Playlist inevitabile e quasi doverosa ad un secolo dallo scoppio della Prima Guerra Mondiale, soprattutto per un utente ultrasessantenne i cui due nonni furono inevitabilmente sbattuti senza sapere perché nell’orrore delle trincee. Mio nonno materno fu ferito durante la fulminea invasione tedesca del Belgio. L’altro conobbe la disfatta di Caporetto, ma si è sempre rifiutato di parlarne. Un mutismo che mi fece intravedere quanto indescrivibile deve essere stato l’inferno di una carneficina consumata quasi all’insaputa delle sue vittime. Nella Prima Guerra Mondiale, non ci sono buoni e cattivi, ci sono solo poteri forti che mandano al macello un’intera generazione. E’ guerra di finanzieri, di grandi industrie, di capi di Stato e monarchi. Non ci sono i comodi Hitler, Mussolini o Hirohito a giustificare una sterminata filmografia nella quale stabilire chi siano i buoni e chi i cattivi è immediato. Al confronto, i film sulla Grande Guerra sono pochi. Riconosco in questo la mia colpevole ignoranza in materia di cinema muto. In anni più recenti, comunque, la guerra del ’14-’18 ha ispirato realizzazioni di alto livello, spesso grande cinema d’autore. Ecco alcuni titoli per me indimenticabili.
Con Pierre Fresnay, Erich Von Stroheim, Jean Gabin, Gaston Modot, Dita Parlo, Marcel Dalio
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E’ forse l’opera più raffinata e sottile nel descrivere il passaggio epocale costituito dalla Grande Guerra. Per me rappresentò un autentico saggio storico e filosofico per il modo in cui si addentra nel sistema di valori messo in crisi irreversibile dal traumatico passaggio dell’Europa dal crudele ma romantico ‘800 al moderno quanto spietato XX secolo. Jean Gabin, Eric von Stroheim e Pierre Fresnay imprimono al film una drammaticità e un’autenticità ineguagliabili. Il tutto si svolge, però, lontano dalle trincee...
Con Alberto Sordi, Vittorio Gassman, Silvana Mangano, Folco Lulli
Le trincee eccole, in una delle più belle commedie all’italiana di sempre. Una commedia inserita in un contesto da incubo e che vira al tragico. Per me, resta uno dei film più riusciti e profondi di Mario Monicelli, grazie anche allo stato di grazia in cui si ritrovarono, recitando fianco a fianco, Alberto Sordi e Vittorio Gassman. Intorno a loro, alcuni tra i giganti del cinema di quegli anni. Silvana Mangano, Romolo Valli, Folco Lulli, Bernard Blier, Ferruccio Amendola... L’elenco è gradevolmente lungo. In una babele di dialetti italiani, viene messo in scena un popolo che impara a conoscersi nel modo più brutale: anni di noia e sporcizia, malattie, fame e perdite umane vissute gomito a gomito con persone fin lì sconosciute. Vidi il film al cinema all’età di circa dieci anni. Sbarcato dal Belgio, cominciavo appena ad avere dimestichezza con la lingua italiana. Con “La Grande Guerra” scoprii l’esistenza dei vari accenti regionali presenti nella Penisola. Un salto non da poco.
Con Philippe Noiret, Sabine Azéma, Pascale Vignal, Maurice Barrier
Lo considero uno dei film più intimisti e anche più intensi sul dolore e le sofferenze che lasciano dietro di sé tutte le guerre. La Grande Guerra si è appena conclusa. Dopo il disastro, ci sono da raccogliere i cocci. E’ il momento di dare un nome ad inutili e spesso irriconoscibili cadaveri, di stanare oggetti e ricomporre storie interrotte in maniera violenta. Il disincanto e il ragionato pessimismo di Philippe Noiret nello svolgere il suo penoso ruolo lascia senza parole. E’ una delle interpretazioni più realistiche e sconsolate dell’immenso attore. Come spesso accade nel cinema francese, un film lento e riflessivo quanto avvincente.
Con Suzy Kendall, Kenneth More, Nigel Green, Giancarlo Giannini, Alexander Knox
Anche se non perfettamente riuscito sul piano strettamente cinematografico (Lattuada ha fatto di meglio), ha indubbiamente il merito di affrontare l’orrida pagina dei gas nervini, mostarde e quant’altro utilizzati nel corso della Prima Guerra Mondiale. Simbolicamente, il ricorso a quelle armi insulse (e talvolta suicide per un banale capriccio del vento) è paragonabile all’impatto che ebbe trent’anni dopo la bomba di Hiroshima nel far comprendere a quali inspiegabili efferatezze potesse portare l’umana follia. Non un capolavoro, ma un più che dignitoso film di guerra e spionaggio, con incursioni qua e là originali nell’erotico e nell’horror.
Con Timothy Bottoms, Kathy Fields, Jason Robards, Marsha Hunt, Donald Sutherland
Questo è il più duro. Un film nero nel quale non vi è spazio per la minima speranza. Restato senza volto, senza braccia e senza gambe in seguito ad un’azione di guerra, il protagonista ha avuto la sfortuna di non morire. Una delle tattiche belliche più ciniche di primo conflitto mondiale è consistita nell’infliggere al nemico meno morti e più feriti. Un soldato storpiato, mutilato o impazzito costa alla sua patria quattro volte più di un semplice cadavere. Questo era l’obiettivo di armi come le bombe a frammentazione o i gas nervini. Johnny ne è l’abominevole risultato. Avevo vent’anni quando andai a verderlo al cinema, ma fui costretto ad uscire prima della fine. Troppo dolore, troppa sofferenza e solitudine. Anni dopo, l’ho visto per intero, ma in televisione e con più difese emotive grazie all’età.
La maggior parte dei film sulla Prima Guerra Mondiale sono antimilitaristi e questo capolavoro è un portabandiera del genere. Oltre a mettere in scena un magnifico esempio di grande cinema bellico, Stanley Kubrick punta il dito su un’istituzione che non dovrebbe esistere in uno Stato democratico: i tribunali militari. Un sistema nel quale giudici e pubblici ministeri sono dalla stessa parte! Tanto di cappello a Kirk Douglas, indimenticabile e drammatico idealista, avvocato militare sconfitto in partenza nella sua disperata difesa di tre vittime predestinate. Il carismatico attore è anche produttore della pellicola, una collaborazione con Kubrick che si ripete felicemente tre anni dopo con lo splendido “Spartacus”. Per molti anni, il film fu proibito in Francia. Una vergogna per un paese araldo della libertà di espressione.
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