Michael Mann non aveva nessuna intenzione di fare di "Miami Vice" (solo) un (semplice) nostalgico remake della celebre serie televisiva, di cui ai tempi, come sappiamo, era stato produttore esecutivo. E così è stato. Perchè nella sua personalissima versione cinematografica, della vecchia serie, a parte i nomi dei due protagonisti, non vi ritroviamo nulla. Un brutto colpo da digerire per i molti fans, specie in America, del telefilm ma sicuramente una buona notizia invece per tutti gli altri, specialmente per gli estimatori di Mann, maestro indiscusso da anni del cinema notturno e urbano. Quella che vediamo sullo schermo è infatti una Miami agli antipodi da quella assai piu convenzionale vista tante altre volte. Non è la Miami dunque che conosciamo, solare e vacanziera, con il suo quartiere Art Decò e le sue spiagge, le sue innumerevoli palme e suoi tramonti mozzafiato sull'oceano. "Miami Mann" è oggi una città ancor più affascinante, ricca di numerosi e stilizzati grattacieli che, come la sua Los Angeles di "Heat-La sfida" e soprattutto "Collateral", vive di notte, senza regole e senza legge. Cupa e spietata, cinica e violenta, attraente e minacciosa, ennesimo tassello di una nazione dove il male si annida ovunque e in cui ,ogni giorno, è per chiunque sempre più facile smarrirsi e dare un senso alla propria vita. Mann dunque rifà evidentemente il proprio Cinema. Forse anche troppo dirà qualcuno: anche se con straordinaria classe e impareggiabile stile. Perchè se è vero che il soggetto è (specie in questo caso) solo un pretesto, è anche vero che dopo un avvio palpitante (la seducente scena in discoteca sulle note pompate di "Numb" dei Linkin Park, quasi un ideale prolungamento di quella memorabile vista in "Collateral"), il ritmo del film rallenta un po' troppo e taluni situazioni tendono a ripetersi. Era dai tempi di "Heat -La sfida" che Mann non scriveva un film completamente da solo: il risultato finale è non meno incisivo, a tratti elettrizzante. Solo un gradino sotto a "Heat-La sfida" e "Collateral", tanto nella costruzione dei dialoghi, che in quella dei personaggi principali, i quali hanno oggettivamente minore forza (eccetto quello interpretato da Gong Li) che in passato. La rappresentazione del crimine organizzato e globalizzato di Miami è autentica, ma toglie un po' spazio all'azione e al rapporto tra i due protagonisti. E questo nonostante Colin Farrell (Sonny Crocket) e Jamie Foxx (Rico Tubbs, un po' sottoutilizzato) formino una coppia di sicuro fascino. Eccellente la descrizione di tutti gli antagonisti maschili, e bravissimi tanto John Ortiz (Jose Yero) che Luis Tosar (Montoya), signori del male decisamente inquietanti. Ed una meraviglia è il personaggio interpretato magnificamente da Gong Li, Isabel, algida business woman del crimine organizzato, capace di trasformarsi in una donna tremendamente passionale e sensuale; sprezzante del pericolo ma anche vulnerabile davanti all'amore improvviso per Sonny. Sotto questo aspetto bisogna dire che Mann rischia moltissimo. Perchè saranno in molti a trovare assurda e folle la loro storia o quanto meno inverosimile la spregiudicata scintilla iniziale. Ma il romanticismo e la passionalità sono un altro dei tratti comuni al Cinema di Mann ("L'ultimo dei Mohicani"). Lui ci crede veramente e osa, sotto questo aspetto, andare ben oltre la logica delle situazioni. Cinematograficamente parlando, il risultato finale è a dir poco coinvolgente. Impossibile non definire che così la sequenza dell'improvvisa fuga dei due in motoscafo, addirittura verso l'Havana, per (tanto per iniziare) sorseggiare "il miglior Mohito dei Caraibi". Ed ancora, quelle subito seguenti, con i nostri impegnati in una sensuale danza caraibica prima e in una calda notte d'amore poi. E cosa dire di quel sorriso solamente accennato che Farrell/Sonny lancia a Gong Li/Isabel durante il carico della nave? Solo una cosa, che è una meraviglia. Scene da applauso ed emozionanti quanto quella del vertiginoso e sanguinoso scontro a fuoco finale, dove la maestria di Mann emerge ancora travolgente e alla cui riuscita contribuisce non poco il lavoro del "magico" direttore della fotografia Dion Beebe, che grazie ad un mirabile uso del digitale, colora ed illumina la notte con risultati ancor più sorprendenti che in "Collateral". Il digitale permette poi a Mann di avvicinarsi moltissimo agli attori, e questo lo si vede più volte nel film, non solo durante le scene d'azione ma anche ad esempio in quelle (splendide) d'amore. L'operatore pedina, quasi si incolla al viso degli attori, ne coglie anche la minima occhiata, ne cattura al meglio le loro reazioni. E noi spettatori siamo lì con loro, proprio al centro dell'azione. Grandissimo Mann. "Miami Vice" dunque, pur nella sua imperfezione, riesce a regalarci atmosfere e immagini fuori dal comune, innovative,enfatizzate da una colonna sonora eccezionale e tipicamente “manniana“ (Moby,Audioslave,Linkin Park, ma la migliore e' "Auto Rock" by Mogwai, sottofondo di tutto l'emozionate finale) che scandisce alla perfezione ogni momento della storia. E questo sino ai titoli di coda, quando la potente e metallica cover di "In the air Tonight" di Phil Collins, fatta dai rabbiosi "Noonpoint", chiude alla grande un film duro e spiazzante e quindi meno semplice da amare: ma che mette i brividi sulla pelle.
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