A metà tra le ambizioni del post filmografico e di una incompleta playlist monografica (ammetto di non essere a mio agio con le categorie tassonomiche troppo rigide), principio una rassegna di quegli autori di genere del cinema a stelle e strisce che hanno più di tutti segnato il mio personale immaginario cinematografico. Lungi dall'essere un progetto eccessivamente impegnativo e rigoroso, vorrebbe solo approfittare dello spazio blog gentilmente offerto dalla redazione di Film TV per rendere un modesto omaggio ad autori più o meno noti del cinema americano di genere che hanno saputo imprimere una riconoscibile impronta personale al mestiere di chi ha elevato l'artigianato cinematografico ad una affascinante e complicata professione artistica. A parziale dimostrazione che la riuscita di un film (e di una intera carriera) sono frutto di un impegno e di una dedizione che riesca a condividere e contemperare gli aspetti formali (il genere ed i suoi codici) con quelli legati alla natura etica del soggetto trattato (il pubblico è sensibile più di quanto si creda ad una certa coerenza narrativa), inizio questa breve carrellata dal maestro per eccellenza della contaminazione e della trasversalità cinematografica come Walter Hill. A proposito, la play è aperta ai contributi di chi volesse ricordarmi che ho dimenticato film altrettanto importanti se non più significativi di quelli postati. Buona visione.

Walter Hill

Dalle umili origini di manovale abbronzato dal solleone della natia California (Long Beach - classe 1942) agli studi di letteratura prima e praticantato cinematografico come aiuto regista ('Prendi i soldi e scappa'  1969 -  Woody Allen) e sceneggiatore poi ('Getaway!' - 1972 - Sam Peckinpah e 'L'agente speciale Mackintosh' 1973 - Stuart Rosenberg), il giovane Walter si rivolge alla regia con l'approccio di chi sa bene come combinare le ambizioni di un cinema che codifichi la spettacolarità del linguaggio e della narrativa del cinema d'azione e d'avventura con l'epica crepuscolare della fine degli anni '70, legati tanto alle derive violente di un paese che ha smarrito definitivamente la sua innocenza nella fallimentare trasferta vietnamita quanto alle residue speranze di un sogno americano che baratta i suoi ideali con i sottoprodotti consumistici e con l'edonismo dell'età reaganiana. Per certi versi un riflesso del cinema disilluso che aveva già accomapagnato il tramonto dei generi durante i suoi esordi (da Boorman a Peckinpah, da Siegel a Pollack) e curioso anticipatore di una 'sociologia del fantastico metropolitano' che influenzerà l'immaginario iconografico degli anni '80, è soprattutto un abile mestierante che ha saputo applicare una coraggiosa regola combinatoria alla struttura portante del film d'azione, spaziando dal dramma sociale al survival drama, dall'action drama all'epica western, dal musical alla commedia poliziesca alla fantascienza, sempre relegando i suoi personaggi a quell'eroica marginalità che la fine del mito assegna loro. Sempre attento a valorizzare gli aspetti più spettacolari e pittoreschi del suo immaginario iperrealista, talora fumettistico nell'esasperane scenografie e coreografie, il cinema di Hill si avvale di cast tecnici (dal grande Andrew Laszlo alla fotografia alle calde sonorità blues di Ry Cooder) ed artistici (da Bronson a O'Neil, da Carradine a Dafoe, da Freeman a Rourke) di indiscusso valore, a dimostrazione di come il cinema americano di genere non sia poi così generico come lo si dipinge. Attivo soprattutto negli anni '80, il suo cinema sembra ripetersi con minore originalità creativa negli anni novanta, diventando sporadico nell'ultimo decennio (tranne forse il colpo di coda con la riuscita miniserie western 'Broken Trail' del 2006) dove si è visto più impegnato in veste di produttore.

Intervista a Walter Hill - Parte 1 - Festival Internazionale del Film di Roma (2012)

Intervista a Walter Hill - Parte 2 - Festival Internazionale del Film di Roma (2012)