Cos’è una spiaggia? La Treccani dice: “Settore costiero in parte emerso e in parte sommerso, costituito da materiali sciolti come sabbie e ghiaie […] la spiaggia rappresenta un’area immergente verso mare, che costituisce la parte superficiale di un corpo sedimentario sabbioso o ghiaioso, la cui morfologia e geometria dipendono dai diversi fattori che operano nell’ambiente costiero, come onde, maree e tempeste”. Ne individua pure tre settori: quello emerso, quello intertidale e quello sommerso.

Questo ci aiuta a chiarire un po’ la storica dialettica tra spiaggia e cala, spesso usate impropriamente come sinonimi anche nella toponomastica ufficiale. Sempre per la Treccani la cala è “insenatura marina molto aperta e poco estesa entro la terra ferma, con mare poco profondo, adatta a rifugio o a ormeggio per barche da pesca, imbarcazioni da diporto, piccole navi”. La differenza, sottile, è comunque evidente. La spiaggia è una porzione di terreno sabbioso o ghiaioso o acciottolato che nei suoi tre settori morfologici si avvicina e poi entra in mare, mentre la cala, di proporzioni più ridotte, è più circoscritta e morfologicamente diversa. Potrei aggiungere, con il beneficio del dubbio visto che non sono un geologo, che la spiaggia è quella porzione di terreno costiero in continua depressione verso il mare, senza essere cinto da coste e fiordi a delimitarlo. La cala invece, è cinta da medio-alte coste, barriere rocciose e fiordi che ne delimitano il territorio.

Perché tutto questo? Perché spiagge e calette sono sempre state teatro di molte scene madri sul grande schermo e nel loro immenso potere evocativo oltrepassano il primo significante naturale e diventano non-luoghi in cui tutto resta sospeso, luoghi onirici o dell’anima in cui gli elementi della scena, personaggi compresi, vivono di un impeto e di una condizione esistenziale diversa. Se superiamo la funzione strettamente narrativa del luogo spiaggia – attracco delle navi dei pirati, baci appassionati, salvezza del naufrago, etc. – notiamo che ad essa viene conferito un potere simbolico grazie al quale le figure di cui si compone il cronotopo acquistano significazioni ulteriori e dotano la scena di una magia che travalica la pura narrazione.

In pochi casi la spiaggia è stata il teatro di un’intera narrazione filmica. Quasi sempre è l’isola lo scenario che gli si avvicina di più e che la ingloba con gli altri suoi ambienti: l’intrico vegetale, la caverna, l’accampamento, la vetta rocciosa, il locus amoenus con cascata e così via. La spiaggia invece è sempre stata battuta dal cinema solo per alcune sequenze, a volte fondamentali e consegnate alla leggenda come il bacio tra Burt Lancaster e Deborah Kerr in Da qui all’eternità (1953); oppure sono state scelte come teatro della scena risolutoria dove tutti i grovigli dei personaggi si sfaldano e si liberano come succede tra Renato Pozzetto e Carin McDonald in É arrivato mio fratello (1985); così come, fugacemente, le spiagge sono entrate per contrasto nel mito western contribuendo al gioco di risemantizzazione del genere con le sue non convenzioni. È il caso di Blindman (1971) dove si intravede la bellissima Playa de Mónsul all’interno del Cabo de Gata, in Almería, oppure di L’uomo, l’orgoglio la vendetta (1968) quando Franco Nero vuole realizzare il suo sogno e salpare per l’America.

Va da sé che la spiaggia è il luogo prediletto per erotizzare la narrazione e convogliare sugli elementi naturali e sui corpi mezzi nudi tutte le simbologie del caso, anche grazie all'immaginario collettivo che fa della spiaggia un luogo di esibizione della nudità, un luogo di verità estetica, alla luce abbaccinante del sole o al chiaro di luna. La canicola, il nudo, l'elemento liquido, la fame e la sete, i vari referenti animali, vegetali e minerali, tutto aiuta a creare una situazione ad alto tasso erotico anche là dove non è esplicitamente prevista. Forse, ancora ad oggi, con tutti i limiti critici del caso, il film campione in questa inclinazione erotica è Laguna Blu (1980), ma pensiamo anche a Bo Derek sia in Ten (1979) sia in Tarzan (1981) con tanto di leone a spasso per il lungomare.

Nei suoi tanti utilizzi la spiaggia resta un luogo privilegiato per raccontare svolte narrative o chiusure tragiche o di segno opposto, dotando il luogo spiaggia di un significato che va ben oltre la sua geografia, nonostante paesaggio, colori ed elementi naturali tipici contribuiscano fortemente nella direzione ideologica della scelta.

Ad oggi, che io sappia, l’unico film completamente ambientato su una spiaggia è il controverso The Genesis Children (1972), per la verità non totalmente ambientato in spiaggia, alla stregua di Travolti da un isolito destino nell’azzurro mare d’agosto (1974), dove il mare, l’isola, la nave prima, corredano satellitari l’ambiente privilegiato della spiaggia, come in The Beach (2000) che a discapito del nome la storia è modulata in più ambienti, restando sempre la spiaggia il luogo cardine dell’intera vicenda.

A titolo infrmativo: in questo video tratto da Una vacanza bestiale (1980) buona parte del film è stato girato a Playa de Mónsul, una spiaggia del Cabo de Gata, che vivo ogni agosto dal 2005, tra le mie meno gettonate perchè meta del grosso del flusso turistico. Preferisco le meno raggiungibili...

 https://www.youtube.com/watch?v=jgqU5tYSwCY