Il sonno della distribuzione (l'unico film di questa lista che si presenta con numeri consistenti è Angry Birds, che avrà circa 550 schermi) genera spazi interessanti per il cinema d'autore. Mentre gli italiani saranno alle prese con (gli auspicati) successi della nazionale e con un inizio d'estate alquanto variabile, ecco che si presentano i lavori di una serie di nomi che faranno piacere al pubblico più cinefilo. Moverman, Medem, Linklater, Dolan sono registi che vantano una buona fama e un discreto seguito e che hanno accumulato onori e premi: anche se il numero di schermi dedicato ai loro film in uscita non consente ceratmente una copertura reale dell'intero territorio italiano (il meglio distribuito è Linklater, che avrà circa 150 schermi), farà piacere a molti poter apprezzare e valutare queste proposte in piena tranquillità.
Il film che dimostra che ogni occasione è buona per fare cinema: perché certo nessuno si aspettava che un giochino per tablet e smartphone dove degli uccelletti curiosi e "arrabbiati" vengono lanciati da una catapulta per abbattere degli ostacoli (una versione moderna e virtuale del lancio della palla contro i barattoli) sarebbe arrivato a tanto. Eppure il risultato è particolare e l'occasione - in questo caso - sembra buona davvero per generare un film d'animazione fuori dagli standard.
Possiamo definire "vecchie glorie" attori del calibro di Al Pacino e Anthony Hopkins? Se sì, allora questo film dell'esordiente Shintaro Shimosawa si affida a un cast di vecchie glorie per mettere in scena la storia di un ambizioso avvocato che si ritrova coinvolto in una sfida di potere tra un corrotto dirigente farmaceutico e il socio del suo studio legale.
L'israeliano trapiantato a New York Oran Moverman ha prodotto poco come regista (questo è il suo quarto film) ma i suoi film hanno sempre conquistato buone (se non ottime) valutazioni e anche importanti premi. Si è inoltre sempre avvalso di grandi attori: è il caso anche di questo suo nuovo film che mette al lavoro Richard Gere in un ruolo per lui inusuale, quello di un uomo in caduta libera che si confronta con il mondo degli indigenti e dei senza tetto.
A due anni di distanza da Boyhood (ma in mezzo c'è anche stato il documentario su Hitchcock e Truffaut) Linklater ci precipita nell'ambiente universiatrio americano degli anni '80. Una commedia "storica", pur se leggera e scanzonata, che si pone come una sorta di sequel ideale di La vita è un sogno, titolo cult del regista americano, girato nel 1993.
Medem (Lucia y el sexo, 7 Days in Habana) arriva nelle sale con il suo ultimo lavoro (che in realtà data all'anno scorso): un film drammatico - li chiamano cancer-movie - che ha per protagonista Penelope Cruz nei panni di una donna che si trova alle prese improvviso con un male incurabile proprio mentre resta incinta e che si sforza di offrire. in una sitauzione estrema, il meglio di sé.
Diretto da Ben Falcone e interpretato da Melissa McCarthy e Kirsten Bell, The Boss racconta la storia della rivalsa di Michelle Darnell, un'industriale miliardaria che viene mandata in carcere dopo una condanna per insider trading. Uscita di prigione, Michelle è pronta a ripulire la propria immagine e diventare agli occhi di tutti la fidanzata ideale d'America e la magnate modello del mondo della finanza.
L'arrivo nelle sale di Laurence Anyways colma una lacuna importante nella distribuzione italiana dell'opera del giovane regista canadese, che nel 2014 con Mommy ha vinto il Premio della Giuria a Cannes e che nell'ultima edizione del festival francese ha vinto il Grand Prix con Juste la fin du monde. Anche il film che esce oggi, del 2012, si iscrive all'interno di questo rapporto amoroso tra Cannes e Dolan: vinse infatti la Queer Palm mentre Suzanne Clément, interprete principale, fu giudicata la miglior attrice del Certain Regard, la sezione in cui il film fu presentato. L'occasione per recuperare la pellicola è offerta ovviamente dal Gay Pride, che si celebra in questi giorni resi tristi - per la comunità LGBT come per il mondo intero - dai fatti di Orlando.
Un budget rosicato (150 mila euro) e tre settimane di riprese a Stromboli sono bastati a Enzo Papetti e Roberto Minini-Meròt per confezionare questa commedia fuori dai canoni, che sembra ispirarsi al gioco combinatorio e a Calvino per la struttura e che si affida invece a Stefania Rocca e Luca Lionello quali unici mattatori di un pastiche carico di non-sense, con tutti i (consapevoli) rischi che ciò comporta.
La coproduzione franco-israeliana diretta da Shirel Amitay, esordiente, ci riporta al 1995, anno dell'assassinio di Yizthak Rabin, compiante primo ministro israeliano e premio Nobel per la pace. È proprio l'assassinio di Rabin il fatto tremendo che arriva nella vita di tre sorelle israeliane, riunitesi nella casa dove sono cresciute e dove vivevano i loro genitori, ora morti.
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