Ho sempre pensato che i film stranieri, al loro arrivo in Italia, venissero inviati ad un "ufficio traduzioni titoli" un po' grigio e indistinto, dietro le cui porte in legno di larice e vetro satinato si muovevano il Mascetti, il Perozzi, il Sassaroli, il Melandri e il Necchi. È vero che alcuni dei loro scherzi talvolta possono esser sembrati un po' pesanti, ma non significa che dobbiamo mandar persa una così vasta e sapiente eredità creativa.
Con Julie Ege, Tony Bonner, Brian O'Shaughnessey, Robert John, Rosalie Crutchley
CREATURES THE WORLD FORGOT (creature dimenticate dal mondo) = La lotta del sesso sei milioni di anni fa
È il seguito di "Un milione di anni fa". O meglio, è il prequel. Per chiarire alcuni particolari del primo film era necessario fare un passo indietro di 5 milioni di anni. Comunque sia è una semplice avventura cavernicola che presenta donne preistoriche in due pezzi e fresche di parrucchiere ma nulla di sessuale o scandaloso. Rispetto al primo capitolo c'è però una Raquel Welch in meno, sostituita dalla bellona Julie Ege, già Miss Norvegia, già Penthouse Pet, già Bond-girl. Ragazza titolata ma evidentemente nelle previsioni dei distributori italiani non abbastanza da eguagliare il sessappiglio di Raquel. Meglio quindi promettere anche una lotta del sesso (che poi...cosa dovrebbe significare "lotta del sesso" a parte significare che c'è la parola sesso in mezzo?).
Con Bernadette Lafont, Georges Géret, Michel Constantin, Julien Guiomar
LA FIANCÉE DU PIRATE (La fidanzata del pirata) = Alla bella Serafina piaceva far l'amore sera e mattina
Qui si mirava al pubblico di "Quel gran pezzo dell'Ubalda tutta nuda e tutta calda", ma mancavano le capacità metriche messe in luce dal modello... Il Morandini definisce il titolo "canagliesco e inesatto". In effetti sfortunatamente la protagonista si chiama Maria, non Serafina. Licenza poetica. Per altro pare si tratti di un'opera tutt'altro che spregevole, una "farsesca, insolente, gagliarda commedia di costume strapaesano e di timbro libertario" (sempre il Morando) diretta da un'ex assistente di Abel Gance. Con sto titolo temo che resterà a lungo persa sullo scaffale sbagliato.
Con Judy Holliday, Dean Martin, Fred Clark, Jean Stapleton
BELLS ARE RINGING(Le campane stan suonando) = Susanna agenzia squillo
Ma chi, Judy Holliday? Che fa la squillo canterina in un film di Vincente Minnelli? La Hollyday interpreta un'operatrice telefonica di quelle che attaccano e staccano spinotti e spettegolano tutto il giorno. Quindi è una squillo. Ha senso, ci sta. Questa è chiaramente e apertamente una burla. Non può essere una strategia per attirare erotomani al cinema. Dovrebbero essere individui che scelgono il film solo per il titolo, non leggono la trama, non conoscono Judy Hollyday nè Vincente Minnelli al suo venticinquesimo film ed entrano al cinema ad occhi chiusi per non rovinarsi la sorpresa con le locandine. Possibile, ma non probabile.
Con Robert Hossein, Magali Noël, Estella Blain, Philippe Clay, Jane Marken, Robert Lombard
DES FEMMES DISPARAISSENT (Delle donne scompaiono) = I vampiri del sesso
In questo titolo ci sono almeno due promesse che il film non sarà in grado di mantenere. Ma sono comunque stupito dalla moderazione. Oltre all'attenzione dei fans dell'horror e di quelli del soft-core si poteva facilmente ottenere anche il target anziani intitolandolo "La signora in giallo contro i vampiri del sesso".Tra i primi film del prolifico Edouard Molinaro (IL VIZIETTO, IL ROMPIBALLE), è un poliziesco in cui i cattivi sono una gang che esercita la tratta delle bianche verso il Medio Oriente. Mi dicono che forseforse si intravede anche un seno ma proprio niente sesso. E niente Angela Lansbury. Film che in patria ha più di un estimatore.
Con Peter Sellers, Leigh Taylor-Young, Jo Van Fleet, Joyce Van Patten
I LOVE YOU, ALICE B. TOKLAS (Ti amo, Alice B.Toklas) = Lasciami baciare la farfalla
Il colpo di genio dev'essere stato ispirato dalla locandina in cui, a onor del vero, Peter Sellers si china effettivamente verso una farfalla tatuata a monte di una coscia femminile, rimanendo però con la testa in zona equivoca. Forse qualcuno sarà portato a immaginare che la farfalla appartenga ad Alice B. Toklas, ma non è il caso di fantasticare su detta signora che all'epoca in cui uscì il film era defunta da un anno. La Toklas, scrittrice, amica e amante di Gertrude Stein viene ringraziata nel titolo originale perché in un suo famoso libro di memorie e ricette ("Alice B. Toklas cook book") è presente la ricetta dei brownies all'hashish. Il film è una commedia farsesca in cui Sellers diventa hippy per amore e si mette ai fornelli.
Con Delphine Zentout, Etienne Chicot, Olivier Parnière, Jean-Pierre Léaud
36 FILLETTE (36 ragazzina) = Vergine taglia 36
"36 ragazzina" non è altro che l'etichetta della taglia di un reggiseno. Non ho notizie di prima mano ma non credo ne esista un modello per vergini e uno per non più tali (nella locandina italiana stile Fausto Papetti per non sbagliare non figurano nè l'uno nè l'altro). La tematica sessuale è sì presente, come in tutti i film di Catherine Breillat, ma con intenti tutt'altro che pruriginosi. La protagonista è una quattordicenne inquieta e rabbiosa che durante una vacanza con i litigiosi genitori decide di darsi alle provocazioni e di liberarsi del fardello della verginità. Incontrerà un playboy agé depresso con cui alla fine condividerà cose più profonde del letto. La sceneggiatura è di Maurice Pialat. Film che vanta molti estimatori anche pesanti, tipo Roger Ebert. In Italia non solo si è fatto di tutto per spacciarlo per un erotico ma è poi stato anche stagliuzzato ed edulcorato nei dialoghi.
Con Harry Langdon, Gladys Brockwell, Alan Roscoe, Priscilla Bonner
LONG PANTS (pantaloni lunghi) = Le sue ultime mutandine
Quanto mi arrapano i film muti di Capra... Titolo sbagliato ma per poco. Colpa dell'inglese, lingua infida come nessuna. Il dizionario diceva "pants = pantaloni, mutande". 50% di possibilità di prenderci, è andata male. L'errore purtroppo diventa tragicamente peggiore se si considera che questa commedia romantica tratta di un giovinetto che smette i calzoni corti per indossare mature braghe lunghe e poter così tentare la sorte con una ragazza della società bene. Le ultime mutandine sarebbero dunque di un ragazzino...
Con Richard Benjamin, Karen Black, Lee Grant, Jack Somack, Jill Clayburgh
PORTNOY'S COMPLAINT (Lamento di Portnoy) = Se non faccio quello non mi diverto
"Quello cosa?" s'interrogava il pubblico erotomane nel 1972. Perché giustamente avevano letto il noto libro del notissimo Philip Roth da cui era tratto il film e sapevano che se c'era un "quello" doveva trattarsi di masturbazione maschile, che non è un filone che vada molto tra gli amanti dei film erotici (a tal proposito ricordo un commento su Roth della sua collega Jaqueline Susann: "È un bravo scrittore ma non vorrei stringergli la mano"). Ma parliamo di strategie di marketing. Meglio sfruttare la scia di un libro noto, scandaloso ma anche colto tenendo il suo titolo oppure facciamo un titolo porcone?... Il film, stroncato un po' ovunque, fu comunque un serio tentativo di passare alla regia di un bravissimo sceneggiatore: Ernest Lehman. Tra i suoi lavori figurano SABRINA (in collaborazione), LASSÙ QUALCUNO MI AMA, WEST SIDE STORY, TUTTI INSIEME APPASSIONATAMENTE, CHI HA PAURA DI VIRGINIA WOOLF, INTRIGO INTERNAZIONALE (sua sceneggiatura originale). Lehman fu anche il primo sceneggiatore a ricevere un Oscar alla carriera.
Con Bente Dessau, Hans Ernback, Keve Hjelm, Marie Goranson
BRÄNT BARN (Bambino bruciato) = Sesso sotto la pelle
Sgradevole. Nel complesso c'è un sentore di messe nere e bambini di Satana. Tanto che passa in secondo piano la poesia ermetico-tautologica della nuova intitolazione. Tratto da un racconto di Stig Dagerman, sensibile scrittore svedese morto suicida che nel tempo si è conquistato un piccolo culto, è un dramma su un ventenne incapace di perdonare il padre per aver intrapreso una relazione subito dopo la morte della madre. Il tutto si complica quando il giovane s'invaghisce della futura matrigna. Per il Morandini è apprezzabile per atmosfere e tatto "ma qua e là scivola nel sentimentalismo e nella calligrafia". Film forse vittima di quell'allucinazione collettiva che per decenni ha dipinto la Svezia come un enorme e gratuito bordello a cielo aperto.
KISSIN' COUSINS (Parenti prossimi) = Il monte di Venere
Proprio quell'altura lì... Ma anche il titolo originale non la conta giusta. "Kissing cousin" sarebbe un modo di dire sconosciuto ai più che indica un parente stretto quanto basta da salutarlo con un bacio. Ma stranamente si parla di bifolchi e gli americani amano scherzare sul sesso consanguineo tra bifolchi. La pellicola vede il tenente Elvis Presley impegnato a convincere dei parenti zotici (tra cui c'è un suo sosia biondo) a vendere un monte di loro proprietà all'aviazione in modo che possa costruirci una base missilistica. Missili... monte di Venere... Da qualunque parte la si guardi è tutto un ammiccare. Ovviamente alla fine Elvis come suo solito otterrà senza sforzo il monte di Venere e, trovatosi bene, ci metterà radici. Lì sorgerà Graceland.
Con Annie Girardot, Philippe Noiret, Francis Perrin, Marc Dudicourt, Catherine Alric
ON A VOLÈ LA CUISSE DE JUPITER (Hanno rubato la coscia di Giove) = Hanno rubato le chiappe di Afrodite
Qui a qualcuno mancano capacità di valutazione essenziali per orientarsi nella sessualità moderna. Il commissario di polizia Annie Girardot e il neoconsorte Philippe Noiret sono in viaggio di nozze in Grecia quando s'imbattono in un caso di trafugamento di antichità e opere d'arte. Tra queste, fotogrammi alla mano, c'è un frammento di statua, un paio di chiappe che si scoprirà appartenere a una statua di Zeus... Chi ha ragione allora? L'inesattezza francese è probabilmente un gioco di parole che deriva dal modo di dire "sortir/venir de la cuisse de Jupiter" (più o meno "discendere da una famiglia importante"). E l'inesattezza italiana è ovviamente imputabile alla mancanza di un'espressione equivalente in italiano...credo... Questa commedia poliziesca di discreta fattura e discreto successo è il seguito di DISAVVENTURE DI UN COMMISSARIO DI POLIZIA, commedia poliziesca di discreta fattura e più che discreto successo anch'essa firmata Philippe De Broca.
Con Marty Feldman, Judy Cornwell, Patrick Gargill, Jack Watson, Patience Collier
EVERY HOME SHOULD HAVE ONE (Ogni casa dovrebbe averne uno) = Ogni uomo dovrebbe averne due
Beh...abbiamo un vincitore. Questa è l'idiozia che sublima nell'arte. Credo che sia il caso di fare una pausa per poterlo ammirare in silenzio...
Con calma riaprite gli occhi, tornate vigili e notate anche la finezza con cui hanno cercato di confondere le acque modificando ad arte le locandine. Il film è una commedia satirica inglese su un pubblicitario che usa il sesso per reclamizzare del porridge surgelato mentre sua moglie guida un comitato per la decenza televisiva (il titolo italiano è quindi anche più appropriato al tema). Il protagonista è Marty Feldman al suo debutto cinematografico. C'è anche la Julie Ege di cui sopra. Di quest'opera purtroppo si è perso il ricordo, anche dai recensori professionisti non arrivano feedback chiari sulla sua qualità, si va da "frizzante, ben recitato" a "odioso, ripugnante".
Con Anne Bancroft, Peter Finch, James Mason, Richard Johnson
In streaming su Prime Video
THE PUMPKIN EATER(Il mangiatore di zucche) = Frenesia del piacere
Forse non è il più ridicolo, ma appioppato ad un dramma di qualità con nomi di chiara fama coinvolti a tutti i livelli è sicuramente un titolo che suona piuttosto idiota e stridente. Anne Bancroft è una madre di otto figli che scopre che il marito (Peter Finch) la tradisce. Nel frattempo uno psichiatria le mette il dubbio che lei usi la maternità per rendersi più accettabile il sesso. Alla regia il Jack Clayton di SUSPENSE. La sceneggiatura è di Harold Pinter e sarà eletta miglior sceneggiatura ai BAFTA '64. La Bancroft risulterà miglior attrice a Cannes e agli stessi BAFTA. "The pumpkin eater" è un riferimento alla filastrocca per bambini "Peter Peter pumpkin eater". Questo Peter mangiazucche aveva una moglie ma non riusciva a trattenerla così la chiuse in una zucca vuota ("pumpkin shell"). Una gentile metafora per la difficile condizione femminile? Forse c'è di più. Esiste (ma sul serio) un'interpretazione della filastrocca secondo cui la zucca sta a qualcos'altro come "pumpkin shell" sta a cintura di castità. Motivo in più per preferire il titolo originale.
THE HOSPITAL (L'ospedale) = Anche i dottori ce l'hanno
Sospetto che ci si riferisca a quella cosa di cui se ne dovrebbero avere due per fare quell'altra cosa alle farfalle squillo. In ogni caso non stiamo parlando di membri maschili. Sarebbe poco delicato trattandosi di un film il cui protagonista è un dottore impotente con problemi familiari e istinti suicidi. George C. Scott interpreta il suddetto soggetto, primario di Medicina in un ospedale di Manhattan già in preda al caos e alla malasanità che all'improvviso diventa anche zona di caccia di un assassino che punta a dottori e infermiere. La chiave è quella della satira e della black comedy con una vena mistery. Niente erotismo e niente umorismo da caserma. Anzi. Basti dire che la sceneggiatura dell'ottimo Paddy Chayefsky (QUINTO POTERE; MARTY, VITA DI UN TIMIDO) nel 1972 rastrellò Oscar, Golden Globe, BAFTA e Writers Guild of America Award. Anche George C. Scott ricevette la nomination agli Oscar come miglior attore. Notare la locandina che prova anche ad affiliarlo a M.A.S.H. di Altman, successo di critica e pubblico di due anni prima. Tutto fa brodo.
Nous ne vieillirons pas ensemble (1972) [Noi non invecchieremo insieme], di Pialat, è diventato L'amante giovane. Ma i titoli che hai elencato sono divertentissimi, e alcuni non li conoscevo.
In Italia abbiamo avuto un rapporto del tutto particolare con l'onomastica. Non che questa non sia importante, tutt'altro: indica il modo di approcciarsi alla settima arte nel nostro paese. Si entra, in altri termini, nel mondo della traduzione selvaggia, dell'appropriazione linguistica dell'opera. In questa dimensione il lavoro di trasposizione è tutt'altro che calligrafico - fatto in sé per sé positivo - ma diventa una trasformazione didascalica dove il titolo deve (dovrebbe) indicare il contenuto, scopo: drenare più pubblico possibili, così in questo gioco ci sta pure che lo spettatore venga gabbato.
In un periodo dove si consultavano velocemente giroscopi affissi sopra il freezer dei gelati in un bar e non c'era tempo ne modo di soppesare recensioni, se non quelle assai discutibili di colleghi ed amici, il titolo diveniva decisivo; tendenza, inutile dire, inquadrata ed enfatizzata da Lina Wertmuller mediante titolazioni volutamente prolisse.
La situazione odierna si può dire differente. Forse per una conoscenza più profonda della lingua anglosassone o più probabilmente per il potere maliardo di uno slang veloce, sintetico e perciò elegante; il francese invece rimane per lo più ostico e sofisticato, ma le aperture alla non-traduzione aumentano.
Del resto queste traduzioni improprie e senza controllo non solo hanno generato critiche, ma anche sarcasmo (contro il quale, come sappiamo, non esistono antidoti). Valga per tutti il sempiterno esempio di "Se mi lasci ti cancello" in luogo del verboso ma affascinante "Eternal sunshine of spotless mind", titolo - quello italiano - peraltro mendace in quanto rimanda ad una dimensione da commedia invece di quella drammatica del film.
All'alba del terzo millennio l'Italia era pronta ad un titolo inglese così difficile ed esteso?
Non lo sapremo mai.
Verrà il tempo nei successivi post anche per i già citati uno o due Truffaut e l'Eternal SunShine...intanto aggiungo ( liminalmete in topic ) un biblico-ammonente-pruriginoso-castrante : "Non desiderare la donna d'altri'' per "Brødre" di S.Bier.
Nel paese che ospita il Vaticano come un buco-ne(r)o, questa titolazione alla ''E' severamente vietato sporgersi dai finestrini del treno in corsa'', è comprensibile.
Lo fanno per il nostro bene, sai quanti arti superiori vacanti o teste mozzate o delitti d'onore sennò.
Ovvio, a beautiful playlist by the excellent bill that flows like fresh water...
Traduzione : un gran bel pezzo di play, 'na goduria 'sta lista.
Ma lei mi lusinga! Bella cialtronata anche il titolo appiccicato al film della Bier, con l'aggravante che già altri 4 film avevano usato il biblico divieto...mi fa venire in mente un'altra boiata: "Onora il padre e la madre" di Lumet che ha oscurato il bellissimo titolo originale "Before the devil knows you're dead"...la messa è finita. Salut!
"Le sue ultime mutandine" (o come si chiama :-)))) e "Hanno rubato le chiappe di Venere" sono il massimo!!!! Questo per dire che la tua play è molto divertente... e dice giustamente tutto sul misto di squallore sporcaccione e stupidissime fissazioni bigotte (le "vergini") - oltre all'onnipresente italica ignoranza - che, in misura minore, ci ritroviamo nei piedi ancora oggi - basta dare un'occhiata alla maniera ammiccante in cui vengono rappresentate donne e ragazze sui media. Per finire, aggiungo un titolo del 1971, "Le notti boccaccesche di un libertino e di una candida prostituta" ("Raphael ou le débauché" di Michel Deville: mi dicono che è un film serissimo, persino "sublime"!!) e "Le départ" (1967) di Jerzy Skolimowski, che è diventato "Il vergine" :-))). Un ringraziamento sentito e un caro saluto :-)
Ma grazie a te dell'entusiasmo! Fortunatamente per quanto l'ignoranza sia sempre vigile si è un po' smesso di trasformare così radicalmente drammi e commedie in film erotici. Oggi almeno abbiamo brutti titoli che però corrispondono al genere... meglio che niente. Grazie del passaggio!
LA PAROLA SI E' FATTA "CARNE"
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Leggo con divertita ammirazione questa playlist che non è di per sé ‘originale’ (nel web ci sono molte ricerche sul ‘tradimento dei titoli originali di film stranieri in italiano) ma è la migliore in assoluto per l’arguzia dei commenti di SillyWalter davvero ammirevoli. Il mio contributo (a parte poche indicazioni su “ANITA” – regia di Torgny Wickman [un carneade] che sembra tradotto da Aristide Massaccesi in “BOCCA DI VELLUTO” o il trascurabile “DEADLY WEAPONS” diventato “LA CHIAMAVANO SUSY TETTALUNGA”) vuole esaminare (in breve) quanto ‘l’ossessione della “CARNE” impregni molti titoli (ci supera solo la Spagna!) di film in cui – nell’originale – non c’è lacerto alcuno.
Talvolta, la “carne” appare come ‘taglio aggiunto’, precedendo il titolo originale: prendiamo un film del grande Sejiun Suzuki: titolo originale “肉体の門” traduzione: “LA PORTA DEL CORPO”; ma, pensano i traduttori, perché non aggiungere la parola “carne”per solleticare gli istinti ‘religiosi’ degli spettatori? Infine ecco “BARRIERA DI CARNE – LA PORTA DEL CORPO”, 1964. I film giapponesi degli anni Sessanta, anche quelli di autori importanti, subiscono l’ingiuria di traslazioni volgari, è il caso di “BUTA TO GUNKAN” di Shohei Imamura, 1961 che diventa “PORCI, GEISHE E MARINAI”rispetto alla traduzione in inglese più corretta “PIGS AND BATTLESHIPS”, ovvero ‘MAIALI E CORAZZATE”; aggiungere “geishe” era l’espediente per attirare un pubblico famelico di sesso. Dicevo che i traduttori spagnoli fanno di peggio: ed ecco che “MYSTERIOUS SKIN” di Gregg Araki, 2004 diventa “MYSTERIOS DE LA CARNE”, in pratica, evitando ‘la pelle’ ed entrando direttamente nella carne.
A questo punto conviene distinguere tra ‘carne di prima scelta’ (film in cui “carne” è nel titolo originale) e ‘carni di nessuna qualità’ che tradiscono pesantemente il titolo originale. Tra i primi vanno annoverati “CARNE” di Gaspar Noè del 1991, “LA CARNE” di Marco Ferreri del 1991, “AMOR CARNE” di Pippo Delbono del 2011, “FLESH” di Paul Morissey del 1967, “LA CARNE E IL DIAVOLO” di Clarence Brown del 1926 (in originale “FLESH AND DEVIL”), strano – ma è la traduzione dell’originale (“LA TIGRE AIME LA CHAIR FRAICHE”) “LA TIGRE AMA LA CARNE FRESCA" di Claude Chabrol, 1964, una volta tanto ‘carne importata’. Infine, “LA FIAMMA E LA CARNE” traduce alla lettera “FLAME AND THE FLESH” di Richard Brooks, 1954 (c’è Lana Turner e il titolo la descrive degnamente).
Tra i titoli ‘carnali’ il bellissimo “HEAVEN KNOWS, MR. ALLISON” di John Huston del 1957 diventa, davvero inspiegabilmente “L’ANIMA E LA CARNE”; “TURKS FRUIT” di Paul Verhoeven del 1973 “FIORI DI CARNE” (corretto, invece, in inglese “TURKISH DELIGHT”); Il ‘cuore stupito’ del film di Terence Fisher “ASTONISHED HEART” del 1956 viene tradotto con un misto di macelleria santificata “LO SPIRITO, LA CARNE, IL CUORE”; ne fa le spese anche Russ Meyer: “BLACK SNAKE” del 1973 slitta verso la “CARNE CRUDA” (del serpente, forse); oltraggioso il trattamento riservato al capolavoro di Ernst Lubitsch “DIE PUPPE” – semplicemente “La bambola” del 1919, - vi pare che possa essere una semplice bambola? No, deve diventare “LA BAMBOLA DI CARNE”, non c’è niente da fare. Anche un titolo traducibile come “HOME BEFORE DARK” – film di Mervyn LeRoy del 1958 – “A casa prima del buio”, viene tradotto à la boucher come “PIETÀ PER LA CARNE”; da inorridire la traduzione del film di Sidney Lanfied “THE LADY HAS PLANS” – una lady (Paulette Goddard) nasconde tatuati sulla schiena i piani criminali di una gang e voilà, in italiano, “IL SEGRETO SULLA CARNE”! Anche il banale “SURRENDER” di Allan Dwan, 1950 è sottoposto a bistecca indigesta, “IL DIAVOLO NELLA CARNE” (lo stesso titolo, più coerente con il plot, di un film di Joe D’Amato del 1991. Un saluto.
Beh..grazie veramente di tutto, tanto dei complimenti quanto dell'ammirevole e succoso contributo proteico assolutamente in tono col topic (e che mi ha rivelato due o tre chicche sconosciute). Ciao!
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Nous ne vieillirons pas ensemble (1972) [Noi non invecchieremo insieme], di Pialat, è diventato L'amante giovane. Ma i titoli che hai elencato sono divertentissimi, e alcuni non li conoscevo.
Vero. Tra l'altro film che adoro e il titolo originale ê molto bello. Forse si è perso nelle selezioni perché non era poi così sessualizzato...
In Italia abbiamo avuto un rapporto del tutto particolare con l'onomastica. Non che questa non sia importante, tutt'altro: indica il modo di approcciarsi alla settima arte nel nostro paese. Si entra, in altri termini, nel mondo della traduzione selvaggia, dell'appropriazione linguistica dell'opera. In questa dimensione il lavoro di trasposizione è tutt'altro che calligrafico - fatto in sé per sé positivo - ma diventa una trasformazione didascalica dove il titolo deve (dovrebbe) indicare il contenuto, scopo: drenare più pubblico possibili, così in questo gioco ci sta pure che lo spettatore venga gabbato.
In un periodo dove si consultavano velocemente giroscopi affissi sopra il freezer dei gelati in un bar e non c'era tempo ne modo di soppesare recensioni, se non quelle assai discutibili di colleghi ed amici, il titolo diveniva decisivo; tendenza, inutile dire, inquadrata ed enfatizzata da Lina Wertmuller mediante titolazioni volutamente prolisse.
La situazione odierna si può dire differente. Forse per una conoscenza più profonda della lingua anglosassone o più probabilmente per il potere maliardo di uno slang veloce, sintetico e perciò elegante; il francese invece rimane per lo più ostico e sofisticato, ma le aperture alla non-traduzione aumentano.
Del resto queste traduzioni improprie e senza controllo non solo hanno generato critiche, ma anche sarcasmo (contro il quale, come sappiamo, non esistono antidoti). Valga per tutti il sempiterno esempio di "Se mi lasci ti cancello" in luogo del verboso ma affascinante "Eternal sunshine of spotless mind", titolo - quello italiano - peraltro mendace in quanto rimanda ad una dimensione da commedia invece di quella drammatica del film.
All'alba del terzo millennio l'Italia era pronta ad un titolo inglese così difficile ed esteso?
Non lo sapremo mai.
Verrà il tempo nei successivi post anche per i già citati uno o due Truffaut e l'Eternal SunShine...intanto aggiungo ( liminalmete in topic ) un biblico-ammonente-pruriginoso-castrante : "Non desiderare la donna d'altri'' per "Brødre" di S.Bier.
Nel paese che ospita il Vaticano come un buco-ne(r)o, questa titolazione alla ''E' severamente vietato sporgersi dai finestrini del treno in corsa'', è comprensibile.
Lo fanno per il nostro bene, sai quanti arti superiori vacanti o teste mozzate o delitti d'onore sennò.
Ovvio, a beautiful playlist by the excellent bill that flows like fresh water...
Traduzione : un gran bel pezzo di play, 'na goduria 'sta lista.
Ma lei mi lusinga! Bella cialtronata anche il titolo appiccicato al film della Bier, con l'aggravante che già altri 4 film avevano usato il biblico divieto...mi fa venire in mente un'altra boiata: "Onora il padre e la madre" di Lumet che ha oscurato il bellissimo titolo originale "Before the devil knows you're dead"...la messa è finita. Salut!
"Le sue ultime mutandine" (o come si chiama :-)))) e "Hanno rubato le chiappe di Venere" sono il massimo!!!! Questo per dire che la tua play è molto divertente... e dice giustamente tutto sul misto di squallore sporcaccione e stupidissime fissazioni bigotte (le "vergini") - oltre all'onnipresente italica ignoranza - che, in misura minore, ci ritroviamo nei piedi ancora oggi - basta dare un'occhiata alla maniera ammiccante in cui vengono rappresentate donne e ragazze sui media. Per finire, aggiungo un titolo del 1971, "Le notti boccaccesche di un libertino e di una candida prostituta" ("Raphael ou le débauché" di Michel Deville: mi dicono che è un film serissimo, persino "sublime"!!) e "Le départ" (1967) di Jerzy Skolimowski, che è diventato "Il vergine" :-))). Un ringraziamento sentito e un caro saluto :-)
Ma grazie a te dell'entusiasmo! Fortunatamente per quanto l'ignoranza sia sempre vigile si è un po' smesso di trasformare così radicalmente drammi e commedie in film erotici. Oggi almeno abbiamo brutti titoli che però corrispondono al genere... meglio che niente. Grazie del passaggio!
LA PAROLA SI E' FATTA "CARNE"
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Leggo con divertita ammirazione questa playlist che non è di per sé ‘originale’ (nel web ci sono molte ricerche sul ‘tradimento dei titoli originali di film stranieri in italiano) ma è la migliore in assoluto per l’arguzia dei commenti di SillyWalter davvero ammirevoli. Il mio contributo (a parte poche indicazioni su “ANITA” – regia di Torgny Wickman [un carneade] che sembra tradotto da Aristide Massaccesi in “BOCCA DI VELLUTO” o il trascurabile “DEADLY WEAPONS” diventato “LA CHIAMAVANO SUSY TETTALUNGA”) vuole esaminare (in breve) quanto ‘l’ossessione della “CARNE” impregni molti titoli (ci supera solo la Spagna!) di film in cui – nell’originale – non c’è lacerto alcuno.
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Talvolta, la “carne” appare come ‘taglio aggiunto’, precedendo il titolo originale: prendiamo un film del grande Sejiun Suzuki: titolo originale “肉体の門” traduzione: “LA PORTA DEL CORPO”; ma, pensano i traduttori, perché non aggiungere la parola “carne”per solleticare gli istinti ‘religiosi’ degli spettatori? Infine ecco “BARRIERA DI CARNE – LA PORTA DEL CORPO”, 1964. I film giapponesi degli anni Sessanta, anche quelli di autori importanti, subiscono l’ingiuria di traslazioni volgari, è il caso di “BUTA TO GUNKAN” di Shohei Imamura, 1961 che diventa “PORCI, GEISHE E MARINAI”rispetto alla traduzione in inglese più corretta “PIGS AND BATTLESHIPS”, ovvero ‘MAIALI E CORAZZATE”; aggiungere “geishe” era l’espediente per attirare un pubblico famelico di sesso. Dicevo che i traduttori spagnoli fanno di peggio: ed ecco che “MYSTERIOUS SKIN” di Gregg Araki, 2004 diventa “MYSTERIOS DE LA CARNE”, in pratica, evitando ‘la pelle’ ed entrando direttamente nella carne.
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A questo punto conviene distinguere tra ‘carne di prima scelta’ (film in cui “carne” è nel titolo originale) e ‘carni di nessuna qualità’ che tradiscono pesantemente il titolo originale. Tra i primi vanno annoverati “CARNE” di Gaspar Noè del 1991, “LA CARNE” di Marco Ferreri del 1991, “AMOR CARNE” di Pippo Delbono del 2011, “FLESH” di Paul Morissey del 1967, “LA CARNE E IL DIAVOLO” di Clarence Brown del 1926 (in originale “FLESH AND DEVIL”), strano – ma è la traduzione dell’originale (“LA TIGRE AIME LA CHAIR FRAICHE”) “LA TIGRE AMA LA CARNE FRESCA" di Claude Chabrol, 1964, una volta tanto ‘carne importata’. Infine, “LA FIAMMA E LA CARNE” traduce alla lettera “FLAME AND THE FLESH” di Richard Brooks, 1954 (c’è Lana Turner e il titolo la descrive degnamente).
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Tra i titoli ‘carnali’ il bellissimo “HEAVEN KNOWS, MR. ALLISON” di John Huston del 1957 diventa, davvero inspiegabilmente “L’ANIMA E LA CARNE”; “TURKS FRUIT” di Paul Verhoeven del 1973 “FIORI DI CARNE” (corretto, invece, in inglese “TURKISH DELIGHT”); Il ‘cuore stupito’ del film di Terence Fisher “ASTONISHED HEART” del 1956 viene tradotto con un misto di macelleria santificata “LO SPIRITO, LA CARNE, IL CUORE”; ne fa le spese anche Russ Meyer: “BLACK SNAKE” del 1973 slitta verso la “CARNE CRUDA” (del serpente, forse); oltraggioso il trattamento riservato al capolavoro di Ernst Lubitsch “DIE PUPPE” – semplicemente “La bambola” del 1919, - vi pare che possa essere una semplice bambola? No, deve diventare “LA BAMBOLA DI CARNE”, non c’è niente da fare. Anche un titolo traducibile come “HOME BEFORE DARK” – film di Mervyn LeRoy del 1958 – “A casa prima del buio”, viene tradotto à la boucher come “PIETÀ PER LA CARNE”; da inorridire la traduzione del film di Sidney Lanfied “THE LADY HAS PLANS” – una lady (Paulette Goddard) nasconde tatuati sulla schiena i piani criminali di una gang e voilà, in italiano, “IL SEGRETO SULLA CARNE”! Anche il banale “SURRENDER” di Allan Dwan, 1950 è sottoposto a bistecca indigesta, “IL DIAVOLO NELLA CARNE” (lo stesso titolo, più coerente con il plot, di un film di Joe D’Amato del 1991. Un saluto.
Beh..grazie veramente di tutto, tanto dei complimenti quanto dell'ammirevole e succoso contributo proteico assolutamente in tono col topic (e che mi ha rivelato due o tre chicche sconosciute). Ciao!
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