Quando un ormai vecchio attore tedesco di origine polacca (nato nel 1926 vicino a Danzica) del genere caratterista antagonista si crede di essere anche un grande regista di "memorabili kolossal" come questo, probabilmente ispirato al più celebre e premiato "Amadeus" di Milos Forman, con delle ambientazioni buie oppure solari da spot dello spumante, in questo caso talmente lento nella narrazione da sembrare interminabile. Pare che il noto regista tedesco e suo amico Werner Herzog, quando lesse il primo soggetto del film di Kinski, un attore da lui già diretto in cinque film, lo buttò via subito. Il Niccolò Paganini di Klaus Kinski sembra piuttosto uno scimmiesco incrocio fra Alice Cooper, Mister Hyde e Iggy Pop con i dentoni finti, uno scopettone nero in testa e la voce di una vecchia befana tedesca (in questo film Kinski non è doppiato forse perchè i dialoghi sono ridotti al minimo ma il suo italiano stentato rivela subito la sua nazionalità diversa da quella del personaggio interpretato nel suo film).
Più che un violinista italiano di metà ottocento é una via di mezzo tra un vecchio mandrillo scappato dallo zoo e un povero pazzo evaso dal manicomio dopo anni d'isolamento: Passeggia quasi sempre vestito di nero e tra un concerto e l' altro sodomizza senza pietà le ammiratrici ninfomani, lecca le tettone della giovane moglie nuda in mezzo ai campi, scandalizza in sua assenza una giuria di vecchi giudici in riunione per decidere il verdetto del processo che lo vede imputato per delle relazioni con giovani donne, fugge da gruppi di vecchi ammiratori, provoca a distanza degli intensi orgasmi alle sue giovani ammiratrici, si fà ammirare in posa da un gruppo di bambine curiose, degusta in carrozza dei formaggi con i vermi, striscia sui muri, fa il pediluvio con le scarpe ai piedi e infine ormai malato muore sputando sangue ma continuando a sviolinare davanti al figlioletto sconvolto.
A parte questi particolari grotteschi, il celebre violinista italiano è rappresentato da Kinski come un libertino nevrotico che passa la vita a viaggiare in carrozza per andare a suonare e a trombare, trascurando la bella e giovane moglie e il figlio piccolo, pur essendo a casa un marito innamorato e un padre affettuoso. Ben confezionato il completo da becchino ottocentesco di Kinski-Paganini con un nero cilindro lungo un metro per farlo apparire meno basso. Alcune sue frasi memorabili: "Quando suono il violino il mio membro diventa eretto... Il violino è come un cuciolotto... L' Italia è il regno dellla musica e del foco... Devo andare in America e in Rusia". E' altrettanto probabile che il vero Paganini si rivolta ancora nella tomba per essere stato scambiato da Kinski per Casanova, il marchese De Sade e Von Masoch. Come fisicità non siamo lontani da certe rappresentazioni grafiche del vero Paganini, molto magro, con i neri capelli lunghi e un grosso naso aquilino, che sicuramente non era un ideale di bellezza maschile. Pare che fosse soprannominato "Il violinista del diavolo" più che per il suo aspetto sinistro per certe sue note sinfonie dai ritmi frenetici piuttosto insoliti per l' epoca, un innovatore della musica classica e non un personaggio da film erotico.
Tipico esempio di falso capolavoro, in questo caso addirittura annunciato e presentato al Festival del Cinema di Cannes, in realtà un atroce melodramma musicale "erotico" e involontario film tragicomico con delle lunghissime sequenze al ralenti oppure traballanti ma tutte con il continuo sottofondo del violino del maestro Salvatore Accardo. Pur durando meno di due ore, il film di Klaus Kinski è così lento e noioso da essere paragonabile a un film di durata doppia, talmente inguardabile da far rimpiangere altri soporiferi e snobbati film storico musicali d' autore, compresi quelli sul giovane Toscanini e del leggendario pianista sull' oceano, visto che per molte scene senza capo ne coda sembra più adatto il commento fuori campo della Gialappa's Band e degli Squallor. Kinski fece una brevissima conferenza stampa sul suo primo film da regista in una sala semideserta per poi andarsene via subito insieme alla sua giovane compagna ventenne Debora Caprioglio, dopo aver dichiarato : "Le festival est triste, est terrible pour tout le monde, les enfants... Ma je ne parle plus pàs! Merdà!!!!.... Je suis fatiguè a venir ici! Cretièn!..Idioten! Analfabète! ... Mongolooide!". Ovviamente il suo film fu scartato subito dalla giuria ma pare che Kinski lo seppe per ultimo e s' incazzò di brutto. Forse era rimasto profondamente deluso dallo scarso interesse rivolto dai critici e dai giornalisti alla sua opera prima ma era più probabile che si trattava solo di una delle sue tipiche sfuriate lunatiche che oggi sono adirittura imitate da un comico televisivo tedesco come esempio di grottesco esibizionismo estremo.
Pare che la "trama" del film sia molto più ispirata all' autobiografia di Klaus Kinski, un best-seller tedesco talmente pieno di balle da fare invidia al Barone di Munchausen ma il montaggio selvaggio fa dimenticare completamente ogni intreccio logico ed eccesso visivo dato che sembra girato da un "regista sperimentale" che non ha scartato nulla, nonostante il valido supporto artistico e tecnico. Secondo il cinecritico Morando Morandini "Kinski usa la cinepresa come un mitra e ricorre al ralenti come un ubriaco ricorre alla bottiglia". Se durante le riprese il protagonista e regista Kinski era sempre sbronzo non c'è molto da stupirsi. Un cinecritico dilettante lo ha recensito così: "Un ottimo regalo per il vostro peggior nemico". Infatti fu un inevitabile insuccesso ignorato da tutta la critica e dalla maggior parte del pubblico, poi inutilmente distribuito in due versioni per l' home-video, una censurata in italiano e l' altra vietata ai minori in lingua originale.
Finito anch'esso nelle hit-parade dei film più brutti della storia del cinema pubblicata sulla rivista "Ciak" insieme a film come la demenziale parodia western "Arrappao" di Ciro Ippolito e l' assurdo horror "Nosferatu a Venezia" di Augusto Caminito sempre con protagonista Klaus Kinski girato poco tempo prima, altrettanto brutto ma sicuramente più "logico" e guardabile se si fa il paragone con "Paganini", un film storico-musicale dalla trama quasi indefinibile e pieno di situazioni insensate buttate a casaccio. Tra le scene più "memorabili" quella in cui Paganini suona al violino l' inno nazionale tedesco "Deutschand, Deutschland Uber Alles" al posto di un piccolo violinista di strada per poi donargli le offerte dei passanti e dire a loro: "Signori, Paganini se ne va, andate a casa per la cena". Chissà se si riferiva anche agli spettatori, già in coma profondo dopo il primo tempo del suo film, che probabilmente è piaciuto veramente solo a lui, ostentatore di un gusto personale decisamente pessimo.
Debora Kinski è in realtà una futura attrice italiana di Tinto Brass all' epoca compagna poco più che ventenne dell' oggi mal ricordato (sopratutto dalle figlie e da morto) "attore maledetto" (sopratutto da molti registi che lo hanno diretto, compreso il citato amico Werner Herzog). Nel cast compaiono anche il piccolo figlio di Kinski Nikolai, Dalila Di Lazzaro travestita da Lady Oscar, Furio & Furia (i cavalli selvaggi di Cicciolina che ovviamente s' ingroppano in una scena) e una nobile donzella di campagna (Beba Balteano) guardacaso somigliante alla più nota figlia Nastassia, anche lei sodomizzata con fuga dal maestro dell' archetto. Un altra scena involontariamente grottesca, con lei che lo supplica in ginocchio di rimanere mentre i suoi genitori inorridiscono al piano di sotto. Forse è stata l' unica volta che Paganini ha ripetuto. Tutto perchè il vero Paganini aveva la fama di donnaiolo ma come attendibilità storica siamo molto al di sotto di quella di registi più "esperti" come Carlo Vanzina e Franco Zeffirelli, tanto per fare un paragone che la dice lunga.
Tra gli interpreti di secondo piano (due o tre battute ciascuno) due vecchi attori francesi che accettarono di prendere parte a questo sciagurato film nella speranza che fosse diretto da un regista talentuoso o almeno capace. Pare che sia stato l' ultimo film interpretato da Klaus Kinski e dall' attore francese Bernard Blièr, che sarà morto anche per la vergogna di aver partecipato a questo fiasco. Il mimo francese Marcel Marceau si nota ancora di meno perchè non parla. Sulle attrici del film (Debora Caprioglio, Beba Balteano, Tosca D'Aquino, Eva Grimaldi, Dalila Di Lazzaro e la cantante Donatella Rettore) è meglio togliere quei veli pietosi, essendo soltanto delle comparse o partner occasionali in brevi scene di sesso con il personaggio protagonista girate in maniera a dir poco amatoriale. Infatti nessuna di loro si nota, a parte la Caprioglio che nel ruolo della moglie del violinista dice qualche battuta.
Pare che durante le pause delle riprese, il sedicente grande regista esordiente si chiudeva sempre a chiave con lei evitando qualsiasi contatto con la sua troupe, con la quale non voleva mai discutere ne accettare dei consigli. Impose alle comparse di non truccarsi per ragioni di realismo scenico e proibì l' uso del ciak durante le riprese perchè il rumore di quell' attrezzo lo infastidiva. Il film fu girato in Italia, prevalentemente in zone campestri deserte e isolate e in location particolari, come le antiche calli di Venezia e l' interno del Teatro Regio di Parma che il "neoregista" volle illuminato solo dalle candele, girando le scene con dietro un reparto di pompieri pronti a intervenire in caso d' incendio. Secondo la Di Lazzaro, Kinski spese una enormità per un film orrendo che poi andò malissimo, costringendo la troupe a compiere degli estenuanti spostamenti con carrozze e cavalli in località impervie e poco accessibili anche con i moderni mezzi di trasporto. In quel periodo non si trovava un regista e un produttore disposti a dirigere e tantomeno finanziare un film con Klaus Kinski, ormai sempre più pazzo e ingestibile come attore, sopratutto perchè essendo ormai vecchio era stanco di recitare dei ruoli più o meno simili da lui non graditi.
Kinski aveva già partecipato a più di un centinaio di film di vario genere, perlopiù drammi e gialli tedeschi oppure film di guerra e western italiani, con delle interpretazioni talvolta convincenti o almeno accettabili ma come regista esordiente siamo ai livelli di un dilettante allo sbaraglio convinto di essere un genio della regia. D' altronde ripercorrere la sua lunga carriera è un viaggio nei bassifondi del cinema commerciale europeo a basso costo, salvo delle rarissime eccezioni. Relegato per molti anni nei ruoli di cattivo e di mostro in pellicole scadenti oltre ogni dire, Kinski non si sentiva mai realizzato e valorizzato ma piuttosto sfruttato male per ragioni economiche da registi mediocri, interpretando sempre dei ruoli secondari di antagonista che probabilmente non gli piacevano per niente. Ovviamente con quella faccia che aveva non poteva aspirare a ruoli da protagonista, tantomeno nei panni di un celebre artista o di un leggendario playboy del passato.
Sulla sua inquietante presenza e pessima fama di pazzo lunatico Kinski ci ha pure speculato tanto, scrivendo delle compiaciute autobiografie piene di autoesaltazione mitomane, compiaciuta depravazione ed episodi traumatici inventati, tutte cose poi smentite dagli amici, dal figlio Nikolai e dai fratelli ma che invogliarono le due figlie attrici Nastassia e Pola, abbandonate dal padre in tenerà età, a sputtanarlo pubblicamente accusandolo di abusi incestuosi e pedofili dieci anni dopo la sua morte per infarto, avvenuta nella sua villa in California (USA) nel 1991. A scanso di equivoci, Klaus Kinski lasciò la moglie e le due figlie piccole per sposare a Venezia una fotomodella franco-vietnamita venticinquenne. Più o meno la stessa età della sua ultima compagna italiana, anche lei scelta anche per la sua vaga somiglianza con l' amata-odiata figlia più bella e famosa. Probabilmente questo assurdo film storico-musicale, pare ideato da Kinski già negli anni cinquanta ma da lui diretto e interpretato a fine carriera, abbia rappresentato, oltre che il capriccio di un sedicente divo incompreso, anche la sua premeditata vendetta personale contro tutti, spettatori compresi.
Un' opera prima e per fortuna unica vivamente sconsigliata a tutti gli appassionati di musica classica e di cinema in costume. Con questo e i pochissimi altri film dedicati a questa figura musicale storica italiana, compreso un altro orrore di film horror made in Italy ("Paganini Horror" di Luigi Cozzi) c'é veramente da chiedersi cosa avrà mai fatto di male in vita sua quel maestro genovese del violino, un famoso musicista dalla breve vita compromessa da gravi malattie allora incurabili... Assolutamente nulla! Forse anche per rimediare a questi deliranti oltraggi visivi, nel 2016 il regista inglese Bernard Rose girò in Germania un film biografico su Paganini che, anche se poco visto, è sicuramente più guardabile di quello del "mostriciattolo sacro" tedesco, consigliabile solo ai sadomasochisti visivi. Giudizio critico: UN DELIRANTE, INGUARDABILE E SOPORIFERO INCUBO CINEMATOGRAFICO PREMEDITATO DA UNA MENTE SCONVOLTA DA MAGALOMANIE E OSSESSIONI PERSONALI.
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