« Vi dico, il capodoglio non vuol sentire stupidaggini. » Ismaele.
Questa playlist ( una minuscola pergola nelle Arsacidi ) vuol brevemente presentare “Leviathan, or : the Whale” – Philip Hoare – 2009 ( traduzione di Duccio Sacchi e Luigi Civalleri – Einaudi – 2013 : “Leviatano, ovvero : la Balena” ), e, in seconda istanza ( ma solo per via del fatto che ne ho già utilizzato dei brani nel pezzo su...”Leviathan”, in questo caso però il film, di Lucien Castaing-Taylor e Verena Paravel, del 2012 ), “Atlantic - Great Sea Battles, Heroic Discoveries, Titanic Storms, and a Vast Ocean of a Million Stories” – Simon Winchester – 2010 ( traduzione di Jacopo M. Colucci – Adelphi – 2013 : “Atlantico - Grandi Battaglie Marine, Scoperte Eroiche, Tempeste Titaniche e un Vasto Oceano di un Milione di Storie” ).
Ambedue ottimi esempi di non-fiction e dotati di un pregevole reparto iconografico, sono eccellenti saggi divulgativi letterario-scientifico il primo e storico-scientifico il secondo : gli autori, entrambi britannici, o meglio : inglesi, sono abbastanza diversi tra loro : il primo, Hoare, rimasto più legato alla madrepatria ( è professore di scrittura creativa con cattedra a Southampton e ''poeta' laureato/artist-in-residence honoris causa al Marine Istitute di Plymouth, e lavora anche con/per la BBC ), ha un passo letterario più composto, e il suo “Leviathan” risulta per larghi tratti, inconsapevolmente vaghi, volutamente ''poetico'' ( qualità in questo caso negativa; ma non che "Atlantic" non abbia i suoi bei momenti di liricità furente ) e in generale è un po' più autobiografico ( elemento ben presente - per esempio nel prologo e nell'epilogo - anche in "Atlantic" ) e narrativo ( qualità in questo caso del tutto positive : la morte della madre e l'incontro col capodoglio sono momenti difficilmente dimenticabili, il secondo supportato pure da scatti autografi ) del suo ''compagno di viaggio'' ( dove per viaggio s'intendono i miei occhi che corrono da sinistra a destra, leggendo, e la cui meta è questa playlist ).
E il secondo, allora e per l'appunto, Winchester, laureatosi in geologia ad Oxford e poi trasferitosi in Massachusetts ( ha lavorato per il Guardian e collabora con lo Smithsonian e il National Geographic ), quasi come una balena non riesce/vuole scrollarsi di dosso i balani e i cirripedi del british humor ( che a volte degenera in simpatica e onesta spocchia : quindi qualità in questo caso negativa; ma queste sono quisquilie e pinzillacchere ), ma il suo "Atlantic" è un po' più rigoroso ( qualità del tutto positiva; e non che "Leviathan" non lo sia ) e, per la natura stessa del genere affrontato, più eterogeneo, se non ''completo'' ( paradossalmente, per l'ampiezza dei temi trattati, rischia di esserlo ''meno'', ma invece lo è in pieno : non che "Leviathan" non si diverta a diguazzare nel postmoderno, rigorosamente mainstream, massimalizzando elementi che, pur avendo un comun denominatore sesquipedalico - Herman Melville-Moby Dick -, si diversificano e si ricongiungono in un balletto meravigliosamente promiscuo anch'esso : volendo, Leviathan è sineddoche per Atlantic, e viceversa ). Ma soprattutto sono libri d'avventura, e d'invito al viaggio, e a far della vita entrambe le cose.
« Niente a che vedere con la muta arroganza del cavallo, e neppure con la supplichevole fedeltà del cane : mi fissò con un'occhiata che trovai sconcertante, e che continuo a sentire tale. » Philip Hoare - Leviathan ( parlando di una megattera )
I capodogli e i globicefali, le balenottere e le balene franche, le megattere e i grampi, i narvali e i beluga, i tursiopi e le stenelle, i delfini e le orche [ creature del deserto d'acqua, i cetacei marini non possono bere, mai : imparentati con ippopotami e più alla lontana con suini e selenodonti (ruminanti e tilopodi), da questo PdV - immagazzinamento di riserve di acqua dolce nel grasso - sono davvero più simili a cammelli e dromedari ], oggi sfamano la sete di conoscenza umana ( con retaggi di lugubre ludibrio nei parchi acquatici ), in passato ( come ancor oggi : Giappone, Russia, Norvegia, Islanda, etc... ) quella del sangue ( e del soldo : cera che illumina, grasso che lubrifica, boli che profumano : olio, spermaceti, ambra grigia, fanoni, avorio, carne... ).
E non è detto che tra una manciata di milioni di anni non si avviino a ripercorrere la strada che li ha (ri)portati all'acqua in senso inverso : se e quando ( dando tempo al tempo i ''se'' collassano evaporando ) i cetacei torneranno sulla terraferma può darsi che possano diventare una specie dominante migliore di chi li sterminò nel remoto passato : l'essere umano non ci sarà, più ( evoluto, involuto, estinto, trasceso, emigrato ), l'Atlantico nemmeno ( nato 200 milioni di anni fa dalla separazione dei continenti sudamericano ed africano, tra 200 milioni di anni morirà con la ricongiunzione degli stessi in una nuova Pangea ), qualcosa, però, sulla parentesi d'orizzonte dove oceano e cielo si ''toccano'', continuerà a soffiare : è bello - e necessario – pensare che poss'anche allora esserci qualcuno o qualcosa che, visto lo spruzzo bianco contro l'indaco profondo barbagliare nel sole, uditone il fragore, odoratone l'olezzo marino, ne urli la presenza indicandola col dito ( o lo pseudopodo che sia ) : “Laggiù! Soffia!”. E che non sia caccia, ma reciproca sorpresa, è - da qui - solo una speranza.
Per iniziare, a proposito di humor, letteratura, cinema e balene, una bonus track :
« Meno etereo, io celebro una coda. » Herman Melville - Moby Dick - LXXXVI (la Coda).
E ora, per ''finire'', scegliamo ''a caso'' un tratto di costa atlantica tra le migliaia di chilometri che la costituiscono : potrebbero essere i ghiacci semi-eterni del Passaggio a Nord-Ovest ( lassù, sconfinando nel Mar Glaciale Artico alla sommità dell'emisfero boreale, dove Franklin e Crozier, a comando del tre alberi Erebus e della bombarda Terror, dotate ciascuna di un motore da 20 CV e dagli scafi rinforzati di lastre di ferro, acquistarono fame e freddo e persero sonno e vita tra l'estate e l'inverno del 1847-'48, cercando una via per il Pacifico più veloce e sicura di Capo Horn ), il golfo del Messico e i Caraibi, la foce del Rio della Amazzoni e la Patagonia argentina ( dove Darwin e FitzRoy transitarono cartografando il mondo e deducendone l'evolversi ), il minuto scoglio di Bouvet ( una delle isole più remote del pianeta, al giro di boa con l'Oceano Antartico, spoglia d'ogni presenza umana tranne una stazione meteorologica automatica, resti di una scialuppa di salvataggio e lampi nucleari all'orizzonte sul confine con l'Oceano Indiano ), Sant'Elena, e l'incredibile insediamento umano di Tristan de Cunha, la costa degli scheletri namibiense, le Azzorre, le Colonne d'Ercole, e, infine, compiuto l'intero giro, tornar da dove tutto ebbe inizio ( uno dei tanti inizi, quello che più ha performato l'oggi ), in quel di Southampton, eccoli pronti alla partenza, i Padri Pellegrini con tutto il loro bagaglio di chiusura mentale e apertura al futuro, dopo Cristoforo Colombo, dopo i Vichinghi, a riscoprir l'America, e a farne immagine e somiglianza, fino a quando i figli si ribelleranno ai padri…
E invece no, volgiamo lo sguardo all'arrivo : tracciando un'ipotetica linea retta tra New York e Boston ( E.A.Poe, altro biancore, quello di Arthur Gordon Pym ) percorreremmo 300 km in linea d'aria, nulla di fronte alla vastità atlantica che divide le due masse continentali che un tempo dormivano distese a cucchiaio sul letto della dorsale atlantica che se le voleva scrollare di dosso, e ci riuscì. Tra Manhattan e Cape Code, tra New York e Boston, dove gli unici leviatani sono parallelepipedi squadrati di fibrocemento armato, acciaio e vetro, risuonano nomi che riecheggiano famigliari : Long Island, Montauk, New Haven, Providence (H.P.Lovecraft), Newport, New Bedford, Falmouth, Martha's Vineyard, Salem ( Nathaniel Hawthorne, amico e ispiratore di Melville : a lui "Moby-Dick" è dedicato ), Nantucket, Provincetown. E' alquanto facile ed automatico assegnare a queste località un nome, un romanzo, un film. Diamo un altro scopo a questa playlist, una fine che abbia un altro fine, ed un ennesimo reinizio.
« Ma per ora lo lascio così, mezzo finito, il mio sistema di cetologia, proprio come fu lasciata la gran Cattedrale di Colonia, con la gru ancora piantata in cima alla mezza torre. Perché le piccole costruzioni le possono finire i loro primi architetti; ma le opere grandi, le vere, lasciano sempre la cimasa ai posteri. E Dio mi guardi dal completare qualcosa. Tutto questo libro non è che un abbozzo, anzi l'abbozzo di un abbozzo. Oh tempo, forza, quattrini e pazienza! » Herman Melville - Moby Dick - XXXII (Cetologia)
Libri correlati (minuscolo florilegio, giusto per un approccio da zero al tema) :
Moby Dick – Herman Melville – 1851 ( il Libro. Cosmopolita )
Cape Cod (1849-1855) – Henry David Thoreau – 1865 [postumo] (letterario) in the Heart of the Sea – Nathaniel (no, non Hawthorne) Philbrick – 2000 (romanzo storico-divulgativo) Sphere – Michael Crichton – 1987 (sf mainstream) il Quinto Giorno (der Schwarm) – Frank Schatzing – 2004 (sf mainstream) Flood – Stephen Baxter – 2008 (sf mainstream) People of the Sea – Arthur C. Clarke – 1963 ( Hard SF ) Uplift Univers ( ciclo di 6 romanzi e alcuni racconti ) – David Brin – 1980-1998 ( Hard SF ) Oceanic – Greg Egan – 1998 ( Hard SF ) StarFish – Peter Watts – 1999 ( Hard SF ) OceanSpace – Allen Steele – 2000 ( Hard SF ) Questa Creatura delle Tenebre – Harry Thompson – 2005 ( romanzo storico – nonfiction romanzata ) Quasi Come una Balena – Steve Jones – 1999 (evoluzionismo divulgativo) L'Enciclopedia del Mare – Richard Ellis – 2000 (divulgativo) i Cari Estinti (No Turning Back) – Richard Ellis – 2004 (divulgativo) il Mondo d'Acqua – Frank Schatzing – 2006 (divulgativo basico)
Nota : non un solo capodoglio ( sperm whale, Physeter macrocephalus ) fino a questo momento è comparso ritratto in fotografia, pittura, disegno e qualsivoglia altra immagine in questa playlist ( le balene che si vedono sono tutte misticeti, nessun odontoceto ).
Dopo un breve viaggio in continente […] un Melville gonfio di nostalgia si imbarcò a Portsmouth per New York, dove mise mano a un nuovo romanzo, questa volta spudoratamente commerciale. Sarebbe stato un “romanzo d'avventura, basato su certe strane leggende che circolano nei mari del Sud tra i cacciatori di capodogli” […]. Con quella che aveva tutta l'aria di una mossa disperata, Melville aveva deciso di attingere ai suoi trascorsi balenieri, con l'obiettivo di trarre partito da questo nuovo impero commerciale statunitense, che a sua volta sfruttava e combinava due grandi talenti dei suoi concittadini : la propensione all'eroismo e quella al consumismo.
Il capodoglio sta in un mondo tutto suo. Ha una forma che sembra sbagliata, incompleta, come se mancasse qualcosa, forse un paio di pinne i n basso o in alto. Il suo profilo sarebbe improbabile per qualunque altro animale, figurarsi per il più grande predatore del pianeta, Ismaele pensava fosse la minacciosa incarnazione di “abortive mezze suggestioni di moventi soprannaturali”. Oggi è classificato come “una creatura in genere placida o innocua” [...]. Queste due immagini sono tanto distanti quanto il mito e la realtà, le leggende e la scienza, la storia dell'essere umano e quella naturale. E' un segno […] ( e un simbolo del destino di tutti i cetacei ) il fatto che il capodoglio si sia trasformato in maniera radicale, da demone fatale a creatura in pericolo.
Il Physeter macrocephalus ci accompagna da sempre, ma abbiamo cominciato a conoscerci solo 200 anni fa.
...non c'è posto in tutta l'America dove si trovano più case dall'aspetto patrizio, parchi e giardini più opulenti, di New Bedford. Da dove sono venuti ? Come hanno attecchito su questa che una volta era una scarna scoria di terra ? Andate a guardare i simbolici ramponi di ferro attorno a quel palazzo magnifico, e troverete la risposta. Sicuro : tutte queste belle case e giardini fioriti sono venuti dall'Atlantico, dal Pacifico e dall'Oceano Indiano. Sono stati infiocinati e tirati qui a secco tutti quanti dal fondo del mare.
La Fairtry, una nave usata in Scozia nel 1954, fu la prima a dare il via allo sfruttamento intensivo e meccanizzato dei Grandi Banchi. Rispetto agli schooner e alle barche da pesca costiera che l'avevano preceduta, era gigantesca : duemilaseicento tonnellate, e l'aspetto di un traghetto convertito. Era anche terribilmente efficace nell'eseguire ciò per cui era stata progettata – l'enorme rete da strascico che lasciava cadere da una rampa a poppa aveva una bocca di svariate decine di metri, e quando veniva trainata lungo il fondo marino la sia mandibola ponderata raccattava qualunque essere vivente si trovasse sul suo percorso : centinaia, migliaia di merluzzi bianchi di svariato peso, età, sesso e salute, ma anche ogni altro tipo di pesce e crostaceo - richiesto o meno - che si ciba o vive sui fondali. All'interno di questa nave smisurata si svolgeva tutto a gran velocità; ciò che era indesiderato veniva gettato fuori bordo; il resto veniva lavorato in maniera industriale - sfilettato, salato, surgelato, impacchettato -, mentre la rete a strascico era stata di nuovo abbassata sul fondo del mare pronta a issare altre centinaia di tonnellate di materia prima da trattare con la medesima, brutale risolutezza.
Quasi come la groppa arcuata di una balena bianca, l'azzurra punta dell'iceberg.
Eppure, nonostante questa montagna di associazioni con tutto ciò che è soave e venerabile e sublime, sempre nell'idea più profonda di questo colore si acquatta un che di ambiguo, che incute più panico all'anima di quel rosso che ci atterrisce nel sangue. È questa qualità inafferrabile che rende l'idea della bianchezza, quando è separata da associazioni più benigne e accoppiata con un oggetto qualunque che sia terribile in se stesso, capace di accrescere quel terrore fino all'estremo. Ne sono prova l'orso bianco polare e lo squalo bianco dei tropici; cos'altro se non la loro bianchezza soffice e fioccosa li rende quegli orrori ultraterreni che sono? È quella bianchezza spettrale che impartisce una bonarietà così orrenda, più ancora ripugnante che spaventosa, alla fissità ottusa del loro aspetto. Tanto che nemmeno la tigre con le sue zanne feroci, avvolta nel suo mantello araldico, può scalzare a un uomo il coraggio meglio dell'orso e del pescecane dal sudario bianco.
[ Virginia, 600 km a sud di Nantucket. E, val sempre l'occasione, Pocahontas, live : 1993 e 2014 ]
Cape Cod non è la fine della terra, quanto piuttosto l'inizio del mare. Per Thoreau, che passeggiava su queste lande centocinquant'anni or sono, era un luogo dove “ogni cosa pareva pian piano decadere nel futuro”. “Un uomo, - scrisse, - può starsene lì e gettarsi tutta l'America dietro le spalle”. Ma questa fu anche la sponda da cui l'America cominciò…
I pescherecci a strascico uscivano in mare, lasciavano cadere le reti, giravano la manovella per spalancare le bocche, le trascinavano per le ore assegnate attravesro la zona di pesca e ritiravano tutto a bordo – salvo scoprire che le reti risalivano vuote.
Con Lars Rudolph, Peter Fitz, Hanna Schygulla, Mihály Kormos
Non è curioso che un essere immenso come la balena veda il mondo attraverso un occhio così piccolo, e senta il tuono attraverso un orecchio che è più piccino di quello di una lepre? Ma se anche i suoi occhi fossero larghi come la lente del gran telescopio di Herschel, e i suoi orecchi capaci come portici di cattedrali, forse che ciò le allungherebbe la vista o le raffinerebbe l'udito? Niente affatto. E allora perché cercate di «allargarvi» la mente? Cercate di sottilizzarla.
Herman Melville - Moby Dick - LXXIV ( la Testa del Capodoglio - Schizzo Comparativo )
Ma poi arrivarono le navi da trasporto a motore e le tecniche di congelamento del pesce di Mr Birdseye, arrivarono i bastoncini di pesce e i cibi surgelati, e sorse l'idea che non fosse necessario portare a terra i pesci per trattarli, sfilettarli, congelarli, inscatolarli ed etichettarli, e che si poteva fare tutto in mare, su grandi navi che non erano esattamente barche da pesca, ma piuttosto linee di produzione motorizzate e galleggianti impegnate ventiquattr'ore al giorno al disassemblaggio di pesce e al riassemblaggio di cibi surgelati – e d'un tratto il palamito, il tramaglio, e la pesca a strascico divennero l'ultima delle minacce per le zone di pesca oceanica. Ormai era una questione di pura aritmetica : con le factory ships, la quantità di pesce asportato dai Grandi Banchi raggiunse negli anni Sessanta livelli astronomici e con ogni evidenza stava diventando – per usare una parola che proprio negli anni Sessanta iniziò a farsi largo nei dizionari, e poi nel linguaggio comune, anche se non era ancora davvero di moda – insostenibile.
John Culliney, un biologo marino che lavora alle Hawaii, ha osservato che gli oceani, “l'ultima grande landa selvaggia del pianeta”, rappresentano una frontiera in cui l'essere umano ha “la sua ultima occasione per dimostrare la propria razionalità”. Lì, al largo di TerraNova, la totale negligenza dimostrata dal genere umano nei suoi doveri nei confronti dell'Atlantico non dà certo motivi di ottimismo.
«Ma scusate, signore, chi è il Signor Reggente?» «Il Duca.» «Ma il Duca che ci ha messo nella pigliata del pesce?» «È suo.» «Abbiamo sudato sangue, rischiato la pelle e speso quattrini, e tutto questo deve andare in tasca al signor Duca? E noi per la sfaticata non becchiamo che i calli?» «È suo.» «Ma il Duca è così morto di fame da fare queste carognate per sbarcare il lunario?» «È suo.» «Pensavo di dare una mano a mia madre, che è vecchia e a letto, con la mia parte di questa balena.» «È sua.» «Non può contentarsi il Duca di un quarto o di una metà?» «È sua.»
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