di tempo sul suolo iraqeno – è un film in cui tutti vogliono ridisegnare le mappe, tocca solo decidere da che parte stare – e per fare questo, facendosi proteggere da contractors che calpestano loro l'ombra misurando a passo d'oca il deserto da orizzonte a orizzonte, si vestono oltre che Armani con l'alibi – iniezioni di politica per zittire quel reflusso gastrico di coscienza – del Patriot Act, piegando i propri scopi per combaciare all'ideale di modello occidentale condiviso automaticamente dal popolo occidentale : Commercio/Pubblicità, illusione, manipolazione dei desideri, soddisfazione per procura : “ Cos'altro e meglio potrebbe aiutare ad arginare il sentimento anti-americano ? “.
Disneyland, Iraq. Eretto col sostegno di Chevron, Coca Cola & FaceBook.
Gli stati paria ( rispetto all'islam radicale ), come Siria o Iran, devono sparire, per il bene degli affari yankie in Iraq, e l'Iraq deve continuare a dividersi e unificarsi, come con le fusioni-acquisizioni-liquidazioni-incorporazioni finanziarie.
Il fondamentalismo del Mercato ( ''globale'', parziale ) alleato col fondamentalismo cristiano-destrorso per combattere la non-allenza e il non-allineamento del fondamentalismo islamico. Paghi in dollari o yen, basta che paghi.
Idolatrina Mediterraneo :
tra gl'imperi bizantino e abbaside, dal IX° secolo al XXI°, da McDonnell Douglas a McDonald's, e quelli UE, ONU, NATO :
le piste carovaniere, le strade del ritorno, i punti di convergenza, le frontiere ammalate : Aggrapparsi alle Rovine per Erigere la propria Storia :
grumi di sangue, orecchie e denti da latte :
dal fronte Polisario del Sahara Occidentale, passando per il confine'' Iran-Iraq / Sciita-Sunnita, la Penisola Araba e il Corno d'Africa, alla caldera Indonesiana : dall'Atlantico per l'Indiano al Pacifico.
Uno spettro si aggira dall'Equatore a Greenwich, in un territorio ballardiano di perplessità armata : i nostri fantasmi sono i vostri.
Qui e Altrove, Ora e Sempre :
Flipper Mediterraneo, Cortile dell'Eden :
mentre Omar al-Mukhtar e Hailé Selassié combattevano le loro battaglie sulle loro terre e sponde […] verrà la guerra, ovvio : c'è chi esporta i propri corpi in fuga, c'è chi esporta fondamentalismi e fascismi. Ma molti di loro non avranno modo di assistervi e parteciparvi.
Film Dagherrotipo.
Dividi et Impera, Qui e Altrove, Ora e Sempre :
producono Algeria, Emirati Arabi, Qatar e tanta Europa, benevolente embedded alla realtà, performandone uno spicchio.
Un film estremamente lineare, progressivo, quasi percussivo, che si aggira da una sponda all'altra del Mediterraneo con un randomico movimento a spirale, in cui la didascalicità dei dialoghi famigliari ( Ibn e Nahla : “ C'è già una combriccola di politici e giornalisti [ Gramsci : “ L'ambiguo ruolo della piccola borghesia ” ] pronti ad appropriarsi del nostro movimento. Riducono le nostre rivendicazioni a più soldi e più lavoro ” ) si stempera nella furia della verità, e la programmaticità dei dialoghi politico-commerciali ( i due americani : “ Al Qaida [ con l'IS(IS) / Daesh - che allora ancora non c'era - facente parte della maggioranza sunnita all'interno dell'Islam ] e Hezbollah [ della minoranza sciita ] non possono competere con Wall Mart [ Impero del Male ] ” ) è sublimata dall'idiozia generale più vera del vero.
Film teorico per eccellenza, che promana dalla rivoluzione : personale, parziale, locale : teoria e rivoluzione, più che escludersi a vicenda, collassano l'una nell'altra, e le risultanze sono crepe di futuro, spiragli di probabili possibilità : dove la visionarietà si sfalda, quando la gente preme.
Poi il film termina, con un eterno nostos, vorticosamente ciclico ( Syriza, Podemos, M5*, No Global, operai, contadini, studenti, fornai a porre un diaframma semantico e di carne, ossa e sangue contro i reazionari nazionalismi fascisti...), sfociando in un fosco tramonto d'Alba Dorata al mercurocromo, musica montante.
Il film finisce.
E iniziano le Primavere Arabe.
Ma queste sono altre storie. Autunni Caldi. Du Cinéma.
E dopo le primavere, 'nta maccaia de stæ, il macerante solleone di un'estate alle porte sulle secche macerie di Yarmouk Camp ( mentre Teguia gira il film, a Damasco esplode la rivolta. Oggi Yarmouk è implosa, assediata, concentrata, collassata ).
Altro ''esperimento'' ballardiano, ma ottuso.
In Vitro. Ma dal Vero. Per Davvero.
Dalla mia recensione.
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