Ecco una classifica dei miei film preferiti usciti in Italia nell'anno solare 2015 e visti al cinema. Non è stata una grande annata. Pochi film imperidibili (almeno fra quelli distribuiti e rimasti in sala più di un misero paio di giorni), qualche debutto interessante, qualche delusione (Audiard, Bellocchio, in parte Ozon). Presenti 8 nazionalità diverse, rappresentati 4 continenti. Tripletta italiana (anche se complessivamente non vale quanto il doppio exploit dello scorso anno, col tandem Martone-Olmi in stato di grazia).
Non è privo di difetti, ma resta il film che meglio di ogni altro nel 2015 ha saputo rappresentare i meccanismi (sociali e mentali) che regolano la nostra presenza nel mondo e il nostro rapporto con gli altri. L'allegoria e il paradosso come valide alternative allo sterile realismo, per denunciare il conformismo dei nostri tempi.
Meta-cinema all'ennesima potenza, come solo la scuola iraniana sa (ancora) fare. Un non-film che porta alle estreme conseguenze le due principali direttive di 30 anni di cinema persiano: il reportage sociale e la riflessione abissale sul mezzo filmico.
Con Luca Marinelli, Alessandro Borghi, Silvia D'Amico, Roberta Mattei, Alessandro Bernardini
In streaming su Rai Play
Ultimo atto di cinema (e di vita) di un Maestro post-pasoliniano, scoperto troppo tardi. Segretamente politico, non denuncia, ma si limita ad osservare gli effetti del Sistema sulle sue inconsapevoli vittime, uccise (nel corpo o nello spirito) dall'impossibilità di immaginare un futuro diverso.
39 sequenze che rilanciano la meditazione anderssoniana sull'assurdità della vità, la fuga sognata dall'infelicità, la sinfonia dei malumori, la ripetizione di parole vuote. Più frammentario del solito, ma più consapevole e ardito sul piano formale, il maestro scandinavo rincara la dose di ferocia e ribadisce la sua idea di cinema ostinatamente anti-psicologico.
Eccessivo, ridondante, ma estremamente vitale. Un film da Oscar che sa conciliare la furbizia spettacolare con un sentito punto della situazione sullo stato delle cose nel mondo dello spettacolo, dell'arte e dei media nell'era del web.
Ludico come ogni Greenaway, ma questa volta con un briciolo di empatia in più. Aggiorna con successo il sotto-genere delle biografie libere e folli, di cui fu massimo esponente il grande Ken Russell.
Excursus semi-documentaristico nel Profondo Sud statunitense, povero, emarginato, contraddittorio, che va fiero della propria "libertà" ma rimane in realtà schiavo delle varie tirannie, da quella della droga a quella delle armi. Minervini osserva impassibile.
Discreto esordio francese, che tenta di aggiornare le classiche tematiche del racconto di formazione, della sessualità adolescenziale, dell'incontro/scontro con la Natura. Ci riesce in parte.
In bilico fra commedia e dramma, un debutto svedese che alterna momenti brillanti ad altri irrisolti, per parlarci di quel gran casino che è l'amore coniugale e la fiducia nel partner.
Chiude la dozzina il peggior film di un grande regista. Pasticcio noir-spionistico-complottista, che fa dell'ironia la sua religione e della cannabis il suo alimento, vale solo per la bravura del regista a rendere tonica quella che in realtà è una materia narrativa flaccida e sformata.
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