Era da parecchio che non pubblicavo una playlist. Poco fa ho appreso per caso della scomparsa della regista Chantal Akerman, e credo che sia giusto dedicarle un omaggio. Regista belga nata nel 1950 a Bruxelles, purtroppo in Italia rimane una figura poco conosciuta, forse perché si é dedicata ad un cinema sperimentale che aveva poche speranze di sfondare con il grande pubblico. Personalmente, ho visto due suoi film. Il primo è un breve cortometraggio, "Saute ma ville" girato nel 1968 a 18 anni ed interpretato dalla stessa Akerman (che, detto fra parentesi, da giovane era una donna decisamente affascinante) in cui una ragazza distrugge gradualmente l'appartamento in cui è rinchiusa prima di un tragico finale. "Saute ma ville" si prende addirittura 4 stelle su 4 dal Mereghetti, onore forse eccessivo, e si inserisce in una linea di cinema godardiano, dal momento che la stessa Akerman ha riconosciuto che l'ispirazione per diventare regista le era venuta dopo aver visto "Pierrot le fou".
Il secondo film è "Jeanne Dierlman, 23 Quai du Commerce, 1080 Bruxelles. Riporto di seguito alcuni brani della recensione che ne scrissi dopo averlo visto su Youtube, dove ce n'è una copia (non è mai stato distribuito in Italia).
Jeanne Dielman è una giovane vedova che vive a Bruxelles in un bell'appartamento con il figlio Sylvain di sedici anni. Quando il figlio va a scuola, Jeanne si occupa dei servizi domestici, della cucina e delle commissioni, che svolge con estrema precisione. Fra l'altro, fa anche da baby-sitter ad un bambino piccolo che le porta la vicina di casa. Nel pomeriggio si prostituisce con dei clienti anonimi, guadagnando del denaro che le consente di condurre una vita agiata; la sera si occupa del figlio. Le giornate si succedono sempre uguali e monotone, finchè dei piccoli incidenti le provocano un'angoscia che sfocerà in un gesto tragico... Opera seconda di Chantal Akerman girata a soli 25 anni, è un film sperimentale che porta alle estreme conseguenze il partito preso della "dédramatisation" (sdrammatizzazione) su cui si basa la scrittura registica. Infatti, su una durata di circa 3 ore e 20 minuti accadono pochi eventi che potrebbero andare a costituire una trama: assistiamo soprattutto al ménage giornaliero della protagonista, con azioni quotidiane riprese in tempo reale, senza le ellissi che solitamente intervengono per escludere questi fatti dalla rappresentazione cinematografica. La routine di Jeanne Dielman coi suoi gesti meccanici è ripresa in lunghi piani fissi che non prevedono movimenti di macchina, magnificamente illuminati dalla fotografa Babette Mangolte: questo procedimento stilistico mira allo svelamento di una pericolosa condizione di alienazione della donna, chiusa in un'esistenza immobile e senza prospettive a cui, comunque, non riesce a sottrarsi (in questo senso si tratta di un film femminista). Sorprendente l'affinità tematica con il "Dillinger è morto" di Marco Ferreri, uscito qualche anno prima, che si conclude in maniera abbastanza simile a questo film, anche se l'ottica con cui Ferreri narrava il suo apologo è abbastanza distante dal femminismo della Akerman. "Jeanne Dielman" non è mai stato distribuito in Italia, forse perchè ritenuto un film poco commerciale (è disponibile su Youtube con sottotitoli in inglese), ma col passare degli anni molti critici hanno gridato al capolavoro e diversi registi come Alain Tanner, Gus Van Sant o Todd Haynes l'hanno citato fra i loro preferiti. Si tratta di un'esperienza cinematografica assolutamente unica e peculiare che va ammirata per il rigore del suo linguaggio e l'originalità di una visione che riesce a sovvertire i canoni della normale rappresentazione filmica; sicuramente è un film che richiede un pubblico attento e preparato, poichè lo spettatore non avvezzo potrebbe facilmente annoiarsi a morte o non reggere la visione del film (la durata resta estremamente impegnativa anche per quelli, come me, a cui è piaciuto). Delphine Seyrig è una presenza affascinante ed enigmatica come in "L'anno scorso a Marienbad" di Resnais, è presente in ogni scena del film, ma non ha moltissime occasioni per recitare, almeno non nell'accezione comune del termine (ma il suo sguardo comunica comunque molte emozioni del vissuto di questa donna).
Il film, girato all'età di soli 25 anni, si è conquistato col passare del tempo la distinzione di essere una delle migliori pellicole girate da una donna... un film che è rimasto confinato nei cineclub e nei circuiti alternativi, ma che recentemente è stato inserito al 35esimo posto nella prestigiosa classifica dei migliori film della Storia redatta dal British Film Institute.
Non saprei aggiungere molto sui film successivi perché non li ho visti. So che talvolta si è ispirata alla Grande Letteratura, come negli adattamenti de "La captive" (2000) da Marcel Proust o "La folie Almayer" tratto da un romanzo di Joseph Conrad. Talvolta si è dedicata ad esplorare le tematiche della sessualità femminile, soprattutto in uno dei primi film chiamato "Je, tu, il, elle" del 1976, altre volte ha realizzato documentari di stampo autobiografico, altre volte anche commedie più leggere come "Un divano a New York" con Juliette Binoche e William Hurt. Credo che la sua figura crescerà nel tempo anche per la sua costante voglia di sperimentare, e spero che in Italia il mercato home video possa permettere ad un pubblico più largo di vedere i suoi film. Ciao Chantal.
Non ci sono nick associati al tuo profilo Facebook, ma c'è un nick con lo stesso indirizzo email: abbiamo mandato un memo con i dati per fare login. Puoi collegare il tuo nick FilmTv.it col profilo Facebook dalla tua home page personale.
Non ci sono nick associati al tuo profilo Facebook? Vuoi registrarti ora? Ci vorranno pochi istanti. Ok
Commento (opzionale)