“Quando lavoravo a Cinecittà mi chiamavano “a Giulià.....a Montà.....”. Un giorno arrivo e mi sento chiamare “Maestro”.....ho capito che ero diventato vecchio”
Lo sguardo arguto, attraversato da una luce di sana ironia genovese; e una capacità davvero rara di accalappiare l'attenzione del pubblico raccontando gustosi aneddoti. Giovedì sera nella nostra piccola Savona abbiamo avuto il privilegio di poter ospitare un grande esponente del cinema italiano, Giuliano Montaldo, nostro “quasi”conterraneo (è, come detto sopra, un genovese doc).
Capita che nel parlare della presenza di un personaggio illustre a un convegno si faccia sfoggio di termini enfatici, le convenzioni letterarie che si usano nella descrizione di tali eventi portano sovente a cadere nella retorica.
Ma, almeno in questo caso, posso assicurare che di retorica non si tratta, e che è stato davvero un privilegio aver potuto ospitare una persona in cui la competenza professionale è associata a una carica di simpatia umana irresistibile.
La location dell'incontro è stata il Palazzo della Sibilla all'interno della Fortezza del Priamar, sede della Festa dell'Immagine, organizzata dal Circolo Savonese Cineamatori (sito web: www.cineclub.it), il contesto temporale giovedì 19 giugno.
L'occasione è stata la proiezione del documentario “Il Cinema è una bomba (viaggio da Ferrania a Cinecittà)” di Guido Lombardi e Anna Lajolo, pellicola in cui Giuliano Montaldo svolge il ruolo del narratore, l'abile timoniere che guida il pubblico alla riscoperta di quella pellicola su cui furono stampati alcuni dei più celebri titoli del cinema di casa nostra, tra cui quel Totò a Colori che per la prima volta vide la verve del principe De Curtis catturata a pieni colori. Film che venne realizzato con il sistema Ferraniacolor.
Nel documentario Montaldo parte dai ricordi di un cinema che fu per sviluppare un percorso storico ma anche geografico che si snoda da Ferrania, in Valbormida, nel savonese, località a vocazione agricola che conobbe a partire dagli inizi del XX secolo un importante sviluppo industriale, per approdare a Cinecittà, luogo dei sogni su pellicola di casa nostra.
E tra gli spezzoni delle pellicole, esempi di una stagione indimenticabile per il cinema italiano, compaiono alcune scene di un film di Alberto Lattuada del 1952, La Spiaggia, girato tra Spotorno, Finale Ligure e Varigotti.
Al di là dell'importanza documentale, l'incontro del 19 giugno è stato di grandissimo interesse per chi, come il sottoscritto, ama il cinema. Poter ascoltare un personaggio come Giuliano Montaldo mentre racconta del suo rapporto con la settima arte, è stato un valore aggiunto imponderabile a una serata di per sé già meritevole.
Nato a Genova il 22 febbraio del 1930, Montaldo esordisce giovanissimo come attore sotto la direzione di Carlo Lizzani, ma passa ben presto alla regia. Il suo primo film è del 1961: Il tiro al piccione. Imperniato sulle vicende di un giovane che dopo gli accadimento dell'8 settembre 1943 si arruola nell'esercito della Repubblica di Salò, si rivela una pellicola scomoda ed anticonformista e, in qualche maniera, detta già quelli che saranno gli indirizzi della sua futura carriera.
Indirizzi esplicitati soprattutto in quella che viene considerata la trilogia del potere: Gott Mitt Uns del 1969 (sul potere militare), Sacco e Vanzetti (1971) sul potere giudiziario e Giordano Bruno (1973) sul potere religioso.
Nel 1982 Montaldo assurge a notorietà internazionale grazie alla realizzazione dello sceneggiato televisivo Marco Polo, costato 10 milioni di dollari e tredici mesi di lavorazione, che venne trasmesso in ben 46 paesi e vide la partecipazione di un cast di grande prestigio (tra cui Frank Murray Abraham, Leonard Nimoy e Burt Lancaster, oltre al praticamente esordiente Kenneth Marshall nel ruolo del protagonista). La vicenda è quella ben nota del viaggiatore e mercante veneziano che alla fine del XIII secolo esplorò l'estremo oriente conquistando i favori di Khubilai, Gran Kahn dei Mongoli e Imperatore della Cina.
Imprigionato dai Genovesi, rivali dei Veneziani, dopo la battaglia di Curtola nel 1298, proprio nelle carceri della Superba incontrò Rustichello da Pisa che diede forma scritta alla sue memorie. E per uno di quegli ironici paradossi che a volte la storia di diverte ad elargire, la trasposizione filmica di maggior successo delle imprese del veneziano Marco Poloè stata realizzata proprio dalla mano di un genovese.
Nel 2007 Il regista ha ricevuto il Premio David di Donatello alla carriera.
Ma torniamo alla serata del 19 giugno. Giuliano Montaldo a fine proiezione si alza e facendo finta di nascondersi dietro un volume che gli avevano appena regalato si avvia sornione verso il fondo della sala. Ed è a quel punto che mi alzo, gli vado incontro e gli stringo la mano riuscendo a bofonchiare un “congratulazioni, Maestro!” A cui lui risponde con un ampio sorriso e ricambiando la stretta con energica cordialità. Lasciatemelo dire, sarò retorico ma.....è stato davvero un onore!
Nelle battute finali della seconda guerra mondiale due disertori dell'esercito tedesco si ritrovano prigionieri in campo di concentramento sotto il controllo delle truppe canadesi, e vengono sottoposti a un grottesco processo da parte dei loro commilitoni al termine del quale verranno giustiziati. Il tutto con il colpevole assenso dei Canadesi.
Spietato atto d'accusa contro il militarismo con Franco Nero nei panni del protagonista
Con Gian Maria Volonté, Hans Christian Blech, Charlotte Rampling, Mathieu Carrière
In streaming su Amazon Prime Video
Gli ultimi anni di vita del filosofo di Nola diventano lo spunto per la condanna della religione come strumento di prevaricazione dell'essere umano.
Gian Maria Volonté dopo aver interpretato l'anarchico Bartolomeo Vanzetti nel precedente (notevolissimo) Sacco e Vanzetti torna a farsi dirigere da Montaldo e veste gli abiti del domenicano eretico. Splendida Charlotte Rampling nel ruolo di una cortigiana
"Tutti possono immaginare Sacco e Vanzetti o Marco Polo, per il successo avuto in tutto il mondo. Invece dico L'Agnese va a morire (….) era la prima volta che si celebrava una donna della Resistenza” Così ha dichiarato il regista in una recente intervista a una domanda in merito a quale dei suoi film era più affezionato.
Con Philippe Noiret, Rupert Everett, Valeria Golino, Stefania Sandrelli
Nella Ferrara fascista il dottor Fadigati (un eccellente Philippe Noiret) nasconde la propria omosessualità fino all'esplosione della passione per Eraldo (Nicola Farron).
Dal romanzo di Giorgio Bassani, un film che non convinse la critica. Nei panni del narratore dell vicenda troviamo Rupert Everett.
Con Nicolas Cage, Ricky Tognazzi, Giancarlo Giannini, Robert Liensol
Tratto dal romanzo di Ennio Flaiano, questo film vede tra le firme della sceneggiatura quella di Paolo Virzì.
La squallida vicenda di una violenza carnale perpetrata ai danni di un'indigena da un tenente (Nicholas Cage) delle truppe di occupazione italiane nell'Etiopia del 1936 è il mezzo attraverso cui porre un secco atto d'accusa contro il colonialismo (di casa nostra, ben lontano da quella bonarietà con cui talvolta, soprattutto in passato, è stato raccontato).
Venne girato tra Kenya e Zimbabwe, tra molte difficoltà.
Affresco storico della Russia ottocentesca, imperniato sulla figura dello scrittore Dostojevskij e sui movimenti rivoluzionari in merito alla cui nascita lo scrittore si sente responsabile per i suoi scritti.
Un progetto ambizioso che porta a un film sulla misura dell'impegno politico e sulle responsabilità morali dell'intellettuale.
David di Donatello e Nastro d'argento per la scenografia.
Il lucido sguardo di Montaldo si sofferma sull'Italia contemporanea, traballante a causa della crisi economica che diventa anche crisi di valori. Pierfrancesco Favino interpreta un giovane industriale travolto dalla devastante situazione in cui versa il paese.
Film sottovalutato dalla critica, in cui il regista genovese delinea con la sua onestà intellettuale i contorni del degrado in cui sta precipitando l'Italia e la sua classe imprenditoriale, per certi versi (e certi temi) in anticipo su Il Capitale Umano di Virzì. Splendida l'ambientazione in una Torino fredda e dai toni plumbei.
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