Quella dei sequel che sono, per l'appunto, una copia sputata del prototipo è una realtà che negli ultimi vent'anni, specie negli Stati Uniti, ha preso piede in maniera particolare (ma neanche noi siamo da meno, come dimostra “Notte prima degli esami – Oggi”). Ciò che di solito dà più fastidio è che questi seguiti spesso e volentieri suonano di troppo, e deturpano l'originalità del primo capitolo (come nell'eclatante caso di “Una notte da leoni 2”). Anche se, di contro, esistono alcune "fotocopie" talmente riuscite da eguagliare o talvolta migliorare alcune parti del modello (vedasi “Mamma, ho riperso l'aereo: mi sono smarrito a New York”, che personalmente ho trovato più divertente di “Mamma, ho perso l'aereo”). Ma ognuno al riguardo potrebbe comunque maturare una propria posizione.
Cosa sono veramente questi sequel? Semplici e furbesche operazioni commerciali? Film inutili e orrendi senza capo né coda? Prodotti che molto più di altri appaiono vicini ai desideri e alle aspettative del grande pubblico? O forse, più semplicemente, la prova tangibile di un cinema in crisi e povero di nuove idee? Il dibattito è aperto.
Cambia solo l'ambientazione (da Las Vegas si passa a Bangkok), per il resto tutto è riprodotto pari pari. Ma il becerume sale vertiginosamente. Che almeno per la prima mezz'ora sia divertente, può essere vero. Ma esistono ragioni per le quali questo film sia stato scritto e girato, se non duplicare l'incasso del primo capitolo?
Uno dei primi esempi di "seguito fotocopia" è anche uno dei più riusciti: il primo tempo è anche migliore che nel film di riferimento. Ciò che in ogni caso è stato comunque perso da un film all'altro è quella preziosissima naturalezza/genuinità che contraddistingue un prodotto originale.
Brizzi e Martani l'hanno chiamato newquel. Il problema è che qui di "new" non c'è assolutamente nulla, se non il finale, molto meno realistico e molto più accomodante che nel prototipo. Oltre all'aggiunta di un generoso e maschilista campionario di tette e chiappe femminili al vento. Così. Tanto per gradire.
Le dinamiche da college movie cercano di sviare i sospetti: ma è anche questo un sequel fotocopia. Ed è chiaro lo scarto qualitativo tra il film e il suo "doppione", nel quale l'originalità è davvero pochissima. Peraltro, le chipette sono anche molto meno simpatiche dei loro compagni (anche se vendono di più...).
La sceneggiatura è diversa, il canovaccio meno. Ma l'idea è la medesima del primo “Tata Matilda”, e malgrado gli sforzi di Emma Thompson l'aria fritta pullula e il déjà-vu è quasi urticante. Chi non ha visto il primo film troverà lo stesso appetibile il tutto. Per forza: è una fotocopia!
Già qui gli sviluppi differiscono dal modello, e la trama si sforza di essere diversa. Le trovate sono anche più numerose (quadri che si animano, statue che si muovono, aeroplani che vanno da soli). Ciò nonostante la magia del primo episodio resta irripetibile, anche per colpa di un doppiaggio italiano da querela.
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